23. Un fantasma da compagnia
Dopo aver scelto il negozio più adatto dove cercare il vestito per la festa di Natale, Kathleen non mi ha dato diritto di parola neanche sul capo di abbigliamento stesso. Nonostante fare compere con lei non mi esalti, ho subito notato la sicurezza con cui si destreggia tra i suggerimenti delle commesse. Anche queste ultime hanno capito fin dal primo momento di avere davanti una persona che sa quello che sta facendo.
Una volta comprato l’abito, ho proposto di tornare a casa, ma lei ha insistito per rimanere, facendo leva su una delle mie debolezze: i dolci. La sua insistenza mi ha sorpresa, considerati i suoi occhi cerchiati per via del poco sonno, che il trucco non riesce a camuffare del tutto.
In parte sono ancora felice che si sia sentita male ieri sera, interrompendo la discussione tra me e il pazzo che vive dentro Bryan.
Alla fine ci siamo chiuse nella prima sala da tè incontrata e subito dopo ho reclamato una Guinness cake. Nonostante l’evidente appetito e gli occhi che scorrevano rapidi sulle scelte del menù, la maestra dell’anima ha preso solo una sobria tisana e si è chiusa in un silenzio crucciato.
“Buonasera.” la voce di Bryan interrompe le riflessioni che stavano accompagnando le spirali del latte nel mio tè.
Accanto a lui c’è Charles. Non sapevo che ci avrebbero raggiunte e la loro apparizione mi stordisce. Invece Kath non allontana nemmeno la tazza dalle labbra per rivolgere un saluto al marito, che le si accosta. Solo quando il compagno è abbastanza vicino gli sorride di sfuggita e poggia la testa sul suo ventre.
“Sera.” La mia risposta ha una nota interrogativa. “Non sapevo sareste venuti.”
“Avevamo anche noi delle commissioni in sospeso.” Charles prende la parola, mentre poggia con delicatezza le mani sulle spalle della compagna. “Com’è andata la vostra giornata?”
“Meglio di quanto avrei immaginato, se sei ancora tutta intera” scherza Bryan, che fino a questo momento si è limitato a osservare l’interno della sala, focalizzandosi in particolar modo su una giovane cameriera.
Prima di potergli confessare che è stata una mattinata inaspettatamente tranquilla, la tazza di Kathleen si rovescia e lo psicologo scatta indietro, tirando fuori le mani dalle tasche, per passarle sulla chiazza che si sta allargando sul suo giacchetto.
“Mi spiace così tanto.” Le lunghe ciglia bionde di Kathleen sbattono un paio di volte, senza celare lo sguardo soddisfatto. “Deve essermi scivolata.”
“Me la paghi...” Per evitare di attirare ulteriormente l’attenzione degli altri clienti, Bryan le sorride mentre sibila quelle tre parole.
Intanto, proprio la cameriera che lo interessava, ci si avvicina e, scorgendo la tisana ai piedi del tavolo e sul giacchetto, ci porta dei tovaglioli. Poi, perdendosi nelle iridi dorate di Bryan, si propone per aiutarlo. Incuriosita dal suo comportamento, approfitto della distrazione degli altri maestri, per entrare nella mente della ragazza e mi ritrovo in una fitta nebbia di desiderio, contornata da immagini molto esplicite delle sue intenzioni per il maestro dell’anima.
Tuttavia, la sua iniziativa viene fermata dallo stesso Bryan, che la rifiuta con gentilezza, oltre a porgerle una carta di credito per poter pagare il nostro conto. Quando le loro mani si sfiorano la cameriera ha un’altra vampata di desiderio, così permeante che per un paio di secondi mi sembra che le sue fantasie siano le mie. Faccio scorrere lo sguardo dalle mani su per il braccio del maestro, fino al viso, dove i suoi occhi incontrano i miei. Arrossendo, cambio immediatamente rotta, cominciando ad ascoltare Kathleen che sta parlando insieme al marito di un qualche animale.
Finita la pausa, non appena chiudo la portiera dell’auto di Erin e mi abbandono su uno dei sedili posteriori, mi viene comunicata la nostra prossima destinazione, che io credevo essere casa. “Il cimitero di Glasnevin.”
“Avete deciso di rallegrarmi la giornata.”
