Hornet
«È l'occasione giusta per sfruttare la tecnica segreta della famiglia Jordie»
Joey sorrise, ricordava bene i momenti in cui, da bambini, dicevano questa frase ad affetto per poi andar via ed evitare la ramanzina. E nonostante scappassero in direzioni differenti, trovavano sempre il modo per riunirsi. Sarebbe successo anche stavolta. Theodor e Ofelia erano le persone migliori da cui farsi parare le spalle, poteva fidarsi.
«La tecnica della fuga!»
Cominciò a correre il più velocemente possibile, e grazie al suo fisico allenato riuscì a raggiungere presto la terrazza dove avrebbe contrattato con i malavitosi per la freccia stand. Il tutto senza venire attaccato durante il tragitto da quegli strani bolidi volanti, quindi il piano doveva aver funzionato. Anche se, al pensiero di dover incontrare qualche tipo losco, quasi rimpianse di non essere rimasto al posto dei suoi amici.
Ad aspettarlo c'erano un campagnolo e una bambina, che aveva inizialmente scambiato per dei turisti. Credeva si sarebbe ritrovato davanti a degli omaccioni imbronciati in giacca e cravatta, un po' come Beifong, invece parevano gente amichevole.
«Joey Jordie, è un onore conoscervi»
L'uomo rimase a guardarlo per un po'. Aveva una maglietta a fiori e un cappello da cowboy, i capelli grigi raccolti in un codino.
«Limoncello, capo della Squadra Guardie del Corpo. E lei è la piccola Hornet»
La bambina si limitò a fissarlo con i suoi occhi cinerei, simili a quelli di un'inquietante bambola di porcellana.
«Davvero Astrid crede che darei la freccia a uno sbarbatello come te? È davvero caduta in basso»
Per la prima volta, Joey sentì brutte parole sul capo della Fondazione. Certo, la signorina Lestrange emanava una strana sensazione di calore e gelo allo stesso tempo, ma era sempre stata una figura positiva, sia per lui e che per gli altri.
«Ho meritato la sua fiducia riuscendo a recuperare ben due frecce. Con l'aiuto dei miei amici, ovviamente»
«E dove sono adesso questi tuoi amici? Quella perfida donna li ha divorati per colazione?»
Il ragazzo si sentì punto nell'orgoglio. Era già abbastanza preoccupato per Theodor e Ofelia, e questo sconosciuto lo stava palesemente stuzzicando solo per l'antipatia verso Astrid.
«Siamo stati attaccati durante il tragitto. Pur di non arrivare in ritardo, ho dovuto lasciarli indietro. E preferirei tornare da loro il prima possibile, perciò...»
Nonostante la risposta a tono, Limoncello gli sorrise. Anzi, solo adesso sembrava essersi convinto di non avere davanti un idiota qualunque.
Ricacciò da sotto il tavolino una ventiquattrore gialla come il suo cappello e la aprì, mostrando la freccia: a differenza di quella trovata a Cape Canaveral o dal piccolo frammento della prigione di Green Dolphin Street, aveva uno strano scarabeo dorato sulla punta. Bellissima, lucente e invitante, era evidente la cura con cui era stata trattata nel corso del tempo.
Joey provò ad allungare la mano, ma la valigetta si richiuse di scatto.
«Non posso mica dartela così facilmente, guaglio'! Senza di questa, l'intera organizzazione andrebbe a rotoli»
«Allora perché avete accettato l'incontro? Forse non riuscite a superare la prova?»
Limoncello lo guardò sorpreso. Il peggior uomo di Napoli non era riuscito a non correre via piangendo, e questo ragazzino ne parlava tanto apertamente?
«L'hai già affrontata?»
«Due volte, l'ho detto prima»
Il Boss gli aveva ordinato di cedere la freccia solo nel caso i mandati della Fondazione fossero riusciti a sconfiggerla, ma se davvero il cagnolino di Astrid era così forte, allora gli avrebbe reso la vita un po' più difficile.
«Gioca un po' con Hornet e sconfiggi la freccia, solo così potrai tenerla»
Joey spostò lo sguardo dalla punta d'oro alla bambina, si sentiva a disagio soltanto nel sapere che lo stava fissando. Ma se passare del tempo con lei era necessario per avere quella dannata valigetta, allora lo avrebbe fatto. Annuì e iniziò a seguirli tra le strette vie della città.
