Moriō-Chō Radio
Astrid Lestrange, impeccabile come suo solito in un completo elegante, si avvicinò a Theodor e Ofelia, che chiacchieravano del più e del meno in attesa dell'arrivo di Joey. Molti si voltarono per salutare il capo della Fondazione, attratti dal suono dei tacchi spediti o dalla bellezza dei capelli lucenti che, racchiusi in una tirata coda di cavallo, ondeggiavano ad ogni passo riflettendo i raggi di mezzogiorno.
«Non ho idea di cosa sia successo, ma ieri sera la freccia con lo scarabeo è stata consegnata. Grazie per il vostro lavoro» il tono serio non riuscì a nascondere un brivido di emozione, era sempre più vicina al suo obiettivo.
I due si scambiarono uno sguardo confuso, potevano vedere l'uno negli occhi dell'altro che nelle loro menti ronzavano le stesse domande: qual era la freccia con lo scarabeo? Quando e come era stata sconfitta? Non avevano la minima idea di cosa fosse accaduto e, dalle espressioni sbigottite, era evidente come fossero entrambi caduti dalle nuvole.
«Joey? È ancora sotto le coperte?» chiese la donna con uno strano sorriso, così da spezzare il silenzio imbarazzante che si era venuto a creare.
Ma la domanda ebbe l'effetto opposto, piantò soltanto il seme del dubbio nei ragazzi: il loro compagno di viaggio c'entrava qualcosa? In quel periodo era più strano che mai, e non si era fatto vivo per l'intera mattina. Quindi si limitarono ad annuire, incerti, mugugnando una scusa su come fosse davvero stanco e avesse bisogno di dormire.
Gli occhi da lince della signorina Lestrange si assottigliarono, aveva capito di aver sfiorato un tasto dolente. Qualcosa nel gruppo si stava incrinando.
«Buona fortuna per la prossima missione, Moriō-Chō è un posto davvero particolare» e si allontanò, preferendo non immischiarsi troppo nella faccenda.
Ofelia rimase immobile per qualche secondo, ripensando agli avvenimenti passati. Prima non aveva la certezza che dentro la scatola che l'amico le aveva affidato ci fosse una freccia, anche se il pensiero l'aveva sfiorata. Ma adesso le sembrava l'unica opzione plausibile, e questo stava a significare solo una cosa: Joey non le aveva detto la verità. Dopo tutti i discorsi che gli aveva fatto su come erano nella stessa situazione e quindi avrebbero affrontato ogni sfida insieme, dopo l'aiuto che aveva provato a dargli in casa di DIO, dopo gli anni di sincera amicizia... Le aveva mentito spudoratamente, guardandola negli occhi aveva detto di non essere riuscito ad ottenere nulla dalla mafia napoletana, e poi aveva avuto persino la faccia tosta di affidare a Gasoline la freccia stand!
Lei aveva resistito alla tentazione di fare domande o sbirciare nel pacchetto, dimostrandogli che poteva fidarsi, e in cambio aveva ricevuto solo bugie. Mai era stata tanto arrabbiata con quel ragazzo. La trasparenza e la fiducia tra loro, già incrinate a causa di quelle avventure inaspettatamente pesanti e crudeli, le sembravano ora ridotte in poltiglia.
Theodor le si avvicinò per asciugarle una piccola lacrima con la punta delle dita. Se lui si sentiva così tradito, poteva solo immaginare come poteva sentirsi Ofelia, che aveva da sempre un legame molto forte con Joey. Quando li aveva incontrati per la prima volta era quasi invidioso di come si completassero le frasi a vicenda, e ora non poteva far altro che dispiacersi nel vedere che tutto ciò stava venendo a mancare. Troppi silenzi avevano smorzato il loro affiatamento.
Il diretto interessato arrivò proprio in quel momento: i capelli arruffati di chi si è appena alzato dal letto dopo una notte tormentata e l'immancabile sorriso. Falso. Si spense subito, infatti, non appena vide i due compagni: Ofelia si strinse di più al suo ragazzo, come a volersi allontanare da lui, e l'altro lo guardò con un certo fare accusatorio che raramente si poteva scorgere in quegli occhi timidi.
