27. A crying girl and a little problem
Quando Breedy portò via i piatti sporchi del pranzo, chiesi a Draco di poter usare la sua bacchetta per mettermi in contatto con Harry e Ron ed aggiornarli a proposito della coppa e del piano, per il momento solo abbozzato, di Luna e me.
Malfoy non si oppose o sembrò minimamente contrario alla cosa, mi chiese se avrebbe potuto assistere e mi porse la bacchetta con un'espressione di fiducia e orgoglio che mi fece venir voglia di abbracciarlo stretto e non lasciarlo più.
Presi il galeone e mi sedetti al centro del letto a gambe incrociate, lasciando che Draco si coricasse appoggiando il capo sul mio grembo.
Non persi tempo e scrissi un semplice: "Ragazzi, ho novità. Voi come state?", poi appoggiai sul mio palmo la moneta, nell'attesa che bruciasse, avvisandomi di aver ricevuto una risposta.
Mentre aspettavo, posai la bacchetta e, con la mano libera, presi a giocare coi capelli di Malfoy, godendo della sensazione di solletico e morbidezza che mi provocavano.
Passarono alcuni secondi, poi il mio sguardo, che si era incantato a fissare la parete, si posò nuovamente sul galeone; bollente sul mio palmo.
"Tutto bene. Tu? Racconta."
"La coppa è a Hogwarts, c'è l'ha Bellatrix Lestrange. Lucius e Narcissa Malfoy vogliono aiutarci. Luna pensa di sapere chi potrebbe conoscere la collocazione del diadema. Draco Malfoy ed io cercheremo un modo per introdurci nella Camera dei Segreti per recuperare una zanna del Basilisco e distruggere gli Horcrux."
Appena inviai il messaggio, mi resi conto che gli occhi chiari del Serpeverde mi stavano fissando con insistenza, così posai galeone e bacchetta, lanciandogli a mia volta un'occhiata indagatrice.
«Non ti permetterò mai e poi mai di girare da sola per i corridoi di Hogwarts senza una bacchetta o la mia protezione», disse; il tono di voce era serio e non ammetteva repliche.
Annuii, lo capivo, anch'io mi preoccupavo della sua incolumità ogni volta che metteva piede fuori da camera sua. La differenza era che lui aveva molte meno possibilità della sottoscritta di rimanerci secco. Aprii bocca, volevo fargli notare che io non gli avevo mai chiesto di girare per Hogwarts, in quelle particolari condizioni, da sola, ma venni interrotta dalla sua mano, che mi zittì, appoggiandosi sulle mie labbra.
«Ma capisco il tuo punto di vista e sono pronto ad accontentarti; andremo insieme nella Camera dei Segreti e tu non ti allontanerai da me per nessun motivo al mondo fino a quando non torneremo qua dentro sani e salvi, chiaro?»
Sentii gli occhi bruciarmi per la commozione trattenuta. Sapevo che avrebbe ceduto, non pensavo però di non dover insistere maggiormente per giungere al mio scopo.
Abbassai il volto, fino a quando le mie labbra e le sue non si sfiorarono in un dolce bacio di ringraziamento.
«Devi promettermi che non farai nulla si sconsiderato, ok? Appena metterai piede fuori da questa stanza sottostarai ai miei ordini e...»
Lo zittii con un altro bacio, annuendo con vigore: «Va bene, Draco, hai la mia parola.»
Gli sorrisi e lui ricambiò, anche se in modo meno entusiasta, si vedeva che era ancora molto preoccupato, oltre a essere contento della mia felicità. E, oltre a quei sentimenti, notavo nei suoi lineamenti una punta di disagio, che non riuscii a decifrare.
«Sfregiato non ha ancora risposo?», chiese, distogliendo lo sguardo, per guardare nella direzione del galeone.
