19. I need you








Affondai le mani tra quei capelli scuri e ribelli; assaggiai con le dita la consistenza di qualche ciocca, sentendo una piacevole sensazione di solletico sui polpastrelli.

Inspirai a fondo, sentendo con gioia il suo odore: un dolce profumo di primavera, che mi provocava una sensazione di calore soffocante.

Un calore fastidioso...

Un incendio vero e proprio: iniziava dalle fondamenta della casa e, lentamente, ma inesorabilmente, asse di legno dopo asse di legno, arrivava fino al tetto.

Da fuori la casa sembrava un grosso falò, rosso, minaccioso, indomabile.

Indomabile come i suoi capelli.

Allentai la presa delle mie dita, non volevo farle male.

Andai alla disperata ricerca delle sue labbra. Dove siete? Dove vi nascondete?

Fu lei a lanciarsi su di me, consumando la mia bocca per minuti interi, accarezzandomi il viso con i suoi capelli ricci.

La sua impazienza, il suo desiderio mi mandavano letteralmente fuori di testa.

La spinsi contro il materasso, sovrastandola, godendomi i suoi gemiti mentre la spogliavo, piano.

Non mi fermare, amore, non mi fermare...

Avevo caldo, continuavo a bruciare.

Le afferrai le cosce, accarezzandola ovunque.

Mi sentivo come un animale.

Quando la penetrai urlò, forte, a lungo.

O forse ero stato io?

Le sue mani mi stringevano, le sue corte unghie erano conficcate nella mia carne e facevano male, ma il dolore non mi fece ritrarre.

Più forte. Di più. Voglio di più.

Non mi sentivo più attaccato al mio corpo, era come se stessi osservando la scena da una prospettiva diversa: ero seduto in poltrona accanto al letto e mi vedevo chiaramente fare l'amore con lei.

E poi cambiò qualcosa, non capii subito cosa, ma quando realizzai ciò che stava succedendo urlai.

Provavo a muovermi, volevo correre verso il letto e interromperli, ma non ci riuscivo, il mio corpo non rispondeva ai miei comandi.

Abbassando lo sguardo notai di avere i polsi e le caviglie rinchiusi in catene spesse e scure.

Mi dimenai, urlai.

Piansi.

Ma per quanto chiudessi gli occhi, continuavo a vederli, sul mio letto.

Lei era bella, sensuale, con le guance arrossate dall'emozione, le labbra gonfie e rosse, gli occhi lucidi. Gemeva e lo implorava di non smettere, affondava le unghie proprio dove le aveva affondate nella mia schiena.

Lui era sopra di lei; continuava a dirle quanto fosse bella, quanto l'amasse...

No, no, no, no...

Non riuscivo a sopportare quella scena.

Chiunque ma non lui, chiunque ma non Weasley!

No, no, no, no!

Hermione...

Mi svegliai col fiato corto e una fastidiosa patina di sudore su tutto il corpo.

Deglutii, cercando di calmare il battito impazzito del mio cuore, ma avevo la gola secca e continuavo a vedere nella mia mente le immagini di quell'incubo crudele.

Aprii gli occhi, deciso ad alzarmi e a fare due passi per il castello, nella speranza che il ricordo del sogno sparisse; ma mi trovai davanti il volto preoccupato della Granger che, sdraiata accanto a me, mi guardava.

«Ti ho svegliata?», chiesi, guardandomi intorno, nella vana speranza di trovare qualcosa che mi facesse capire che ora fosse.

O forse volevo solo evitare il suo sguardo?

«No», sussurrò.

Avrei voluto chiudere gli occhi e provare a riaddormentarmi, ma, ogni volta che abbassavo le palpebre, continuavo a vedere le immagini dell'incubo, come se mi si fossero impresse a fuoco nella retina.

«Ero già sveglia», mormorò, appoggiando le labbra contro la mia spalla: «Ne vuoi parlare?»

