5. Anime alla menta

Una luce candida avvolge ogni spazio di questo luogo surreale, chiamato giardino, e il bianco si riflette sul corpo cristallino dei miei tre coinquilini. Sembrano così affascinanti, così innaturali e allo stesso tempo reali, che mi viene spontaneo allungare una mano verso di loro. Ma, a sfiorare Erin non è la mia pelle, bensì un arto costituito da quello stesso materiale che forma i loro corpi.
Mi guardo il braccio per qualche secondo, girandolo e rigirandolo per osservare ogni sua minima sfaccettatura. La pelle è dura, della stessa consistenza del vetro, ma emana anche quel calore caratteristico delle cose vive.

Comincio a ridere, in preda a una gioia improvvisa. Le mie gambe si muovono, facendo alzare una leggera nebbiolina dal suolo, a causa del tocco dei miei piedi nudi. È come camminare sulle nuvole, con la sola differenza che questa appare infinita e compatta.

Quando termina questo mio attimo di infantile felicità, torno a interessarmi ai tre maestri che mi hanno portata qui. Kathleen sta ammirando il cielo sopra di noi, Erin, invece, continua a sorridermi con cameratismo. Però, la persona che mi stupisce di più è Bryan, seduto nel vuoto con le gambe accavallate, come se ci fosse qualcosa su cui è poggiato.

Una domanda alla volta, mi impongo, ordinandole per importanza. Tento di parlare, ma dalle mie labbra non esce alcun suono.

-Prova a pensare quello che vuoi dire, indirizzando a noi il messaggio, come se ci stessi parlando normalmente. Qui funziona così, non si usa la voce- mi spiega Erin.

Mi concentro e pronuncio ciò che vorrei dire nella mia mente, considerando come destinatari tutti e tre i maestri.

-Dove siamo?- Comunicare in questa maniera inusuale mi riesce così naturale che persino i miei coinquilini appaiono sorpresi.

Poi Bryan si sporge verso di me, poggiando i gomiti sulle ginocchia e unendo le mani. -Ci troviamo in un luogo al limitare del mondo, dove inizia ciò che viene definito il nulla. Le particelle che compongono il mondo si scompongono in flussi, che sono certo avrai sentito prima di arrivare qui. Questi flussi poi si riassociano in questo luogo, fatto di energia pura.-
Raddrizza improvvisamente la schiena e mi guarda deciso. -O almeno è quello che sostengono i materialisti. A mio parere è molto più logica la teoria degli immaterialisti, secondo cui non ci troviamo in un luogo determinato, ma al di fuori dello spazio-tempo...-

La sua testa sobbalza a causa dello schiaffo leggero di Kathleen. Bryan la guarda di sottecchi, mettendo quasi il broncio. -Se vorrà un monologo filosofico te lo chiederà.- Dopo aver detto ciò la bionda si rivolge a me. -Solo le anime possono arrivare fin qui, quindi solo noi maestri. Nei giardini siamo soli, nel nostro mondo e al sicuro.-

-Al sicuro?- ripeto, senza però ottenere risposta.

Kathleen scuote la mano e continua. -Questo luogo fatto di pura energia è perfetto per imparare a sviluppare i tuoi poteri. Come avrai già visto sono più instabili sulla terra e le nostre anime non sono cristalline come adesso, ma quasi trasparenti. Potrai anche confrontarti con altri novizi provenienti dai luoghi più sperduti del pianeta.- Mi indica qualcosa in lontananza e, non senza fatica, riesco a scorgere altre anime che popolano la nuvola. -Penso sia tutto. La tua guida ti insegnerà il resto.-

Rimango spiazzata. -E la mia iniziazione?-

-È finita.- Nonostante sia diventata una statua di vetro, il mio viso fa trasparire la mia confusione. -Sheridan, l'iniziazione consisteva nel farti arrivare qui.-

-Le anime umane sono legate al corpo. Se fossi stata normale saresti potuta morire, dopo aver sofferto parecchio. Dicono che sia come se qualcuno ti tagliasse la testa- puntualizza Erin.

