Dannati Weasley

"What we do it's a game that you can't play
And we're losing it every time
If it lasts then we could be in Heaven
But it stops and it leaves us to dry"

Un paio d'ore più tardi, Lucy correva trafelata per le scale del castello, brandendo un'ampolla nella mano destra. Ignorava totalmente le occhiate spazientite degli studenti che era finita per urtare nel suo percorso fino al quinto piano, troppo impegnata ad organizzare mentalmente il discorso che avrebbe fatto una volta giunta dinanzi la stanza di Percy.
Era riuscita a terminare la pozione assegnatale da Piton ed era certa che quella sarebbe stata la volta buona per fare una buona impressione sul suo tutor scolastico; era intenzionata a dimostrargli di non essere dopo tutto un caso perso.
Percy non si trovava nella sua stanza, ma passeggiava in tutta serenità per il corridoio sottostante, nella speranza di sorprendere qualche alunno impegnato ad infrangere il regolamento scolastico – come ad esempio quei forsennati di Fred e George – ed avere così l'occasione di spedirli nell'ufficio del preside. Amava il suo senso di responsabilità e l'imporre disciplina tra gli studenti più ribelli, ma più di tutto adorava assaporare l'idea di quella che sarebbe stata la considerazione che il corpo insegnanti aveva di lui. Sicuramente lo ritenevano una persona affidabile ed un alunno dall'attitudine esemplare.
Mentre spostava lo sguardo nell'ambiente attorno a lui, notò una massa di ricci scuri farsi spazio tra gli studenti che si trovavano sulla scalinata lì vicino; la scala si spostava con la sua ordinaria lentezza, ma la ragazza vi arrivò farneticamente in cima, così da affrettarsi a scendere una volta raggiunto il corridoio del quinto piano.
Percy alzò gli occhi al cielo, un'abitudine che condivideva con la sorellina più piccola quando soleva spazientirsi. Perché mai gli studenti fremevano di gioia ed esaltazione all'idea di infrangere qualche regola? Silente li aveva intimati sin dal primo giorno di tenersi a distanza dal piano riservato a prefetti e caposcuola, ma a quanto pare qualcuno andava ancora alla ricerca di qualche severo provvedimento da parte sua.
Il giovane Weasley si affrettò dunque a raggiungere a sua volta il piano dove si trovava la sua stanza, quella di Penelope e, poco distanti, quelle di tutti i prefetti delle varie casate. Non avrebbe di certo permesso ad un bamboccio di qualche anno più piccolo di girovagare per quegli ambienti come se niente fosse, invadendo la loro privacy. La loro era una posizione che meritava rispetto e obbedienza, per Merlino.
Mentre andava alla ricerca del malcapitato, udì delle urla provenire dalla sala comune che condivideva con la caposcuola corvonero e si diresse subito in quella direzione; una volta fatto il suo ingresso all'interno della stanza, sorprese Penelope nel bel mezzo di una delle sue solite ramanzine, quando si metteva a sbraitare con quella sua voce stridula che la faceva somigliare ad un Pixie, mentre stringeva una mano attorno al cappuccio del mantello di una giovane grifondoro.
Fatto un passo avanti, Percy riconobbe subito l'intruso, nonostante si trovasse di spalle: "Potter!"
Alla sua esclamazione, le due ragazze si voltarono nella sua direzione e solo in quel momento il giovane Weasley poté accorgersi dell'espressione atterrita della più piccola.
"Conosci questa zimbella? È entrata nel nostro dormitorio come se niente fosse!" si affrettò subito a spiegare Penelope, con quel suo tono di voce che tanto infastidiva il ragazzo.
"Non avrei mai voluto mancarvi di rispetto!" replicò Lucy, cercando di divincolarsi dalla presa della caposcuola, "Stavo solo andando alla ricerca di Percy, non avrei saputo dove trovarlo altrimenti"
Percy abbassò le spalle e sul suo volto si fece spazio un sorriso indulgente: "Lasciala andare, ci penso io a lei" disse, divertito dall'ingenuità e dalla caparbietà della giovane grifondoro.
In risposta, Penelope inarcò la fronte e lo squadrò da capo a piedi, per poi alzare le mani in segno di resa e lasciare la stanza tutta accigliata.
Quando la corvonero se ne fu andata, Percy riportò l'attenzione sulla ragazza di fronte a lui: "Seguimi"
Detto ciò, la guidò in direzione della sua stanza, così che i due potessero conversare con più calma. Era curioso di sapere il motivo per cui la giovane si fosse azzardata a presentarsi fin lì.
