7. Ospite a sorpresa

Non serve che mi volti per sapere che Bryan è sulla soglia della porta, con lo sguardo fisso sulla mia schiena.
Mi irrigidisco, mentre il panico mi fa smettere di respirare, e nel tentativo di giustificarmi mi giro di scatto, colpendo una pila di libri che mi crolla contro.

Dolorante e smarrita, poggio le mani tra le copertine e alzo il viso lentamente. Il ragazzo mi osserva a braccia conserte, con il caratteristico sopracciglio slanciato verso l'alto.

"E... ecco, io stavo..." comincio titubante, per poi accorgermi di non avere più il tomo di pelle tra le mani. "Stavo cercando te e poi ho visto la tua laurea in quella scatola e sono entrata."

"Se è nella scatola perché stai guardando tra i libri?" Avanza verso di me, dando un'occhiata alla confusione che mi circonda.

"Ero solo curiosa" rispondo con un sorriso molto accentuato, pregando che lui non faccia altre domande.

Il karma pare assecondare la mia supplica perché senza aggiungere altro ci ritroviamo affiancati, mentre raccogliamo e sistemiamo ogni libro. I titoli sono molti, ma riguardano tutti argomenti di cui non so nulla: estraneazione, energia elementale o mutazioni.

"Li hai letti tutti?" domando stupita.

Un ghigno di soddisfazione accompagna il suo teatrale cenno del capo. Le iridi dorate scorrono sulle immagini e scritte, fermandosi su un piccolo volume rosso della grandezza di una mano: dall'energia alla manipolazione. Me lo porge.

"Tieni. Riguarda le basi. Non dovrebbe essere difficile."

Mi affretto a prenderlo, ammirando rapita ogni suo singolo particolare, sebbene non abbia alcuna idea dell'argomento che tratta. "Sei sicuro vada bene?"

Si stringe nelle spalle e si alza, allungando un braccio per aiutarmi. "I libri sono utili per capire la teoria e per iniziare a immergerti nell'energia, però non saranno loro a insegnarti. Una volta che avremo capito quale sia la tua radice di appartenenza, sarà qualcuno con la tua stessa indole a spiegarti tutto."

"Cos'è la radice di appartenenza?"

Bryan distoglie lo sguardo, nel tentativo di trovare una spiegazione che mi sia comprensibile. "Ognuno di noi ha delle predisposizioni individuali. Bene, questo vale anche per i maestri dell'anima, che proprio sulla base di questa o quella inclinazione personale sono in grado di manipolare l'energia in modi diversi." Alza la mano, stendendo le dita. "Esistono cinque radici in tutto. Tuttavia, e questo lo devi capire bene, Sheridan, non bisogna essere ancorati al simbolo tradizionale di ciascun elemento per dedurre le capacità che ne derivano."

Lo blocco, alzando a mia volta la mano. "Credo di essermi persa."

Lui abbassa la sua e si gratta la testa, sospirando. "Non dovrei essere io a fartelo capire. È complicato da spiegare" ammette. "Comunque... ti faccio un esempio: Fuoco è sinonimo di azione, vigore, potenza, ma l'appartenenza a questa radice non implica che il maestro dell'anima in questione sappia manipolare il fuoco. Sarebbe riduttivo pensarla così. La nomenclatura delle radici è una questione di tradizione. Di convenzioni. Gli elementi non stanno a indicare ciò che manipoli, ma l'animus, lo spirito con cui viene messa in atto la manipolazione vera e propria." Annuisco e lui sorride, felice di essersi fatto capire.

"Fuoco, Terra, Aria e Acqua sono quattro elementi però" gli faccio notare.

"L'ultimo non è esattamente un elemento, bensì un'entità, quella umana." Si passa una mano sulla spalla, allontanando il bordo della maglietta dal collo. "Sorvolando questo, è importante capire a che radice appartieni per avere un punto di partenza."

"Tu cosa sei?"

"La radice intendi? La mia è l'Acqua, Erin appartiene alla Terra e Kath al Fuoco." Mi indico nella speranza che conosca la mia, ma in risposta scuote solo la testa. "Serve tempo per capirlo."

