11. Frozen

Il cielo plumbeo descrive al meglio il mio umore mattutino, o meglio il mio malumore. Sono giorni che non mi sento affatto bene, fisicamente e mentalmente. Ciononostante ho sempre quella testardaggine che sfocia nella grinta del mettercela tutta e questa mattina sono a lavoro. Picchiettando freneticamente le dita sulla tastiera, con la fronte corrucciata e gli occhi puntati sullo schermo del computer, mi occupo di registrare e archiviare una pila di scartoffie poste alla rinfusa accanto a me, un semplice movimento del gomito e cadrebbero sparpagliandosi sul pavimento - davvero poco pulito-. Interrompo il ticchettio dei tasti agguantando i fogli e spostandoli dal bordo della scrivania e proprio in quel momento il preside fa il suo agognato ingresso, in piena crisi di astinenza. <<Romy, il caffè, nel mio ufficio>> si guarda attorno, incerto e pensieroso e frettolosamente se ne esce dalla stanza, sbattendo ferocemente la porta e dopo quest'ennesimo ordine telegrammato, mi ritrovo ad alzare gli occhi al cielo. E' la seconda volta in un'ora e mezza che mi ordina di preparargli e portargli un caffè nero con schiuma. Ma dannazione, non si rende conto di avere una dipendenza? Io al suo posto mi inizierei a far due domande. E mentre mi alzo dalla sedia l'ennesimo conato di vomito si fa sentire e, con una mano alla bocca, raggiungo in fretta il bagno dei professori, ma non prima di aver afferrato la borsa. Spalanco la porta di uno dei tre bagni, facendo sbattere la maniglia contro il muro e mi inginocchio all'altezza del water rimettendo quella colazione povera e precipitosa fatta stamattina. Prendo un fazzoletto dalla borsa, abbandonata a terra, per pulirmi la bocca dai residui di vomito e un pacchetto attira la mia attenzione. Avvicino la borsa più vicina a me ed estraggo il pacchetto fissandolo con preoccupazione mista all'incertezza. Se fino a poco fa avevo la convinzione che questa potesse essere una stupida influenza, adesso, questa è sfumata lasciando al suo posto una marea di dubbi e ipotesi. Decido finalmente di smettere di torturarmi il cervello con queste domande, dandomi finalmente una risposta. E in pochi minuti di scalpore, seguiti da attimi di suspense, la mia vita cambia di nuovo. La botta, lo schiaffo in pieno viso, il secchio d'acqua gelata che mi è stato gettato addosso. Gli occhi strabuzzati, il test positivo stretto in una mano sotto il mio sguardo scioccato e incredulo, il cuore che inizia a battere forte, fa quasi male, e le labbra schiuse dall'orrido pensiero, dagli orrori che mi stanno attraversando la mente. Dopo quegli attimi passati in uno stato di trance, tento di ricompormi, poggiando la borsa su una spalla e uscendo da quel bagno. Con gli occhi bassi e la gola che sembra restringersi secondo dopo secondo.

<<Com'è che sei dappertutto? E no, non credo che sia una coincidenza.>> Blake fa la sua comparsa nel bagno, con le braccia incrociate e quella battutina snervante a cui avrei ribattuto subito con del sano sarcasmo, ma non adesso. Alzo per un istante gli occhi verso di lui e gli riabbasso subito dopo incominciando a respirare a fatica. Il cuore batte più veloce, la gola e l'aria arriva a tratti. Sto avendo un attacco di panico. Respiro faticosamente sentendo improvvisamente la stanza offuscarsi. Appoggio una mano alla parete e l'altra al cuore facendo cadere la borsa. 

<<Romy, Romy che ti sta succedendo?>> la voce di Blake arriva ovattata alle mie orecchie e le vertigini improvvise mi costringono a scivolare pietosamente sul pavimento. Il biondino si piega di fronte a me, incrociando lo sguardo con il mio un paio di volte. 

<<Romy guardami!>> dice, ma non ci riesco, scontrare i miei occhi con i suoi mi destabilizza soprattutto adesso che sembro un cane disidratato. 

<<Romy cazzo guardami!>> con le dita sul mio mento mi fa voltare verso di lui ed è ancora peggio. 

<<Non ti preoccupare okay, respira con me>> Comincia a fare respiri profondi e lo imito, ma di solito non mi aiuta affatto. Al contrario sembra accrescere la mia crisi.

<<Non funziona>> dico a fatica, tra un respiro mozzato e l'altro.

