24. L'inizio della missione
"Hai il sussurratore?"
Distolgo lo sguardo dal Liffey, le cui acque violente mi hanno accompagnata durante l'ultimo tratto del viaggio. Erin sta aspettando la mia risposta, stringendo le mani sul tessuto del vestito nero.
"Ovviamente." Le mostro la scatola argentata che tengo nella borsetta.
Senza troppe domande allunga la mano e la prende, ammirandola sotto la luce dei lampioni, le uniche luci in questa notte senza stelle. Ci gioca, rigirandola tra le dita, incurante della possibilità che il sussurratore fuoriesca. La avvicina alle labbra, ma, sul punto di mormorare qualcosa, scuote la testa e ma la porge. "Perché non gli dai un nome?"
"Non è un animale."
Fa spallucce. "Gli darebbe un'identità."
Bryan, alla guida, svolta. Ci immettiamo in una strada secondaria. La ghiaia sfrigola sotto le ruote dell'auto, mentre la cattedrale inizia a rivelarsi in tutti i suoi cupi giochi di archi, luci e ombre. La sua struttura imponente è uno dei poli di bellezza della città, non vi è dubbio, però essa non riesce a eliminare del tutto la malinconia che l'edificio trasmette. Anche adesso, coperta da un sottile velo di neve bianca e candida, più che la rappresentazione della grandezza di una religione, sembra una bestia dormiente. Le arcate buie sono bocche pronte a inghiottirci, le luci dietro le vetrate, occhi che ci scrutano.
Mi sfrego le mani, improvvisamente gelide. L'ansia, che sono riuscita a controllare nei giorni scorsi, sta divampando nel mio petto.
"Siamo quelli dell'entrata secondaria" ci fa notare Bryan, arrivando nel parcheggio deserto indicatoci da Nathan. Abbassa il finestrino e sporge la testa per studiare le siepi a una decina di metri da noi.
"Meglio del non averla affatto." Erin apre lo sportello con un gesto plateale. Scende e si stiracchia.
"Non ne sarei tanto sicuro" mormora il maestro, seguendola.
Fin da quando, un'ora fa, mi ha raggiunta nel salone di casa, indossando un completo noleggiato, ho notato un certo nervosismo in Bryan. Non vuole darlo a vedere, ma i suoi continui commenti sulla serata suggeriscono tutto tranne che tranquillità. Al contrario, Erin è entusiasta.
"Questo posto è fantastico!" La maestra fa una giravolta, con il naso per aria. "Voglio una cattedrale per i miei duemila anni. È deciso."
"C'è di meglio. Persino Rothenburg andrebbe bene."
"Che vita emozionante che si fa in quel paesino" ironizza Erin, ridendo.
"Almeno lì vivresti."
Un tic comincia a far sollevare ritmicamente la narice destra della maestra. "Andrà tutto bene, bambino."
Bryan solleva il sopracciglio, mentre incrocia le braccia e si poggia sul cofano dell'auto. "Te l'ha detto il tuo amico?" Erin non risponde. Stringo la mano intorno alla scatolina nella borsa. "Pensavi davvero che non me ne fossi accorto? Andiamo! Un novellino non può arrivare all'attuale esecutivo dell'Irlanda. Sai, invece, chi potrebbe?" La osserva, senza aggiungere altro.
La mano di Erin, che fino a questo momento è rimasta serrata intorno a un lembo della gonna, si rilassa. "Mi chiedo chi potrebbe mai avere tanto potere." Si sposta una ciocca dal viso. "Andrà tutto bene, Bryan. Non rovinare la serata di Sheridan."
Entrambi si voltano lentamente verso di me. Il sussurratore sussulta nel mio palmo. La tensione è palpabile. "Sicuro di voler continuare?" domando a Bryan, sentendomi in colpa davanti alla sua esitazione.
Il maestro impiega quasi un minuto per affermare, quasi con rassegnazione: "Non si torna indietro."