Sospiro delusa e lui mi dà una leggera spallata di solidarietà, accompagnata dal solito pizzico sul fianco. Senza sprecarmi in insulti parto subito al contrattacco, iniziando a solleticargli i fianchi. Lui si irrigidisce e mugugna: "non soffro il solletico."

Per fortuna non mi arrendo e bastano cinque secondi per vederlo piegarsi in due, tremolante. "Se tu non soffri il solletico io sono un uomo."

Senza aspettare la risposta scappo in camera mia, chiudendomi la porta dietro. Mi appoggio contro la superficie in legno, con il sorriso ancora stampato in faccia. Allora scrollo la testa e mi ricompongo.

Per fortuna non mi ha vista con quel quaderno in mano, penso, prima ancora di realizzare che neanche pensare è sicuro in questa casa.

Decido di riorganizzare le mie priorità, mettendo al primo posto il riuscire a schermare la mia testa da maestri invadenti.

Dopo aver aperto il libro, provo a leggere le prime righe di presentazione, ma, non essendo una persona paziente, salto l'introduzione e inizio a girare con foga i fogli, cercando ciò che mi interessa.

Quando finalmente trovo qualcosa devo aver superato la metà del libro.

Leggo: la schermatura psichica risulta di vitale importanza per la protezione durante rituali nei quali ci si apre a flussi energetici, per limitare il prosciugamento nel caso in cui il soggetto sia fortemente empatico e per evitare la violazione dei processi mentali.

I primi due esempi non mi riguardano, quindi passo direttamente all'ultimo.

Concentrandovi sul vostro io, chiudendovi nella vostra anima, visualizzate una sfera davanti al vostro corpo. Inspirate ed espirate, ed essa crescerà con voi. Quando la sfera sarà diventata abbastanza grande da contenervi, attiratela a voi, poi fatevi avvolgere da essa. Inspirate ed espirate. Ora siete pronti per usare lo scudo appena creato sulla vostra anima. Accorciate i respiri e rilassate il corpo, mentre la sfera vi si richiude intorno.

Eseguo tutti i passaggi a occhi chiusi, sforzandomi di ricordare ciò che ho appena letto e di non deconcentrarmi. La sfera luminosa si sta rimpicciolendo e io rappresento il suo nucleo. La sua superficie entra a contatto con la mia pelle, adagiandovisi sopra, come fosse una pellicola.

L'iniziale sensazione di torpore che mi ha invaso, si trasforma in un calore così ustionante che mi fa riaprire gli occhi di scatto. Sono stesa sul letto, il libro ancora poggiato sulle gambe.

Mi rialzo e sono costretta a tenermi alla parete a causa di un improvviso mancamento, poi le figure tornano a farsi più nitide. Sento i rumori della casa, eppure mi sembra che tutto sia avvolto da uno strano silenzio.

Senza un valido motivo fisso la porta, convinta che Bryan stia per fare irruzione, però non accade.
Il cellulare si sta illuminando a scatti nella tasca dei pantaloni. Quando lo sblocco non è tanto il messaggio a farmi venire un infarto, quanto piuttosto l'orario. Sono passate più di due ore da quando ho iniziato a schermare la mia mente.

Salto giù dal letto e mi affretto alla porta. Scendo le scale e do uno sguardo al salone, constatando di essere sola. Allora, con un po' più di calma, torno al piano superiore, trovando un foglietto attaccato alla maniglia, che prima mi era sfuggito.

C'è un messaggio su di esso: Erin e Kath sono a lavoro. Questo pomeriggio ho lezione, quindi dovrai restare da sola per un po'. Sono sicuro che una brava bambina come te riuscirà a non creare problemi.
P.S. ti consiglio di non entrare di nuovo in camera mia senza il mio permesso, altrimenti...

"Altrimenti cosa?" borbotto, rigirando il foglio in cerca di un continuo, che non trovo.

