Gasoline (parte 1)
«Avete riportato gravi ferite? Posso far venire un medico della Fondazione»
«Stia tranquilla signorina Lestrange, stiamo tutti benissimo, solo qualche graffio»
«D'accordo, prendetevi qualche giorno di riposo e tenetemi aggiornata»
La videochiamata terminò, facendo sparire l'impeccabile volto Astrid e il bel paesaggio veneziano. L'avevano contattata per raccontarle ciò che era successo al Kennedy Space Center, purtroppo neanche lei aveva mai sentito parlare di creature simili a quel centauro, e non aveva potuto fare altro che concordare con la loro tesi: la freccia, per proteggere se stessa, aveva sviluppato una specie di guardiano che attaccava chiunque si avvicinasse troppo.
Era una giornata meravigliosa, perciò decisero di fare una passeggiata tra le colorate vie di Orlando. Adesso potevano osservare la città di giorno, era sempre molto movimentata, ma in un modo genuino che li mise a proprio agio. Dopo un po' si ritrovarono al Lake Eola Park, il posto perfetto per rilassarsi e contrastare le forti emozioni dell'ultimo periodo. Al centro del parco c'era un grande lago, circondato da palme e cespugli che, inaspettatamente, erano in perfetta armonia con i grattacieli brillanti. Si sdraiarono all'ombra di un albero, mangiando i panini appena acquistati ad un chiosco poco lontano.
«Come avresti fatto a costruire una bomba?» chiese Ofelia, stesa tra i due ragazzi con gli occhi chiusi.
«Per qualche motivo sento che dirtelo non sarebbe una scelta saggia»
«Theodor, per il bene di tutti, non glielo spiegare» mugugnò Joey mentre si rigirava su un fianco, voleva assopirsi, ma la sua amica continuava a fare domande troppo pericolose. Anzi, come faceva Theodor a sapere certe cose?
Stavano quasi per addormentarsi quando uno strano tintinnio li disturbò. Una ragazza stava saltellando verso di loro: occhi allungati e pelle abbronzata, trucco e vestiti di mille colori differenti, sembrava avesse indossato a caso gli indumenti più sgargianti del suo armadio. Bracciali, cintura, persino nelle lunghe extension bianche c'erano gingilli, campanelli e mollettine che facevano rumore ad ogni passo. Stonava in modo incredibile con la quiete e la pace che fino a poco prima regnava in Lake Eola Park. Aveva un lecca lecca alla fragola tra le labbra.
«Sono Kimberly, potete chiamarmi Kim! Io invece vi chiamerò Jojo, Ofi e Theo. Quanto sarebbe CARINO se mi unissi al vostro gruppo? Potrei compensare la mancanza di ALLEGRIA della mia nuova migliore amica!» disse attaccando un ciondolo a forma di arcobaleno sul cappotto nero di Ofelia, da cui ricevette un'occhiataccia.
«Cosa vuoi? Come fai a conoscerci?» Joey si fece avanti, di solito non usava la sua stazza per imporsi su qualcuno, ma aveva un brutto presentimento.
La ragazza sembrò non notare le loro facce scure e sorrise ancora di più, dondolando impaziente sulle punte dei piedi, anche ai lacci delle scarpe erano incastrati alcuni campanelli.
«Sono qui per proporvi un accordo. So che ieri, a quella roba con gli astronauti, siete riusciti a recuperare una FRECCIA! Di sicuro vi sarà stato detto di portarla alla Fondazione, ma non sarebbe meglio usarla, aiutando l'ULTIMO VERDE nei suoi grandi piani?»
I tre si guardarono confusi. Seguivano il discorso, ma non avevano mai sentito prima quel nome e non avevano idea di quali fossero questi suoi grandi piani.
«Ultimo Verde?»
«Oh, il CAPO, nemmeno io so chi è. Rimane nascosto, a causa di quegli STOLTI che non capiscono il suo pensiero. Però, sono sicura che VOI sarete d'accordo!»
«Parlacene, perché dovremmo aiutarlo?»
«Avete un immenso POTERE, proprio come me, siamo prescelti! Vi sembra giusto dover vivere nascosti solo perché il mondo è pieno di esseri INFERIORI, la cui anima è così DEBOLE da non sopportare la ferita di una freccia?»
La conversazione stava prendendo una piega ancor più sgradevole, dove voleva arrivare? Sembrava davvero convinta delle sue frasi, parlava con passione.
