Hells Bells (parte 1)
Per andare in infermeria decisero di farsi venire un raffreddore: dopo una doccia bollente uscirono in cortile, con i capelli ancora bagnati e le divise sbottonate. Sarebbe di sicuro stato più semplice tirarsi un pugno a vicenda, ma colpire un amico era contro la morale di Joey, e Theodor proprio non se la sentiva. Vennero subito messi in isolamento, così da non far ammalare gli altri carcerati facendo scoppiare un'epidemia, problema alquanto grave in una prigione.
Stando alle parole del vecchio cannibale, quel lunedì pomeriggio avrebbero incontrato la guardia che possedeva il frammento della freccia. Mezz'ora dopo l'orario previsto, proprio quando stavano per perdere le speranze, un poliziotto basso e tarchiato si affacciò alla porta della loro stanza. Sorseggiava del caffè, per poco non se lo rovesciò sulla divisa già piena di briciole. Sembrava un idiota. Eppure, la sua aura era potente, emanata dal ciondolo che teneva legato attorno al collo.
«Che avete da guardare?»
«Dove hai trovato quella collana?»
«Perché dovrei dirvelo?»
«Ecco... Perché è... Molto bella»
La guardia si diede un'aria importante, adorava essere al centro dell'attenzione.
«Si dà il caso che sia un cimelio della mia famiglia! Sapete, da generazioni lavoriamo in questa prigione. Un lontano parente si ferì raccogliendo la pietra e, da quel giorno, uno spirito protettore in grado di giudicare i malvagi accompagna i suoi discendenti»
I due ragazzi si scambiarono uno sguardo eloquente, entrambi avevano la sensazione che un tale potere non avrebbe portato a nulla di buono.
«Se ti dicessi che è tutto vero? Anche noi abbiamo degli stan... Spiriti protettori»
«Che creduloni! Certo, io sono un oratore nato, ma è solo una stupida storiella. Ora tornate sui vostri letti, mi state facendo perdere tempo. E tu, pulisciti il naso!»
Joey tirò in su producendo un brutto rumore di catarro.
Il ciondolo sembrava emettere ancora più energia, forse sentendosi minacciato dal loro desiderio di prenderlo, proprio come era accaduto al Kennedy Space Center. Quindi li avrebbe attaccati, dovevano sbrigarsi.
«È davvero di vitale importanza che tu ci dia quel frammento. Siamo qui apposta, così da portarlo alla Fondazione Speedwagon, è un oggetto di valore!»
«Eh? Davvero? Quanto posso guadagnarci se lo rivendo? Credevo fosse solo un sasso affilato»
«No, non capisci, devi darlo a noi!»
«Credi sia davvero così stupido da dare a due criminali un oggetto tagliente?»
Spostò la giacca mostrando il manganello, ma Joey aveva già allungato una mano verso di lui.
Una creatura mostruosa lo fermò, aveva il volto rabbioso e ringhiante, con gli occhi iniettati di sangue, mentre una lunga coda serpentesca saettava da tutte le parti. Theodor lo riconobbe solo perché, quel fatidico giorno in biblioteca, aveva letto dei versi su di lui che accanto riportavano anche un'immagine: Minosse.
«Sono qui per punire le anime impure, confessate i vostri peccati e scontate la giusta pena, giù nella voragine»
Il pavimento dell'infermeria crollò su se stesso, aprendosi in un enorme squarcio senza fondo.
«Giovane combattente, compagno della scalmanata ragazza bruna, il tuo cuore era privo di macchie prima che iniziassi questa avventura. Adesso sulle tue spalle grava l'aver preso qualcosa che non ti appartiene, con la forza, proprio come hai tentato di fare poco fa. Ti spettano le Malebolge!»
La coda si attorcigliò attorno al corpo di Joey, che venne scaraventato nel buco d'oscurità.
Riaprì gli occhi solo quando lamenti e urla diventarono talmente forti da essere insopportabili. Attorno a lui persone e serpenti si contorcevano in modo disgustoso, non vedeva la fine di quel mare strisciante, e al di sopra non riusciva a scorgere nemmeno un bagliore di luce. Provò subito a manifestare il suo Iron Man, ma il richiamo si perse tra i bisbìgli, e si sentì terribilmente solo e vuoto nel constatare che accanto a lui non c'era nessuna armatura metallica.
