Esami finali e passaggi segreti
"I got these feelings for you
And I can't help myself no more
Can't fight these feelings for you
No I can't help myself no more"
Dopo che Fred l'ebbe accompagnata in biblioteca, la ragazza lo aveva salutato rapidamente per poi intrufolarsi in mezzo alle corsie costeggiate da scaffali ricolmi di libri dov'era certa avrebbe trovato il suo insegnante.
Difatti, Percy era già lì che l'aspettava, seduta al loro solito tavolo vicino all'ampia vetrata su cui ora slittavano migliaia di gocce d'acqua, rincorrendosi l'un l'altra in un flusso continuo come lo era il ticchettio di quest'ultime non appena sfioravano la superficie di vetro.
Vi era un cielo plumbeo fuori da cui il sole era sparito definitivamente dietro all'ingente coltre di nuvole cariche di pioggia; sul giardino del castello era così calata l'oscurità, nonostante fossero appena le cinque del pomeriggio.
"Ciao" salutò Percy con un flebile sussurro non appena la giovane grifondoro si fu fatta abbastanza vicino, così da non importunare gli studenti che, attorno a loro, erano concentrati sui loro impegni scolastici.
Lucy ricambiò il saluto, per poi prendere posto al piccolo tavolino dove il caposcuola aveva già raggruppato i libri da consultare per la loro lezione.
"Tutto bene?" le domandò poco dopo il ragazzo, cogliendo una nota di turbamento negli occhi di lei.
"Si, sono solo un po' stanca. Da dove cominciamo oggi?" tagliò corto lei, iniziando a disporre i propri libri sul tavolo, accanto a quelli procurati da Percy.
Il caposcuola allora si schiarì la voce ma, anziché cominciare a consultare i manuali da cui avrebbero preso spunto per ripassare i concetti teorici spiegati durante le lezioni, alzò lo sguardo verso la ragazza e rimase in assoluto silenzio finché non ebbe catturato la sua attenzione.
"Ho parlato con Silente"
A quelle parole Lucy si sentì rabbrividire e pregò con tutta sé stessa che quella che il giovane Weasley era in procinto di comunicarle non fosse una brutta notizia. Si era lasciata andare a diverse marachelle in quel periodo – probabilmente anche troppe – ma le cose sarebbero sicuramente cambiate d'ora in poi: aveva tagliato i ponti con i gemelli (con quello più perfido almeno) e aveva concentrato tutto il suo impegno nello studio, come Percy le aveva sempre consigliato. Avrebbe finalmente rigato dritto e non si sarebbe più fatta abbindolare da futili sciocchezze.
Per quale motivo dunque Percy avrebbe dovuto organizzare un colloquio con il preside?
"I tuoi esami saranno a fine ottobre. Così prima di Natale potrai metterti a pari passo con le lezioni del secondo anno e, al ritorno dalle vacanze, iniziare a frequentare le nuove classi"
Lucy rimase ferma per un attimo a contemplare il ragazzo di fronte a lei, in attesa di un gesto o un cenno qualsiasi che le facesse comprendere che quella non era che una burla.
Quando infine comprese che Percy le stava parlando seriamente, abbandonò i libri dalle proprie mani e alzò quest'ultime al cielo in un gesto di trionfo che fece sorridere il caposcuola.
"Quindi non dovrò più seguire le lezioni del primo anno?" domandò lei con entusiasmo, alzando un po' troppo il tono di voce ed attirando dunque occhiate di rimprovero da parte dei ragazzi presenti nella biblioteca.
Percy tuttavia non la riprese, anzi sogghignò appena: "Non dopo i tuoi esami, ma per il momento di rimangono ancora due settimane e mezzo. Vedi di sfruttarle bene e di fare agli insegnanti tutte le domande che ti vengono in mente in merito ad eventuali argomenti poco chiari"
Lucy annuì, ancora in preda all'euforia; quando Percy ebbe finito di darle tutte le informazioni ottenute dopo il suo incontro con il preside, la giovane si allungò dall'altro lato del tavolo e gli concesse un bacio a fior di labbra.
Percy arrossì appena e abbassò lo sguardo sul suo grembo, nel tentativo di celare l'evidente emozione scaturita da quel gesto.
"Sai, c'è anche un'altra cosa che vorrei chiederti"
Lucy si rimise seduta, per poi riportare la propria attenzione verso il ragazzo. Aveva qualche intuizione su cosa Percy avesse intenzione di chiederle. O meglio, ci sperava con tutto il cuore.