Non è la risposta che avrei voluto, ma devo accontentarmi, per non correre il rischio di essere l'innesco della bomba che giace tra i miei due accompagnatori.
"Potresti non avere la borsa a portata di mano" comincia a dire Bryan, avvicinandosi. "Meglio che tieni il sussurratore da un'altra parte." Mi indica il seno.
"Il vestito?" domando confusa.
Annuisce. "Erin, fai tu."
La maestra prende la scatolina e mi fa segno di inserirla nella scollatura, tra il petto e il corpetto. "Togli la giacca un attimo."
Eseguo, rabbrividendo a contatto con l'aria gelida. Erin mi allenta i lacci sulla schiena, che fanno aderire il vestito al mio corpo, poi, quando è sicura che abbia inserito il sussurratore nell'incavo, li tira. Rischio di perdere l'equilibrio al secondo strattone e Bryan mi afferra per la spalla destra. Gli rivolgo un sorriso rigido, sperando di calmarlo e di sentirmi meno in colpa. Lui ricambia, con la stessa tensione sulle labbra.
Al termine dell'operazione, Erin mi ridà la giacca, che ancora conserva il mio calore.
"E se mi cadesse? Come lo spiego in giro che ho un fantasma sul seno?"
"Meglio non spiegarlo." Sentendo la voce di Nathan, mi sporgo oltre Erin. Lo trovo proprio davanti al decorato portone di ingresso. Prima di girarsi, la maestra dell'anima rivolge una fugace occhiata a Bryan. "Buonasera, signori." La sua bellezza è accentuata dello smoking grigio. Una stretta fascia di seta verde gli cinge la vita, mettendo in risalto il busto atletico.
Bryan fa un passo e mi si mette davanti, porgendo la mano, in segno di saluto. Quando l'inquisitore gliela stringe, le vene su entrambi i dorsi si fanno più evidenti. Dura pochissimo. Le due mani si sollevano, si abbassano e poi si lasciano.
"Lei sarebbe..."
"Bryan, un compagno di Erin."
Per una frazione di secondo un lampo attraversa gli occhi azzurri di Nathan. "Piacere, Nathan Harding Sprenger." Detto questo mi guarda e mi saluta con un cenno del capo. "Sheridan." Poi arriva il turno di Erin.
"Erin Spencer" Si presenta lei, facendo alzare gli occhi di Bryan al cielo. Sa che la loro è tutta scena, ma li lascia fare. "Sono certa che sarà una splendida festa."
Prima che l'inquisitore possa rispondere, il portone di ingresso cigola e una donna dalle gambe vertiginose, messe in mostra dallo spacco laterale del vestito rosso, si ferma sulla soglia. I lunghi e lisci capelli neri le arrivano quasi alla vita. La nuova venuta si schiarisce la voce.
"Vi presento la mia fidanzata. Cassandra Pertini." La donna, nonostante lo abbia sentito, non accenna a muoversi. Osservandoci da capo a piedi. Sposta con lentezza una mano sopra il polso del braccio opposto, coprendo un elaborato bracciale di cristalli, il che mi porta a pensare che anche lei sia un'inquisitrice, nonostante non abbia lo stesso cognome di Pauline e Nathan.
Erin fa la prima mossa, sorpassando l'inquisitore e dirigendosi verso la donna. Entrambi confusi sul da farsi, io e Bryan la seguiamo. "Piacere di conoscerla." Al solo sentire le parole della maestra dell'anima una ruga di disgusto piega la bocca di Cassandra. Sbatte più volte le palpebre, come se volesse cancellare l'immagine che ha davanti, poi con un pesante sospiro cinge il braccio di Nathan ed entra nella Cattedrale.
Non appena varco la soglia, sento un velo chiudersi su di me. Una cappa invisibile, ma ben percepibile, simile a quella che circonda casa di Pauline, si richiude alle nostre spalle. Quando, Cassandra si volta verso di me, ho la certezza di non essermi sbagliata. Il suo bracciale si illumina debolmente, rivelando la mia natura di maestra.