Senza nemmeno un saluto, Theodor attivò di colpo una delle sue Stanze. Vennero così teletrasportati direttamente a Moriō-Chō, dove Cinzia, che spesso chiedeva al collega dei "passaggi", gestiva una piccola trattoria. Le sequenze di quattro e di due parvero a Joey più ingarbugliate e caotiche del solito, e il viaggio fu, in qualche modo che non riusciva bene a spiegare, particolarmente turbolento. Controllò persino di non aver lasciato qualche pezzo indietro, magari una mano o una gamba rimasti fuori dal cubo di numeri.
«Spero per voi che non abbiate mangiato, perché qui è ora di cena e ho intenzione di prepararvi delle prelibatezze!» disse Cinzia ancor prima che le pareti fossero dissolte.
Teneva i capelli corti legati in due pratiche codine e, nonostante l'enorme quantità di gel per mantenere l'acconciatura ordinata, qualche riccio ribelle aveva deciso di restarle sulla fronte. Senza aspettare una risposta cominciò ad elencare tutte le portate che non vedeva l'ora di cucinare: risotto alle fragole, arrosto con l'uvetta, sorbetto di more... Ogni singolo frutto era ovviamente stato scelto da lei in persona, così da poter preparare ai suoi amici e Joey, a cui riservò uno sguardo sognante, una cenetta coi fiocchi.
Dietro di lei spiccava un locale molto rustico, caratterizzato dall'insegna gialla "Trattoria Trussardi" e una tettoia in legno sulla destra. Le ore calde di mezzogiorno erano state sostituite dal tramonto, che stava tingendo il cielo di una sfumatura di rosa mai vista prima. Le ombre allungate della città parevano tranquille, ma nell'aria si poteva quasi respirare un particolare sentore di avventura e mistero, come se la quiete fosse solo una maschera per nascondere il vero volto di quel posto.
«Scusa, noi due abbiamo appena finito di pranzare, credo però che Joey non veda l'ora di mettere qualcosa nello stomaco» disse Theodor, facendo subito intendere che, almeno per il momento, si sarebbero separati.
Non che l'idea gli andasse molto a genio, ogni volta che avevano deciso di prendere strade differenti era successo un bel guaio. Ma non era nemmeno il caso di discutere in casa d'altri ora che avevano tutti e tre i nervi a fior di pelle. Prima bisognava sbollentare gli umori, poi avrebbero parlato.
«Ti va di visitare la città?» chiese, dopo aver rassicurato Cinzia e averle promesso che si sarebbero rivisiti almeno una volta prima della partenza.
«Mi racconterai storie infinite su ogni cosa che vedremo?»
«Ovviamente!»
Ofelia accennò un sorriso e annuì.
Si diressero verso il Fiume Ichikoma, a sud. Come previsto, Theodor cominciò a parlare di tutte le sue conoscenze sulla città giapponese: prima di diventare così colorata era prevalentemente un luogo di campagna, pieno di risaie e abitanti con le vesciche sulle mani, mentre nelle zone più ricche c'erano ville e campi di addestramento per samurai. Nel 1999, invece, fu caratterizzata da uno strano aumento di portatori di stand e di omicidi, a causa della presenza della freccia che stavano cercando e di un famoso serial killer, che due dei discendenti Joestar si impegnarono a sconfiggere.
Ascoltare queste strane storie permise alla ragazza di distrarsi un po' dalle vicende di quella mattina, o forse era meglio dire quella sera?
«Mi scombussola non sapere se ho nello stomaco il pranzo o la cena»
«Ofelia, sinceramente credo che a te, lo stomaco, basta averlo pieno»
«Non durerà a lungo se continui a descrivermi come Yoshikage Kira teneva con sé le mani delle sue vittime!»
«Eccoci, per distrarti puoi guardare la prima attrazione turistica!»
