Spooky Scary Skeletons
Ogni superficie dell'ufficio di Theodor era coperta da uno strato di polvere, che lo fece starnutire non appena afferrò uno dei tanti quaderni di appunti. Dopo essersi risvegliato sul pavimento dell'infermeria aveva subito attivato una Stanza, così da teletrasportare tutti alla Fondazione Speedwagon e, con l'aiuto della signorina Lestrange, far tornare le loro fedine penali immacolate, come se non avessero mai messo piede alla prigione di Green Dolphin Street.
Era davvero contento di potersi rilassare in un posto così calmo, sicuro e familiare. Prima di partire alla ricerca delle frecce stand stava facendo una ricerca sui buchi neri, e pensò che forse avrebbe potuto riprenderla in quei giorni di pausa. Oppure era meglio lasciar stare i vecchi progetti e concentrarsi sullo stand di Joey? Sin dal primo momento aveva voluto studiarne i razzi e paragonarne le caratteristiche a...
Il flusso di pensieri venne interrotto da qualcuno che aprì la porta senza bussare.
Si trattava di Ofelia, emozionata come una bambina e con un enorme sorriso sul volto. Le ipotesi erano due: o qualcuno era inciampato proprio davanti ai suoi occhi, o stava per accadere qualcosa di davvero molto bello. In ogni caso, faceva uno strano effetto vederla senza il solito broncio.
«Sai che giorno è domani?»
«Domenica? Il 31 Ottobre? Halloween?»
A giudicare dall'espressione della ragazza, nessuna di queste opzioni era corretta.
«È IL MIO COMPLEANNO! Farò una festa, metti un costume a tema. Ah, per favore, aiuta Joey. Lo scorso anno ha fatto due buchi ad un lenzuolo convinto che travestirsi da fantasma fosse originale»
E velocemente com'era entrata, se ne andò, lasciando Theodor a bocca aperta.
Approfittando dell'occasione, molti tecnici e scienziati avevano deciso di contribuire ai festeggiamenti, trasformando quella che doveva essere una serata tra amici nel più grande party mai visto. La sala principale dell'edificio venne interamente addobbata con festoni, ghirlande, palloncini, persino zucche sghignazzanti e sangue finto. I tavoli, messi tutti in fila, traboccavano di snack sia dolci che salati, torte e bevande.
Era stato allestito addirittura un palco, su cui una band locale strimpellava le note di una canzone rock. Al centro della pista da ballo c'era Lo Smilzo vestito da ballerino anni '70, bravissimo ad animare la festa anche senza l'aiuto del suo stand. A quanto pare, settimane dopo essere stato sconfitto, si era accorto del biglietto da visita lasciato da Theodor nel taschino della camicia e, senza pensarci due volte, aveva chiamato il numero scritto. Quando gli chiesero quale fosse il suo compito lì alla Fondazione, non seppe rispondere.
Dietro un bancone poco lontano, Rodon si destreggiava tra bottiglie e bicchieri, mettendo in mostra le sue alquanto scarse doti da barista. Indossava un bellissimo costume da scheletro messicano, abbinato ad un sombrero colorato e un trucco da professionista in risalto grazie alla pelle scura. Molte ragazze ridacchiavano ad ogni battuta, e nonostante apprezzasse stare così tanto al centro dell'attenzione, il suo sguardo era puntato su Cinzia, per i suoi gusti troppo vicina a Joey.
«Ciao Cinzia! Sei davvero carina, questo colore ti si addice»
Il costume da zucca della ragazza era arancione come i capelli. Teneva tra le mani un secchiello stracolmo di caramelle alla frutta, che distribuiva spiegando le loro doti curative dovute al potere di Pearl Jam: Daughter, lo stand di cui andava tanto fiera.
«Oh, Joey, grazie mille. E tu cosa saresti? Un lupo mannaro?» chiese alzandosi sulle punte per toccargli le pelose orecchie marroni, che lo facevano sembrare più un cucciolo troppo cresciuto di pastore tedesco.
«Finalmente qualcuno l'ha capito! Ma vieni, andiamo da Ofelia, le farà piacere rivederti»
Superarono Beifong che, guardando tutti in cagnesco, stava accendendo una sigaretta proprio davanti al cartello "Vietato fumare". Era palese che non avesse voglia di essere lì, e che l'unico motivo a non farlo andare via fosse una bottiglia di qualche strano liquore ancora mezza piena. Il suo travestimento consisteva nei soliti vestiti e una di quelle finte accette insanguinate da mettere sulla testa. Difficile da credere, ma era persino peggio di Joey-fantasma.
La festeggiata, d'altro canto, aveva un aspetto mozzafiato: nonostante l'effetto horror del trucco da mummia, sembrava essere Cleopatra in persona. Gente che non aveva mai visto prima andava a lasciarle un regalo e restava lì a parlare. All'inizio prestò attenzione alle loro spiegazioni, scoprendo anche che alcuni di quei nuovi volti avevano aiutato lei ed i ragazzi da lontano. Poi non riuscì più ad immagazzinare informazioni e cominciò ad annuire senza ascoltare.
«Joey, dove eri finito? Mi hai lasciata sola con quel tipo, ha borbottato di un certo Yoshikage Kira per mezz'ora. Oh, Cinzia, ci sei anche tu!»
«Ciao Ofelia, tanti auguri! Tieni, ho fatto una torta di mele: cura le carie, invece di rovinarti i denti con zuccheri e coloranti»
«Ho lo stomaco vuoto e tanta voglia di mangiare dolcetti, la assaggerò domattina così da riparare a tutti i danni provocati stasera! A proposito, ho adocchiato un muffin al cioccolato...»
