Spirits

«Iron Man? Come il supereroe?»
«No, come la canzone!»
«È anche di metallo, mi piace»
«Per me è stupido»
«Per te tutto è stupido»
I tre discutevano animatamente su ciò che era accaduto la sera precedente, ponendo particolare attenzione allo stand di Joey e a come li aveva salvati da un'intera notte di danza, sfruttando le sue doti di combattente.

Beifong, l'autista scontroso, non aveva detto nemmeno una parola durante il tragitto, si limitava a guardarli male dallo specchietto retrovisore. A causa della stanchezza nessuno aveva sentito la sveglia suonare, e lui era stato ad aspettarli per un bel po' prima di andare a bussare alle loro porte. Anche in quel caso, però, non aveva ottenuto risposta prima di una decina di minuti, nei quali aveva avvertito la signorina Lestrange temendo che fosse accaduto qualcosa, facendola preoccupare.

Come programmato, la loro prima meta era Cape Canaveral, con più precisione il Kennedy Space Center. Stando alle informazioni a disposizione, Enrico Pucci, che tempo addietro possedeva una delle frecce stand, aveva fatto un gran bel casino in quella zona. Non sapevano come avrebbero fatto a trovare qualcosa di utile in un luogo tanto grande e controllato, ma da qualche parte dovevano pur cominciare. E nel caso fosse andata male, avrebbero almeno fatto una gita gratis.

Dopo aver parcheggiato, Beifong iniziò a seguirli ma non ne furono molto sorpresi, probabilmente era stata proprio Astrid a chiedergli di controllarli.
«Non abbiamo bisogno di una guardia del corpo, staremo più attenti»
Lui si accese una sigaretta e li guardò con fare minaccioso, poi con tono sin troppo serio disse:
«Voglio vedere i razzi»
Che fosse vero o meno, dovettero trattenersi dal non ridere per la sua stranezza. Sembrava un brutto ceffo in grado di spezzarti le dita una ad una eppure eccolo lì, a vedere i razzi.

Essendo la Fondazione Speedwagon una delle più grandi e famose al mondo, soprattutto nel campo della scienza, ai quattro sarebbe bastato mostrare di nuovo i tesserini per ottenere una visita guidata speciale. Solo che non volevano attirare attenzione, gli stand e le frecce non erano argomenti da divulgare a chiunque, quindi fecero la fila come se fossero normali visitatori.

Altre persone si unirono a loro e così cominciarono il giro turistico. Theodor spiegò che era già venuto diverse volte al KSC e, infatti, aggiungeva sempre qualche curiosità in più a quelle dette dalla guida. Senza contare le volte in cui si dilungava e finiva per parlare di argomenti del tutto differenti, che comunque erano molto interessanti, persino l'autista ascoltava con attenzione.
«...durante i test il terreno tremava fino ad 80 miglia, e ogni stazione sismica degli Stati Uniti era in grado di percepire le vibrazioni. Sono più che certo che i tubi dello stand di Joey abbiano un meccanismo simile a quello motori del Saturn V, è così che riesce a muoversi in modo tanto rapido e potente!»

Lo sguardo di Ofelia venne attratto da qualcosa di più interessante, o meglio, qualcuno.
«Uomo in divisa a ore tre, attraente» mormorò con fare ammiccante, per poi dare una gomitata a Joey, che abituato ai suoi commenti non ci fece molto caso. Theodor, invece, rimase a fissare la guardia stranamente incuriosito, terminò a metà il suo discorso e prese la cartina del parco che aveva trovato all'entrata, borbottando qualcosa tra sé e sé.

«Che c'è? Piacciono anche a te le divise?»
«Sì, cioè, volevo dire, guardate qui»
Il biondo mostrò la mappa agli altri e indicò uno spazio vuoto proprio dove doveva esserci l'edificio controllato.
«Non ricordo di essermi mai aggirato in quella zona durante le visite precedenti, inoltre non compare sulla cartina. Come ho potuto non accorgermene prima?»

Joey fissò la struttura: era alquanto grande, senza finestre, e con quel tipo alto tanto quanto lui davanti l'entrata. Sentì una strana sensazione nel petto, un formicolio, un bruciore. Ne era attratto.
«Dobbiamo andare lì dentro»
Affermò deciso e, con sua sorpresa, i compagni furono d'accordo. Fino ad ora era la loro unica pista, dovevano seguirla, e ormai erano troppo curiosi di sapere cosa avessero da nascondere quelli del Kennedy Space Center.