"Tempo fa ti avevo detto che non saresti potuta andare ad Hogsmeade perché non c'era modo di farti avere il permesso firmato. Ecco, in qualità di caposcuola potrei fare al preside una richiesta un po' speciale, se l'idea ti alletta abbastanza"
Percy dovette soffocare una risata, ben consapevole della gioia che avrebbe generato quella notizia nella giovane grifondoro. Difatti la ragazza spalancò ancora di più gli occhi alle sue parole e si portò una mano davanti alla bocca.
"Dici sul serio?" domandò incredula, alzando ancora una volta il tono di voce.
A quel punto Percy sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi davanti alla reazione della ragazza: "Certo che sì. Potremmo andarci un pomeriggio di questo fine settimana"
Lucy scattò in piedi e, una volta fatto il giro del tavolo, corse ad abbracciare il giovane.
"Grazie Percy!"
Lui in risposta ricambiò la presa e le accarezzò dolcemente la schiena.
"Non c'è di che. Ora però rimettiamoci al lavoro"
Al termine della lezione, Lucy salutò il ragazzo prima di dirigersi lentamente verso il proprio dormitorio.
L'accaduto di quel pomeriggio sembrava essere completamente svanito dalla sua mente, dove ora vigeva invece il pensiero degli esami di fine mese e dell'uscita ad Hosgmead in compagnia di Percy.
Di primo in pulso, la giovane aveva dovuto soffocare una smorfia d'orrore: aveva sempre detestato le uscite di coppia, tanto più quelle che si trasformavano in veri e propri appuntamenti romantici. La imbarazzava la sola idea di dover vagare per le viuzze del piccolo villaggio mano nella mano del caposcuola, esibendo pubblicamente ciò che provavano l'una per l'altra.
Le effusioni erano qualcosa da condividere in momenti più intimi, lontane da sguardi indiscreti. Tuttavia, visto il suo rinomato desiderio di visitare il piccolo villaggio posto vicino alla stazione del treno, la ragazza non aveva potuto che accogliere positivamente la proposta di Percy.
Mentre proseguiva per il corridoio del terzo piano, alla giovane non vennero in mente nemmeno per un istante le raccomandazioni di Fred, in particolare quella di non gironzolare mai sola ad un'ora tarda.
Tuttavia i timori di quel pomeriggio riemersero nell'istante in cui iniziò a percepire qualcuno seguirla.
Lucy si voltò alle sue spalle, per verificare l'eventuale presenza di qualche studente di ritorno dalle proprie classi, o magari di qualche fantasma che stava tentando di tenderle un agguato. Tuttavia, il corridoio era completamente vuoto.
Giunse in prossimità delle scale e si fermò in attesa che la scalinata giungesse nel suo piano, così da portarla su fino al settimo, dove si trovava la sua sala comune. I suoi piedi iniziarono a scalpitare in direzione dei gradini, ma, nell'istante in cui la giovane mosse in passo verso la sua ancora di salvezza, una mano l'afferrò da dietro, trascinandola altrove.
La sua bocca non emise alcun suono, dato che la ragazza si ritrovava in un tale stato di agitazione da non riuscire a formulare alcuna frase. Invece cercò di divincolarsi da quella presa improvvisa, che tuttavia riuscì nell'intento di trascinarla all'interno di una cavità nel muro retrostante, il cui accesso si richiuse non appena la giovane vi mise piede.
Nel momento in cui la ragazza si ritrovò bloccata nell'oscurità in compagnia del suo assalitore cominciò a pensare al peggio e cercò dunque di reagire il più velocemente possibile. D'istinto la sua mano si spostò verso l'estremità della bacchetta che fuoriusciva dalla tasca dei pantaloni ma, prima che Lucy riuscisse ad afferrarla, le giunse alle orecchie una voce alquanto familiare.
"Calmati Potter, sono io"
Il tono del ragazzo sembrava scontroso e Lucy riuscì immediatamente a comprendere perché: George Weasley era evidentemente seccato di doversi trovare lì con lei.
"Weasley, tu devi avere delle mandragole al posto del cervello!" sbottò la ragazza, divincolandosi dalla presa del gemello e cercando di allontanarsi per quanto possibile da lui. Il corridoio in cui si trovavano era alquanto angusto e la mancanza di spazio non consentiva ai due di mantenere la debita distanza.