Charles sta guidando, concentrato a evitare imprudenti pedoni. Bryan, seduto accanto a me, mi offre una caramella e, prima che possa rifiutarla, mi suggerisce di accettarla perché sa che ne avrò bisogno. “Andiamo a trovare qualcuno che abita lì.”
“Un cadavere?” La mia ironia trova conferma nel suo sorriso emozionato. Faccio un profondo respiro, mentre la Guinness cake si rigira nello stomaco.
“L’ultimo mi piace. Il vestito, intendo” mi confessa cinque minuti più tardi, sovrastando le voci dei due coniugi che ora discutono sull’ipotetica mancanza di Kathleen alla cena di Natale in famiglia. “Il blu trasmette tranquillità. Ci servirà. Anche se a mio avviso si addice più all’intimo che ad altro.” Per un millisecondo abbassa lo sguardo sul mio corpo. “Quel tocco di rosso sarà perfetto per superare l’esame psicologico a cui ti sottoporranno.”
“Qual è il tuo colore preferito?” domando, nel tentativo di non pensare a una delle immagini della giovane cameriera, in cui lei lo sovrastava in intimo azzurro.
“Se non fosse per ciò che rappresenta… il grigio.” Ispeziona un palazzo della stessa tinta, che stiamo sorpassando. “È un bel colore, ma viene considerato cupo. E io ti sembro così? Cupo?”
“Solo molto vanaglorioso.”
“I miei pregi sono tutti reali, biondina.” Si batte sul petto con orgoglio.
“Hai ragione, che stupida.” Lo imito, portandomi una mano sul seno, e con voce bassa correggo il mio errore. “Sei solo un inguaribile narcisista.”
Assottiglia lo sguardo e slancia il sopracciglio destro verso l’alto.
Tossisco per camuffare una risata, mentre lui allunga una mano e rapido mi scompiglia i capelli, facendo urlare Kathleen. “Ho passato un’ora a scegliere l’acconciatura adatta.”
“Prima o poi sarebbe successo comunque.” Nonostante la precisazione, Bryan toglie la mano dai miei capelli.
La macchina viene parcheggiata e la possibilità di scendere evita l’ennesima lite, che questa volta avrebbe avuto come soggetto i miei capelli. Il cimitero è identico all’ultima volta in cui ci sono stata. I Byrne posseggono una tomba di famiglia che custodisce tutti i miei antenati, inclusa la mia defunta nonna. Però, mentre varco le mura che circondano il camposanto, una nuova e sconosciuta oppressione si addossa sul mio corpo e preme fino a farmi gemere. Angoscia, rabbia, tristezza, amore, le emozioni si mischiano e non sono più capace di distinguerle.
“Controllati” mi incita Bryan.
Sorpassiamo un gruppo di turisti, che osserva rapito una pietra con inciso un nome illeggibile, e ci muoviamo alla volta della grande torre che sorge al centro del campo, come monito a coloro che nel passato tentavano di razziare le tombe. Se non fossi circondata da morti, quest’immensa costruzione mi ricorderebbe la torre di Raperonzolo.
“Potresti guidarci verso la tomba della tua famiglia?” mi chiede Charles, una volta giunti sotto il torrione.
Esitante guido il gruppetto verso l’estremità ovest del cimitero. A poca distanza dalle mura si erge una lastra di marmo alta due metri, dalla forma ovale. Su di essa sono incastonati in bronzo i nomi dei Byrne che sono sepolti lungo le due file di tombe che precedono la lapide. Mi nonna è una di quelle più lontane da essa.
Charles china il capo e si fa il segno della croce.
“Allora?” Kathleen tende una mano verso Bryan, il palmo della mano rivolto verso l’alto.
Lo psicologo si passa ripetutamente le mani sulle tasche della giacca macchiata, ma trova quello che cerca in quelle dei pantaloni. Estrae una piccola scatolina dagli intarsi argentati. Ogni faccia del parallelepipedo contiene una pietra nera, che copra gran parte della superficie. “Tiè.” Gliela lancia in grembo, poi aggiunge: “non ti stai dimenticando niente?”
“Buon Natale” mi dice Kathleen a denti stretti, porgendomi l’oggetto.
“Un regalo?” annuiscono. “Non posso.” Faccio per restituirlo, non sentendomi in diritto di accettarlo, ma Kathleen mi blocca.
“Non si rifiuta un regalo di Erin.”