In quel momento avrei voluto avere la camera tutta per me, così da poter rimuginare su quell'incubo per il resto della notte e magari anche per buona parte del mattino.

Hermione si sollevò appena, appoggiando il gomito sul cuscino per sostenere il suo volto, mentre con l'altra mano giocava coi miei capelli. Mi accarezzò la fronte e poi gli zigomi, asciugandomi quelli che sembravano proprio residui di lacrime.

Voltai il viso, nel tentativo di sfuggirle; non volevo che mi vedesse in quello stato, non volevo che mi facesse domande, non volevo che provasse compassione.

Mi sentivo così vulnerabile tra le sue braccia.

Avrei voluto chiederle se amava ancora Weasley, se mi stava usando solo per tornare poi da lui... ma non riuscii a pronunciare nemmeno una parola.

Le sue labbra raggiunsero la mia tempia e vi lasciarono un bacio: «Odio vederti così», sussurrò, prima di voltare nuovamente il mio viso verso il suo: «Va tutto bene, Draco... sono qua».

La abbracciai, affondando il volto contro i suoi seni, inebriandomi nel suo odore primaverile.

«Ho bisogno di te» ammisi, affondando le dita contro la sua schiena, lasciandomi cullare dalla dolcezza delle sue parole: «Va tutto bene, ce la faremo, Draco. Insieme ce la faremo».

Afferrai i bordi della sua maglietta e gliela sfilai, così da sentire la morbidezza della sua pelle a contatto col mio viso.

La sentii gemere piano, mentre affondava le mani tra i miei capelli e mi teneva stretta a sé.

Le baciai a lungo i seni e il collo, assaporando ogni suo gemito e ogni centimetro della sua pelle bianca come il latte.

Non avevo paura che mi fermasse, sapevo che non l'avrebbe fatto.

Entrambi eravamo deboli e avevamo bisogno di trovare conforto l'uno tra le braccia dell'altro.

«Oh, Draco», sussurrò, baciandomi a lungo e senza tregua.

La sovrastai col mio corpo, mentre le sfilavo febbrilmente i pantaloni e l'intimo, impacciato dai miei movimenti ansiosi.

Volevo essere dentro di lei, volevo sentirmi di nuovo bene e al sicuro, protetto dalle sue braccia.

Provò a sfilarmi la maglia, ma la dovetti aiutare perché le sue dita continuavano a tremare.

Allungai la mano per stringere tra le dita il suo seno, ma ritrassi istintivamente il braccio, nascondendolo dietro alla schiena, mentre mi guardavo attorno alla disperata ricerca della maglia.

Non volevo che vedesse il Marchio Nero, non volevo vedere il disgusto nei suoi occhi.

Avevo appena individuato la maglia sul pavimento, quando sentii le sue braccia intorno al collo e la sua bocca contro la mia. Seduta davanti a me era irresistibile coi capezzoli turgidi e scuri, mentre potevo intravedere sulla sua pelle color del latte tante piccole lentiggini.

Fu lei ad afferrarmi l'avambraccio sinistro, prima che riuscissi a formulare un piano per rimettermi la maglia senza insospettirla.

Stavo per ritrarmi, quando sentii le sue labbra sul tatuaggio.

Avrei voluto dirle qualcosa, avrei voluto chiederle per quale motivo l'avesse fatto, ma lei mi precedette: «Non l'hai voluto tu, tu non sei così... tu sei molto di più».

Baciò di nuovo il Marchio, poi il mio braccio chiaro e la spalla e il collo.

Le sue parole mi diedero coraggio e la strinsi a me, contaminando la sua pelle color panna col nero del tatuaggio.

Dopo pochi secondi eravamo entrambi completamente nudi, i nostri vestiti erano sparsi un po' ovunque e le coperte erano tutte sul pavimento.

In un breve momento di lucidità mi ricordai di fare un incantesimo contraccettivo poi, cercando di essere il più delicato possibile le entrai dentro, piano, assaporando il momento e la sensazione di benessere totale che l'averla così vicina mi provocava.