E andò via, lanciando uno sguardo esplicito a Joey. Lo conosceva da talmente tanto tempo che non le servivano spiegazioni per capire quando aveva una cotta per una ragazza.
Fece finta di avvicinarsi ad un tavolo, poi deviò verso le scale antincendio. Aveva davvero bisogno di una pausa, e il primo posto silenzioso che le venne in mente fu il tetto.
Rimase sorpresa di trovare lì anche Theodor, appoggiato con i gomiti sulla ringhiera e intento a guardare il paesaggio veneziano, pieno di piccole luci tremolanti riflesse sull'acqua della laguna. Neanche troppo tempo prima passava lì le pause tra una sessione di lavoro e l'altra, ma non era per malinconia dei momenti rilassanti che aveva quel groppo alla gola, così stretto da fargli male. Nulla, rispetto alla costante sensazione di annegamento che aveva provato nella palude dello Stige.
Gli aveva lasciato molto da pensare, quella straziante pena per contrappasso. Non che avesse molti ricordi, ed i pochi rimasti erano davvero confusi, però sapeva di essersi ritrovato tra i dannati per aver peccato di accidia. Tiepidezza d'animo. Indolenza. Rancore taciuto.
Cosa stava a significare? Che era soltanto un codardo? Che avrebbe dovuto vendicarsi con quel vecchio carcerato? Appariva spesso nei suoi incubi: a volte gli metteva un cappio al collo, altre lo faceva a pezzi e lo mangiava. Oppure erano le sue stesse mani ad impugnare l'accetta, e quelli erano i sogni peggiori.
Sentì dei passi poco leggeri dietro di lui, e non ebbe bisogno di voltarsi per capire di chi si trattasse.
«Un alieno, avrei dovuto aspettarmelo» commentò la ragazza indicando le due antenne verdi che aveva sulla testa.
«Come mai non sei giù con gli altri?»
Non lo sapeva neanche lui, in realtà. Quei pensieri lo avevano colto all'improvviso, e aveva sentito il bisogno di isolarsi.
Senza rispondere tirò fuori dalla tasca una scatolina, tenuta chiusa da un bel fiocco.
«Buon compleanno»
Ofelia la aprì, e con gentilezza ne rigirò tra le dita il contenuto: una catenella con un ciondolo. Sopra c'era scritto qualcosa, anzi, sembrava più una sorta di grafico.
«Temo tu debba spiegarmelo»
«L'asintoto è la tangente all'infinito di una funzione che...»
Fece una piccola risata, stava già usando termini troppo complicati.
«È il disegno di una retta nel piano cartesiano. Si avvicina sempre di più ad un valore, ma non riesce a raggiungerlo»
Si voltò a guardarla, per capire se fosse stato abbastanza chiaro. Se avesse recepito il messaggio.
La vide scansare i capelli scuri, finiti sul viso truccato a causa della leggera brezza. Il fondotinta aveva fatto un ottimo lavoro nel coprire le occhiaie, ma con uno sguardo più attento si poteva notare l'aria stanca di chi ha passato le ultime notti a rigirarsi nel letto, proprio come lui. In qualche modo la capiva. Si capivano. Un inaspettato legame che aveva sentito nascere quel giorno nel negozio di ciambelle, e che si era definitivamente saldato proprio laggiù, nel girone infernale, protagonista dei suoi ricordi più brutti. Ironico.
«V-volevo dirti grazie. Per avermi riconosciuto e protetto, per avermi dato speranza. Se non ci fossi stata tu sarei affondato nella palude, sempre di più, fino a dimenticare me stesso»
«Non devi ringraziarmi, l'avresti fatto anche tu. Anzi, l'hai fatto: vedendoti ho ritrovato lucidità, e starti accanto era l'unica cosa in grado di mantenerla»
Ofelia sorrise, in modo naturale e rassicurante. La trovò bellissima.
«Mentre tentavo di restare in superficie pensavo a te. Soltanto a te. Volevo rivederti almeno un'ultima volta. Eppure più credevo di avvicinarmi, più capivo di essere lontano» lo sussurrò, non sarebbe riuscito a tenerselo dentro ancora per molto. Era un sentimento talmente forte da necessitare delle parole vere. Da fargli battere forte il cuore.
Gradualmente, il mondo attorno a lui sparì, come se tutto si fosse sgretolato e trasformato in stelle lontane. Pensò che galleggiare nello spazio e osservare da lontano la più bella galassia gli avrebbe dato le stesse sensazioni. Adesso, la sua galassia era Ofelia, ricca di pianeti e lune e asteroidi, inesplorati e al contempo così familiari. Le grida della festa si trasformarono nel silenzioso rumore dell'universo. E lui, piccolo ammasso di gas e polveri uguale a tanti altri, stava per scontrarsi con l'insieme di corpi celesti più interessante che avesse mai incontrato.
L'ansia che aveva sempre avuto nel pensare al primo bacio era svanita, dispersa nel vuoto cosmico. Nessuna preoccupazione su cosa fare con le braccia, da che lato inclinare la testa o paura di avere il naso troppo grande. Fu semplice e spontaneo, esplosivo e intenso.
Una supernova.
Non doveva esserci romanticismo nella mia storia, ma una certa persona l'ha preteso (proprio tu, so che stai leggendo). Spero abbiate apprezzato questo dolce capitolo, e buon Halloween🎃
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