<<Metti le mani a coppa davanti a te e respira>> tento di ricongiungere le mani, ma queste sono talmente intorpidite da rendermi impossibile muoverle.

<<Non ci riesco>> mi lamento in un fil di voce e il biondino prende dolcemente le mie mani tremolanti nelle sue, unendole.

<<Va meglio?>> domanda vedendomi finalmente prendere il controllo di me stessa. 

<<Si>> chiudo gli occhi, finalmente è passato, l'ansia sembra andata via per il momento. Non so per quanto siamo rimasti seduti, a quella distanza ravvicinata, le mie mani nelle sue, ma quel momento si volatilizza in un attimo.

<<Romy, cos'è successo? Perchè hai avuto quell'attacco di panico?>>

<<Non sono affari tuoi e quello non era un attacco di panico. Ti prego... fa finta di niente, dimentica l'accaduto.>> supplico con la voce ancora incrinata per poi alzarmi e raccogliere la borsa, nel mentre asciugo una lacrima sfuggente. Va tutto bene, può capitare no? No.

<<O certo, fare finta... come fai tu? Insegnami>> ignoro il suo commento, non ho voglia di sentire l'ennesima persona farmi la predica. Mi avvino al lavandino lavandomi le mani e magari anche la tensione accumulata negli ultimi dieci minuti.

<<Romy non puoi fare così. Non puoi ignorare il problema e basta, non hai più sedici anni.>> la sua voce pare colma di preoccupazione e una parte di me lo trova tenero -devo ammetterlo - quegli occhi azzurri di norma così agghiaccianti da farlo apparire senza cuore, ora sono addolciti... ma l'altra parte di me lo trova seccante.

<<Può capitare>> lo guardo attraverso lo specchio e faccio per andarmene. 

<<Ti farai ancora più male.>> sussurra mentre finalmente esco da lì.

[...]

Ho ripensato tutto il tempo a questa cosa, questa gravidanza inaspettata e l'ansia è ritornata, senza - per fortuna- sfociare in un attacco di panico. Seduta dietro la mia scrivania, con le gambe distese, la schiena poggiata allo schienale della poltrona girevole leggermente in movimento, penso ancora.

Sono incinta.

Sono incinta del figlio di Josh, quel bastardo si. 

Questo è l'ennesima botta che mi da la vita. Ma come dice Charlotte Bronte in Jane Eyre, "quando siamo colpiti senza ragione, dobbiamo restituire la botta più forte possibile" questa è stata la mia filosofia per molto tempo è lo è ancora. E' sbagliato ne sono consapevole, ma la vendetta rimane la mia arma assieme alle parole spesso velenose. 

Non fraintendetemi, ho sempre desiderato avere figli, ma al momento giusto e con la persona giusta. Ora la mia situazione è tutto l'opposto. Non mi sono laureata come aspiravo, se avessi un bambino non potrei continuare gli studi più in là, dovrei smettere di lavorare e non posso permetterlo. Questo bambino crescerebbe a casa della nonna, con la culla accanto ai poster lacerati di Lady Gaga, senza un padre e con una figura materna che ora come ora sarebbe pessima, distruttiva sia per se stessa che per il neonato. Solo a pensarci mi sale un altra volta la nausea. 

Complimenti Josh, ti manderei un biglietto di congratulazioni del tipo: "Congratulazioni! Sei riuscito a buttarmi giù un'altra volta" Ridacchio amaramente, con lo sguardo fisso nel vuoto.

Già, ma ora cosa devo fare? Come devo affrontare questa situazione? La prima idea che mi è balenata in testa è stata l'aborto. Qualcosa che viene considerato un orrore, immorale, spregevole, ma che altro posso fare? 

Darlo in adozione? Condannarlo a vivere da orfano lontano dalle sue origini, passando il resto della vita a chiedersi: chi sono i miei genitori? E perchè quegli stronzi mi hanno abbandonato? Non voglio aggiungere l'ennesima persona che mi odia alla mia lista. E poi c'è l'opzione più spaventosa, crescerlo. In me, la parte audace, quella minuscola parte coraggiosa, desidera con ardore allevare questo figlio nonostante tutte le difficoltà. Tenerlo con me, fregandomene del fatto di essere single o del fatto di vivere con mia madre, ma ciò rimarrà sempre un'utopia. Non sono abbastanza forte, non ci riuscirei e il mio essere dannatamente tormentato inciderebbe su di lui. Blake ha ragione, posso essere stronza quanto mi pare, ma non sono forte e forse non lo sarò mai. Sospiro portandomi le mani sul viso. E' sbagliato? Può darsi, ma non posso distruggere me e anche mio figlio. Non ho la ben che minima intenzione di diventare come mio padre. 