"Risparmiate sul servizio di sicurezza." La battuta di Bryan fa bloccare i due inquisitori. Nathan corruga la fronte, sfregandosi l'anello al dito. "Sempre che gli imbucati siano maestri."
Anche Erin si volta verso di lui e nel farlo gli pesta un piede. "Oh, scusa! Che imbranata."
Bryan coglie il rimprovero e lo ignora. Sta per riaprire bocca e per impedirglielo comincio a tossire con insistenza. Cassandra fa un passo indietro, schifata. Tutti quanti si concentrano su di me. "Scusate tantissimo" mormoro con una mano davanti alla bocca, smettendo di tossire. "Forse bere qualcosa mi aiuterà."
Nathan annuisce ed Erin mi sorride.
Il nostro cammino lungo i corridoi della cattedrale riprende. Durante i cinque minuti di marcia silenziosa, provo a contattare telepaticamente Bryan più volte. Senza successo. Alla fine riesco a catturare il suo sguardo. "Non funziona mai se ce ne sono troppi vicini" mi sussurra, capendo. "Che c'è?"
"Sei strano." Cerco di abbassare il più possibile la voce e, tenendogli la manica, rallento il passo, per allontanarmi di qualche metro dal resto del gruppo. "Perché sei venuto? Si capisce che non ti piacciono."
"A Kath non piacciono. Io penso solo che... sai, no. Il lupo perde il pelo, ma non il vizio."
"Nathan è una brava persona." Non posso dire di conoscerlo, ma, fino a questo momento, non mi ha dato motivi per diffidare. Anche Erin si fida di lui e questo mi porta a essere fiduciosa.
"Non lo metto in dubbio. Ma è anche un inquisitore."
Il vociare degli invitati comincia a farsi sentire, mentre passiamo dalla Cattedrale a un edificio attiguo, grazie a un ponte sospeso, finemente decorato con statue dello stesso materiale delle mura. Riesco a distinguere il tintinnare dei bicchieri.
"Sono venuto perché lo voglio." Bryan avvicina il viso al mio, tenendo gli occhi fissi sugli inquisitori e su Erin, davanti a noi. "Voglio aiutarti, se sarà possibile... Sono solo sorpreso, ecco. È che una pecora che va incontro al lupo non si è mai vista."
"Non siamo pecore."
"No, non lo siamo" conferma, distogliendo lo sguardo dalla schiena di Erin. "Questa sera sono un novellino proprio come te. Inquisitori e maestri a una festa è una novità assoluta. Chissà, potremmo finire nei libri di storia." Mi fa l'occhiolino.
Sono felice che si sia rilassato un minimo.
Nathan si ferma davanti a una porta, oltre la quale ci deve essere la sala da ballo. Ci osserva uno per uno, svincolandosi dal braccio di Cassandra. Poi entra nella stanza, seguito dalla fidanzata e da noi. Il silenzio che segue è a dir poco imbarazzante. Tutti gli occhi sono puntati sui nuovi venuti. C'è chi mormora al suo vicino e chi ferma i bambini, che prima scorrazzavano in giro. Nonostante la forte illuminazione, noto i cristalli degli inquisitori più vicini illuminarsi debolmente, come ha fatto il bracciale di Cassandra. Gli occhi non sono puntati su di noi, bensì su Nathan, che ci ha permesso di entrare.
