28. Luna
Blaise lasciò andare la mia mano il preciso istante in cui entrammo in camera sua e la porta si chiuse alle nostre spalle.
Aveva un'espressione in viso che non lasciava spazio a dubbi: era nervoso e infastidito, ma da cosa non avrei saputo dirlo.
Il pranzo era già sul tavolino; i vassoi ancora coperti celavano le pietanze e nessun odore suggeriva cosa ci sarebbe potuto essere al loro interno.
Blaise andò in bagno senza dire una parola e vi si chiuse dentro.
Rimasi davanti alla porta d'ingresso per qualche secondo, a giocare con l'orlo della maglia e ad asciugarmi le mani umide di sudore contro i pantaloni.
Il nervosismo malcelato del Serpeverde aveva contagiato anche me; non sapevo come comportarmi, cosa dire...
Le mie parole avrebbero potuto aiutarlo a calmarsi? O forse sarebbe stato meglio tacere e aspettare?
Mi spostai verso il tavolo, sedendomi su una delle due sedie - quella che fino a quel momento era stata designata a me - e iniziai a sistemarmi il tovagliolo sulle gambe e a spostare le posate, giusto per passare un po' il tempo, mentre aspettavo che il mio ospite uscisse dal bagno.
Non mi sembrava educato iniziare a pranzare senza di lui.
Mi chiesi se parlargli dal piano abbozzato poco prima con Hermione sarebbe stata una buona idea. Avrebbe considerato seriamente la nostra idea?
Ricordai improvvisamente di avere ancora con me il foglio che avevamo stilato io ed Hermione poco prima, così lo tirai fuori dalla tasca dei pantaloni e lo dispiegai davanti a me.
La scrittura nervosa e disordinata di Hermione portò un sorriso sulle mie labbra.
Lessi velocemente le righe, muovendo appena il capo su e giù e muovendo appena le labbra; per scandire le parole chiave o quelle che faticavo maggiormente a decifrare.
Piegai il foglio e lasciai che mi si adagiasse sul grembo, lo sguardo focalizzato sulla saliera al centro del tavolo, la fronte aggrottata e le dita irrequiete a giocare con il bordo del foglio.
Fu così che mi trovò Blaise quando riemerse dal bagno: intrappolata nei miei pensieri, lo sguardo vacuo; tanto che ci misi venti secondi buoni prima di rendermi conto della sua presenta nella stanza.
«Lovegood? Lovegood? Stai bene?»
Sbattei le palpebre e alzai lo sguardo verso il serpeverde a due passi da me. Aveva uno sguardo preoccupato, una mano protesa appena verso di me e le labbra strette in una linea sottile.
«Sì, sto bene», mormorai, sorridendo.
Quando portai lo sguardo sulle mie mani, mi ricordai del foglio che stavo torturando e nella fretta di rimetterlo in tasca, mi tagliai lievemente il polpastrello del pollice destro, dal quale stillarono poche gocce di sangue.
«Oh», sussurrai, avvicinando la parte offesa al mio viso.
«Devi fare attenzione, ti sei fatta tanto male?», chiese lui, sedendosi nel posto a tavola libero vicino a me.
«No, è solo un taglio, passerà subito», lo rassicurai, prima di portarmi il dito alla bocca.
Il sapore del sangue mi fece storcere il naso, ma non demorsi; quello era il modo più facile e veloce per disinfettare la "ferita".
«Mangiamo?», gli proposi, ma la sua attenzione si era focalizzata sul foglio che la mano sinistra ancora reggeva e sembrò non udire le mia parole.
Sembrava curioso e non particolarmente intenzionato a lasciar perdere: «Cos'è?», chiese, avvicinandosi, quasi volesse prendermi il foglio di mano.
«Niente», dissi, mettendo l'oggetto del suo interesse in tasca, prima di avvicinare ulteriormente la sedia al tavolo e nascondere le mie gambe alla sua vista. Speravo che così facendo si sarebbe presto scordato dell'esistenza dell'elenco scritto dalla Granger, il quale per uno strano concatenamento di eventi era rimasto a me e non alla proprietaria.