«Dobbiamo allontanarci dalla guida e gli altri visitatori, ma tre persone in meno non passano inosservate»
«Potrebbe andare solo uno di noi»
«No, è pericoloso dividersi»
Beifong stette a guardarli discutere, possibile che quei ragazzi non riuscissero a mettersi d'accordo neanche per una cosa del genere? Li aveva sentiti chiacchierare per tutto il tempo, non ne poteva più. Avrebbe chiesto un aumento.
«Posso aiutarvi io»

Intorno all'autista apparve una familiare aura infuocata e, lì accanto, nacquero dal suolo tre creature umanoidi, sembravano fatte di argilla e terriccio. Beifong scrisse qualcosa sulle loro fronti e gli esseri divennero loro copie, tranne per l'espressione un po' inebetita, poi cominciarono a seguire la guida turistica senza dire una parola. Silenziosi, proprio come piaceva a lui.
«Sono Golem, eseguono l'ordine che imprimo sulla loro fronte, ci rivediamo all'uscita»
Li guardò come se fossero la causa di tutti i suoi fastidi e poi tornò al giro turistico con i tre sosia.

«Ha tre stand? Com'è possibile?»
«Credo possa dare solo un ordine a tutti i Golem che crea, esistono poteri che non sono composti da un unico corpo»
«Sbrigatevi voi due!»
Sgattaiolarono verso la loro meta, prestando attenzione a restare ben nascosti. L'unico ostacolo sembrava essere l'uomo armato, abbastanza da tenere lontano qualche visitatore ma non troppo da attirare l'attenzione. Il luogo migliore per nascondere qualcosa è davanti agli occhi di tutti.

«Potrei provare a distrarlo con il mio fascino»
«Ofelia, ha almeno il doppio della tua età, non ti permetterò di provarci con lui»
«Allora uno di noi potrebbe far esplodere qualcosa, sarà costretto ad andare a controllare, tu sfonderai la porta e... Hey, cosa credi di fare?»
Joey stava andando incontro alla guardia, gli chiese qualcosa in modo amichevole, sorrise come solo lui sa fare, e appena fu abbastanza vicino materializzò Iron Man, che colpì il povero malcapitato dietro la nuca. Prese le chiavi attaccate alla sua cintura e attese che gli altri due lo raggiungessero.
«Sei noioso»
«Non so far esplodere le cose!»
«Avrei potuto costruire una bomba» mormorò Theodor.
«Ecco, lui ci sarebbe riuscito! Jonoioso Noiosordie!»

L'interno era illuminato solo da una fioca luce d'emergenza posta sopra la porta, e ci misero un po' ad abituarsi alla scarsa visibilità. Una linea gialla, proprio come quelle che si vedono nelle stazioni, li separava da una piattaforma di lancio in disuso. Era arrugginita in alcuni punti e ricoperta di polvere, crollata a terra da chissà quanto tempo. Percepivano che doveva esserci qualcosa di strano, qualcosa di pericoloso. Avevano la pelle d'oca.

Proprio al centro della stanza, tra pezzi di ferro, terra e altri rottami, c'era la freccia stand. Luminosa, senza neanche un graffio, pareva essere lì apposta per loro. Eppure l'istinto gli diceva di non superare la linea gialla, altrimenti sarebbero stati in guai seri.
«Lo stand di Joey è a corto raggio, non può allontanarsi per più di un paio di metri, il mio non sarebbe molto utile. Mentre il tuo, Ofelia?»
La ragazza rabbrividì e distolse lo sguardo, in effetti il suo raggio d'azione era un po' più esteso, poteva inventarsi qualcosa. Solo che...
«Lei non combatte, andrò io»
Non fecero in tempo a dire nulla che Joey si trovava dall'altra parte della linea.

L'aura della freccia si ingrandì fino ad ottenere la forma di una creatura enorme. Sembrava un centauro, con il corpo da cavallo e il busto da uomo, e incuteva loro una sorta di reverenza proprio come era scritto negli antichi racconti di epica. Era maestoso, imponente, gli occhi grandi e il petto in fuori. Si chinò a raccogliere la freccia, così da metterla in una faretra che teneva dietro la schiena, e questa semplice azione provocò nei tre un brivido lungo la schiena. Soltanto dopo si accorsero che aveva anche un grande arco, dorato e bello, degno di Apollo, il dio arciere.