George sembrò ignorare le parole della giovane e iniziò invece ad armeggiare con gli oggetti che portava con sé.
Lucy posò lo sguardo sui sacchi di iuta che il ragazzo teneva tra le mani, per poi riportare l'attenzione sul suo sguardo concentrato.
"Si può sapere perché mi hai trascinata qui?"
George non rispose subito, troppo indaffarato per colmare i suoi dubbi; in compenso le sue mani continuavano ad armeggiare sui lacci dell'apertura dei sacchi, mentre con il gomito schiacciato contro il costato stringeva la propria bacchetta rischiarando l'ambiente attorno a sé e concedendogli un minimo di visibilità.
Quando ebbe terminato, il gemello porse alla ragazza i sacchi che aveva portato sin lì, senza fornire alcuna spiegazione.
Lucy li afferrò, risparmiandosi alcun cenno di protesta; il suo sguardo tuttavia non abbandonò quello del ragazzo di fronte a lei, in attesa che si degnasse a prestarle attenzione.
"Scoccia anche a me dovermi trovare qui con te, Potter", esordì poco dopo il giovane spostando i suoi occhi verso di lei, "ma non avevo altra scelta. Fred è impegnato con Lee Jordan per un futile compito di pozioni che non ho la minima intenzione di svolgere, per cui non mi restavano molti altri a cui chiedere"
"A me sembra che tu non mi abbia chiesto un bel niente finora" ribatté lei, sistemando i sacchi che stringeva tra le mani e che avevano iniziato a pesare.
In risposta, George sospirò spazientito: "Perché credi che avresti accettato se ti avessi proposto di accompagnarmi a Hosgmeade a saccheggiare un negozio?"
"Certo che no"
"Però avevo bisogno di una mano, non posso fare tutto da solo. Quindi te lo chiederò ora, così sarai soddisfatta: vuoi venire con me?"
Lucy mollò a terra i sacchi di iuta, che alzarono una nuvola di polvere che per un attimo oscurò i loro volti.
"No grazie, sto bene così"
George alzò gli occhi al cielo, portandosi una mano alla fronte: "Hai capito o no che non è una cosa che posso fare da solo?"
"Non è una mia responsabilità, Weasley"
Il ragazzo allora sbuffò, dando prova che la sua pazienza ormai era giunta al limite.
"D'accordo, cosa vuoi che faccia per ottenere un sì da parte tua?"
Lucy dovette soffocare una risata, temendo che qualcuno presente all'esterno del corridoio potesse udire quella conversazione.
"Ma perché non hai coinvolto Angelina in questa pagliacciata anziché venire da me?"
"Lo sai bene perché non l'ho fatto. Angelina non è come..."
Il gemello s'interruppe, improvvisamente a corto di parole. O meglio, a corto della forza necessaria per pronunciarle ad altra voce.
"Non è come cosa?" lo esortò la ragazza, incrociando le braccia al petto.
"Non è come me e Fred. Queste non sono cose che la riguardano e che nemmeno potrebbero interessarle"
Detto ciò, George raccolse da terra i sacchi abbandonati dalla giovane, per poi caricarseli su una spalla.
"Io ora seguirò il corridoio, è un passaggio segreto che prosegue nei sotterranei e ti conduce fino al negozio di scherzi di Zonko. Se hai intenzione di venire con me, allora seguimi"
"Non hai intenzione di darmi alcun'altra spiegazione?"
"No, Potter. So bene che, qualunque cosa io dica, non basterà per convincerti a farmi questo favore. Ma non sapevo a chi altro rivolgermi, quindi ho pensato che ne sarebbe comunque valsa la pena provarci"
Detto ciò, il ragazzo si voltò e iniziò ad addentrarsi nell'oscurità del passaggio segreto di cui ormai conosceva a memoria le diramazioni.
Lucy attese qualche istante, rimuginando sulle parole del gemello. Poi, vedendolo allontanarsi tutto solo, alzò gli occhi al cielo e afferrò la propria bacchetta per farsi luce a sua volta.
In quell'istante, tutti i suoi buoni propositi di diventare un'alunna modello s'infransero e la ragazza non poté che constatare che era sempre colpa di George Weasley.
I due camminarono per una buona mezzora, in cui non si rivolsero minimamente la parola, anzi mantennero tra loro una distanza di almeno un paio di metri.