Mi scuoto da tutti questi pensieri e cerco di riprendere il controllo. "Romy hai del lavoro da fare! Sono due ore che ti tormenti l'animo con i tuoi crucci e i tuoi dilemmi" Mi alzo finalmente dalla sedia, su cui mi sarei presto decomposta, agguantando un paio di fascicoli che dovevo portare al preside. Richiudo la porta alle mie spalle dopo essere uscita e percorro il corridoio... fino all'improvviso placcaggio di un certo mio ex compagno di classe. <<Ma che cavolo fai? Mollami subito>> mi ribello sotto la presa salda sul mio polso, ma lui mi ignora trascinandomi nell'aula di letteratura, vuota.

<<Beh?>>

<<Sei incinta>> la sua non è una domanda, ma un'affermazione sicura. Le labbra mi si serrano in una linea retta e i miei occhi si gelano quasi per lo sguardo agghiacciante che sto puntando addosso al mio rapitore. 

<<Come lo hai scoperto?>>

<<Sono un buon detective, Veronica Mars spostati>> in altre occasioni lo avrei ammirato e gli avrei sicuramente parlato a raffica della mia ossessione per quella serie, la mia preferita, ma no, non ora. Come osa?!

<<Non fare battute, ora dovrò ucciderti per quello che hai scoperto>> 

<<E' per questo che hai avuto quell'attacco>> si fa subito serio piazzandosi davanti a me.

<<Non ci siamo capiti allora, devi farti i cazzi tuoi>> gesticolo davanti alla sua espressione completamente neutra.

<<Non dirò una parola ad anima viva.>> lo scruto di sottecchi incrociando le braccia al petto, non gli credo molto. Non mi fido.

<<Ma davvero?>> Annuisce e passano alcuni secondi in cui continuiamo a fissarci senza parole.

<<Non mi credi, va bene, non ti biasimo>> 

<<E quindi che cosa vuoi? Vuoi fare l'eroe perchè poco fa mi hai vista in uno dei momenti peggiori offrendomi una spalla su cui piangere? Vuoi chiedermi di sfogarti a cuore aperto con te?>> domando sarcasticamente.

<<Dio no, non voglio sentire le tue lamentele. Voglio sapere che cosa farai adesso... con il bambino.>> lancia uno fugace sguardo alla mia pancia ed io distolgo lo sguardo. 

<<Qualunque decisione io prenda non sarà nulla di buono.>> Blake afferra la mia mano accarezzando le mie dita con le sue e poi mi attira verso di se, cingendo la mia vita con le sue braccia. Leggermente sorpresa all'inizio, non so se divincolarmi o restare ancorata a lui ancora un po', poi metto da parte la mente e appoggio la fronte sulla sua spalla, stremata da queste sensazioni di paura, ansia, preoccupazione...

<<Devi scegliere quello che è meglio per te, non puoi permetterti di aggiungere un altro fardello da portare.>> Bisbiglia quasi, allontanandosi per accarezzarmi una guancia.

<<Che consiglio saggio, sai dopo una vita da egoista avevo intenzione di diventare improvvisamente altruista decidendomi a soffrire ancora per il bene altrui.>> alzo le sopracciglia commentando sarcastica la sua frasi motivazionale. 

<<Odio il tuo sarcasmo>> 

<<Io odio il tuo essere costantemente un cubetto di ghiaccio, ma ti farò sciogliere. Oh si che lo farò.>>


N/A

Ciao a tutti, speravo di riuscire a pubblicare il capitolo entro l'undici, ma niente da fare. Sono le 00.03. E niente, spero che tutti si stiano godendo queste più che meritate vacanze. 

Attenzione, in questo capitolo è presente un argomento piuttosto critico, l'aborto. Io non ho vissuto niente del genere, ma sono totalmente pro, nonostante molti non lo siano. Non so se ho trattato bene questo argomento, comunque sia ci terrei a dire il mio parere. 

Una persona può avere opinioni diverse dagli altri, ma non per questo va giudicata e questo pensiero non dovrebbe essere imposto a chi non è d'accordo con esso. Questa è la mia opinione, detto questo buonanotte a tutti! (Per eventuali errori correggerò tra qualche ora, ho sonno adesso hahaha)

12/07/2019



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