Da un certo punto di vista sono sollevata per essere sopravvissuta, dall'altro non riesco a capacitarmi del fatto che qualcuno possa morire per qualcosa di così semplice. Ho imparato da poco che le anime sono qualcosa di esistente e come tali sono più fragili di quel che credessi. Potrei uccidere qualcuno se lo volessi?

-Voi avete mai ucciso qualcuno?-

Kathleen mi guarda inespressiva, mentre Bryan torna a toccare terra coi piedi e si affretta a rispondere. -Siamo sempre certi della natura di un novizio. Nessuno di loro è mai morto.-

Questa spiegazione non mi soddisfa. Non ha risposto pienamente alla mia domanda e tento più volte di saperne di più. Ho come l'impressione di arrampicarmi su una parete scivolosa, senza mai riuscire ad arrivare al mio obiettivo.

Ormai esausta e delusa dai falliti tentativi di entrare nella testa di Bryan, mi lascio andare a un sospiro, osservando l'orizzonte. Sulla terra o in qualunque luogo si trovi la mia vera casa, dovrebbe essere già notte, ma qui i colori vivaci e rilassanti del tramonto stanno appena iniziando a dipingere un cielo primaverile.

Quanto tempo sarà passato? Non ne ho la minima idea. Nonostante le numerose domande a vuoto mi sono divertita. È come se conoscessi questo mondo da sempre. So che è sempre stato parte di me, ma non ne capisco il motivo.

-Puoi dirmi qualcosa di più su quelli come noi?-

Bryan si è sdraiato e contempla le sfumature rosee sopra di lui. Gira la testa verso di me e le labbra si piegano in un sorriso mesto. -Se mi stai chiedendo da dove veniamo o da cosa abbiamo avuto origine, non lo so neanche io. Sono sicuro che nessuno riuscirà mai a trovare una risposta. Esiste la verità? Sì, ma non credo sia raggiungibile.- Si sposta su un fianco, la testa sorretta dalla mano. -Sono certo che non è qualcosa di ereditario. Ormai non è più neanche possibile trovare delle famiglie originarie. Grazie alla reincarnazione ci sono maestri che vantano più di mille anni di esperienza, ma nessuno è abbastanza vecchio da risalire alle origini.-

-Quindi non sei una ragazza madre- affermo rivolta a Kathleen, che siede accanto a me. Faccio un paio di conti, per poi affermare. -Quanti anni fa lo sei stata? Anzi, in che vita?-

Ho l'impressione che si stia trattenendo, quando mi risponde. -Un po' di tempo fa.- Dopo quelle parole si volta. -Se volete restare ancora qualche minuto fate pure, però con il freddo di questo periodo la carne si sarà già freddata al vostro ritorno.- Chiude gli occhi e borbotta. -Odio l'inverno.-

Quando la vedo dissolversi sussulto, scatenando una leggera risata in Bryan. Mi volto verso di lui, ripensando alla risposta di Kathleen.

-Essere immortali non è sempre un dono. Alle volte non è piacevole ricordarsi del passato- mi spiega, giocherellando con il suolo.

Annuisco, sentendomi in colpa per la mia avventatezza. -Dov'è Erin?- chiedo, realizzando che la mia coinquilina non si vede da qualche tempo.

Sento quell'onnipresente odore di menta nell'aria, ma non la vedo da nessuna parte. Bryan mi fa un cenno con la testa e mi volto appena in tempo per vedere la figura della donna riaffiorare dal nulla e guardarci soddisfatta. -Se solo riuscissi a rendere anche il mio corpo terreno invisibile, sarebbe stupendo- mormora delusa.

-Come facevi a sapere che era lì?- domando al ragazzo.

-Ogni anima ha un'aura caratteristica. È la nostra impronta digitale.-

-Capisco... un po' come la menta- sussurro tra me e me.