Lei alzò la testa, confusa. Da quando l'avventura era iniziata aveva potuto ammirare posti che mai avrebbe creduto di vedere: uno dei parchi a tema più belli di sempre, l'interno di una prigione, una famosa città italiana e persino la tomba di un vero faraone. Non che le sue aspettative fossero molto alte, si trovava comunque in una piccola città orientale che molto banalmente aveva basato la sua economia sul riso, e malgrado iniziasse ad essere avvezza all'inaspettato, rimase ugualmente sorpresa da ciò che aveva davanti.
«Un traliccio»
«Sì»
«Abbandonato»
«Sì»
Scoppiò a ridere: «Sarà meglio che mi spieghi perché lì in mezzo penzola un divano» disse curiosa, avendo ritrovato un po' di buonumore.
«Questa era l'abitazione di un tale Toyohiro Kanedaichi. Aveva di tutto per poter vivere bene, dal divano sospeso a meccanismi di leve e carrucole per acqua o cibo, che si procurava da solo»
«Perché mai qualcuno vorrebbe vivere all'interno di un traliccio?»
«Due motivazioni, principalmente. La prima è che questo traliccio, Super Fly, è uno stand: se io varcassi la soglia potrei uscire soltanto facendo prendere il mio posto a qualcun altro»
«Adesso non c'è più nessuno, vuol dire che il signor Toyohiro è morto nella sua stessa casa»
«Esatto, brava»
«Qual è la seconda motivazione?»
«A lui stava bene così, era un tipo molto timido»
«Più di te?»
Si beccò una finta occhiataccia, poi continuò ad ascoltare i vari poteri di Super Fly. Ad esempio, se si provasse ad uscire senza essere sostituiti da un'altra persona, si verrebbe ricoperti di ferro. Dato che Ofelia non aveva alcuna intenzione di diventare un secondo Iron Man, fece un passo indietro, era già abbastanza preoccupante sapere di poter restare intrappolata.
«Per molto tempo il traliccio è stato una famosa attrazione turistica, gli abitanti di Morioh venivano qui per salutare Toyohiro e portargli qualcosa in dono»
«Nessun altro è più rimasto imprigionato dentro Super Fly?»
«Oh, certo, soprattutto bambini curiosi. Ci pensiamo noi della Fondazione a risolvere il problema»
La ragazza distolse lo sguardo dalla "casa" abbandonata per guardare Theodor. Gli spessi occhiali non impedivano all'azzurro dei suoi occhi di mescolarsi con i colori di quello strano cielo. Com'era possibile che riuscisse sempre a farla rimanere senza parole? O per aver detto qualcosa di troppo complesso o, semplicemente, per averle fatto ammirare il mondo dal punto di vista di una persona curiosa, interessata, affascinata dal cielo, dalla storia, da un traliccio abbandonato. Da una come lei.
Joey le era sempre sembrato l'unico in grado di comprenderla abbastanza da restare al suo fianco. Ora non ne era più tanto sicura, qualcosa tra di loro si era spezzato, era venuta a mancare quella sincerità che tanto caratterizzava la loro amicizia. Eppure, con Theodor a tenerle la mano, non si sentiva affatto sola.
***
Si addentrarono nel centro della città per acquistare i famosi sandwich con cotoletta panata del forno St. Gentleman's, storico tanto quanto la Trattoria Trussardi. Ofelia avrebbe tanto voluto dare subito un morso al suo panino, era davvero invitante, ma fu costretta a promettere che li avrebbero mangiati più tardi. E poi, il pensiero della successiva attrazione turistica bastava a distrarla. Per arrivarci dovettero prendere l'autobus diretto a Via Jōzenji, e camminare circa un minuto dopo essere scesi alla terza fermata.
«Ti presento la Roccia Angelo!»
Nel bel mezzo di un'aiuola si ergeva una roccia dall'aria imbronciata, era di un brutto grigio scuro e arrotondata dal tempo.
«Anjuro Katagiri era uno dei più grandi criminali del Giappone» cominciò a spiegare Theodor «A soli dodici anni fu arrestato da Ryohei Higashikata per aver ucciso e violentato tre ragazzi»
«Higashikata... Era uno dei discendenti Joestar?»