Non riuscivo a capire il suo comportamento, sapevo che aveva usato apposta quell'odioso soprannome per farmi ricordare chi lui fosse, quasi la mia gratitudine e l'amore che traspariva dal mio sguardo in quel momento fossero troppo per lui e avesse bisogno di ricevere uno sguardo di rimprovero per ristabilire l'ordine naturale delle cose.
Indugiai solo pochi secondi ancora sul suo volto, scuotendo il capo, realizzando ancora una volta quanto Draco Malfoy sarebbe rimasto sempre e comunque un mistero, non sarebbe importato quanto avrei scavato e scoperto, lui avrebbe di sicuro continuato a stupirmi e a dimostrarsi l'impossibile rompicapo che era.
Presi il galeone in mano, constatando di aver effettivamente ricevuto una risposta: "Fai attenzione, cercheremo di introdurci ad Hogwarts nei prossimi giorni, l'Ordine vuole attaccare ora che il nemico sembra aver abbassato le difese. Tienici informata e non fare nulla di stupido."
Aggrottai le sopracciglia, chiedendomi se l'idea dell'Ordine fosse o meno saggia, prima di rassicurarli un'ultima volta, salutarli, e posare galeone e bacchetta sul comodino di Draco.
«Tutto bene?», chiese il Serpeverde, prendendo la mia mano destra tra le sue.
«Non lo so, hanno detto che vogliono attaccare Hogwarts al più presto, non so quanto possa essere una buona idea», ammisi, lasciando che le sue dita accarezzassero con dolce sicurezza la mia pelle.
«Li aiuteremo ad entrare e a vincere, non ti devi preoccupare di nulla.»
Annuii, lievemente rassicurata dalle sue parole, poi un altro pensiero mi fece tornare un'espressione di fredda sicurezza sul viso: «Dobbiamo fare in modo che quando decideranno di attaccare gli Horcrux siano distrutti, così Harry avrà la possibilità di uccidere una volta e per tutte Tu-Sai-Chi».
Malfoy annuì, anche lui era tornato serio, quasi l'avessi contagiato con la mia determinazione.
«Hai ragione», disse, sollevandosi a sedere e poi in piedi.
Nel giro di pochi secondi, mentre io continuavo a pensare a quante cose ancora dovevamo fare, Draco indossò il mantello, recuperò la sua bacchetta e la maschera da Mangiamorte.
«Dove vai?», chiesi, allarmata, aggrottando la fronte. Aveva forse mentito quando mi aveva detto che quel giorno avrebbe avuto il pomeriggio libero?
«Vado in biblioteca a cercare informazioni a proposito del serpentese e poi ruberò della Pozione Polisucco dalle scorte di Piton e chiederò a Blaise e Luna di unirsi a noi per discutere dei dettagli del piano», disse, abbassandosi un istante per darmi un bacio sulle labbra; quelle mie labbra che sembravano esser rimaste sotto shock a causa di quello che stava succedendo.
Non ebbi modo di rispondere, nel giro di due secondi era già uscito dalla stanza, lasciandomi letteralmente senza parole.
Sì, avevo appena avuto la conferma che Draco Malfoy sarebbe sempre rimasto un mistero per me.
Sorrisi e poi scoppiai a ridere, gettandomi di schiena sul letto per sdraiarmi e godere della comodità del materasso e delle coperte.
Tutto sembrava che si stesse risolvendo nel modo migliore, dovevo solo continuare a fidarmi di Draco, del mio nemico, per avere la certezza che non avrebbe permesso mai e poi mai a nessuno di farmi del male.
Nuovamente da sola in quella camera mi chiesi cos'avrei potuto fare mentre aspettavo il ritorno del suo proprietario. Presi in considerazione l'idea di fare un pisolino, o magari di approfittare del tempo libero per fare uno lungo bagno pieno di bolle per rilassarmi.
Ma i miei progetti sfumarono quando la porta della stanza si aprì all'improvviso, e una seria e fredda Pansy Parkinson fece il suo ingresso trionfale, con la maschera da Mangiamorte sotto il braccia e il suo tipico broncio da bambina viziata stampato in viso.