Gli occhi di Zabini mi scrutarono indagatori. Dopo poco apparentemente decise che non ne valeva la pena e che, in fondo, non era poi così interessato al foglio che aveva nascosto nella tasca dei pantaloni. Sorrise, si sistemò meglio sulla sedia e sollevò i coperchi dei vassoi disposti di fronte a noi.
«Gradisci delle frittele?»
Sembrava di umore migliore rispetto a quando eravamo entrati nella stanza; più disteso e loquace.
«Sì, grazie», risposi, approfittando del silenzio per considerare la stranezza della mattina appena vissuta. Ero stata chiusa in bagno a lungo, ma l'intrattenimento non era mancato e avevo avuto modo di udire chiaramente, anche se non era propriamente mia intenzione origliare conversazioni private, le parole che si erano dette Narcissa Malfoy ed Hermione.
La mia amica se l'era cavata egregiamente e non aveva permesso alla donna di metterle i piedi in testa, ma non avevo mai avuto dubbi in proposito. Mettere i piedi in testa a Hermione, c'era qualcuno che ne era in grado? Ne dubitavo.
Senza rendermene conto smisi di mangiare le frittelle con cui Blaise mi aveva generosamente riempito il piatto e rimasi incantata a guardare il ragazzo seduto accanto a me; il suo modo di servirsi e gustarsi le pietanze era semplicemente impeccabile.
Tutto calcolato, ogni gesto ed esitazione.
Sollevai appena lo sguardo, per osservare il suo volto e avvampai quando mi resi conto che mi stava guardando a sua volta con un'espressione indecifrabile.
«Un galeone per i tuoi pensieri», disse, sfoggiando un sorrisetto impertinente che mi mise ulteriormente in imbarazzo.
«Oh, non stavo pensando a niente di interessante, temo», ribattei, nella speranza che lasciasse perdere e tornasse al pranzo, dimenticandosi tutto.
Speranza vana.
«Lascia che sia io a valutare», il suo sorrisetto era quasi un ghigno compiaciuto ormai.
"Non puoi dirgli che lo stavi ammirando per la sua eleganza nel mangiare, pensa a qualcos'altro Luna, qualsiasi altra cosa!"
«Mi chiedevo se anche questo pomeriggio mi potrò incontrare con Hermione».
Era palese anche al piatto di frittelle davanti a me che non avevo affatto detto la verità, quindi non mi stupii più di tanto quando Blaise alzò un sopracciglio e mi dedicò l'espressione più scettica che avesse nel suo repertorio di espressioni scettiche.
«Penso di sì», disse, tornando a fissare il suo piatto.
Il resto del pranzo trascorse tranquillamente, Blaise non tentò di carpirmi la verità in alcun modo, preferendo erigere un muro d'indifferenza intorno a sé.
Mi chiese se avessi trascorso una piacevole mattinata e io gli raccontai della visita della signora Malfoy, della prontezza di Hermione nel nascondere entrambe nel bagno e di come se l'era cavata egregiamente durante la conversazione con la donna, malgrado Narcissa Malfoy non si fosse minimamente risparmiata commenti e frecciatine.
«La Granger è un osso duro», commentò, posando le posate nel suo modo impeccabile: «Ma anche Narcissa Malfoy è una donna altrettanto forte».
Annuii, incerta su come continuare la conversazione; non volevo che si creassero ulteriori silenzi tra di noi, mi piaceva parlare con lui.
«Mi ricorda mia nonna», mormorò, accennando un breve e timido sorriso.
Era la prima volta che nominava un membro della sua famiglia davanti a me. Avrei voluto chiedergli ulteriori informazioni, ma il timore di porre la domanda sbagliata e di portarlo a cambiare discorso, mi fece desistere.
«La mia nonna paterna, ovviamente, nonna Rosa», specificò: «Non ho mai conosciuto nonna Pearl e mia madre non ama parlare di lei. Nonna Rosa è l'unica nonna che ho».
Posai le mani in grembo, ero sazia e pronta ad ascoltare tutto ciò che Blaise era disposto a condividere con me.
