5. Ugly duckling
Welcome to New York - Taylor Swift
L'auto si ferma proprio di fronte all'edificio scolastico.
L'insegna danneggiata e la bandiera americana lacerata e sbiadita che svolazza secondo i soffi del vento. La fisso per quelli che sembrano minuti, con un'espressione contrariata stampata in volto, tutto questo è assurdo. Respiro profondamente aprendo la portiera e poggiando i piedi sul marciapiede, esco dall'abitacolo e tolgo gli occhiali da sole, scrutando ancora quella struttura cosi rigorosamente grigia e sobria, incuteva timore cinque anni fa e lo fa tuttora.
<<Buona fortuna>> dice semplicemente la mia amica ingranando la marcia e sfrecciando via sollevando una nube di polvere. Diabolica.
Sospiro prendendo coraggio e con passo deciso mi reco verso l'entrata della mia ex scuola. Ed è tutto come una volta, pareti sui toni dell'azzurro con graffiti terribili, armadietti del medesimo colore ammaccati dall'aggressività degli studenti che si prendevano a botte non appena veniva messa in dubbio la loro virilità, i corridoi e la miriade di studenti che camminano da una parte all'altra.
Speravo ancora una volta di passare inosservata, ma ancora una volta gli occhi di tutti sono puntati su di me e mi sento tremendamente a disagio. Le mie scarpe col tacco scricchiolano contro il pavimento ad ogni mio passo, producendo un rumore che sta diventando fastidioso. Riesco a sentire solo quello, è come se il mondo stesse andando a rallentatore e quello che doveva essere un breve tragitto dal corridoio alla presidenza, si sta trasformando in un calvario di sguardi puntati su di me, tanti predatori che fissano la loro preda... Non mi è mai piaciuto essere fissata, stare al centro dell'attenzione, mi sento sempre fuori posto, sbagliata. La gente poi, non mi è mai andata a genio e non credo di essere mai piaciuta a nessuno dei miei compagni di classe. Preferivo rintanarmi in classe al suono della campanella che dettava l'inizio della ricreazione, preferivo guardare serie tv al posto di uscire e preferivo leggere al posto di ubriacarmi alle feste. Sentivo che la vita che viveva la stragrande maggioranza degli studenti non facesse per me. Sospiro sotto l'ennesimo sguardo di un gruppetto di cheerleader
Romy, datti una calmata e vai avanti, non sei più il brutto anatroccolo, sei un bellissimo cigno. Mi ripeto e sembro anche crederci per qualche istante, finché un ragazzo dai capelli castani e gli occhi verdi non mi si para davanti mordendosi il labbro e squadrandomi dalla tasta ai piedi.
<<Ciao bambolina>> batto un paio di volte le palpebre per essere sicura di aver capito bene. Si appoggia con una spalla al muro continuando a rimanere di fronte a me, occhi maliziosi, jeans neri borchiati, t-shirt dello stesso colore e poi quella. Il capo d'abbigliamento di cui ho più paura. Non si tratta di sandali coi calzini o un kilt scozzese, no, quella era la fatidica giacca blu e bianca della squadra di football. I miei occhi inorridiscono alla vista di quell'elemento. Per chiunque questa specie di fobia sarebbe sciocca, priva di senso, immagino scoppierebbero a ridere di fronte ad un'affermazione del genere, ma non se fossero in me. Quella giacca ha rappresentato il mio tormento per cinque anni.
<<Bambolina?>> ripete distogliendomi dallo scrutare con ribrezzo quella giacca.
<<Ma dici a me?>>
<<E a chi se no? Non ti ho mai vista da queste parti sei nuova?>>
<<Ehm...>> lo avevo riconosciuto, lui era Henry Simmons, faceva il primo anno quando io facevo l'ultimo anno. Se è ancora qui deve essere stato per forza bocciato, scontato. Lui però non sembra capire chi io sia e ne rimango abbastanza stupita, non sono poi cambiata così tanto.
<<Oh mio Dio ora ricordo, tu sei Romy Williams!>> Esclama un ragazzo accanto a lui puntandomi il dito contro. Inarco un sopracciglio squadrandolo da cima a fondo.