I suoi occhi scuri scandagliarono la camera centimetro per centimetro, prima di posarsi su di me.
Ricordavo bene l'ultima volta che avevamo parlato con lei; era stato prima della battaglia, quando avevo scoperto che mi aveva preso in giro, che mi aveva ingannata per impedire che Nott fosse ucciso.
«Granger», mi salutò, chiudendosi la porta alle spalle, prima di togliersi il mantello e accomodasi su una delle sedie vuote come se fosse stata camera sua e avesse avuto tutto il diritto di mettersi comoda: «Malfoy non c'è?»
Scossi la tesa, mettendomi a sedere sul bordo del letto: «No, è uscito pochi minuti fa».
La Parkinson, dopo aver udito le mie parole, sembrò sgonfiarsi, perdendo tutta la spavalda sicurezza che aveva mostrato fino a pochi secondi prima. Le spalle, che erano state impeccabilmente diritte, si abbassarono e la schiena si ingobbì, mentre il viso venne oscurato da una malinconia tanto intensa da farmi sentire, malgrado ce l'avessi ancora un po' con lei, partecipe del suo dolore e piena di compassione e pietà.
Era passata dall'essere la candidata perfetta per sfidare a colpi di bon ton ed etichetta la Signora Malfoy, al fantasma sbiadito di se stessa.
«Cos'è successo?», chiesi preoccupata, avvicinandomi a lei, fino a quando non mi trovai a pochi centimetri dalla sua figura accartocciata su se stessa.
«Parkinson?», la chiamai ancora, dopo aver aspettato infiniti secondi di ricevere una risposta.
Appoggiai una mano sulla sua spalla, sentendola subito irrigidirsi sotto la mia stretta, ma la ragazza non fece niente per sottrarvisi, si limitò ad alzare il viso, mostrandomi i suoi lineamenti stravolti dal dolore e calde lacrime rigarle la pelle chiara.
Un pensiero improvviso mi fece aggrottare la fronte e parlare: «É successo qualcosa a Nott?»
Immagini di guerra e dolore mi fecero gelare il sangue nelle vene e sperai, malgrado la Parkinson non fosse propriamente la mia migliore amica, che non fosse successo nulla di grave o di irrimediabile al ragazzo di cui diceva di essere innamorata.
Mi chiesi se il cuore della serpeverde non fosse un po' troppo volubile, un attimo prima dedita a professare amore e fedeltà a Malfoy, quello dopo a correre dietro a Nott...
Mi diedi da sola dell'ipocrita e mi sentii in colpa per il mio pensiero ingiusto. Chi ero io - innamorata di Ron e poi dopo pochi giorni di Draco - per giudicarla?
In realtà eravamo più simili di quanto avremmo mai ammesso.
La Parkinson rispose alla mia domanda con una semplice scossa di capo e io mi sentii più leggera di prima; se Nott era sano e salvo allora magari il problema sarebbe stato relativamente facile, cosa poteva mai esser successo di altrettanto grave da farla piangere, dimentica del proprio orgoglio, davanti a me?
«Che ne dici di parlarne di fronte ad una tazza di tè? Potrebbe aiutarti a calmarti?», le chiesi, togliendo la mia mano dalla sua spalla, per sedermi a tavola di fronte a lei.
Pansy annuì.
Non persi tempo e chiamai subito Breedy.
L'elfo domestico comparve dopo meno di due secondi davanti a me con un profondo inchino: «La signorina Granger ha chiamato?», chiese, prima di notare la Parkinson e di fare un inchino anche a lei.
«Potresti portarci del tè, per favore?»
Breedy eseguì nuovamente una genuflessione e poi scomparve.
«Solo una feccia come te può trattare un elfo come se fosse un suo pari», disse con tono tagliente la Parkinson.