Avevo la netta sensazione che per lui non fosse semplice parlarmi così a cuore aperto e la cosa non mi stupiva più di tanto; in fin dei conti ci conoscevamo appena e io ero solo Lunatica Lovegood, la pazza ragazzina che vede esseri che non esistono.
Abbassai lo sguardo e mi chiesi come mai stesse raccontando quelle cose a me.
"Forse gli piaci".
Quel pensiero mi fece avvampare e sentii chiaramente la pelle d'oca farsi strada lungo le mie braccia.
"Non essere sciocca, forse gli fai solo pena".
«La vado a trovare tutte le estati, passo più tempo in Italia da nonna Rosa che in Inghilterra con i miei genitori. Papà è sempre sommerso di lavoro, mamma ha l'agenda piena di balli, ricevimenti e convegni a cui deve assolutamente partecipare, così io passo le estati a casa della nonna».
Blaise si fermò e mi guardò a lungo, facendomi arrossire ulteriormente.
Provai a schiarirmi la voce per dare il mio contributo alla conversazione, ma la mia voce sembrava il gracidio di una rana e optai per un po' d'acqua per cercare di darmi una calmata.
«Com'è l'Italia?», gli chiesi, una volta che sgolai l'intero contenuto del bicchiere: «Non ho mai avuto l'occasione di viaggiare all'estero».
«L'Italia ha un fascino tutto suo; difficile spiegarlo senza sembrare banale e finire col cadere nei soliti luoghi comuni», rispose, sorridendomi.
Non mi era sfuggito lo sguardo divertito che mi aveva lanciato al mio gracidare poco prima, ma avevo deciso di non offendermi; aveva tutto il diritto di ridere se tutto quello che riuscivo a fare era rendermi ridicola ai suoi occhi.
«Le estati dalla nonna sono piene di luce e vita. La maggior parte del tempo lo passo con i miei cugini, andiamo in barca, a visitare città e a spendere il nostro patrimonio in giro per locali. Ma non mancano i ricevimenti a cui sono costretto a partecipare per fare un piacere a mia nonna, in questi casi mi diverto un po' meno».
Ci furono alcuni secondi di silenzio, in cui io provai a immaginarmi come dovessero essere le sue estati in Italia, a immaginarmi le risate, i colori e i profumi.
«Tu come trascorri le estati?», mi chiese, con uno sguardo colmo di curiosità e le labbra distese in un sorriso.
Sorrisi a mia volta: «Faccio i compiti, mi occupo della casa e dò una mano a papà col giornale. Spesso vado a trovare mia zia e passo qualche giorno da lei in Cornovaglia. La maggior parte del tempo mi dedico al giardinaggio e...» un groppo in gola mi impedì di continuare la frase.
Probabilmente se gli avessi detto che passavo le estati a studiare creature che solo io potevo vedere mi avrebbe presa per pazza. Molto più di quanto già non facesse.
I suoi occhi blu mi scrutarono a lungo, un sopracciglio alzato in modo interrogativo e la fronte aggrottata.
«E leggo», aggiunsi alla fine, optando per una verità meno compromettente.
Zabini si alzò in piedi e si stiracchiò appena, prima di tornare a guardarmi: «Che genere di letture ti interessano? Volendo posso andare in biblioteca e prenderti qualche volume da leggere, per far passare il tempo quando io non ci sono e non sei dalla Granger».
La sua proposta mi fece sorridere: «Sei molto gentile, grazie. Non ho particolari preferenze, sono interessata a qualsiasi ambito».
«Non per nulla il cappello ti ha smistato in Corvonero».
La sua osservazione mi colpì, lasciandomi per qualche secondo senza parole.
Era forse un complimento? Era sbagliato considerarlo tale? Era giusto avere voglia di ringraziarlo?
In quel momento, senza che qualcuno lo chiamasse, spuntò Breedy, che porse a Blaise un biglietto da parte di Draco Malfoy. L'elfo scomparve con i piatti sporchi del pranzo e le orecchie rosse per i miei complimenti e ringraziamenti.