Inizialmente provò a memorizzare la strada, ma passarono tra così tanti vicoli secondari che presto rinunciò. Senza contare le volte che qualche vecchietta si fermava a parlare con Limoncello, ringraziandolo per dei favori con una cassetta di verdure o una torta.
«Grazie assai pe chell ch' hai fatt!»
«Grazie a lei, signora. I suoi dolci sono sempre deliziosi»
Una volta arrivati, Joey pensò si fossero persi anche gli altri due. Credeva sarebbero andati in un parco, una sala giochi o qualcosa di simile, invece erano proprio in mezzo ad una discarica.
Superato lo shock iniziale, si voltò per chiedere spiegazioni, ma il mafioso e la valigetta erano già lontani. Solo Hornet era rimasta lì, immobile, in attesa.
«Ecco... Cosa vuoi fare? Da piccolo ero bravissimo ad acchiapparella. Se non ti piace, possiamo giocare a nascondino, o magari un due tre stella!»
La bambina non rispose, ma l'aura infuocata attorno a lei fu un messaggio alquanto chiaro, che fece sentire Joey estremamente stupido. Doveva aspettarselo.
Peccato non avesse alcuna intenzione di combattere contro una bambina di otto anni, forse nove. Se le avesse fatto del male non se lo sarebbe mai perdonato. O magari, proprio a causa della sua poca esperienza, poteva essere una vittoria facile! Manifestò Iron Man, sicuro che in qualche modo sarebbe riuscito a porre fine allo scontro, senza ferire nessuno.
Tra le mani di Hornet, invece, apparve una bambolina di pezza, con un vestito rosso sangue identico a quello che stava indossando. Subito quella balzò in direzione di lui, infilzando lo stand con un piccolo spillo e sparendo in un battibaleno tra le montagne di rifiuti.
Il ragazzo capì immediatamente di trovarsi davanti ad un avversario più temibile del previsto. Riusciva a malapena a scorgerne i movimenti, piccole macchie rosse proprio ai margini del suo campo visivo. Ogni volta che credeva di averla beccata, quella si trovava dalla parte opposta, facendolo girare in tondo.
La presa in giro terminò quando sentì un tonfo dietro la schiena, come se gli fosse stata lanciata una lattina. Ne seguirono altri due, fastidiosi ma non dolorosi. Qual era il potere di Hornet? Con cosa lo stava attaccando? Provò a raggiungere con la mano il punto in cui era stato colpito, aveva la strana sensazione che gli si fosse attaccato qualcosa, ma non era mai stato tanto elastico da allungarsi fin lì.
Dato che ogni effetto subito dallo stand si ripercuote sul portatore e viceversa, Joey si sporse per controllare Iron Man: i tubi posteriori non avevano più il loro solito aspetto liscio e lucente, erano invece storti e ammaccati.
Da un cumulo di rifiuti rotolò a terra qualcosa. Attratto dal rumore, riuscì a scorgere la bambola di pezza infilzare, con lo spillo usato poco prima contro di lui, un ferro di cavallo. Quello, come se fosse stato lanciato, volò fin verso Iron Man colpendolo dietro la schiena e lasciando il ragazzo senza fiato. Gli servì, però, per vedere chiaramente come l'oggetto si fuse con il suo stand.
Si voltò per guardare la bambina, ancora ferma nello stesso punto in cui era stata lasciata. Ma all'attacco successivo, un leggero solco spuntò tra le sue sopracciglia. Era insoddisfatta dal risultato.
Una macchinina di plastica, invece di rimanere attaccata alle marmitte, era caduta per terra. Cosa rendeva diversi il ferro di cavallo e il giocattolo? Forse la grandezza? Il peso? Una campana si avvicinò a Joey tintinnando, per poi mescolarsi ai tubi di Iron Man, modificandone la struttura. La datazione? La provenienza? No, dovevano avere qualcosa in comune anche con lo stand.
Ma certo, il materiale! Iron Man era come stato trasformato in calamita. Tutto ciò che era fatto di ferro veniva attratto da lui perché polarizzato da Hornet, per questo si trovavano in un luogo pieno di rifiuti di vario genere. Una discarica, per quanto brutta e puzzolente, era il campo di battaglia ideale per la bambina che, come se si fosse accorta della nuova consapevolezza di Joey, lo attaccò con cose più pesanti e spigolose: una pentola, una coppa e il manubrio di una bicicletta.