Con riluttanza riavvicino la mano che stringe la scatolina al corpo. “Potevate darmelo a casa, invece che in un cimitero.” Bryan scuote la testa. “Cos’è?”
“Sarà il tuo spirito sussurratore. In Francia lo chiamano tuteur.”
“Sarebbe?”
“Un tuteur è come un vigilante. Vigila su di te.”
Un dubbio comincia a farsi strada nella mia mente. “E cos'è, esattamente, che mi tiene al sicuro?”
“I tuoi antenati.” Charles indica la tomba di mia nonna. “Un sussurratore è un cumulo di energia residuo nei corpi di deceduti. Con i giusti mezzi si può separare quest’energia da essi e racchiuderla in oggetti come quello. È fatto di cristallo saturo.” Indica la scatolina. Erin ha già nominato quel tipo di cristallo e, da quel poco che ho letto subito dopo, sono riuscita a capire che si tratta di pietre che non sono state purificate, al contrario dei cristalli degli inquisitori, e per questo hanno perso la capacità di digerire l’energia. Proprio perché non consumano l’aura e i suoi derivati, possono essere utilizzati come contenitori, fino a quando non diventano completamente impuri.
“Volete strappare via l’anima dei miei antenati?” Inorridisco.
“No, quella è inutilizzabile” si intromette Kathleen. “Quella degli umani normali diventa inutilizzabile non appena muoiono. A noi serve l’energia residua, non l’anima.”
“Dei miei antenati” preciso.
“Di tua nonna.”
“No.” La mia risposta è tempestiva.
“N-o?” scandisce lei.
“No” ripeto. “Perché dovete disturbare la nonna? Siete circondati da morti! Anzi, perché dovete rompere a questi poveri defunti? Lasciateli stare.”
“Nessuno di noi vuole disturbare il loro riposo.”
“Charles… anche tu sei d’accordo? Non sei credente?”
“Sì, cattolico. Ma quella che si preleva non è la loro anima, come ti ha detto Kathleen.” Si porta L’indice alla tempia. “Sono le loro intenzioni. Per questo non possiamo scegliere un defunto qualsiasi. Uno sconosciuto non avrebbe le intenzioni giuste per vigilare su di te.”
Messa in questi termini non appare più una cosa tanto terribile, ma i dubbi permangono. Non vedo la necessità di eseguire una procedura del genere sull’energia di mia nonna. Non mi serve che uno spirito sussurratore vigili su di me. Una volta acquisite buone basi sull’utilizzo dei miei poteri da maestra, sarò in grado di proteggermi da sola.
“Ho capito. Ma non mi serve una cosa del genere. Ringrazierò comunque Erin per il pensiero.”
Kathleen incrocia le braccia. “Non le farà piacere.”
“Sta diventando un obbligo più che un regalo” mi lamento, indurendo la mia espressione.
A questo punto Bryan precede Charles ed evita che la maestra si alteri maggiormente. “È per la tua sicurezza. Non sarai al sicuro solo perché la tua amica è un’inquisitrice. Stai abbellendo troppo la situazione. Devi capire che a Natale sarai in territorio nemico e quello” indica la scatolina con un cenno del capo, “ti potrebbe aiutare molto più di quanto pensi.”
Nonostante l’istinto di contraddirlo sia forte, ha ragione. Non sono ottusa a tal punto da negare la realtà dei fatti e la pericolosità insita nella festa di Natale. Certo, tra qualche anno, se mi eserciterò con costanza, sarò in grado di essere un bravo maestro dell’anima, ma quel momento non è ancora giunto.
Deglutisco, spostando lo sguardo sulla tomba di mia nonna. La sua foto sorridente mi fa serrare il cuore e tornare a quei giorni adolescenziali in cui la certezza della vita era inconfutabile e mai avrei pensato di vederla andare via così presto. Avevamo un bel rapporto. Forse, avere un sussurratore creato con un briciolo della sua essenza, me la farà sentire più vicina.
“Coma si fa?” domando ai tre maestri. Bryan si morde il labbro. “Non lo sapete?!”
“No” mi blocca lui subito. “Non proprio. Io non ho mai avuto un sussurratore. Serve un parente deceduto da poco con cui si avesse un buon rapporto.”
Ho l'impressione che non voglia che faccia ulteriori domande.