Hermione gemette forte, affondando le unghie nella mia schiena e stringendomi a sé con forza.

«Oh, Draco», sussurrò, abbandonando indietro la testa e chiudendo gli occhi per alcuni istanti.

Volevo cancellare quell'incubo dalla mia mente, sostituendolo con un ricordo, il ricordo della nostra seconda notte insieme, in cui avrei potuto dimostrarle quanto l'amavo.

«Hermione», la chiamai, affondando una mano tra i suoi capelli ribelli e scuri.

Quando tornò a guardarmi, puntando i suoi occhi lucidi per l'emozione nei miei, la baciai, cominciando a muovermi piano, assaporando ogni spinta, ogni suo gemito e ogni: «Oh, Draco» che le usciva dalle labbra.

Avevo un ricordo fin troppo nitido della prima volta che avevamo fatto l'amore e del modo impacciato con cui aveva ricambiato ogni mia carezza e bacio.

Questa volta invece sapeva quello che voleva.

Era diventata la ragazza sicura che infestava i miei incubi peggiori: una femme fatale.

Ad ogni bacio mi innamoravo sempre più di lei.

La strinsi maggiormente a me, godendomi la sensazione divina di averla realmente tra le mia braccia.

Non era un sogno e non lo sarebbe mai più stata. Non le avrei permesso di allontanarsi nuovamente da me per nulla al mondo.

Avrei fatto tutto ciò che sarebbe stato necessario per non deluderla una seconda volta.

«Oh, Draco».

Intrecciai le mia dita alle sue, baciandole ogni centimetro di pelle che riuscivo a raggiungere.

«Sei così bella...», sussurrai contro le sue labbra, prima di baciarla. Mi intrecciò le braccia al collo, rispondendo al bacio con una forza e una passione che mi fecero diventare ancora più vorace nei suoi confronti.

Senza preavviso, ribaltò le posizioni, sorridendomi proprio come avrebbe fatto una serpe; con un misto di malizia e sfida che mi fecero ghignare a mia volta.

«Ti piace?», le chiesi, lasciando a lei il comando dei giochi: «La vista da qui è stupenda», ammisi, sollevandomi sui gomiti per mordere piano uno dei suoi rosei capezzoli.

Mi allontanai dal suo seno solo per sbirciare la sua reazione e mi compiacqui nel constatare che apprezzava le attenzioni che le stavo elargendo.

«Non vale», ansimò e, appoggiando le mani sulle mie spalle, mi fece tornare sdraiato: «Stai giù», mi intimò mordendomi il labbro inferiore: «Comando io».

Le trattenni il viso, così da poter continuare il bacio e restituirle il morso: «Sì, signora».

Lo sfregare circolatorio del suo bacino contro il mio mi stava facendo perdere il lume della ragione e, dall'espressione persa del suo viso, intuii che anche lei era vicina alla fine.

«Vieni, Hermione, vieni con me».

Lei gemette, forte e, aumentando appena il ritmo, creò la frizione perfetta tra i nostri corpi che ci fece perdere contatto con la realtà e raggiungere l'orgasmo insieme.

Quando riemersi dal lungo istante di piacere mi resi conto di avere ancora entrambe le mani sul suo sedere, così ne approfittai per stringere le dita, saggiando la consistenza di quelle due colline perfette.

Lei mi stava sorridendo, più bella che mai, sdraiata su di me con la guancia contro il mio petto.

Spostai le mani, appoggiandole sui suoi fianchi, individuando subito col pollice il suo piccolo neo, quello che aveva a metà strada tra l'ombelico e il fianco sinistro.

«Potrei stare in questa posizione per sempre», sussurrò, baciandomi la pelle all'altezza dello sterno, poi sollevò il voltò allungandosi per darmi un bacio a fior di labbra.

«Già», risposi, distratto dalla sensazione di ruvido solletico che i suoi capelli mi causavano. Spostai le mani dai suoi fianchi solo per immergerli nei suoi ricci ribelli.