<<Cosa?>> Domanda Henry corrugando la fronte. Alzo le sopracciglia cercando di andare avanti e divincolarmi da questi trogloditi, ma il ragazzo mi afferra il polso fissandomi sbalordito. <<Sei davvero tu! La piccola Williams?>> Piccola? Ma se sono più grande di lui? Bah
<<E allora?>>
<<Wow! Insomma...si...beh...sei uno schianto>>
Ho sentito bene? Mi ha fatto davvero un complimento? Solo perché ho perso qualche chilo e ho tolto l'apparecchio sono uno schianto? Insomma sono sempre la stronza di sempre. Adesso la sua opinione è cambiata, adesso sono uno "schianto". Non ricorda i tempi in cui mi faceva lo sgambetto per i corridoi e mi umiliava insieme alla squadra di football per entrare nelle grazie del capitano? Evidentemente no, per i tipi come lui niente ha peso, niente è importante. E' solo un gioco, per menti malate come le loro. Magari adesso non ricorda davvero nulla, ma io porto rancore e forse lo porterò per sempre. Un attimo dopo mi ritrovo a placare la mia voce interiore che vorrebbe spiaccicargli in faccia tutti questi pensieri. Oh Romy, cosa ti aspettavi? Basta avere la bellezza per far cadere tutti ai tuoi piedi è sempre stato cosi al liceo. Ragazzi colmi di superficialità disarmante.
<<Ma schiantati tu!>> sputo acida andando avanti a passo deciso. Busso alla porta e senza aspettare il permesso entro sbattendola sonoramente. Sono qui da due minuti e già mi è salito l'istinto omicida.
<<Buongiorno signor Stone>> mi siedo con poca eleganza sulla sedia davanti alla scrivania del preside, per poi accavallare le gambe. Anche adesso non posso fare a meno di sospirare, notando come nemmeno questa stanza sia cambiata. Pareti bianche adornate dalle foto studentesche, la scrivania nera posta davanti alla porta, spoglia e vuota se non fosse per un computer e alcuni fascicoli e due finestre enormi con quelle tende spesse color bordeaux. Guai a far passare un po' di luce, neanche se fosse un vampiro.
<<Romy Williams, che piacere vederti di nuovo qui>> sorride l'uomo robusto davanti a me porgendomi la mano. Gliela stringo nascondendo una smorfia di dolore, mi ha spezzato le dita! Osservo il fatidico doppio mento, il naso dalla curva storta e prorompente, i capelli che tendevano al grigio e quella sua smorfia bizzarra stampata in volto.
<<Mia madre le ha spedito il mio curriculum?>> Accidenti, suona così patetico da dire. Mia madre le ha spedito il mio curriculum?!
<<Ehm, si, dunque qui dice che lei non ha mai lavorato regolarmente, ma solo per un supermercato e in una gelateria.>>
Annuisco. <<Dice anche che ha interrotto gli studi>>
<<Si>> confermo afferrando una delle caramelle al limone che il preside tiene sempre sulla scrivania in un recipiente di cristallo. L'uomo davanti a me mi fissa interdetto, come se avessi fatto chissà cosa. Accidenti adesso mi sospende.
<<Sarò franco>> annuncia togliendosi gli occhiali sconsolato <<Lei non è qualificata per fare grandi cose>> Chiudo gli occhi annuendo, cercando di nascondere il mio sconforto. Ne sono consapevole, non mi serviva parlare con lui per capirlo, dove sono in un ufficio di collocamento?
<<Che ti è successo Romy? Solo cinque anni fa eri una ragazza promettente, con un grande futuro davanti. Qui tutti i colleghi hanno scommesso su di te credendo saresti andata lontano, tant'è che vederti mandare a fanculo tutta la scuola alla consegna del diploma, ci ha fatto commuovere...>>
<<Che è successo?>> inarco un sopracciglio spostando lo sguardo da una parte all'altra.
<<E' successo che mi ero innamorata>> basta questa frase a far calare il silenzio e fargli distogliere lo sguardo.
<<Credo ancora che tu possa andare lontano, più lontano dei cretini di questa città.>>
Sorrido amaramente, con un grande peso nel cuore. <<Sei assunta come segretaria, Romy>> Decide alzandosi di scatto dalla sua poltrona. <<Davvero? Oh mio Dio la ringrazio... io...quando inizio?>> farfuglio quasi al settimo cielo. Insomma, non è di certo il lavoro dei miei sogni, ma è un inizio.
