10. Solitudine

Non appena aveva aperto gli occhi, Magnus aveva capito quanto effettivamente la sua vita fosse priva di qualsiasi bellezza, l'unica cosa che gli aveva dato allegria da quasi un anno a quella parte, era stata la scoperta di quel magnifico mondo, peccato solo che, ogni volta che apriva gli occhi, si ritrovava di nuovo nel suo grigio, triste e deprimente mondo reale.

Si ritrovava solo, con un compagno che, temeva, avesse smesso di amarlo, una vecchia casa enorme ed inquietante in cui vivere, uno stile di vita miserabile a livello economico, nessun amico, nessuno con cui valesse la pena parlare e che non fosse solo un vicino di casa un po' troppo fuori di testa.

A Magnus mancavano le feste, gli mancavano gli amici a cui aveva detto addio per una vita così desolata, tutto era così spento ai suoi occhi, non c'era nulla che lo intrattenesse, allora, in un impeto di disperata tristezza, aveva fatto il suo ingresso nell'ufficio del compagno, e, con lo stesso gesto di pochi giorni prima, aveva tentato di attirare la sua attenzione, abbracciandolo da dietro, ignorando la scomoda presenza della sedia girevole e, ancora una volta, dal compagno ottenne solo uno sbuffo infastidito.

“cosa ti ho detto riguardo al importunarmi mentre lavoro?”

chiese con voce canzonatoria il corvino, con mentre si girava  con la sedia, costringendolo a staccarsi, e gli dedicava uno sguardo severo, le braccia incrociate al petto, e gli occhiali squadrati che era costretto ad indossare quando lavorava al pc, gli davano un'aria così vecchia e inacidita, nulla a che fare con un comune ragazzo di venticinque anni, sembrava più un vecchio avvocato raggrinzito.

“mon petit fleur...come posso resisterti se ti offri a me così bene?”

Sorrise con aria nervosa, era da qualche mese che non lo chiamava più con quel dolce soprannome, da quando una volta, più per lo stress accumulato che davvero per rabbia nei suoi confronti, gli aveva urlato di smetterla, che non era una sciacquetta qualsiasi con cui lui era solito divertirsi un tempo, che era un uomo, il suo compagno, e che, testuali parole “queste stronzate mi disgustano”, forse fin da quel momento il moro avrebbe dovuto capire che c'era qualcosa che non andava fra loro, che si stesse rompendo qualcosa, invece aveva fatto finta di nulla, ci era passato sopra, cercando di far finta di nulla, di nascondere la delusione che aveva invaso il suo cuore nel sentirgli dire quelle parole.

Era stato quindi molto felice di vederlo arrossire, abbassare lo sguardo, anche solo per un istante, come faceva anni prima, ogni volta che Magnus gli regalava un bacio, un sorriso, che gli facesse sentire quanto effettivamente lo desiderasse o quando lo chiamava con uno dei suoi stupidi, quanto dolci, soprannomi.

Tutti le sue possibili aspettative però erano andate in fumo non appena lo aveva visto sbuffare infastidito scuotendo la testa, accarezzandosi la base del naso con le dita, un gesto che, come Magnus ben sapeva, era quasi sempre seguito da una sfuriata.

“ti lascio lavorare”

Aveva detto soltanto questo, con un sospiro rassegnato, uscendo dal piccolo e polveroso studio, dopo essere andato in cucina, a recuperare una tazza di caffè come colazione, si era ritrovato sul tavolo la bambolina che lo raffigurava, così lo aveva preso un po' come un segno del destino, aveva recuperato la giacca e le galosce, aveva preso la bambola e, dopo averla infilata in tasca, era nuovamente uscito, verso il pozzo.

Una volta arrivato era stato stranamente felice di vedere lì Simon, sembrava piuttosto interessato al terreno, come sempre, il giovane era subito saltato in aria quando il moro gli era spuntato da dietro spaventandolo, e Magnus rise, finalmente, rise di cuore.

Non lo avesse mai fatto però, dopo quel piccolo incidente, il ragazzino aveva iniziato ad assillarlo, parlando un po' di tutto ciò che gli passasse per la testa, sempre continuando a controllare il terrreno, evidentemente alla ricerca di qualche vermiciattolo.

“Simon diamine smettila di parlare! Diamine sei così fastidioso...”

Aveva sbottato dopo l'ennesimo, incomprensibile, rumoroso monologo del ragazzo, così, senza neanche ascoltare le stupide scuse del ragazzo, aveva fatto retromarcia, tornando al pink palace.

Aveva cenato da solo, e, sempre da solo, era andato a letto, il compagno ancora rinchiuso nel suo studio, e un groppo in gola che aumentava ogni volta che posasse lo sguardo sulla parte del letto vuota.

Anche quella notte, a rallegrare la sua triste giornata, era arrivato il solito topolino ben vestito, e Magnus, con un sorriso soddisfatto, lo aveva seguito, pronto ad un altra notte felice.

Cupido.

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