6. Regole

È normale dimenticarsi della ragione, della logica e delle incertezze, quando il mondo ti sorprende rivelandosi completamente diverso da come lo immaginavi. Troppo occupata a godermi la novità offerta dai maestri dell'anima, mi sono dimenticata di tutto il resto.

Ho passato una notte insonne, nell'impossibilità di rilassarmi e non pensare a tutto quello che ho vissuto. Proprio per questo ho superato lo stupore e ora mi ritrovo sveglia e più razionale che mai. Ci sono cose che voglio e devo sapere, com'è naturale che sia.

Mi servono certezze, se non voglio annegare nelle mie stesse ipotesi.

Il soffitto in legno scricchiola e io mi avvolgo nelle coperte. La luce ovattata e gelida penetra nella stanza dalla piccola finestra. Il rumore della vita che scorre sfuggevole e caotica mi raggiunge dall'esterno e mi ricorda che tra un giorno dovrò ricominciare a lavorare.

Porto le mani al viso, esausta. Dovrei smetterla di pensare durante la notte e dormire finché ne ho l'occasione.

Nonostante i miei occhi vogliano restare chiusi e le mie gambe si rifiutino di muoversi, mi alzo.
La casa tace e l'unico brusio percettibile è quello della televisione al piano di sotto. Una volta scese le scale vengo avvolta da un forte odore di infuso e la fame inizia a farsi sentire.

Bryan non mi ha notata. Appoggiato al piano della cucina, tiene un giornale in mano mentre cambia canale. Guarda con fare svogliato i titoli degli articoli, facendo scorrere velocemente lo sguardo anche sui sottotitoli a bordo schermo.

"Buongiorno" mormoro con la voce ancora impastata, cercando di non disturbarlo.

Lui si risveglia da quello stato meditabondo e mi sorride di sfuggita. "Ben svegliata, Sheridan." Sbuffa e con un gesto rapido spegne la televisione.

"Non ascolti più il notiziario?"

"Le notizie non cambiano mai, sempre le stesse cose. Sangue, omicidi, furti, accuse..." Arrotola il giornale e me lo passa. "Se vuoi divertirti a leggere questa roba, tieni. Sei come una neonata in confronto a noi. Non pretendo che tu già conosca i motivi che muovono il mondo."

Non sono a mio agio sapendo che tutti i miei coinquilini hanno vissuto più vite di me e il timore di sembrare invadente mi impone di non fare domande a riguardo. Mi limito a osservare il suo pigiama sgualcito, notando che non ha niente di diverso da un qualsiasi altro ragazzo. Però questo è solo un guscio esterno e non voglio farmi trarre in inganno.

Bryan allontana la tazza dalla bocca e si accorge del mio sguardo pressante, perché il viso gli si apre in un'espressione divertita, che io cerco di ricambiare con un sorriso teso. "Va tutto bene?" mi domanda.

Non so cosa rispondergli.

Ci conosciamo da appena due giorni e, anche se siamo accomunati dalla nostra particolare natura, non so niente di lui. "Ci ho pensato questa notte" comincio, tenendo lo sguardo basso. "Perché proprio ora? Perché proprio io?"

"Perché non proprio tu?" mi risponde con fare ovvio, facendomi alzare la testa. "Il caso, o se vuoi il destino, non è controllabile. Dovresti apprezzare che ti abbia scelta, senza farti certi problemi. Però devo ammettere di non avere una risposta alla tua prima domanda." Le sue iridi dorate mi scrutano. "Solitamente lo si scopre verso i dodici anni, ma con te non è successo. Sei un mistero e questo non ci dispiace" conclude.

La risposta di Bryan non ha fatto altro che aumentare la mia sete di conoscenza. Lui è sempre molto vago, ma non ho l'impressione che lo faccia di proposito. Probabilmente riuscirei a capirlo se solo conoscessi la storia dietro le sue parole. "Spero di non essere inopportuna se ti chiedo come hai affrontato tutto questo a suo tempo."

Lui si gira lentamente per guardare il cielo lattiginoso fuori dalla finestra, dandomi le spalle. Quando torna su di me le labbra sono più tirate del solito. "Ovvio che non mi disturba. È una delle nostre regole."

"Regole?"

"Certo." Alza l'indice. "Regola numero uno: guarda sempre al passato e impara da esso." Alza anche il medio. "Due: vivi nascosto agli occhi del mondo."

Lo esorto a spiegarsi meglio con un gesto della mano.