"Mi dispiace per l'inconveniente" esordì Lucy, una volta che i due imboccarono uno stretto corridoio che li condusse dinanzi una piccola porta. Percy si affrettò ad aprirla con una chiave che portava con sé, celata sotto il mantello dell'uniforme, per poi invitarla ad entrare in una stanza più piccola rispetto a quella in cui si trovavano prima, ma altrettanto accogliente.
La sala comune condivisa dai due caposcuola era alquanto spoglia rispetto a quella delle varie casate della scuola, dove lo spirito di appartenenza aveva fatto sì che i ragazzi si sbizzarrissero in fatto di decori; tuttavia possedeva a sua volta una grande libreria, un caminetto e un paio di poltrone accoglienti, dove Percy era solito appisolarsi in tarda serata, durante qualche sua lettura. La camera dove i due ragazzi si trovavano presentava il doppio dei libri sugli scaffali e sembrava ancora più ordinata; il letto a baldacchino si trovava al centro della stanza e tutt'intorno le pareti erano adornate da scaffali ricolmi di manuali, pergamene, ampolle dal contenuto ignoto, lettere ed altri oggetti di dubbia provenienza. Vi era una grande vetrata a sinistra dell'ingresso, a ridosso della quale si trovava una piccola scrivania, dove piume e calamai erano stati organizzati in ordine cromatico. Sulla destra invece vi era un immenso guardaroba, all'interno del quale Lucy immaginò che gli abiti dovessero essere stati sistemati con altrettanta risolutezza.
"Dispiace a me per quanto è successo. Penelope è una persona molto poco permissiva e detesta che vengano violati i suoi spazi" spiegò Percy, una volta che ebbe chiuso la porta alle sue spalle.
"Un po' come te, insomma" azzardò la giovane grifondoro, pentendosi immediatamente di quelle sue parola una volta notata l'espressione corrucciata sulla faccia del giovane.
"Intendevo dire che-"
"Non ha importanza", tagliò corto Percy, "sono abituato agli scherni dei miei fratelli. Dimmi solo che cosa vuoi"
Lucy percepì i sensi di colpa affiorare non appena incrociò lo sguardo avvilito del giovane Weasley, ma fece quanto detto e si affrettò a recuperare l'ampolla che aveva custodito con accortezza all'interno della tasca del mantello: "Volevo solo mostrarti questa"
"Cosa sarebbe?"
"L'Antidoto ai Veleni Comuni" esclamò la ragazza con esultanza: "so che è per la prossima settimana, ma ci tenevo a fartelo vedere dopo averci lavorato tutto il pomeriggio"
"Credevo avessi l'allenamento con la squadra"
"Si beh... diciamo che ci ho lavorato quasi tutto il pomeriggio"
Percy si avvicinò alla giovane, osservando attentamente il contenuto dell'ampolla e domandando il permesso per analizzarla personalmente; dopo che Lucy gliel'ebbe passata di mano, il ragazzo svitò il tappo e annusò il contenuto, cercando di contenere la sua soddisfazione.
"Dunque sei venuta fin qui violando le regole solamente per... dirmi di essere riuscita a completare una pozione base?"
La ragazza tentennò, presa alla sprovvista dall'affermazione del caposcuola: "È la prima volta che ne preparo una"
"Potresti fare molto meglio"
Lucy non nascose la propria delusione dinanzi le considerazioni del ragazzo, anzi gli rivolse un'espressione risentita: "Ho l'impressione di essere per te un enorme fardello e che tu riesca a sopportarmi a malapena..."
Percy osservò la ragazza con sorpresa, improvvisamente a corto di parole.
"In ogni caso, sappi che il sentimento è corrisposto"
Detto ciò, la giovane grifondoro strappò l'ampolla dalle mani del prefetto e si affrettò a lasciare la stanza ripercorrendo lo stretto corridoio fino alla sala comune, poi via dritta all'esterno dove imboccò la prima scala che le si piazzò di fronte.
"Dannati Weasley" pensò subito dopo, scagliando l'ampolla a qualche metro da lei e compiacendosi nel vederla frantumarsi in mille pezzi.

Quella sera a cena Lucy non alzò lo sguardo dal proprio piatto. Ginny intuì che qualcosa doveva essere successo dopo l'allenamento e il loro ingresso all'interno della squadra – cosa che avrebbe dovuto ravvivare l'atmosfera quella sera –, ma non riusciva a capire cosa avesse potuto avvilire la sua compagna di stanza fino a quel punto.
Persino Fred e George avevano cercato di tirarle su il morale con qualche loro solito scherzo, ricevendo in risposta un'occhiata torva e qualche insulto babbano. Romilda e Demelza avevano persino provato a chiederle cosa non andasse, nella speranza che la ragazza si confidasse con loro, ma a quanto pare Lucy aveva bisogno di essere lasciata sola con i suoi pensieri.