Ora si spiega anche il perché io senta degli odori in questo luogo fatto solo di energia. Il giorno in cui ho scoperto dell'esistenza dei maestri non era il corpo di Erin a profumare di menta, bensì la sua anima.

-Seriamente odoro di menta?- esclama, portandosi la mano al naso. Mi osservano entrambi incuriositi, costringendomi a distogliere lo sguardo in preda a un improvviso disagio. -Deve essere il tuo modo di percepire le persone. Certo che sei piena di stranezze.-

Gonfio le guance. -Non sono strana!- Ma, sapendo che discutere con Erin equivale a rimproverare un bambino, lascio perdere.

Di colpo mi ritrovo davanti al viso il braccio di Bryan. -Che aspetti? Odora- mi esorta, muovendo la mano davanti al mio viso.

All'inizio faccio una smorfia, constatando che queste due persone sono fin troppo invadenti, ma alla fine mi lascio convincere, più per curiosità che per altro. Inspiro il calore emanato dalla pelle cristallina e mi sorprendo nello scoprire che quello che giunge al mio naso è il profumo di qualcosa di simile al latte.

-Allora?- mi chiede ansioso.

-Odori di latte caldo.- Questa mia affermazione fa piegare in due Erin, che poco dopo prorompe in una fragorosa risata.
Riacquistato il controllo la maestra si alza e ci guarda, aspettando qualcosa. Bryan la imita e poco dopo capisco di dover fare lo stesso.

-Penso che per oggi tu sia soddisfatta- mi dice lei, circondandomi le spalle con il braccio. -Ora dovremo tornare a casa.-

Sono leggermente delusa, ma mi sforzo di non farlo vedere. Poggio la mano a terra e faccio leva per alzarmi. Solo dopo averci pensato una seconda volta, realizzo che non ho la minima idea di cosa si debba fare per tornare nel proprio corpo, così comincio a fissare con insistenza prima lei poi Bryan, riuscendo a far capire loro quanto io sia smarrita.

-Tranquilla, ti abbiamo aiutata ad arrivare e faremo lo stesso al ritorno, basta che la smetti di essere così tesa.- Il ragazzo si irrigidisce imitando la mia postura.

Abbozzo un sorriso e mi sforzo di rilassarmi. D'istinto chiudo gli occhi e ho la sensazione che la mia anima stia correndo veloce, fendendo l'aria. All'improvviso mi blocco e spalancando gli occhi mi ritrovo a guardare le mie scarpe.

Sono tornata nel salone e la semi oscurità della stanza mi opprime, se messa a confronto con la sensazione di libertà che mi regalava quel mondo ovattato. Il mio corpo è abbandonato sulla sedia. Provo a muovermi e mi scopro indolenzita, gemendo.

"Ehi, vieni qui." La voce di Bryan mi fa voltare. Il maestro è al di là del tavolo, ora coperto da una tovaglia a scacchi. "Posso alleviare quei fastidi."

Senza pensarci due volte, ma con molto sforzo, lo raggiungo e mi siedo davanti a lui. Lo sento muoversi e cerco di guardare i suoi gesti, girando leggermente la testa. Le sue mani si stanno spostando, veloci ed esperte, sopra le mie spalle. Le sfiora appena, ma l'aria prodotta da quel movimento sembra trascinare via il mio indolenzimento. Gli strati di dolore vengono lentamente rimossi e una volta finito mi sento come rinata.

Mi giro del tutto, incontrando il suo sguardo orgoglioso e consapevole.

È un egocentrico.

Kathleen ci raggiunge proprio in quel momento, tenendo in una mano una ciotola piena di carne tritata. Erin la segue, portando delle piadine e altri contenitori che non riesco a distinguere. L'odore del cibo invade la stanza e lo inspiro, sentendo la fame crescere.
Faccio un cenno del capo al ragazzo, invitandolo a sedersi accanto a me, poi torno a guardare le altre.