George non si voltò mai per verificare l'effettiva presenza della ragazza alle sue spalle, ma ascoltava accuratamente i suoi passi, così da constatare se riusciva a stargli dietro o se era più opportuno che diminuisse il passo.
Quando si trovarono in prossimità del villaggio, George si fermò in mezzo al passaggio che ora non era più costituito da pareti di roccia, ma era stato scavato nel terreno umido e melmoso, che rendeva difficile muoversi passo dopo passo, dato che le scarpe sembravano non volersi scollare dal suolo.
Lucy pensò ad una serie di insulti da rivolgere al gemello per averla indotta a seguirlo fin lì, ma poi rinunciò e rimase in religioso silenzio. Guastare quella tregua precaria che si era creata tra di loro non sarebbe giovato a nessuno, anzi l'avrebbe fatta pentire di essersi avventurata sin lì.
"Siamo quasi arrivati" annunciò George, voltandosi verso di lei per verificare le sue condizioni. Nel frattempo il ragazzo poggiò i sacchi a terra e si strusciò la manica della camicia contro la fronte sudata.
Lucy approfittò di quegli istanti per riprendere fiato, poi prima di ripartire afferrò lei stessa i sacchi di iuta, caricandoseli in spalla.
"Posso farcela, sai" ribatté subito il gemello, allungando il braccio per afferrarli. Ciononostante, Lucy fece qualche passo indietro, così da fargli perdere la presa.
"Mi hai voluto qui per darti una mano, quindi permettimi di farlo" esordì stizzita la giovane.
George non aggiunge altro, ma si limitò ad alzare le spalle con fare esasperato. Vi era una crescente tensione tra i due che metteva entrambi a disagio, come se fossero consapevoli che prima o poi non sarebbero più riusciti a contenersi.
La loro marcia proseguì dopo qualche minuto di sosta e i due camminarono per altri dieci minuti in mezzo alla fanghiglia, finché non incontrarono il pavimento lastricato che li avrebbe accompagnati sino alla botola di accesso al negozio.
"Da quanto conosci questo passaggio?" domandò la ragazza notando la tranquillità con cui il gemello si avviava lungo quei corridoi bui, sempre memore della giusta direzione da prendere.
"Più o meno da due anni, da quando io e Fred abbiamo conosciuto il proprietario durante la nostra prima visita ad Hosgmeade"
Lucy sogghignò appena: "Conosci il proprietario e hai intenzione di rubare dal suo negozio?"
"Non ruberemo proprio nulla, Potter. Zonko ci fa sempre trovare le scorte di cui abbiamo bisogno e noi in cambio gli lasciamo i galeoni vicino alla cassa"
"Non mi sembra molto legale"
"Infatti non lo è", ammise George con un mezzo sorriso, "per questo ti ho fatta venire"
Lucy si sporse verso di lui con un'espressione accigliata.
"E con questo cosa vorresti dire?"
Il gemello si bloccò e si voltò verso di lei: "Che sei l'unica all'interno del castello ad infischiarsene del regolamento. Perciò so di potermi fidare di te"
La ragazza non ribatté, ma nel riprendere ad avanzare alle spalle del giovane rimase a rimuginare su quelle parole.
"Eccoci" annunciò George poco dopo, avvicinandosi ad una botola posta sul soffitto sopra di loro.
Con un movimento rapido della bacchetta, il ragazzo aprì l'ingresso al negozio di scherzi e vi si arrampicò senza alcun indugio. Quando si trovò in cima, allungò una mano verso il basso, facendo segno alla giovane di passargli i sacchi che teneva ancora sopra le spalle.
Lucy fece quanto indicato, poi iniziò a cercare degli appigli per arrampicarsi a sua volta. Quando George le allungò nuovamente la propria mano per aiutarla a salire, la ragazza esitò qualche secondo.
"Andiamo Potter, non abbiamo tutta la serata" la esortò lui, che al contrario non sembrava turbato da quel contatto fisico.
La ragazza allora afferrò la mano del gemello e, con un rapido scatto, lui l'attirò a sé introducendola all'interno del magazzino del negozio.
Giunta infine a destinazione, la giovane si allontanò subito dal ragazzo, a cui era piombata addosso facendo scontrare i loro visi.
"Scusa" sussurrò soltanto, ma George fece poco caso all'accaduto e si preoccupò invece di guardarsi intorno, alla ricerca del bottino.