Una donna, proprio lì davanti, venne morsa da uno dei rettili e, prima che potesse cadere a terra, prese fuoco fino a diventare cenere. Dal cumulo rinacque lo stesso corpo, con un'espressione ancor più disperata e sofferente di prima. Distratto da quello spettacolo, Joey si accorse tardi del serpente che gli stava legando le mani dietro la schiena, la sensazione delle squame gli faceva venire i brividi, erano fredde e viscide. L'animale spalancò le fauci sibilandogli nell'orecchio, e riuscì a toglierselo di dosso proprio mentre quello tentava di azzannarlo. Era come se una parte di lui volesse cedere a quella tortura. E aveva il terribile presentimento che, se fosse stato trasformato in cenere, non sarebbe più riuscito a fuggire.
Unendo il discorso di Minosse a quel poco che ricordava delle lezioni di letteratura, capì di trovarsi nell'ottavo cerchio infernale, diviso in dieci Malebolge, e lui era stato giudicato un ladro. Possibile che quello stand lo avesse punito in modo tanto violento solo per aver tentato di afferrare un ciondolo? No, forse si riferiva anche all'altra freccia, presa a Cape Canaveral. Dopotutto, il centauro lo aveva avvertito:
«Le frecce appartengono a loro stesse... Averla vi porterà sventura, dovrete affrontare voi stessi, segreti e paure»
All'inizio non aveva dato peso a quelle parole, mentre ora assumevano tutt'altro significato.
Eppure gli sembrava tutto così ingiusto! Sapeva che quel viaggio non sarebbe stato facile, ma essere considerato un ladro solo perché... No, non poteva mettersi a rimuginare su certe cose. Afferrando la freccia aveva accettato il suo destino, se si ritrovava in quel casino era soltanto a causa delle sue azioni.
Scosse la testa e provò a fare mente locale. Non sapeva se anche Theodor era stato attaccato, ma almeno aveva la certezza di poter trovare Ofelia, non poteva che essere lei la "scalmanata ragazza bruna". Restava comunque un problema, perché l'Inferno dantesco era immenso e pieno di pericoli, mentre lui non si era mai sentito tanto insignificante.
Mentre camminava schivando i serpenti, venne attratto da una calda luce poco più in là e, non vedendo niente di più invitante, decise di raggiungerla. Più si avvicinava più sentiva caldo, ben presto cominciò a sudare nonostante la maglietta corta ed i pantaloncini, e la situazione peggiorò quando sentì le urla delle povere anime in penitenza. Da lontano lo spettacolo gli era sembrato persino romantico, come tante piccole lucciole che brillavano nel buio, ma una volta lì, Joey si accorse che erano corpi umani, avvolti in roventi lingue di fuoco. Imploravano pietà, gli chiedevano aiuto, soffrivano così tanto da avere difficoltà a parlare con chiarezza.
L'unica strada percorribile era un sentiero stretto e scosceso, che il ragazzo provò a intraprendere tenendo la schiena attaccata alla parete rocciosa. Le fiamme non lo raggiungevano, ma la temperatura era così alta che goccioline di sudore scivolavano sulla sua fronte, i polmoni gli bruciavano. Proprio quando credeva di essere arrivato in un punto sicuro, dove poter procedere camminando normalmente, un'enorme fiammata divampò davanti a lui. Distinse all'interno il volto di una persona che gli urlò di tirarlo fuori da lì, sembrava stesse piangendo. L'istinto gli diceva di allontanarsi, il cuore di aiutarlo. E quell'incertezza gli costò caro.
L'anima afferrò il braccio di Joey provocandogli una scottatura, per la sorpresa e il dolore perse l'equilibrio, cadendo una seconda volta nel vuoto. L'oscurità si fece ancora più fitta, i lamenti più intensi, mescolati a tanti respiri affannati e ad un costante scalpitio. Uomini e donne correvano in cerchio, cercando inutilmente di tenere le loro membra nello stomaco o di fermare il sangue che sgorgava dalle ferite. Appena queste si rimarginavano, un essere spaventoso con ali e denti aguzzi li tagliava di nuovo, brandendo una possente spada affilata.
Nel vedere quello spettacolo, e soprattutto nel sentirne l'odore, Joey non riuscì a trattenere un conato di vomito, che attirò l'attenzione del demone. Con un balzo gli atterrò vicino e puntò la lama sotto il suo mento, così da alzargli il volto e poterlo vedere negli occhi.
«Non appartieni a questa bolgia, ladro! Come sei giunto tra i seminatori di discordia? Sei forse così sporco che nemmeno i serpenti ti vogliono?»