Ofelia e Theodor indietreggiarono d'istinto, Iron Man invece iniziava ad attivare i motori a razzo, facendo tremare il terreno intorno a loro. Il centauro percepì l'aria di sfida e incoccò una freccia, più lunga e meno decorata rispetto a quelle che avrebbero dovuto recuperare. Stavolta Joey decise di non aspettare, sia Pepe Iglesias che Rodon lo avevano colto di sorpresa a causa della rapidità di attacco, ora sarebbe stato lui ad avere quel vantaggio. Scattò e colpì il braccio della creatura, che perse la mira e la freccia andò verso il soffitto.

Bastò questo singolo attacco per far adattare il centauro alla velocità di Iron Man, e per un po' si limitarono a schivare gli attacchi l'uno dell'altro. Ben presto, però, la faretra cominciò a svuotarsi e Joey decise che avrebbe attaccato quando sarebbe rimasta solo la freccia stand. Un dardo gli passò proprio accanto al volto, provocandogli un piccolo graffio, poi fu costretto a rotolare verso destra e poi, eccolo, il momento era arrivato. Dai motori incandescenti uscirono delle forti fiammate, un affondo perfetto, finalmente era riuscito ad avvicinarsi.

Ma la faretra era di nuovo piena. Le frecce sparse nella stanza buia erano scomparse e tornate nel loro posto originario. Una era stata scoccata proprio verso di lui, che a causa dell'accelerazione non sarebbe riuscito a fermarsi in tempo. Andava dritta, ne vedeva solo la punta affilata.

Non sapeva nemmeno lui come gli fosse venuto in mente. Allungò la mano metallica e la afferrò, girò su se stesso con tutta la forza che i motori a razzo gli permettevano e poi gliela rilanciò contro. Nemmeno l'antica creatura si aspettava qualcosa del genere, non riuscì a realizzare in tempo cosa fosse successo e venne colpita sulla spalla, che cedette. L'arco cadde a terra, poco più in là, proprio vicino a Theodor.

Lo prese, ma quattro zoccoli stavano già galoppando verso di lui. Rimase pietrificato, con l'arma in mano.
«Rompilo!»
«Eh? Cosa?»
Ofelia si tolse il cappotto e lo lanciò addosso al mezzo uomo, che inciampò in un vecchio rottame mentre tentava di togliersi l'indumento di dosso. Era un contrattempo stupido, ma aveva funzionato.
«Rompilo, Theodor! Sbrigati!»
Il ragazzo si risvegliò e spezzò l'arco, facendo leva con il ginocchio. E l'essere fece un verso mostruoso, come se anche lui fosse stato distrutto.

Si rialzò lentamente, il volto contorto dalla rabbia, il respiro pesante. A causa della caduta, la freccia stand era uscita dalla faretra, e adesso si trovava a metà strada fra lui e Joey. Entrambi corsero senza esitazione e la afferrarono nello stesso momento, guardandosi dritti negli occhi. Intorno a loro l'aria sembrava vibrare, era luminosa e calda, piena di potere. Dopo un tempo indefinito, forse qualche secondo o forse un'ora intera, il centauro lasciò la presa.

Il ragazzo cadde all'indietro, colto di sorpresa per la mancanza di resistenza, mentre gli altri due non osarono fare il minimo movimento. Nessuno con una tale energia si era mai avvicinato al centauro, chiunque emanava voglia di potere, ricchezza, vita, mentre nel suo sangue scorreva purezza.
«Sei degno» non parlò fisicamente, la voce risuonò solo nelle loro teste.
«Il mio scopo è proteggere la freccia, ma non c'è bisogno che lo faccia da te. Provieni da una stirpe di nobili di cuore, non vuoi usarla né distruggerla, non vuoi vita senza fine ma solo essere vivo»

Joey rimase a guardarlo e pensò che il suo obiettivo era portarla in un luogo sicuro, così che un oggetto tanto prezioso non andasse perduto e per evitare che ferisse qualcuno. La creatura lo percepì come se avesse parlato con chiarezza.
«Le frecce appartengono a loro stesse. Per secoli sono state sfruttate con avidità, alternando creazione e distruzione, esistenza e morte. Averla vi porterà sventura, dovrete affrontare voi stessi, segreti e paure» stavolta parlò anche a Theodor e Ofelia.

Capì che l'avrebbero tenuta ad ogni costo, e svanì in una nuvola eterea.

Hmm cosa rischia il nostro trio preferito? Come credete sia fatto il misterioso stand di Ofelia? È davvero bello tenervi sulle spine!

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