Senza farmi troppi problemi lo appallottolo e lo lancio abilmente nel cestino, poi mi dirigo verso la valigia che ancora non ho svuotato e prendo i primi vestiti che vedo.
Non avendo voglia di scegliere niente, avvio un brano a caso dalla playlist del cellulare e mi cambio, mentre improvviso passi di danza e mi immagino in situazioni alquanto improbabili.

Allo scadere della quinta canzone sono pronta a uscire.

È ancora presto per poter andare dai miei genitori, ma non ho voglia di stare chiusa dentro casa, perciò abbozzo un messaggio per i miei coinquilini, in cui li avviso che stasera avrò un impegno e che per qualsiasi cosa sarò reperibile al cellulare, poi esco. Ma proprio sulla soglia mi rendo conto di avere un problema: non ho le chiavi della casa e non so come poter chiudere.

Mi tolgo il guanto e con fretta digito il numero di Kathleen, però, appena alzo lo sguardo dallo schermo, vedo la porta chiudersi. Allungo una mano nel tentativo di trattenerla, non riuscendo comunque a impedirle di sbattere.

Un miagolio dall’altra parte del legno mi svela la presenza di Chim, che poco dopo appare tra le tende della finestra del salotto, poggiato sopra il mobiletto sottostante il cornicione interno. Ci si appallottola sopra e miagola una seconda volta, come se volesse comunicarmi qualcosa.

Non sono molto sicura di quello che sto facendo, ma ho come l'impressione che non ci siano problemi a lasciare chiusa la porta senza usare le chiavi, se a guardia della casa c’è lui. Perciò, sperando di non creare problemi, mi avvio per la strada, ammirando la città con occhi nuovi.

Mi sento leggera e in qualche modo svuotata da ciò che di solito mi opprime. Deve essere merito della schermatura che ho eseguito pochi minuti fa.
Mi viene quasi voglia di volteggiare e saltellare in mezzo al marciapiede, ma mi limito a dispensare caldi sorrisi ai passanti, sperando di renderli partecipi di questa bellissima sensazione.

Camminando, giocherellando e pensando a ciò che sono, passa molto tempo e il mio stomaco torna a colpire, costringendomi a fermarmi in un piccolo supermercato. Per quanto non mi attiri, decido di provare a mangiare un panino preconfezionato.

Mi gusto quello spuntino in santa pace, seduta tra gli alberi di St. Stephen's Green. Sicuramente non è uno dei parchi più silenziosi della città, ma è comunque piacevole stare immersi nella natura e fuggire per un attimo al caos della metropoli.

Al riparo da sorgenti di disturbo, comincio a chiedermi sempre di più chi io sia e cosa voglia da questa nuova vita. E così, senza risposte e con un'improvvisa stanchezza che mi grava sulle spalle, trascorro il pomeriggio.

Quando mia madre apre la porta, buttandomi le braccia al collo, mi impongo che almeno per questa sera dovrò evitare di preoccuparmi, così da tornare alla mia vecchia vita familiare.

L'odore della casa mi fa aprire in un sorriso. "Che buon profumino" dico alla donna facendole l'occhiolino.

Lei la considera come una dichiarazione di fame e mi prende per un braccio, guidandomi nel salone. Il grande camino laterale è coperto da addobbi e caramelle, le pareti sono adorne di raffigurazioni natalizie e sotto un grande albero all'angolo della stanza troneggia un grazioso presepe.

Le decorazioni mi incuriosiscono, se ripenso al fatto che in casa dei maestri dell'anima esse siano del tutto assenti.

"Sher, non è educato stare a bocca aperta." La voce autorevole di mio padre mi fa serrare immediatamente la mascella. L'assenza di gioia sul suo viso non mi stupisce. È sempre stato così, incapace di dimostrare affetto o qualsiasi sentimento simile, nonostante sia ovvio che li provi.

"Buonasera, eterno imbronciato" rispondo, avvicinandomi e posandogli una mano sulla spalla, badando a non essere troppo espansiva. "Sto morendo di fame! Mangiamo!"