«Perché mi guardi così?», mi chiese, aggrottando appena le sopracciglia.

«Così come?»

Feci scivolare le mani lungo la sua schiena, saggiandone la morbidezza, poi percorsi il tragitto all'incontrario, seguendo la linea della sua colonna vertebrale.

«Come se...», si bloccò, gemendo piano quando spostai le mani sui suoi seni: «Come se mi venerassi».

Mi irrigidii appena alle sue parole, mentre incontravo i suoi occhi che, come sempre, riuscivano a scavarmi dentro e a raggiungere quella parte del mio cuore che normalmente nascondevo anche a me stesso.

Distolsi lo sguardo e, soppesando ogni parola, le dissi: «Ti ricordi quella sera, quando ti ho costretta ad accorciare la gonna della divisa, e tu eri così bella che ogni ragazzo in Sala Grande si è voltato a guardarti quando sei entrata?» sussurrai piano, prima di tornare a guardarla; vedevo dalla sua espressione confusa che non riusciva a capire dove volessi andare a parare: «Ti ho sognata così tante volte, Granger, che per me quella sera tu non eri reale, eri uno dei tanti incubi che mi lasciano sempre senza fiato», ammisi, cercando di sistemarle alcune ciocche ricce dietro all'orecchio destro.

«Dici che ti guardo come se ti venerassi, ma non sono sicuro che ossessione e venerazione significhino la stessa cosa... quella sera quando ci siamo fermati durante la ronda e ti ho chiesto se volevi che ci dividessimo i piani per fare più in fretta e tu mi hai guardato con quello sguardo... perché sei così irresistibile? Perché devi essere tutto quello che non posso avere? Tutto quello che non posso volere?»

Sembrava confusa, come se non riuscisse a cogliere perfettamente ciò che le stessi dicendo.

Ribaltai le posizioni, schiacciando il suo corpo morbido sotto il mio: «Non avrei mai dovuto baciarti il terzo anno, avrei dovuto andarmene e basta», affondai il viso contro la sua spalla: «Mi sarei risparmiato anni di sogni irrealizzabili, mentre tu non sapevi niente e continuavi ad andare dietro a Straccione e Sfigato, tirandoli fuori dai guai».

Lei non diceva niente, sembrava inerme tra le mie braccia, una bambola di porcellana privata degli abiti e della parola.

Mi scostai, con l'intento di rivestirmi e chiudermi in bagno, stravolto dalla sensazione di non essere abbastanza per lei.

Era ovvio che lei non mi avrebbe mai accettato interamente. Avevamo fatto l'amore perché, essendo esseri umani, eravamo deboli e predisposti a cedere alle tentazioni, ma lei non avrebbe mai colto quello che io provavo per lei e quanto i miei sentimenti fossero sinceri.

Le avevo mentito per anni, l'avevo insultata per anni e lei non sarebbe riuscita ad andare oltre quell'odio.

Le sue braccia mi avvolsero, trattenendomi su di lei, dentro di lei: «Non sono un sogno, sono reale».

Sorrisi, ma il mio era un sorriso amaro: «Ah, sì? Dimostramelo».

Le sue dita si strinsero ancora di più sulla mia schiena: «In che modo?», sussurrò, prima di baciarmi le labbra, piano.

«Io non sono brava in queste cose e lo sai, ma sono reale e ho bisogno di te. Sei l'unica e sola persona che mi fa sentire al sicuro malgrado tutto», disse, avvolgendomi i fianchi con le gambe: «Anche tu sei la mia ossessione, Draco».

Tornò a baciarmi, muovendo i fianchi, piano, come se avesse voluto fare ancora l'amore.

«So che c'ero anche io nel tuo sogno; continuavi a sussurrare il mio nome e a stringermi, come se volessi nascondermi o proteggermi. Anche io voglio proteggerti, Draco, voglio...»

Spinsi i fianchi contro i suoi, assecondando i suoi movimenti, mentre il mio respiro cominciava ad accelerare.