«Draco ci chiede di raggiungere lui ed Hermione dopo pranzo, a quanto pare dobbiamo discutere di qualcosa d'importante», mi disse Blaise dopo aver letto la missiva.
Annuii: «Andiamo subito?», chiesi, alzandomi da tavola.
«Perché no», rispose, afferrando il mantello: «Aspetta qua un istante», disse prima di uscire dalla porta e di controllare che il corridoio fosse vuoto.
Mi fece gesto di raggiungerlo dalla porta socchiusa e io lo seguii senza fare storie, affiancandolo in quei pochi metri che ci separavano dalla porta della camera di Malfoy.
Eravamo quasi arrivati che dalla porta del biondo sempreverde uscì Pansy Parkinson, il mantello ad avvolgere la sua elegante figura e la maschera da Mangiamorte stretta nella mano destra.
Io e Blaise ci fermammo in mezzo al passaggio.
Avevo il cuore che batteva forte nel petto; vedere qualcuno uscire dalla camera di Malfoy mi aveva portato a rendermi conto di quanto tutta quella faccenda fosse pericolosa e a convincermi una volta per tutte che dovessimo fare il possibile per trovare una soluzione.
«Blaise», salutò la mora, facendo un veloce gesto col capo, prima di voltare lo sguardo verso di me: «Lovegood», mi apostrofò con una smorfia.
«Sei tornata», fu tutto quello che uscì dalle labbra di Blaise che, con un'espressione corrucciata, continuava a fissare la serpeverde: «Com'è andata la missione?»
«Non mi sembra il luogo adatto per discorrerne, un'altra volta», fece un gesto sbrigativo con la mano, quasi stesse scacciando una mosca fastidiosa e ci superò con passo nervoso, dirigendosi verso un corridoio laterale che doveva, quasi sicuramente, condurre alle stanze del dormitorio femminile.
Lanciai una veloce occhiata a Blaise accanto a me, che sembrava corrucciato; forse la risposta sbrigativa della mora lo aveva deluso in qualche modo.
Non rimanemmo in corridoio ancora a lungo, entrambi ci affrettammo verso la porta della stanza di Malfoy. Ero preoccupata che qualcuno potesse vederci e Zabini sembrava esser stato colpito dal mio stesso timore.
Bussò lievemente alla porta e la aprì.
La scena che si presentò ai nostri occhi, una volta messo piede nella stanza, ci mostrò un corrucciato Draco Malfoy che si massaggiava una spalla, mentre Hermione era seduta sul letto, con le braccia conserte e uno sguardo indispettito.
Il volto della mia amica si illuminò appena mi vide entrare.
«Oh, Luna!», esclamò la Grifondoro, alzandosi in piedi e raggiungendomi in pochi passi.
Ci abbracciammo brevemente, mentre Zabini si chiudeva la porta alle spalle e ci lanciava un'occhiata divertita: «Da quanto tempo, eh?», ci prese in giro, cercando con gli occhi il supporto di Malfoy. Il biondo scosse la testa e alzò gli occhi al cielo.
«Zabini, nessuno ha chiesto il tuo parere», s'indispettì Hermione, prima di raggiungere nuovamente il letto e sedersi, facendomi segno di raggiungerla.
«Ora che ci siamo tutti dobbiamo decidere il da farsi», disse Malfoy, sedendosi al tavolino: «Hermione?»
La riccia alzò lo sguardo verso il biondo, alzando un sopracciglio, incuriosita: «Sì?»
«Esponi il piano», la incitò il Serpeverde, facendo segno al moro di sedersi a tavola con lui.
A Hermione brillarono gli occhi di fierezza per qualche istante.
Ero contenta che fosse riuscita convincere Malfoy ad ascoltarla e ad appoggiarla.
Ora dovevamo solo parlare dei nostri progetti con Blaise e vedere la sua reazione, nella speranza che approvasse.
Hermione espose tutto con estrema maestria, senza tralasciare nulla: parlò degli horcrux, della Bacchetta di Sambuco, della Coppa, del Medaglione e del Basilisco.