Il negozio non era molto grande, ma Lucy provò ad immaginarselo in pieno giorno, cozzante di studenti estasiati alla vista di quel mare di dolciumi dalle fantasie più disparate.
Usciti dal magazzino, i due si ritrovarono dietro al bancone del negozio, dove vi era una parete di vasi di vetro ricolmi di caramelle disposte per colore. Davanti a loro invece si estendeva il resto della bottega in tutto il suo splendore: il fascio di luna filtrante dalle vetrine illuminava i mobili disposti lungo le pareti e al centro della stanza, per poi riflettersi sugli involucri di plastica dei dolciumi.
George iniziò a muoversi per il negozio come se lo conoscesse come le sue tasche; Lucy invece avanzò più lentamente, nel tentativo di memorizzare visivamente quei luoghi che tanto aveva sognato.
Si fermò davanti ad una cassetta di legno appoggiata su un tavolo poco distante, all'interno della quale vi erano delle scatole di forma pentagonale; Lucy ne afferrò una e se la rigirò tra le mani, cercando di comprendere quale fosse il contenuto.
"Sono cioccorane" intervenne George poco dopo, raggiungendola con tre sacchi pieni fino all'orlo di ingredienti per le sue ricette. Il ragazzo li trascinava a fatica e, quando si trovò a pochi passi dalla giovane, li mollò a terra bruscamente, sospirando per lo sforzo.
"Puoi prenderne se ti va", aggiunse lui, "in realtà puoi prendere ciò che ti va. Lascerò qualche galeone in più al vecchio Zonko"
"Non voglio che paghi per me" ribatté la ragazza, rimettendo a posto la piccola scatola su cui era raffigurata una semplice rana di cioccolato.
"Fai come ti pare allora" esclamò lui seccato, occupandosi di sistemare i sacchi vicino alla botola da cui erano entrati.
"Tu e Fred aprirete un posto così?" domandò la giovane qualche minuto più tardi, continuando a guardarsi intorno con un'espressione colma di meraviglia.
"Neanche per sogno! Questo posto è noioso come pochi" si indignò il gemello, indicandole l'ambiente circostante.
"A me sembra bellissimo"
"Perché sei abituata agli standard babbani, Potter"
Lucy gli rivolse un'espressione confusa, ma si rasserenò non appena colse la vena ironica nella voce dell'amico.
"Intanto nel mio negozio le cioccorane non saranno richiuse in confezioni di carta!" esclamò lui, afferrando una delle scatole che la giovane stringeva tra le mani fino a poco prima ed aprendola immediatamente, liberando l'animale all'interno che iniziò a saltellare attorno a loro.
Lucy osservò la scena con stupore, ma il ragazzo ancora non aveva finito.
"Inoltre, per chiunque metta piede nel negozio verranno distribuite Api Frizzole, così da poter spostarsi in lungo e in largo camminando a due dita da terra!"
Detto ciò, il gemello si avvicinò ad un altro contenitore da cui estrasse delle palline rosso fuoco che allungò alla giovane; Lucy allora ne assaggiò una, masticandola lentamente come le aveva indicato di fare il ragazzo.
Nel giro di qualche secondo, la sua bocca venne pervasa da un forte sapore di fragole mature e, senza che lei se ne accorgesse, i suoi piedi si staccarono di qualche centimetro da terra.
Dinanzi all'euforia della ragazza, George non poté che sorridere, continuando imperterrito ad illustrarle le fantasie del negozio, finché entrambi non si ritrovarono a testare ciascun dolciume lì presente.
Infine, Lucy posò i piedi a terra e si sedette con la schiena appoggiata al bancone, seguita a ruota dal gemello. Entrambi non avevano ancora smesso di ridere e per un attimo le loro dita si sfiorarono impercettibilmente, inducendo i due ad allontanarsi l'uno dall'altro.
"Mi dispiace di averti trascinato fin qui" esordì lui dopo qualche minuto di silenzio.
"A me invece non dispiace" ribatté Lucy, esibendo un vispo sorriso, "sono contenta anzi che la mia prima volta a Hosgmeade sia stata in tua compagnia"
George si voltò verso di lei con un'espressione meravigliata: "Dici sul serio?"
"Certo. Sapevo fin dall'inizio che non mi sarei certo annoiata"
I due scoppiarono nuovamente a ridere, confortati dal fatto che infine la tensione tra loro si fosse smorzata.
"Penso sia meglio rientrare, è ora di cena" intervenne George, osservando l'orologio appeso alla parete.