L'inquisitore, per niente intimorito, prende un calice pieno di champagne dal vassoio di un cameriere, che si guarda intorno confuso. "Amici." Nathan alza il bicchiere. Il gemello da polso brilla sulla manica, attirando l'attenzione. "Amici, benvenuti. Vi ringrazio per aver accettato l'invito a rinnovare questa tradizione, che per alcuni di voi richiede un lungo viaggio. Questa notte non celebriamo solo una nascita, ma una famiglia, che ci guida e ci protegge." Non capisco se si riferisce agli inquisitori o alla famiglia di Gesù. "Vedervi qui, riuniti sotto lo stesso tetto, mi rende ogni anno orgoglioso del cognome che porto e del sangue che scorre nelle nostre vene. Non lasciamo che niente intralci la nostra serenità questa notte. Divertitevi e buona serata." Alza ancora di più il calice e, con esitazione, tutti i presenti lo seguono, ricominciando a chiacchierare.
La festa riprende, sebbene i presenti non smettano di scrutarci ed evitarci. I bambini sono ancora bloccati dalle madri. Un paio di uomini si avvicinano, puntando Nathan. "È il momento delle spiegazioni" ci informa l'inquisitore. "Confido nella vostra esperienza. Buona serata anche a voi" ci saluta, dirigendosi alla volta dei due. Cassandra si è già allontanata senza che me ne rendessi conto.
"La missione ha inizio" mi esorta Erin, alludendo a Pauline, che mi osserva paonazza dall'altro capo della sala. "Bryan, andiamo a svaligiare il buffet? Lasciamo alle due fanciulle un po' di privacy."
"Ora parliamo la stessa lingua" acconsente il maestro. "Sii. Forte." Mi mima con le labbra, mentre si allontana.
In risposta afferro un bicchiere di vino e lo scolo. Mi incammino tra la folla di inquisitori, che si apre al mio passaggio e, prima di arrivare alla mia amica, poggio il calice su un tavolo, temendo che la mia stretta possa romperlo. "Ciao, Paul." Da quando la conosco non mi sono mai sentita così a disagio.
"Tornatene a casa."
"Non prima di aver parlato."
Le sue guance riprendono colore, diventando rosse. "E da quando sei così perseverante?" Anche lei poggia il bicchiere, perché la mano ha preso a tremarle.
"Da quando mi importa di te."
Scuote la testa, facendo molleggiare i capelli intorno al viso. "Mi hai umiliata davanti alla tua combriccola di morti. Ora li porti anche qui, con che coraggio..."
"Non siamo morti."
"Siete innaturali." Serro la mascella, davanti alla mia inclusione in quella categoria.
"Continui a dire così, ma almeno sai cos'ha fatto la tua gente? Ha ucciso anche degli umani normali, per non parlare del dolore che ha causato ai maestri." Mi rifiuto di credere di essere stata amica per anni di una persona così insensibile.
"Forse anche tu dovresti informarti meglio sulla storia della tua razza" mi canzona, senza darmi tempo di parlare. Mi punta il dito contro. Il suo nemico ora sono io. "Si tratta di uccidere o essere uccisi. Non ci diverte farlo."
"Allora non farlo." Senza rendercene conto abbiamo cominciato ad avanzare e indietreggiare, in una caccia infinita alla ragione e al torto. Il mio viso deve essere infervorato come il suo, gli occhi lucidi e le narici dilatate. Siamo simili, eppure ancora tremendamente distanti.
Pronta a ribattere, aspetto che insinui qualcosa di nuovo, ma Bryan ci raggiunge prima che succeda. "Sto rischiando che finiscano le tartine al salmone" afferma, prendendone una dal tovagliolo che tiene in mano. "Le vostre posture suggeriscono tutto tranne che riconciliazione. Per non parlare di quanto insensato questo dialogo. Siete così giovani... non fossilizzatevi sui problemi di noi vecchi, okay? E sì, sono molto portato a leggere il labiale."
Pauline è stordita quanto me da quel fiume di parole. "Sher, chi è questo idiota?"
"Il mio... vicino di stanza."
"Ah."
"Ah?" ripeto, conoscendo bene quel tono. "Solo il mio vicino di stanza e un maestro, se proprio vogliamo essere precisi."