<<Adesso>> sgrano gli occhi alzandomi e seguendo l'uomo brizzolato e con due grandi baffi fuori dalla stanza. Cammino a passo svelto per il corridoio dando un'occhiata intorno e con una strana sensazione in corpo, una sensazione positiva.
<<Bene, questo è il tuo nuovo ufficio, inizierai con le iscrizioni dell'anno prossimo da catalogare.>>
<<Che è successo a Megan>> Megan, la segretaria precedente era una donna di circa quarant'anni con una folta capigliatura nera e con enormi collane che le adornavano il collo. Adornare è una parola grossa, erano esagerate e la facevano sembrare un indigeno, del resto era simpatica.
<<Oh...nessuno lo sa, pare sia scomparsa>> corrugo la fronte e poso la borsa sulla scrivania provando a nascondere un piccolo sorrisetto soddisfatto.
<<Buon lavoro>> mi saluta uscendo di fretta.
Prendo un bel respiro e tolgo la giacca guardandomi intorno con un'aria quasi sognante. Basta commiserarsi, devo dare una svolta alla mia vita. Ho perso quattro anni della mia vita dietro un deficiente che mi ha spezzato il cuore, ma non ci ricascherò mai più. Vecchia scuola, vecchia me. Ormai non mi importa più se mi trasformerò in un'acida pessimista. Ho provato a cambiare, ad essere dolce, ottimista e innamorata. Ma sono un'imbranata, pessimista, lunatica e troppo matta per piacere davvero a qualcuno. Se vale ancora la regola del "Sii te stessa e troverai l'amore" non mi interessa più, per quanto ne so non ci credo più. Non lo dico solo per dire come farebbero molti, lo dico perchè fino ad ora non ho mai avuto la prova che esistesse sul serio. Mi basta guardarmi indietro, ripercorrere questa breve esistenza riflettendo a fondo. Non c'è. Magari Josh mi ha amato sul serio, ma se così fosse avrebbe dovuto avere un po' più di scrupoli nei miei confronti. Sbuffo seccata dal mio continuo pensiero verso lui, verso quell'ex bastardo che mi è capitato. "Non pensarci più" mi dico e annuisco silenziosamente prendendo l'ennesimo respiro e mettendomi all'opera.
[...]
Dopo all'incirca un'ora a sistemare un cumulo di scartoffie con i dati delle matricole, tento disperatamente di aprire il cassetto per metterli apposto, ma io sono troppo bassa e il cassetto troppo alto.
<<Avanti>> piagnucolo alzandomi ancora in punta di piedi. <<E' incredibile, a cosa diavolo servite se non riesco ad aprire un cassetto un po' più in alto?>> mi lamento con le scarpe, si cavolo con le scarpe, che non solo sono costate un occhio, ma fanno anche male.
Sbuffo prendendo la poltrona girevole e salendoci sopra dopo essermi tolta le décolleté rosse. Dopo svariati tentativi di non cadere e rompermi il collo, riesco a stabilirmi in piedi sulla sedia e apro il cassetto con facilità inserendo tutti i documenti al loro posto ordinatamente.
Sto quasi per chiuderlo quando una scritta attira la mia attenzione, e titubante prendo la cartellina in cui ci stanno tutti i dati dei miei ex compagni di classe.
Potrei vendicarmi...
Sul mio volto si dipinge un espressione malvagia e se fossimo in un cartone animato mi spunterebbero due corna. Ma diciamoci la verità, non c'è nulla che potrebbe davvero essermi utile.
<<Stacy Jackson esci da qui!>> qualcuno entra di colpo facendomi sobbalzare e di conseguenza facendomi perdere l'equilibrio.
<<O cazzo!>> esclamo schiantandomi al suolo.
<<E tu chi sei?>> Domanda con una voce roca piuttosto famigliare, ma io sono troppo occupata a comportarmi da pazza-idiota per rispondere alla domanda.
<<Aveva ragione, sono proprio uno schianto>> rido da sola massaggiandomi la testa.
<<Scusa, stavo cercando una matricola che ha l'abitudine di nascondersi qui.>> il ragazzo si piega aiutandomi ad alzarmi e alzando i fascicoli che avevo fatto cadere.
<<Romy?>> Sussurra fissandomi con le labbra schiuse ed un'espressione sbigottita in faccia <<S-si>> balbetto spostando i miei occhi sui suoi e lo riconosco immediatamente.
Non ci posso credere.
03\03\2019
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