Probabilmente sperava in una mia incitazione a continuare, perché non esita un secondo a proseguire. "Sarà perché siamo esseri egocentrici che abbiamo sempre cercato di dare delle regole al mondo e, per giustificarle, abbiamo creato gli dei. Se il dio diceva che doveva essere così, allora non poteva essere altrimenti.
Ma... noi andavamo contro molti dei loro dettami, sfuggivamo alla morte, vedevamo il futuro... tutte cose che le loro regole delle divinità umane non prevedevano" si ferma un attimo, forse per darmi il tempo di metabolizzare. "Ovviamente da strumenti di salvezza esistenziale le religioni si sono presto trasformate in armi. Già ai tempi della Magna Grecia c'erano delle tensioni, ma era più facile gestire l'odio che l'esistenza dei maestri dell'anima faceva nascere negli umani comuni. Potevi essere un màntis o un hierèus e giustificare facilmente così i tuoi poteri, senza rischiare il linciaggio. Ma non è durato molto. I comuni hanno sempre trovato il modo per accusarci e perseguitarci. In passato abbiamo provato a integrarci nel loro mondo, ma abbiamo ottenuto ben altro. Non possiamo permettere che cose come la caccia alle streghe si ripetano e per farlo non possiamo rivelarci al mondo."

"Mi stai dicendo che i miei genitori non potranno saperlo?" Non ho considerato quest'eventualità e ritrovarmela davanti in questo modo mi fa alterare.

"Nessuno deve saperlo." La sua precisazione non ammette repliche. È un ordine. "Devi credermi quando ti dico che non potrebbero mai accettare una realtà simile. Non sono deboli, ma non potrebbero sopportare un cambiamento del genere e sono certo che tu non voglia fargli del male."

Anche se poco convinta annuisco, mentre peso ogni sua parola.

"In fondo per loro Sheridan è l'amata figlia e questo non cambierà mai, a prescindere dalla tua natura." Si porta una mano al petto all'altezza del cuore.

Vorrei riuscire a fargli capire che non tutti sono cocciuti e deboli come crede, però, proprio quando faccio un passo verso di lui, il mio stomaco emette un brontolio. Mi porto le mani alla pancia, cercando di far cessare quel lamento affamato, mentre il maestro ride.

"Se stai morendo di fame dovresti dirlo" mi consiglia, per poi girarsi e prendere due fette di pane da un cassettone insieme a un coltello. "Ora potrai gustare la migliore colazione della tua vita." Si mette a scuotere le mani, imitando il suono del rullo di tamburi, e infine esclama. "Pane, burro e tè."

La mia faccia si apre al disgusto. "Stai scherzando, vero?" Lui scuote i ricci biondi e continua a ridere. "Non posso vivere solo di pane e burro."

Mi passa accanto e mi poggia una mano sulla spalla. "Se vuoi puoi mangiare i biscotti di Kathleen, ma poi sarai responsabile della sua reazione. Buon appetito." Mi passa il piatto con le fette di pane e mi pizzica il fianco. "Pancetta."

"Sei insopportabile" gli urlo, mentre lo vedo scomparire sopra le scale.

La sua risposta ironica e irritante non tarda ad arrivare. "Sopporterò il peso del tuo odio. In fondo ho le spalle larghe."

Alzo gli occhi al cielo e mi avvicino al bollitore dell'acqua. Ho bisogno di bere e schiarirmi un po' le idee. Mi sbrigo a mangiare il pane bruciacchiato e mi avvicino furtivamente alla scatola dei biscotti, ma, mentre alzo il coperchio, un miagolio mi fa voltare di scatto e mi ritrovo davanti Chim. Mi guarda con quei piccoli e intelligenti occhietti che  mi fanno sentire inspiegabilmente giudicata.

"Ne prenderò solo uno" gli prometto, cercando di non pensare a quanto sia ridicolo giustificarsi con un gatto.

Tuttavia, il destino sembra essere contrario alla mia colazione e qualcosa mi impedisce nuovamente di addentare il biscotto. Il cellulare vibra nella tasca dei pantaloni. Esausta e affamata, mi passo una mano tra i capelli mentre guardo lo schermo.

"Perfetto" borbotto, leggendo il nome di mia madre sullo schermo.

Il piccolo oggetto continua a vibrare, ma esito qualche secondo prima di decidermi a rispondere. "Buongiorno mamma!" esclamo, cercando di non apparire stranita.

"Tesoro, avevi promesso di chiamarmi appena arrivata. Mi hai fatta preoccupare." Subito la sua voce calda e materna mi fa sentire in colpa.

"Scusami, ho dei coinquilini fantastici e ieri sera mi è passato di mente tutto, mentre chiacchieravamo."

"Che bello! Ti sento raggiante." Sentendo queste parole ringrazio silenziosamente il fatto che mia madre non possa vedere la mia faccia. Non sono brava a mentirle. "Avete fatto qualcosa ieri sera? Com'è la camera?"

"Una domanda alla volta" la blocco nel mezzo del suo uragano di curiosità. "Non abbiamo fatto molto a parte parlare. Sono delle persone molto..." esito, ricordandomi di quegli occhi dorati che mi hanno imposto di non rivelare niente. "... molto particolari."