«Sto cercando i miei amici, hai modo di aiutarmi? C'è stato un malinteso, non dovremmo essere qui!»
Il mostro lo guardò con sospetto, solo un pazzo avrebbe avuto il coraggio di rompere le leggi dell'Inferno. Oppure... Era forse un vivente? Che Minosse avesse di nuovo perso la testa? Non succedeva da qualche decennio, il nuovo possessore del frammento si metteva raramente in pericolo, non a caso accettava solo tranquilli turni in infermeria.
«Chi sono i tuoi compagni di viaggio?»
«Una ragazza dal carattere forte, dovrebbe essere qui da tre settimane o meno. Forse un ragazzo è stato attaccato subito dopo di me, ma non ne ho la certezza»
«Da nove giorni percepisco una particolare anima tormentarsi nello Stige, e poco fa se n'è aggiunta un'altra. Non mi è permesso dire altro»
Joey si mise a riflettere sulle parole del demone, ormai tornato a squarciare corpi. Non era molto sorpreso di sentire che Ofelia si trovava nel quinto girone, ovvero quello degli iracondi, ma cosa poteva farci lì Theodor? Non lo immaginava per niente bene ad azzuffarsi in mezzo al fango, aveva persino evitato di vendicarsi con quel carcerato cannibale che lo aveva sfidato in biblioteca. O magari era proprio per questi motivi che si trovava lì, tra gli accidiosi: giacciono immobili sott'acqua senza poter respirare e parlare, poiché in vita si sono privati di qualcosa.
Sapere che almeno loro due erano insieme lo faceva sentire molto più tranquillo, anche se i problemi non erano finiti. Doveva trovare un modo per salire fin lassù senza i razzi del suo fidato Iron Man; da quando era riuscito a materializzarlo vividamente durante lo scontro con Rodon era diventata una parte di lui che non vedeva l'ora di mostrare. E adesso doveva sostituirlo, con qualcuno di abbastanza forte a cui nessun demone avrebbe osato opporsi.
Ebbe all'improvviso un colpo di genio, ringraziò a bassa voce la professoressa di lettere e si mise in cammino.
L'Ultimo Verde era nel suo ufficio, con la testa china su dei fascicoli pieni di informazioni riguardanti i tre ragazzi. Afferrò per l'ennesima volta quello di Joey Jordie, nonostante avesse già letto ogni risultato scolastico, ogni vittoria o sconfitta sul ring e ogni iscrizione ad una palestra di arti marziali almeno una decina di volte. Qualcosa continuava a sfuggire al suo sguardo attento, e decise di ricominciare da capo, aveva molta pazienza per certe cose.
«Segni particolari: voglia a forma di stella dietro la spalla sinistra»
Si alzò di scatto e la sedia cadde a terra. Com'era possibile? Il sangue dei Joestar era andato perduto da generazioni, sempre più debole e privo di potere. Che si fosse risvegliato? Da subito aveva percepito qualcosa di speciale in lui, ma mai avrebbe immaginato qualcosa del genere. Non riusciva a crederci.
Provò rabbia, sapere che tutto quel potenziale non comprendeva quanto il mondo necessitasse di un cambiamento, che non sarebbe mai stato al suo fianco e che, anzi, avrebbe fatto di tutto per ostacolare i suoi piani, era insopportabile. Inizialmente aveva pensato di sfruttarlo, la sua voglia di mettersi in gioco per recuperare le frecce sarebbe stata molto utile, ora invece sapeva di doverlo eliminare a tutti i costi. Era una minaccia troppo grande.
Ricchi che sfruttano i poveri, forti che divorano i deboli, chi crede di essere degno che maltratta chi è consapevole di non esserlo. Sono pochi i prescelti che davvero meritano di vivere nel suo nuovo mondo. A sceglierli sono le frecce. Ma le frecce necessitano di qualcuno in grado di comprendere il loro potere e sfruttarlo al meglio. Quindi aveva deciso di essere l'Ultimo Verde, l'ultima speranza, di miglioramento per questa società. Corrotta, disordinata, ingiusta... C'erano sacrifici enormi da fare, certo, ma ne valeva la pena. Per il progresso. E non sarebbe stato uno sciocco ragazzino ad impedirglielo.
Adoro questo capitolo, anche la piccola parte dedicata all'antagonista! Spero che Dante non si stia rivoltando nella tomba.
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