La guardai male, facendole capire di non aver apprezzato. Capivo il suo desiderio di insultarmi per sfogare la su collera e tristezza, per far diventare anche me misera e piangente proprio com'era lei in quel momento, ma non gliel'avrei permesso.
«E solo una stupida come te può trattare male la feccia che sta cercando di capirla, aiutarla e consolarla», ribattei.
Breedy tornò prima che potesse rispondermi e appoggiò con un altro inchino il vassoio, contenente la teiera, due tazzine, latte, limone, zucchero e dei biscotti al cioccolato, sul tavolo che divideva la Parkinson e me.
«Grazie, Breedy, ora puoi andare.»
Dopo il sonoro 'pop' della smaterializzazione dell'elfo, la stanza cadde in un silenzio teso.
La Parkinson teneva lo sguardo basso, non sembrava dispiaciuta di avermi insultato, ma solo triste.
«Hai intenzione di raccontarmi cos'è successo?», le chiesi, afferrando la teiera per versare del tè in entrambe le tazze.
Quella situazione mi ricordava la visita di quella mattina della signora Malfoy, anche se la purosangue che avevo davanti in quell'istante sembrava meno altezzosa e più sconsolata, rispetto all'impeccabile madre di Draco.
«Ho sbagliato a venire qui», disse, ma non si mosse di un millimetro: «Perché mai ho pensato che tu avresti potuto aiutarmi?»
La sua voce era bassa e pacata, sembrava stesse commentando il tempo o parlando di una notizia letta su un giornale; stava constatando l'ovvio.
Mi chiesi se dovessi insistere o meno e, quando decisi che ero troppo curiosa per aspettare, la Parkinson aprì nuovamente bocca e mi precedette: «Eppure tu sai come ci si sente... Non è vero?»
Fece nuovamente una breve pausa e poi sospirò e alzò lo sguardo, puntano i suoi occhi scuri nei miei: «Eri innamorata di Weasley quando lui ha baciato la Brown, quindi potresti intuire la mia sofferenza...»
Aggrottai le sopracciglia, stava parlando per caso di Malfoy e me? O Nott...?
«Theo ha una cotta per Daphne, vuole che lo aiuti a conquistarla.»
La Parkinson lanciò la bomba con un tono casuale, mentre girava il cucchiaino nella tazzina senza fare il minimo rumore.
Dire che rimasi senza parole sarebbe un eufemismo, quasi mi strozzai con il tè per la sorpresa.
«Ma Daphne...», iniziai a dire, prima di bloccarmi e cominciare a ridere.
La mia reazione non fu una delle migliori, ma la situazione era così contorta e al limite del possibile che non avrei potuto fare diversamente. Vedevo chiaramente che la Parkinson, di fronte a me, era a dir poco indignata dal mio comportamento inadeguato; sicuramente si stava dando della stupida, per aver pensato che io sarei potuta essere di qualche aiuto.
«Cavolo, che pasticcio!», esclamai, portandomi le mani a coprirmi il viso, un po' per nascondere il sorriso che ancora mi illuminava il volto, un po' per mostrarle la mia costernazione.
«Io non ci trovo nulla da ridere», sibilò la Serpeverde, linciandomi con un'occhiata di puro odio.
«Daphne è innamorata di un'altra persona, me ne ha parlato recentemente Draco», ammisi: «Altro che triangolo amoroso, questo sembra più un quadrato, se non addirittura un pentagono.»
Pansy posò subito la tazzina e rimase con gli occhi sbarrati dalla sorpresa a fissare il pavimento: «Daphne non nutre nessun interesse nei confronti di Nott, quindi?», chiese in un sussurro.
«Ne dubito fortemente», le risposi, grata di constatare come un tenue sorriso fosse comparso sulle sua labbra.
«Quindi...», iniziò, sollevando il capo, una punta di speranza ad addolcirle i lineamenti: «Nott non sarà mai ricambiato?»
«No.»