Pur non sapendo ancora come reagire senza causare danni, il ragazzo provò ad azionare i motori a razzo, già per metà ostruiti, schivando alcuni attacchi. Ma ogni oggetto tornava subito indietro come un boomerang, e ben presto fece fatica a scattare nel modo giusto. Odiava quella sensazione, gli toglieva libertà.
Un intero pezzo di ringhiera lo fece cadere con il mento in avanti, stordendolo. Non sapeva cosa fare e come comportarsi. Se si fosse trovato davanti Limoncello, gli avrebbe assestato un bel pugno sul naso; ma adesso era davvero in difficoltà, indipendentemente da quanto gli stesse antipatica quella piccola malavitosa.
Sempre più rifiuti si stavano accumulando sullo stand di metallo, che per reggersi in piedi era stato costretto ad attivare tutti i motori. Alla massima potenza di quel momento, non erano in grado di fargli raggiungere metà della solita forza. Si sentiva privato di ciò che lo rendeva sicuro del proprio potere, debole e appesantito, lento come non mai. A malapena in grado di non crollare sotto il suo stesso peso.
Provò ad afferrare la bambola, che Hornet stava facendo saettare sempre più vicina a lui, un po' come a dire:
«Coraggio, lumaca, sono proprio sotto i tuoi occhi, prendimi!»
Ma Joey si sentiva ingombrante e stanco, mentre lei era piccola e agile come una cavalletta, mentre andava punzecchiando ogni pezzetto di ferro in vista.
Non ci volle molto per farlo arrivare al limite. Dal petto, uno strano calore bruciante aveva iniziato ad irradiarsi in tutto il suo corpo, facendolo sentire come se avesse la febbre altissima. Non aveva mai sforzato tanto i suoi fidati motori, adesso così affaticati da fargli girare la testa. I pensieri gli si accavallavano in modo caotico e insensato. Era surriscaldato.
Chissà come se la stavano cavando Theodor e Ofelia. Hornet continuava a colpirlo. Fortytwo l'avrebbe protetto. Non riusciva a vedere la bambola. Gasoline sarebbe stato immune agli attacchi. Tutto questo per una freccia. Non poteva far male ad una bambina. Caldo, tanto caldo. Le fiamme, così piccole. La voglia di rinunciare. La voglia di non arrendersi.
«Continua, non farà male»
«Non ne posso più»
«Supera i tuoi limiti»
Joey si voltò verso il suo stand. Era lui che gli stava parlando? Proprio lì, nel petto, era diventato luminoso, incandescente. Sì sentì al sicuro, come se quella fiamma interiore non fosse altro che la sua essenza, pronta ad esplodere. E si lasciò andare.
«IRON MAN: PARANOID»
La luce si fece più intensa, ancora e ancora, fino a diventare insopportabile. Come il calore, come la pressione nei tubi, come tutta l'energia tenuta dentro fino a quel momento che adesso necessitava di rilasciare.
Limoncello sentì un fortissimo rumore provenire dalla discarica, e una folata di vento gli fece volare il cappello giallo. Cosa diamine stavano combinando quei due?
Si era creata una voragine, come dopo lo schianto di un meteorite. La sua piccola Hornet era svenuta, per fortuna senza nessuna ferita evidente. Probabilmente era solo stata presa in pieno da quello strano impatto.
Poco più in là, proprio al centro dello spiazzo, Joey giaceva a pancia in giù. Aveva qualche graffio, i capelli più spettinati del solito ed i vestiti bruciacchiati, ma anche lui sembrava star bene. Una barretta energetica, dell'acqua, e si sarebbe rimesso in forze.
Il capo della Squadra Guardie del Corpo mise le mani sui fianchi.
«E ora cosa faccio?»
Entrambi avevano perso i sensi. Era più che sicuro che quella sorta di esplosione non fosse merito di Hornet, ma nemmeno il ragazzino se l'era cavata tanto bene, essendo steso a terra tra la spazzatura. Non sapeva se considerarla una sua vittoria o meno, e quindi cosa fare con la freccia.
Si accovacciò per guardarlo meglio, rimuginando su cosa fare, finché qualcosa non attirò la sua attenzione: la voglia a forma di stella dietro la spalla destra. Identica a quella del Boss.
«E va bene, Astrid. Stavolta hai vinto»
Lasciò lì accanto la valigetta e andò via.
L'emozione per Stone Ocean mi ha ispirata per la nuova abilità di Iron Man, spero vi sia piaciuta!
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