"Avete parlato di qualcosa di interessante?" Chiede la bionda a Erin, riempiendo la sua piadina di carne e peperoncino. La addenta e ci guarda, aspettando una risposta.

"Niente di che" risponde l'altra, impegnata a tagliare alcune verdure. Dopo esserci riuscita si ricrede e afferma. "Anzi, abbiamo scoperto che Sheridan distingue le aure grazie all'odore." Ricomincia a ridere.

Kathleen la ignora e si rivolge a me, agitando la forchetta. "Non è troppo strano. Ricordo di aver parlato con un ebreo tempo fa. Diceva che l'olfatto è l'unico senso da cui l'anima trae piacere e che permette di scoprire più verità di quante se ne conoscano, o qualcosa del genere. In pratica ogni odore ha un suo significato."

"Il Talmud." Ho l'impressione che stavolta sia Bryan a essersi irrigidito, mentre sussurra quelle parole.

"Sì, dovrebbe essere una teoria tratta da quel libro."

Dopo questo breve dialogo un silenzio opprimente cala sulla tavola e non riesco a mangiare più niente. Cerco in ogni modo di evadere da questa brutta sensazione, concentrandomi su altro, ma non c'è niente su cui focalizzarsi e alla fine i miei occhi si posano su Erin.

"Erin, non mangi un po' di carne?"

Lei alza le sopracciglia e fissa le verdure che le stanno nel piatto e poi il gatto seduto accanto alla sedia. "Sono vegetariana" mi informa, slanciando il mento verso l'alto con orgoglio. "Faccio la veterinaria. Non è bello mangiare ciò che curi."

Mi sento improvvisamente in colpa per tutta la carne che affolla il mio piatto, ma lo stesso non sembra accadere a Kathleen, che continua a mangiare piadine su piadine. Ormai ne avrà ingurgitate tre. "Il vero motivo di questa sua decisione è che può percepire i sentimenti degli animali e si sente in colpa." Il suo tono sembra quasi sottintendere che la scelta di Erin sia sbagliata.

Infatti l'altra maestra parte al contrattacco. "Disse quella che aveva la fissa per la primavera."

Kathleen arrossisce lievemente e abbassa lo sguardo, facendo sogghignare l'altra donna. "Cara nuova coinquilina, devi sapere che la primavera è il momento in cui Charles e Kathleen hanno cominciato a frequentarsi per la prima volta. Era una cosa così usuale in quel periodo." I suoi occhi riflettono l'ombra di ricordi lontani e antichi. "Era ancora un mondo popolato da leggiadre fanciulle e irsuti e valorosi uomini. La primavera riempiva ogni cosa con un brulichio sensuale e peccaminoso."

Sono rapita dalla conoscenza che emana, dagli anni che le gravano sulle spalle e dalla singolarità delle sue parole. Una settimana fa avrei cominciato a ridere sentendo delle frasi così strane, ma ora so di avere davanti la reincarnazione di epoche passate e non posso fare altro che fremere, affascinata da tutto ciò.

"Vorrei correggerti" esordisce Bryan, ripresosi dal precedente dialogo sul Talmud. "Le leggiadre fanciulle sono scomparse, ma avete un irsuto e valoroso guerriero proprio davanti a voi." Gonfia il petto.

Ignoro ogni buona maniera e mi sporgo verso di lui, colpendolo con un leggero schiaffo alla testa come aveva fatto Kathleen nei Giardini. Le due donne scoppiano a ridere e io vengo trapassata da uno sguardo dorato che mi incenerisce. Il ragazzo scuote la testa e sorride a sua volta. "Vedete! Sheridan è decisamente un irsuto sottogenere di donna."

~Bentrovati maestri! Mi fa piacere che stiate continuando a leggere la mia storia 😄 thanks!
A breve spero di riuscire a pubblicare i disegni dei personaggi 😍

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