La collana di Paul si illumina, cercando conferma alle mie parole. Preoccupata, sfioro il braccio di Bryan, che mi risponde accarezzando distrattamente la mia mano e allontanandola. Durante quel breve contatto ho percepito tutta la tensione che il maestro sta tenendo sotto controllo. Vorrei prenderlo in disparte e chiedergli di confidarsi con me su ciò che lo attanaglia, però non è il momento adatto.
Dopo aver poggiato il tovagliolo, Bryan allunga una mano, non nella mia direzione, ma in quella della rossa. "Permette?" Con l'altra mano indica la pista da ballo, dove un paio di coppie volteggiano. "È forse un problema?"
"Ci fai o ci sei?" gli ringhia contro Pauline.
Bryan si apre in un affascinante sorriso. L'inquisitrice si trova spiazzata. Non nota Erin, che dal buffet ci osserva con attenzione. Accanto a lei, dall'altro lato del tavolo, incrocio lo sguardo di Claire, la madre di Pauline. È immobile, con gli occhi sgranati. "Non le sto chiedendo di ballare, stia tranquilla. Sono un pessimo ballerino" mente, ridendo. "Ho notato subito i suoi orecchini. Un'imitazione perfetta dello stile naturalistico del diciannovesimo secolo. Che stile magnifico, non tramonterà mai" afferma, con passione, mentre Pauline si porta una mano al quarzo modellato a forma di rosa che le pende dall'orecchio.
"È una collezione recente."
"Immaginavo. Ha dei gusti eccellenti." Pauline arrossisce. Io non oso proferire parola, sorpresa da questo cambio di atteggiamento. "Nathan mi ha detto che avete una passione per l'arte." Sorrido, sapendo che sta mentendo. Lo avrà capito in un altro modo, ma nominare l'inquisitore è un buon modo per conquistare una briciola dalla fiducia di Pauline. La rossa annuisce lentamente. "Mi chiedevo se potesse parlarmi di quell'affresco. Vede, quello sulla parete alle spalle del signore seduto." Le indica un dipinto, facendola voltare. Nel mentre, controlla velocemente la reazione di Claire e io faccio lo stesso, notando la donna avanzare a grandi passi.
"Non..."
"La prego. Non mi dica di no. È raro che un'opera mi sia sconosciuta. Sa, ho conosciuto molti artisti nei secoli. Grandi compagni di bevute." Si porta una mano sul petto, che vibra per la sua risata, bassa e accogliente. "In cambio potrà chiedermi quello che vuole, da Gauguin a Da Vinci. Oh, e si senta libera di arrabbiarsi quanto vuole per le azioni della mia... gente. Sheridan non sa neanche di cosa parla."
"Ho visto."
"Sono dei pessimi insegnanti" mi intrometto. Bryan slancia il solito sopracciglio e il viso di Pauline si rilassa.
"Le va di istruire questo pessimo insegnante, signorina?" Bryan coglie l'occasione per riproporre il suo invito e questa volta Pauline acconsente.
I due si allontanano proprio mentre Claire ci sta per raggiungere. La madre di Paul mi sorpassa senza neanche degnarmi di un saluto. Le corro dietro, per impedire che blocchi Bryan e Pauline, ma, nel farlo, vado a sbattere contro un invitato.
"Mi scusi, non l'avevo v..." Non appena guardo in viso l'interessato, ammutolisco.
Indietreggio. Il battito frenetico del cuore mi martella le tempie.
Come ho potuto! Come ho potuto dimenticare che quell'uomo era un inquisitore? mi domando, mentre anche colui che ha cercato di aggredirmi dietro al pub mi si staglia davanti.
~Eccoci finalmente giunti alla festa!
Ovviamente non poteva mancare l'inquisitore che ha aggredito Sheridan (e che, ricordiamo, è stato menato da Bryan.)
Che ne dite? Bryan reagirà come la nostra protagonista quando lo scoprirà? Il nostro amato maestro bipolare sembra particolarmente teso questa sera u.u
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