Al termine della cena, gli studenti attesero impazienti l'arrivo dei loro gufi con la prima posta di quella settimana. Ginny immaginò sua madre compilare in tutta fretta le cinque lettere da far portare al vecchio Errol, che ormai a fatica riusciva ad alzarsi in volo con tutta la posta che aveva scarrozzato in quegli anni.
Quando i primi gufi cominciarono a fare il loro ingresso all'interno della sala grande, Lucy alzò finalmente il capo per ritrovarsi di fronte all'ennesima delusione: mentre tutti i suoi compagni ricevevano lettere dalle loro famiglie, lei non avrebbe nemmeno intravisto Ernest fare capolino all'interno della sala, dato che non vi era nessuno che si sarebbe scomodato a scriverle in quei mesi al castello. 
Osservò Ginny e le sue amiche afferrare al volo la posta, alcune di loro avevano persino ricevuto dei regali in occasione della loro prima settimana di lezioni. Fred e George diedero qualche buffetto al vecchio gufo che aveva portato le buste a tutti i Weasley, mentre Percy si alzò dalla panca che condivideva con Penelope e gli altri prefetti, per avvicinarsi al piccolo gruppo: "È da parte di mamma?"
"No Percy, la tua penso sia stata redatta personalmente da uno dei Dorsorugoso di Charlie" esclamò George, scambiandosi il cinque con il gemello mentre entrambi scoppiavano in una fragorosa risata.
"Molto divertente" commentò il caposcuola con tono piatto, cercando di strappare la busta rosso porpora dalle mani del fratello, che invece la allontanò dalla sua presa.
"Devi dire la parolina magica, Percy"
"Dov'è finita la buona educazione?"
Mentre i due gemelli se la ridevano e Percy iniziava a spazientirsi, Ginny alzava gli occhi al cielo; quello doveva essere un teatrino tipico di casa Weasley, pensò Lucy.
All'ennesima richiesta del caposcuola di lasciare andare la lettera della madre, Lucy sbatté un pugno sul tavolo, cogliendo di sorpresa tutti i presenti che interruppero i loro discorsi e sobbalzarono per lo spavento. Ora tutto gli occhi erano puntati su di lei, mentre la giovane grifondoro osservava infastidita i tre fratelli.
"Hai finito di comportarti come un bambino?" esclamò la ragazza in direzione di George. Subito dopo, approfittando dello sgomento generale, strappò dalle sue mani la tanto ardita lettera e la consegnò a Percy, che la ringraziò con un cenno del capo e tornò a sedersi, anche lui stupito dalla reazione della giovane.
Ginny non aprì bocca, ma fece segno a tutti gli studenti attorno a loro di tornare ad occuparsi dei fatti loro; quando non furono più al centro dell'attenzione, George rivolse a Lucy un'espressione contrariata: "Si può sapere che ti prende, Potter? Stavamo solo scherzando"
"Uno scherzo un po' pesante a lungo andare" commentò la ragazza, tornando a sezionare il pollo nel suo piatto, senza la minima intenzione di mangiarlo.
"In ogni caso, non è affar tuo" continuò il gemello, mentre Fred lo intimava di lasciar perdere. "Finiscila di comportarti come se Percy fosse il tuo fidanzatino"
A quelle parole, Lucy rialzò il capo verso il ragazzo, che per tutto il tempo non aveva distolto la sua attenzione, ma aveva continuato a guardarla imperterrito.
"Ripetilo se ne hai il coraggio, Weasley"
Con un ghigno divertito, George si protese verso la giovane, che la cui rabbia ormai era al limite: "Ho detto che ti comporti come se Percy fosse-"
Il gemello non riuscì a terminare la frase, ma venne zittito da un sonoro "slap" sulla sua guancia; ancora inebetito, si voltò a guardare la ragazza dinanzi a lui, che teneva ancora la mano ferma a mezz'aria dopo averlo colpito con quanta più forza avesse in corpo. Sul viso del ragazzo emerse subito l'impronta dello schiaffo ricevuto, da cui tutti i presenti non riuscivano a distogliere l'attenzione.
"Bel colpo, Potter" esordì George qualche istante più tardi, mentre tutti attendevano impazienti una sua reazione, "me lo sono meritato"
Lucy non parlò più da quel momento fino al termine della cena, quando si affrettò in direzione del proprio dormitorio senza nemmeno aspettare le amiche, che la guardarono andare via con apprensione. Ancora amareggiate per gli eventi di quella sera, si decisero che le avrebbero parlato una volta per tutte la mattina seguente.

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