Rimanemmo per qualche secondo in silenzio, io a sorseggiare il mio tè, contenta di averla aiutata, malgrado Pansy Parkinson non fosse la persona che preferivo al mondo, mentre lei continuava a passarsi le mani tra i capelli in modo nervoso.
Alcune lacrime le offuscarono la vista, prima di scivolarle oltre le palpebre e bagnarle il viso: «Mi sembra così sbagliato; essere felice di dover dare una così cattiva notizia a Theo...»
Prese uno dei tovagliolini di carta sul vassoio e si asciugò il volto, sorridendo debolmente: «Quando gli dirò che Daphne non è interessata a lui, ma a un altro... Theo finirà coll'odiarmi.»
Aprii bocca, avrei voluto consolarla, ma non ebbi il coraggio di emettere un fiato, insicura su cosa dire e timorosa di peggiorare soltanto la situazione. Pensai di specificare che Daphne non era innamorata di un lui, ma di una lei, poi però decisi di lasciare perdere e mi limitai ad affogare le mie parole nei biscotti al cioccolato e la tazza di tè.
Mentre assistevo alla pazzia della Parkinson, che la portava a ridere e piangere contemporaneamente, sentii una dolorosa fitta sotto l'ombelico che mi spinse ad appoggiarvi una mano contro, nel vano tentativo di attutire il male.
Avevo la fronte aggrottata e perplessa quando arrivò la seconda fitta, che vide come protagonista non solo il basso ventre, ma anche la schiena, e l'inguine. A quel punto non avevo poi più molti dubbi su cosa mi stesse succedendo, era ovvio che mi fosse appena arrivato il ciclo.
Sospirai e alzai la testa, incontrando lo sguardo confuso della Serpeverde che fissava la mia mano sulla pancia, senza capire cosa stesse succedendo.
«Ti senti bene?», mi chiese, posando la sua tazza di tè ed alzandosi per avvicinarsi.
«Mestruazioni», dissi soltanto.
Ora il grande problema era: cosa fare? Ovviamente non avevo con me i comodissimi assorbenti Babbani e nemmeno quelli per streghe, per non parlare della pozione contro i dolori mestruali o le medicine Babbane che sortivano lo stesso effetto.
Pansy annuì, con uno sguardo di comprensione stampato in volto: «Torno subito», disse e uscì dalla stanza nel giro di due secondi, lasciandomi sola.
Io ne approfittai per correre in bagno e sedermi sul gabinetto per controllare la situazione; avevo ovviamente sporcato i boxer di Draco, ma non era nulla che un incantesimo o un po' di acqua fredda e sapone non avrebbero potuto sistemare.
Mi portai nuovamente le mani sulla pancia e gemetti per i crampi, desiderando, non per la prima volta e probabilmente nemmeno per l'ultima, di essere nata maschio.
Sentii la porta della camera aprirsi e richiudersi, non sapendo chi fosse decisi di rimanere in silenzio a studiare la cadenza dei passi, chiedendomi se fosse tornata la Parkinson o se fosse Malfoy.
Sentii un lieve 'toc-toc' contro la porta del bagno: «Hermione?», chiamò la voce bassa e lievemente preoccupata di Draco.
Mi coprii il volto con le mai; che situazione di cacca di Schiopodo!
«Sì?», risposi, stringendo i denti per il dolore intenso.
«Posso entrare?»
Sbiancai di colpo; farsi vedere nello stato pietoso in cui mi trovavo da Draco Malfoy, in quel momento, non mi sembrava una buona idea, così risposi di no e sperai che non facesse di testa sua, entrando lo stesso.
Vidi la maniglia della porta del bagno abbassarsi ed ero già pronta ad insultarlo, quando la porta d'ingresso s'aprì e la voce squillante della Parkinson annunciò di essere tornata.
Mai avrei pensato di dirlo, ma ero contenta che fosse lì.