"Ma è fantastico! Spero che gli piaccia l'arrosto, perché ne sto preparando uno squisito proprio adesso." Solo in questo momento noto il rumore degli utensili da cucina, che fa da sfondo alla sua voce.

"Di che parli?" Serro gli occhi, pregando di non sentire la risposta che invece non si fa attendere.

"Mi farebbe piacere averli a cena con noi."

"Mamma è una pessima idea!" rispondo di getto. Devo rimediare a questa mia perdita di controllo, subito, quindi aggiungo con voce calma. "Sono tutti occupati in questo periodo. Per questa volta verrò solo io e magari in futuro organizzeremo qualcos'altro."

Passano dei secondi interminabili in cui riesco a percepire la delusione passare attraverso il cellulare, poi finalmente risponde. "Va bene tesoro, ti aspetto per le cinque. Un bacio."

"A stasera, mamma. Parleremo un po' di più" le prometto prima di terminare la chiamata.

Mi appoggio alla parete, con la testa abbandonata sulla spalla e mille decisioni che ancora devono essere prese. Non riesco a sentirmi bene se penso che ho appena mentito a una delle persone a cui tengo di più.

Alla fine decido di rimandare la mia depressione a quando ce ne sarà veramente bisogno e mi dirigo al piano superiore, decisa a parlare con Bryan. Voglio fargli capire quanto si sia sbagliato nei confronti dei miei genitori e di molte altre persone.

La porta della camera è socchiusa come al solito e, quando busso, essa ruota sui cardini emettendo uno scricchiolio sinistro. Sporgo la testa all'interno cercando il ragazzo, ma non lo vedo da nessuna parte.
Potrei aspettare qui fuori o provare a chiamarlo, ma non è ciò che desidero. Sono spinta dalla curiosità a entrare e a guardarmi in giro nella speranza di trovare qualcosa che mi spieghi chi è l'individuo chiamato Bryan. Una camera rispecchia il modo di essere del proprietario, perché quest'ultimo la considera alla stregua di una tana che deve ospitarlo in modo confortevole.

Eppure questo luogo di comodo non ha proprio niente. I libri sono sparsi in ordinate pile un po' ovunque e l'odore di latte caldo impregna le pareti. È molto simile alla situazione che ho trovato la prima volta che sono entrata, ma qualcosa di diverso c'è.
Non riesco a capire cosa sia e senza rendermene conto mi ritrovo al centro della stanza, a girare in tondo in cerca di quel particolare.
Sento l'adrenalina salire, insieme al timore per la consapevolezza di star facendo qualcosa di sbagliato.

Dopo varie giravolte noto una scatola, poco al di sotto di un piccolo quadro affisso alla parete.

Le mie gambe sfiorano il letto, quando arrivo a fronteggiare quel contenitore e mi accorgo di un pezzo di carta che fuoriesce da essa. Quando lo leggo, capisco che è la famosa laurea degli anni '70 di cui mi aveva parlato. Mentre memorizzo ogni particolare del documento, un odore più forte dei precedenti cattura la mia attenzione, costringendomi a cercarne la provenienza.

Non mi ci vuole molto per notare un libro di cuoio, simile a quello preso dallo scaffale da Erin. Sembra meno antico. È come se una voce mi incitasse a leggerlo e così mi inginocchio davanti alla pila e con attenzione prendo l'oggetto.

Lo porto al viso e inspiro il forte odore di cuoio misto a latte. È sicuramente di Bryan.

Vorrei aprirlo con tutta me stessa, ma resisto alla tentazione pensando a come io reagirei se qualcuno facesse lo stesso a me. Basta.

Sto per rimetterlo dove l'ho trovato, ma la punizione per aver curiosato senza permesso arriva senza preavviso. La porta cigola nuovamente alle mie spalle, accompagnata dalla voce di Bryan. "Sheridan, che stai facendo?"

~Eccoci di nuovo a fine capitolo, maestrini! Oggi voglio condividere con voi una piccola gioia.
Come molti avranno capito Maestri dell'Anima è ambientato a Dublino.
Con le sue tradizioni e i suoi paesaggi mozzafiato, l'Irlanda ha contribuito molto alla stesura della trama e questa settimana ho avuto la fortuna di ascoltare dal vivo la musica che mi ha ispirata, la musica dei Dubliners 😍

L'Irlanda è davvero un paese meraviglioso, non credete?

Detto questo, un paio di precisazioni su alcuni termini usati nel capitolo:
🔸Màntis era un indovino nella Grecia antica, uno dei pochi a cui era concesso il dono dell'interpretazione dei segni divini.
🔸Hierèus era colui che eseguiva i sacrifici durante i riti divini, sempre nella Grecia antica.

Alla prossima!

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