«L'Ultimo Verde vuole fare piazza pulita di questi inetti, per permettere a noi di BRILLARE in libertà! Immaginatelo: un mondo di forti, di degni, meraviglioso!» afferrò le mani di Joey e le strinse, sognando ad occhi aperti ciò di cui stava parlando. Un mondo di possessori di stand. Un mondo in cui se non sopravvivi alla freccia, allora non sei altro che spazzatura. Meraviglioso? No, rivoltante.
Il ragazzo si ritirò come se avesse toccato qualcosa di bollente. Nemmeno Ofelia, sua amica da una vita, l'aveva mai visto con un'espressione tanto disgustata.
«Ti conviene andar via, e dire al tuo capo che non siamo interessati»
A quelle parole anche il sorriso di Kimberly si spense, e si allontanò delusa.
«Siete come tutti gli altri. Se non avete intenzione di aiutarmi, allora dovrò prendere la freccia con la forza»
Nel suo sguardo brillava una luce diversa.
Non si aspettavano uno scontro. Fino a quel momento avevano combattuto contro Rodon, che non voleva davvero ferirli, Lo Smilzo, che voleva solo ballare, e quella strana creatura al Kennedy Space Center. Non credevano avrebbero mai dovuto lottare con una persona in carne ed ossa, che sembrava seriamente intenzionata a fargli del male. Senza contare che la situazione sembrava ben più grande di loro, con tutta quella storia dell'Ultimo Verde e del nuovo mondo.
Proprio come era arrivata si voltò saltellando, producendo di nuovo quel fastidioso tintinnio. Andò così lontana che credevano non si sarebbe più fermata, sembrava una piccola macchia colorata quando si bloccò di scatto. Capirono che si tolse il lecca lecca dalla bocca solo quando quello cominciò a diventare più grande. Molto, troppo, grande.
«Oh lolli lolli lolli lollipop!»
Dovettero fare qualche passo indietro per non scontrarsi con l'enorme palla di zucchero, che continuava a gonfiarsi.
«Oh lolli lolli lolli lolli-POP!»
Smise di ingigantirsi proprio con una sorta di "pop".
I tre rimasero a bocca aperta mentre, con estrema facilità, la caramella veniva mossa dalla ragazza. Joey riuscì a risvegliarsi in tempo dalla sorpresa, e materializzò Iron Man proprio mentre la dolce arma stava cadendo su di loro. Fu comunque costretto a scansarsi, poiché riusciva a malapena a tenerla sollevata nonostante i motori delle sue braccia fossero già alla massima potenza.
«Non ci riuscirai, solo IO posso!» urlò da lontano l'avversaria, che rise come una bambina quando Joey provò a prendere a pugni il dolcetto. Nemmeno un graffio.
Destra, sinistra, sopra e sotto. Kimberly tentava di colpirli da ogni direzione senza farli avvicinare, sembrava una partita a Schiaccia la Talpa. Gioco orribile se non sei tu a tenere il martello. Inoltre, il povero prato di Lake Eola Park era ormai pieno di enormi solchi dovuti agli schianti, e Theodor, che non era mai stato molto agile, inciampò in una delle buche. L'appariscente ragazza non si fece scappare l'occasione e subito deviò il lecca lecca su di lui.
«Fortytwo!»
Infinite serie di quattro e di due si mescolarono per formare un cubo intorno al ragazzo. Non voleva teletrasportarsi, non avrebbe mai lasciato a metà una battaglia per fuggire, aveva solo desiderato uno scudo. Ne rimase sorpreso, mai avrebbe pensato che le sue Stanze potessero essere utilizzate in altri modi. Aveva agito d'impulso, senza riflettere. Riuscì quindi ad evitare di rimanere schiacciato, ma la gioia durò poco, perché a causa dell'impatto le pareti di numeri si creparono, e sentì un forte dolore dentro di sé. La caramella cadde lì accanto, pronta a colpirlo lateralmente, ora che non aveva più nessuna protezione.
Iron Man si mise in mezzo per fermarla, o come minimo rallentarla. Adesso tutti i motori erano caldi, e da ognuno uscivano pericolose fiamme, nemmeno il calore riusciva a fondere la palla gigante, che alla fine si allontanò per attaccarlo dall'alto. Joey, però, voleva proprio quello: Kimberly riusciva, in qualche modo, a muoversi agilmente, ma lui poteva di sicuro andare più veloce. Decise di attaccare lei, visto che lo stand sembrava indistruttibile.