Mentre parlava osservai le espressioni dei due serpeverde e rimasi colpita dal profondo orgoglio che traspariva dal volto di Malfoy. Zabini invece rimase impassibile la maggior parte del tempo, quasi fosse troppo sorpreso per poter reagire in qualsiasi modo.
«In poche parole, propongo di dividerci. Luna sperava di poter parlare con la Dama Grigia e chiederle informazioni a proposito del diadema di sua madre, Zabini potresti accompagnarla per accertarti che non le accada nulla. Io e Malfoy invece potremmo dedicarci alla ricerca della zanna di Basilisco. Per quanto riguarda la Coppa, avete qualche idea? Draco, tuo padre o tua madre potrebbero chiedere a Bellatrix informazioni senza destare troppi sospetti? O dici che è troppo pericoloso?»
«Posso chiedere», rispose il biondo, sorridendo alla riccia.
Per qualche secondo cadde un pesante silenzio.
Blaise continuava a fissare Hermione, pareva pensieroso. Poi i suoi occhi si spostarono su di me e vidi un lampo di disappunto arricciargli la fronte.
«Questo è un suicidio», disse alla fine il moro, guardando Malfoy dritto negli occhi: «Non sono sicuro di approvare, ma ormai sembra che abbiate tutti deciso, quindi non ho intenzione di mettervi i bastoni tra le ruote. Vi aiuterò».
Un sorriso soddisfatto comparve sulle mie labbra. Non ci aveva detto di no e questo per me era molto importante.
«Grazie, Blaise», disse Malfoy: «Sapevo di poter contare su di te».
Zabini annuì e tornò a fissare Hermione: «Da dove cominciamo?», le chiese con tono rassegnato.
La riccia si alzò subito in piedi e raggiunse il comodino, dove si trovavano uno spesso volume impolverato, una boccetta contenente un liquido color fango e il galeone incantato.
«Questa è la pozione polisucco che utilizzeremo per non essere riconosciute io e Luna. Ovviamente indosseremo mantelli e maschere la mangiamorte, ma per essere ulteriormente sicure questa mi sembra la soluzione migliore. Questo è un libro sul serpentese, questo pomeriggio leggerò se ci può tornare utile, altrimenti mi metterò in contatto con Harry e proverò a chiedergli se ci può fornire la parola in serpentese necessaria per aprire la camera dei segreti. Domande?»
«Quand'è che hai cominciato ad avere lo stesso tono di voce della McGranitt?», chiese Malfoy.
Hermione assottigliò lo sguardo e irrigidì le spalle: «Ci sono altre domande? Magari pertinenti?»
Draco sorrise sotto i baffi, sembrava compiaciuto di se stesso.
Si divertiva così tanto a vederla arrabbiata?
Osservai il profilo di Blaise, che sembrava essersi perso a fissare il muro alle spalle di Malfoy.
Sembrava realmente preoccupato. Come dargli torto? Anche io lo ero e non solo per me.
«Bene, allora suggerirei di metterci all'opera», concluse Hermione, posando il volume della biblioteca sul grembo di Malfoy in modo brusco e, osservando il volto paonazzo di Malfoy, immaginai doloroso.
Blaise si alzò in piedi e mi fece gesto di seguirlo. Abbandonai il morbido materasso e mi alzai a mia volta, ma le parole di Malfoy mi fecero gelare sul posto: «Non so se lo sapete, ma è tornata Pansy. Volendo la Lovegood può andare a dormire da lei, così tu starai più comodo. Che ne pensi, Blaise?»
Il moro aggrottò la fronte, fissando il biondo con fastidio. La sue espressione contrariato mi fece sperare che mi volesse con sé.
«Se Pansy è d'accordo...», disse Zabini, facendo spallucce: «Magari ti ci vorrà un po' per convincerla, nel mentre posso continuare ad ospitarla io».
«Va bene, ti farò sapere presto», annuì Malfoy, le mani strette intorno al volume che aveva in grembo, mentre Hermione in piedi, a pochi passi da lui, osservava la scena con un sopracciglio sollevato.