"Mi stupisce che tu non sia diventata ancora una botte" mi rimprovera lui, spostandomi la mano e andando a sedersi a capotavola.

Gli faccio il verso e mia madre mi pizzica la spalla per rimproverarmi. Mi volto per fronteggiarla, ma la sua espressione contrariata mi incuriosisce e mi blocco. Mi prende il viso tra le mani e passa i pollici ai lati della mia bocca. "Tuo padre ha ragione. Guardati, sei piena di briciole." Scuote la testa. "Devi imparare a..."

"Essere più femminile!" una voce acuta di donna termina per lei, mentre un improvviso peso mi si aggancia alla schiena.

Inspiro l'odore amaro che emana e non c'è bisogno che me la scrolli di dosso per poter urlare con sicurezza il suo nome. "Pauline!" grido, isterica per la gioia.

Dopo essersi allontanata da me, si sposta i ricci capelli rossi dal viso e mi sorride con quei suoi grandi occhi verdi. Continua a dondolare su se stessa, in un atteggiamento infantile, e non dubito di stare facendo la stessa cosa.

Questa ragazza è la mia migliore amica, confidente, nonché vicina di casa, e per mia disgrazia ho dovuto sopportare la sua assenza per ben due mesi, nei quali lei e la sua famiglia sono andati in pellegrinaggio. Sono molto credenti, fin troppo per i miei gusti.

"Mi sei mancata." Le getto le braccia al collo. Lei non risponde, mentre ricambia la stretta, e io aggiungo borbottando: "ora dovresti dire la stessa cosa."

Pauline si stacca e mi fa la linguaccia, a cui reagisco scompigliandole i capelli, sapendo bene quanto le dia fastidio.

Tutti ci stiamo godendo questa scena semplice eppure piena di sentimenti e ricordi, perfino le labbra di mio padre sono leggermente curvate verso l'alto. Questi momenti di vita quotidiana con molta probabilità scompariranno nel mio futuro e ciò mi fa incupire.

Non voglio che tutto questo cambi e così arrivo alla conclusione di poter dire loro la verità. Mi accetteranno e farò in modo che i coinquilini non lo vengano mai a sapere.

"Devo parlarvi" affermo seria.

Nessuno ha tempo di rimanere sorpreso per il mio repentino cambio di umore, perché il campanello d'ingresso suona in contemporanea. Un colpo secco che fa vibrare l'aria tesa della stanza.

"Avete invitato qualcun altro?" domando ai miei genitori, che scuotono la testa.

Essendo la più vicina mi incammino verso la porta, seguita da mia madre.

Una finestrella di vetro, incastonata nel legno mi permette di scorgere una chioma bionda dall'altro lato e il mio cuore manca un colpo. Con mano tremante giro la maniglia, ritrovandomi davanti un sorriso amichevole, accompagnato da uno sguardo inceneritore che punta solo me.

Deglutisco a fatica mentre lei si rivolge a mia madre. "Piacere, sono la coinquilina di Sheridan. Kathleen Kennedy." Tende la mano verso mia madre, che la accetta di buon grado. "Ho saputo della cena, così ho fatto in modo di liberarmi. Mi dispiace non aver avvisato Sheridan prima."

Colgo la frecciatina, ma continuo a non riuscire a parlare per colpa della gola fattasi secca di colpo.

L'unica cosa che riesco a fare è girarmi sconvolta quando sento mia madre rispondere tranquilla: "Cara, stai tranquilla, c'è cibo in abbondanza. Sono sicura che Sherry sarà felice avendoti a cena. Su! Entra o congelerai."

Gli occhi di Kathleen non sono più limpidi e al loro interno posso scorgere l'inferno che si andrà a creare questa sera. Mi mordo il labbro consapevole di essermi cacciata in questa situazione da sola, anche se non capisco come abbiano fatto a sapere della cena.

~Fossi stata in Bryan l'avrei cacciata subito dalla mia stanza u.u
"Ho visto la laurea e sono entrata" un bel niente... Quanta maleducazione, neanche fosse una nonna impicciona🤨

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