«Ci sei vicina, era suo nonno. Infatti fu il nipote, Josuke Higashikata, a rinchiudere Anjuro in questa roccia»
La ragazza guardò con astio il piccolo monumento: «Beh, sembra proprio se lo sia meritato!»
Alcuni ragazzini in divisa scolastica passarono lì davanti e, con un gesto della mano, salutarono dicendo: «Yo!» in modo molto naturale. Era forse un'usanza di quel posto?
«In prigione ottenne un potere stand che gli permise di sopravvivere all'impiccagione ed evadere. Una volta libero, andò alla ricerca di colui che lo aveva messo dietro le sbarre»
«Lo ha...»
«Purtroppo sì, riuscì a ucciderlo»
«E Josuke lo ha vendicato nel modo giusto»
Theodor annuì, era bello poter trasmettere le sue conoscenze a qualcuno così interessato. Ma era ancor più felice di notare Ofelia era decisamente più rilassata rispetto a qualche ora prima.
«L'apparizione di questa roccia così strana incuriosì gli abitanti della città, che la trasformarono ben presto in una meta turistica. Alcuni sostengono di averla sentita mormorare "Agios", ma non sappiamo se è solo una diceria o la vera presenza di Anjuro»
Era chiaro che la tranquillità di Morioh fosse soltanto apparente. E il fatto che tutti quei guai fossero sempre legati a dei portatori di stand non faceva sentire la ragazza per niente al sicuro. Iniziava a temere di svoltare l'angolo e incontrare un assassino in giacca e cravatta.
«Adesso andiamo in un posto più tranquillo, non ti preoccupare»
«Una volta arrivati potrò mangiare il sandwich?»
«Certo, anche un pezzo del mio se lo vorrai»
***
Raggiungere l'ultima meta turistica fu estremamente faticoso. Nonostante il ragazzo conoscesse bene il percorso più breve, in cui la maggior parte del tragitto era da fare comodamente in autobus, non aveva considerato la salita finale combinata con la svogliatezza di Ofelia. Quegli ultimi metri in pendenza le pesarono più di tutta la giornata passata a camminare. Ma, una volta giunta sulla cima, rimase senza fiato.
Non c'era nient'altro su quell'alta scogliera oltre ad una panchina affacciata sul mare. Se fosse stato giorno, si sarebbero sicuramente seduti lì a guardare l'immensità dell'oceano. Theodor, però, aveva aspettato il momento migliore per guardare dall'altra parte, verso la città, che di notte si diramava in tante vie di piccole luci.
«Sembra...» Ofelia arrossì ricordando il loro primo bacio sul tetto della Fondazione, al di sopra di una magnifica Venezia notturna.
«Ti senti meglio?» chiese, dandole finalmente la busta con i panini.
«Mh mh glaffie Theo» le parole dette a bocca piena erano alquanto incomprensibili, ma il suo sguardo felice lo rincuorò.
Si avvicinò, le posò le labbra sulla guancia e la strinse a sé.
«La leggenda narra che una giovane dai lunghi ricci corvini, dopo essere stata rifiutata dal ragazzo che amava, venne fin qui per gettarsi dalla scogliera. Era disperata. Sentiva che il suo cuore non avrebbe mai più potuto battere in quel modo per altri»
Ofelia mandò giù l'ultimo boccone. Non aveva alcuna intenzione di compiere gesti tanto tragici, eppure anche lei si sentiva un po' rifiutata da Joey. Dopotutto lo amava. Non come amava Theodor, questo era ovvio, eppure il sentimento era ugualmente forte.
«E poi? È morta così?»
«Il dio del mare, che aveva assistito alla scena, decise di salvarla. Gli scogli bagnati dalle sue acque divennero morbidi, e la ragazza rimbalzò su di essi, rimanendo in vita. Dei pescatori videro il miracolo e da quel momento tramandarono la storia del Picco Boing, che ben presto cominciò ad essere visto come un porta fortuna»
«Cosa ha fatto dopo, la ragazza?»
«Ha continuato ad amare»
Il prossimo capitolo sarà incentrato su Joey, ma spero vi sia piaciuto anche questo più soft (dopo la lunga assenza ho bisogno di riprenderci la mano!)
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