«Ci vediamo presto», mi salutò la mia amica, regalandomi un dolce sorriso.
«Certo, nel frattempo potrei fare alcune ricerche, per trovare il modo di far entrare ad Hogwarts la resistenza», proposi, affiancando l'alta figura di Zabini.
«Ottima idea», disse Hermione, schiaffeggiando la mano di Malfoy che aveva provato ad afferrarla per un fianco e avvicinarla ulteriormente a sé.
Sorrisi della scena e, alzando lo sguardo, notai che Blaise stava a sua volta ridacchiando.
Uscimmo nel corridoio e percorremmo i pochi passi verso la stanza di Zabini in pochi secondi, riuscendo (nuovamente) a non farci scoprire.
Una volta nella sua camera, il moro mi lanciò un'occhiata contrariata: «Perché vuoi parlare a tutti i costi con la Dama Grigia? Non me ne potrei occupare io? O qualcun altro?»
«Non preoccuparti, andrà tutto bene», lo rassicurai: «E poi ci sarai tu con me, non ci andrò da sola».
I suoi occhi blu rimasero a lungo chiusi; la bocca stretta in una linea sottile non lasciava presagire nulla di buono.
«Non sono invincibile e non lo sei neanche tu. Possibile che non tu non abbia paura?», mi chiese, aprendo gli occhi, che colmi di dolore, sembravano supplicarmi di ripensarci.
«Certo che ho paura, ma non abbiamo scelta. Prima porteremo a termine la missione, prima sarà tutto finito e potremmo tornare alla normalità», gli risposi.
I miei piedi fecero di testa loro e mi ritrovai a pochi centimetri da lui, le mani appoggiate alle sue spalle e il volto pericolosamente vicino al suo. La fragranza della sua pelle mi provocò una forte fitta allo stomaco.
«Normalità?», sussurrò: «Come potrei tornare alla normalità dopo tutto ciò che è successo?»
«Le guerre cambiano molto le persone», gli diedi ragione e, colma di un coraggio che non pensavo di avere, lasciai che una mano gli si appoggiasse sulla guancia, saggiando la morbidezza della sua pelle. Dopo quello che era successo la notte prima, dopo tutti gli sguardi e le frasi interrotte; dopo quel poco immenso che c'era stato mi sembrava così naturale toccarlo. Come se conoscessi la consistenza della sua pelle da sempre.
«Non mi riferivo alla guerra».
Le sue mani avvolsero il mio viso e un timido sorriso distese le sue labbra: «Ma a te».
Il bacio che mi diede fu dolce, delicato. Un breve sfiorarsi di labbra.
Non chiusi gli occhi; erano sbarrati dall'emozione. Le mani mi tremavano mentre stringevo la mia presa sulle sue guance per tenerlo vicino e poter prolungare quel bacio.
Quando ci scostammo, sorrisi: «Questo bacio non cambia niente, non mi impedirai di andare a parlare con la Dama Grigia».
Blaise rise di gusto e mi diede un altro bacio a fior di labbra: «Lo so».
*****************************************************
Ciao a tutti! :)
Ce l'ho fatta. Li sentite anche voi i cori angelici che cantano a squarciagola: "Alleluja"? Io sì.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, a me personalmente piace molto il finale ;) In realtà nel piano iniziale volevo aspettare ancora un po' prima di farli baciare, ma come al solito i personaggi hanno fatto di testa propria.
Ne approfitto per fare un veloce quadro generale: non dovrebbero mancarmi ancora molti capitoli, direi una decina al massimo. Il prossimo capitolo arriverà appena riuscirò a scriverlo ossia spero entro la prossima settimana, ma non ho intenzione di promettervi nulla perché mi conosco e so di non essere brava con le scadenze.
Scusate ancora per il tempo infinito che vi faccio sempre aspettare, non merito la vostra pazienza e spero di ripagarvi con dei bei capitoli (ma nel caso non lo stessi facendo, ditemelo e vedrò di migliorare).
Nel caso ci fossero degli errori, ditemelo che li correggerò tempestivamente.
Un bacio ❤️
LazySoul_EFP
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top