Sapevano entrambi che sarebbero rientrati assai tardi per l'ultimo pasto in compagnia degli altri studenti, ma la cosa aveva poca importanza ormai. Il tempo sembrava aver smesso di scorrere da quando avevano messo piede all'interno del negozio e nessuno dei due sembrava veramente intenzionato ad abbandonare quel piccolo spazio dove tutto gli era concesso.
Ciononostante, Lucy annuì impassibile alle parole del ragazzo. Non sarebbe stato un bene se qualcun altro li avesse visti gironzolare assieme all'interno del castello, dunque dovevano approfittare del momento in cui tutti gli studenti sarebbero stati riuniti in Sala Grande per la cena così da poter sgattaiolare indisturbati all'interno della loro sala comune.
Entrambi raccolsero da terra i sacchi che George aveva riempito poco prima, poi Lucy rimase in attesa accanto alla botola per dare il tempo a George di lasciare una busta piena di galeoni accanto alla cassa.
Quando furono finalmente pronti, si scambiarono uno sguardo veloce, che racchiudeva i sentimenti di entrambi: una volta usciti di lì, tutto sarebbe tornato come prima.
Il viaggio di ritorno fu di gran lunga più piacevole dell'andata per i due ragazzi.
I due arrancavano trascinandosi dietro i sacchi che ora avevano assunto un peso tutt'altro che indifferente e, ogni qualvolta uno di loro mettesse male un piede o perdesse l'equilibrio, scoppiavano entrambi a ridere in maniera spontanea.
Giunti in prossimità del castello, il loro umore si fece tuttavia più mogio, vedendo concretizzarsi i loro timori più grandi. Un profondo sentimento di nostalgia li colse impreparati e tutti e due percepirono l'incessante desiderio di fare qualche passo indietro e tornare in quel luogo silenzioso e indisturbato che li aveva fatti sentire così bene.
Come previsto, i corridoi del castello erano completamente vuoti e i due poterono avanzare liberamente sino al settimo piano. Raggiunto il quadro che celava l'entrata della sala comune, ripeterono la parola d'ordine e con un ultimo sforzo trascinarono i sacchi fino al dormitorio maschile.
La camera dei gemelli non era molto distante, tuttavia il peso del loro bottino gli rese difficile raggiungerla, soprattutto per via della scalinata di pietra che divideva il dormitorio dalla sala comune grifondoro.
Arrivati infine all'interno della camera che i gemelli condividevano con Lee, abbandonarono a terra i sacchi e George si affrettò subito a disporli sotto al proprio letto e a quello del fratello.
"Domani li porterò nel bagno del secondo piano, così da tenerli al sicuro" spiegò in seguito, pulendosi le mani dalla polvere e dal fango.
Lucy invece rimase inerme ad osservare i movimenti del ragazzo, indecisa sul da farsi.
Quando George si accorse della sua titubanza, iniziò ad agitarsi a sua volta.
"Ti dovrei ringraziare, credo"
Lucy sforzò un semplice sorriso: "No, io dovrei. Mi hai portata a Hosgmeade"
George esibì il suo tipico sorriso pungente, che questa volta però non conteneva alcun accenno di malizia.
"Te l'avevo promesso d'altronde"
La conversazione tra i due terminò, ma nessuno di loro sembrava intenzionato a lasciare la stanza per dirigersi a cena.
"Allora, penso che potremmo vederci in giro prima o poi" continuò George poco dopo, sempre più imbarazzato.
"Pensavo non avresti più voluto vedermi"
"No, ecco... molto spesso ciò che dico non corrisponde a quello che penso davvero"
Lucy scoppiò a ridere, ma fu una risata sincera.
"Lo so bene, ormai"
"Quindi accetteresti delle scuse per il mio comportamento dell'altra sera?"
Lucy alzò lo sguardo verso quell'esplosione di lentiggini, la chioma rossiccia, quegli occhi castani così vivaci, e le labbra sottili che aveva sfiorato appena qualche settimana prima nel corridoio del quinto piano. Cercò di mantenere la calma, ma ciò le risultò quasi impossibile dato il tremolio delle sue mani e lo stomaco ormai in subbuglio.
"George Weasley, sei una testa di troll!"
Il ragazzo la guardò sorridendo e le scompigliò scherzosamente i capelli.
Nessuno dei due al momento si rese conto che era la prima volta che la giovane grifondoro lo chiamava per nome.
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