«Levati di mezzo, Malfoy», gli disse e il secondo dopo era entrata nel piccolo bagno, porgendomi un paio di pozioni contro i dolori mestruali 'Dissipatore-Di-Dolore', un paio di mutande pulite e un pacchetto degli assorbenti per strega più costosi in circolazione.
«Ora vado a tenere Draco occupato per un po', tu fai con comodo», mi ordinò, puntandomi un dito contro a mo' di minaccia.
«Grazie», le dissi, e lei mi rispose con un veloce gesto della mano, prima di tornare nella camera da letto, dove sentii chiaramente Malfoy cominciare a fare tante domande.
Misi le mutande, che scoprii essere magicamente adattabili ed elasticizzate, poi tirai fuori dalla confezione uno degli assorbenti, che sembrava una semplice pezza di cotone, a prima vista pareva anche poco confortevole, ma in realtà era molto morbida, si incollava magicamente al tessuto delle mutante, garantendo confort e sicurezza.
Non avendo una bacchetta sciacquai i boxer di Draco con l'acqua fredda, sfregando fino a quando la macchia non scomparve e poi li lasciai ad asciugare sul bordo della vasca.
Per ultima cosa afferrai la boccetta di 'D-D-D' e la bevvi tutta d'un fiato, storcendo le labbra al sapore amaro della pozione, che avrebbe fatto effetto nel giro di qualche minuto.
Quando uscii dalla camera, mi ritrovai a sorridere del modo in cui Malfoy fissava con fastidio la Parkinson, che continuava a blaterare a proposito di vestiti, trucchi, passerelle e sfilate di moda a cui sua cugina aveva la possibilità di assistere gratuitamente grazie alla sua posizione di spicco come scrittrice di articoli per 'Strega&Moda'.
«Grazie, Pansy», le dissi, facendole sbarrare gli occhi dalla sorpresa, io per prima non mi raccapezzavo di averla chiamata per nome, ma mi sembrava il minimo dopo il suo aiuto.
La Parkinson afferrò il suo mantello, la sua maschera da Mangiamorte, bevve l'ultimo sorso del suo tè e poi uscì con sguardo alto e fiero dalla stanza, non assomigliando neanche un po' allo straccio depresso che era entrato poco prima.
Draco mi si avvicinò all'istante, alzandomi il viso per scrutarmi negli occhi: «Stai bene? Cos'è successo?»
Mi chiesi se sarebbe stato meglio mentire o meno, poi optai per la verità e con un tenue sorriso gli dissi: «Mestruazioni».
Gli comparve sul volto un'espressione perplessa, poi una smorfia triste: «Capisco, ecco perché eri più intrattabile del solito ultimamente.»
Gli tirai una botta sulla spalla, facendolo gemere dal dolore.
«Lascia che ti dia un consiglio per il futuro: mai sfottere una donna col ciclo in piena crisi ormonale.»
**************************************************************************
Ciao a tutti! :)
Scusate se ci ho messo un po', ma ho riscritto questo capitolo ben tre volte prima di riuscire a sfornare qualcosa di leggibile...
Dunque, ho deciso di concludere così il capitolo, nel prossimo vedremo cos'ha trovato Draco in biblioteca e la messa a punto di un piano per trovare e distruggere gli Horcrux. Pansy sa di avere una chance con Theo, anche se ha paura di non riuscire a sfruttarla al meglio ed Hermione si trova, oltre a dover aiutare a salvare il mondo magico, a sopportare i fastidi del ciclo.
Noi donne siamo sempre le più sfigate :/
Bene, spero che vi sia piaciuto e che non ci siano troppi errori, non so quando riuscirò a scrivere e pubblicare il prossimo capitolo, dato che devo iniziare a studiare seriamente per un esame che ho i primi giorni di Settembre e che, anche se la data sembra lontana, di sicuro arriverà troppo in fretta -.-''
Un bacione a tutti! :)
LazySoul_EFP
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top