«Draco io voglio te... e in», gemette piano, proprio contro la mia bocca socchiusa: «In cambio voglio che tu prenda me».

Le divorai le labbra, prima di lasciarle un piccolo morso al labbro inferiore: «Quindi se dovesse spuntare Lenticchia e ti dicesse che ti ama tu non gli correresti dietro?»

Avevo bisogno di saperlo, il dubbio mi corrodeva il petto, impedendomi di respirare, o era forse il piacere di averla tra le braccia che mi lasciava senza fiato?

Rise, piano: «Sei geloso?»

«Sì», ammisi, aumentando la velocità delle spinte, come se avessi voluto fondermi con lei: «Non hai risposto», le ricordai.

«No, Draco, non gli correrei dietro».

Avevamo parlato abbastanza per i miei gusti e, stranamente, anche Hermione si zittì per qualche secondo, prima di iniziare a gemere per il piacere e a sussurrare il mio nome, mentre io sussurravo il suo.

Con quelle poche parole che aveva detto era riuscita chissà come a ridarmi un po' di quella speranza di cui avevo bisogno.

Lei non sarebbe corsa da Lenticchia, era mia e, anche se non l'aveva detto esplicitamente, sapevo che mi amava proprio come io amavo lei.

***

Quando mi svegliai era mattina.

Una cascata di capelli ricci copriva metà del mio petto e del mio viso, mentre una mano bianca era appoggiata al mio fianco destro.

Mi mossi appena, cercando di non svegliarla, ma il suo: «Buongiorno», sussurrato con voce ancora addormentata, mi fece capire di non essere riuscito nell'intento.

«Buongiorno a te», dissi, soffiando via dal mio viso parte dei suoi capelli.

Sapevo che quella notte era stata la svolta decisiva, ci eravamo esposti, avevamo fatto l'amore una, due, tre volte senza mai fermarci e ci eravamo detti "Ti amo" senza aver avuto bisogno delle parole.

Io mi ero affidato a lei e lei si era affidata a me, tutto ciò che ci restava da fare era trovare un modo per sconfiggere il Signore Oscuro e i suoi seguaci più fedeli, come per esempio mia zia Bellatrix, e poi tutto sarebbe andato per il meglio perché saremmo stati insieme.

«Ieri volevo parlarti di una cosa, ma poi mi è sfuggita di mente», le dissi, accarezzandole distrattamente i capelli: «I miei genitori, quando sono andato a pranzo da loro, mi hanno detto che hanno intenzione di tradire il Signore Oscuro. Inoltre, grazie all'elevata posizione di mio padre tra i seguaci di Tu Sai Chi, ha accesso a delle informazioni che potrebbero esserci utili per sconfiggerlo».

Appena avevo pronunciato la parola "tradire", il capo di Hermione si era sollevato e i suoi occhi intelligenti (anche se ancora un po' appannati dal sonno), mi avevano guardato con un misto di stupore e interesse. Ad ogni parola i suoi occhi si erano spalancati sempre un po' di più ed ora sul suo viso potevo leggere un sentimento che mi fece sentire il mago più felice al mondo; lei era orgogliosa di me.

«So quali sono gli Horcrux, dove si trovano e come fare per distruggerli, pensi che Potter e Lenticchia ci possano dare una mano anche se non sono propriamente nelle vicinanze?»

Hermione mi gettò le bracci intorno al collo, baciandomi sulle labbra con dolcezza e reverenza: «Oh, Draco».

Non avevo mai visto i suoi occhi brillare tanto e l'espressione sul suo volto mi fece desiderare di renderla così felice per il resto della vita.





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Ciao :)

Scusate l'attesa, ho avuto un po' di problemi ultimamente, ma sono felice di aggiornare con questo capitolo: non sono adorabili? ^-^

Spero che abbiate tempo di lasciarmi tanti bei commenti come al solito ❤️

Grazie per la pazienza 😘

Un abbraccio,

LazySoul_EFP

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