Aveva calcolato male, la distanza era troppa, o forse non avrebbe dovuto continuare a guardarsi le spalle per controllare che Theodor si fosse rialzato. Arrivò soltanto a metà dell'asta di plastica quando quella lo colpì di fianco, così forte che venne scaraventato a qualche metro più in là. Il dolore fu allucinante, come minimo un paio di costole si erano rotte, ferita visibile dall'ammaccatura nei tubi di Iron Man. Kimberly girò su se stessa senza lasciargli il tempo di riprendersi, e lo colpì con altrettanta forza dall'altro lato. Stavolta Joey sputò sangue.
Voleva lottare ancora, alzarsi e distruggere quel dannato lecca lecca gigante, come poteva essere sconfitto da un potere tanto stupido? Non aveva esperienza in combattimenti con gli stand, dopotutto. Aveva invece acquistato troppa autostima dalle vincite avute finora. Credeva di essere bravo, che ce l'avrebbe sempre fatta, proprio come sul ring, o era stata solo fortuna del principiante? La vista gli si annebbiò e cadde a terra.
Ofelia corse verso di lui. Lo sapeva che era una mossa stupida, ma doveva accertarsi che fosse vivo, trascinarlo via di lì anche se pesava il doppio di lei, dirgli che gli voleva bene. Non vide l'enorme massa rosa che stava per precipitare su di loro, gli occhi erano fissi sul corpo steso del suo amico, con il sangue agli angoli delle labbra.
Theodor, invece, la vide. Proprio come prima Joey lo aveva salvato, adesso era lui quello a opporsi all'attacco. Creò una Stanza grande abbastanza per tutti e tre, si sarebbe teletrasportato alla Fondazione, dove subito li avrebbero aiutati. Solo che non fece in tempo, le sequenze di numeri si frantumarono prima che potessero creare tutte le pareti, e provò di nuovo quell'acuto dolore dentro di sé. Scivolò accanto a Joey tenendosi le braccia sullo stomaco.
Kimberly continuava a ridere, ripetendo qualcosa sul fatto che, nonostante avessero uno stand, non erano degni di sopravvivere. Ofelia non la stava a sentire. Adesso doveva portare via di lì anche Theodor, forse l'adrenalina avrebbe giocato a suo vantaggio, alla fine era magrolino, poteva farcela, giusto? Non poteva scegliere, ormai si era affezionata anche lui, sentiva che aveva qualcosa di speciale ma doveva ancora capire cosa, doveva imparare a costruire una bomba. Il fiato era corto, le gambe non ne volevano sapere di staccarsi da terra, tutto il corpo le tremava dalla paura e la testa trovava metodi sempre meno credibili per scappare con quei due sulle spalle.
Come aveva aiutato Joey nello scontro con Rodon? Lanciando un sasso, poi era anche stata presa in giro per questo. E durante la serata di ballo sfrenato con Lo Smilzo? Si era almeno resa conto che non aveva più il controllo del suo corpo? Forse sì, e aveva deciso di non fare nulla, o era stata talmente sciocca da non accorgersene. Per non parlare di come aveva stupidamente distratto quella sorta di centauro lanciandogli il suo cappotto. Patetica. Imbarazzante.
«Sono stata presa dal panico»
«Non sono in grado»
«Ho seguito l'istinto»
Tutte scuse. Scuse che l'avevano resa codarda, non aveva fatto altro che nascondersi alle spalle degli altri, alle spalle di Joey. E a causa di questo, quei due ragazzi stavano per morire. Proprio loro, che l'avevano difesa.
Perse l'ultima briciola di razionalità. Aveva paura di Kimberly, certo, ma c'era qualcosa che la terrorizzava ancora di più. Eppure solo quel qualcosa poteva farla vincere. Perché era sempre stato lì accanto, nell'ombra, represso e nascosto. Attorno a lei apparve un'aura infuocata e minacciosa, contorta. I tremori si fermarono, non riusciva più a ragionare con lucidità, vedeva ma era come se fosse cieca. Provava rabbia, verso quella ragazza e quei rumorosi ciondoli, verso l'Ultimo Verde, verso se stessa.
Manifestò il suo potere con un sussurro:
«Gasoline»
La scorsa settimana non ho pubblicato, rimedio ora con questo capitolo pieno di novità. Spero vi piaccia!
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