“Charles, mi dai una mano?”
“Potrei.” Si passa una mano dietro il collo, facendo tendere l’attillato soprabito in lana. “sincèrement vorrei che ci riuscissi da sola. Aiutandoti ti obbligherei, come dicevi. Se non ci riuscirai vorrà dire che non lo vuoi.” Mi sorride con gentilezza.
“Smettila di lamentarti e mettiti al lavoro” mi sgrida Kathleen.
Mi passo una mano sul viso, facendo penetrare il freddo delle dita nella pelle delle guance arrossate. Dapprima provo a usare il Fuoco per eccitare l’energia residua nel corpo sepolto. Fallendo, provo a concentrarmi e a percepire dove essa si trovi con esattezza. C’è una presenza che si nasconde sotto il terreno. Riesco a sentirla ronzare, ma non a individuarla.
Dopo numerosi tentativi fallimentari Charles mi comunica che loro tre si allontaneranno per darmi più spazio e per tenere a bada i curiosi. Paradossalmente, la loro scomparsa dal mio raggio visivo, fa affievolire le mie speranze di successo, ma non per questo mi perdo d’animo.
Sono già passati venti minuti quando riesco a individuare la posizione di quella presenza. Piccole gocce di sudore mi imperlano il viso e il mio corpo arde per lo sforzo.
-Trovo che sia uno dei nostri poteri più interessanti.- La figura diafana di Adam si materializza all’improvviso proprio accanto alla foto di mia nonna. -Non stare in guardia.-
-Lo farò quando smetterai di apparire all’improvviso.- Piano piano le mie spalle si rilassano, sebbene la mente non faccia lo stesso. -Che ci fai qui?- Dubito che sia una visita casuale.
-Sono il maestro a cui è affidata la tua istruzione. I nostri pensieri divergono, ma non posso lasciarti alla tua ignoranza.- Con le mani strette dietro la schiena, Adam si avvicina e, come suo solito, si prende il tempo per esaminare la mia postura e tutto ciò che può influire sulla buona riuscita della lezione. È qui per aiutarmi con il sussurratore?
-Sei di buonumore- gli faccio notare, mentre lui mi sposta una gamba di qualche centimetro verso destra e poggia l’indice e il medio nell’incavo del mio collo.
Respira con lentezza, una, due volte, e il vento risponde al suo richiamo. -C’è aria di cambiamento.- Socchiude gli occhi che, nonostante siano in forma immateriale, si riducono a due fessure scure. -Dovresti essere in estasi. Finalmente capirai il perché siamo prescelti.-
Come sospettavo sta ancora cercando di inculcarmi quelle sue idee razziste di superiorità dei maestri rispetto agli umani normali e agli inquisitori. Mi allontano di qualche metro, badando a non calpestare la tomba di qualche prozio. -Quel ballo mi farà riconciliare con Paul.-
-Non essere arrogante. Il futuro non è tua scelta.- Non appena termina la frase, un globo luminoso della grandezza di un pugno fuoriesce dal terreno ai suoi piedi, percorre tutto il perimetro delle tombe dei Byrne e poi ricade a peso morto su di lui. Quell’imprevisto infastidisce il maestro, che con uno scatto repentino della mano allontana la sfera. Una debole fitta mi stringe lo stomaco, lasciandomi uno sgradevole sapore metallico in bocca. -Tienilo sotto controllo- mi ordina.
Sto per ribattere che non so come fare, quando capisco che quello è lo spirito sussurratore che tanto ho provato a evocare. “Nonna…” mormoro. “Nonna!” Il globo si ferma a mezzaria e mi osserva cieco. Emette quello che sembra un verso e mi si avvicina con titubanza. Una parte di me è allerta, nel qual caso provi ad attaccarmi. Alla fine la sfera si adagia sulla scatolina che tengo nel pugno.
-Stavo dicendo.- Si schiarisce la voce, regalandomi un breve cenno di assenso, forse per congratularsi della cattura del sussurratore.
-L’esperienza è un’arma potente. Sono certo che ti aprirà gli occhi.-
-Perché sei in guerra con loro?- domando, mentre una parte di me è concentrata sulla coscienza di mia nonna, che riposa nel mio palmo.
La sua risata cupa scuote ogni lapide, fino ad arrivare a un albero solitario dal quale si innalza uno stormo di corvi. -La chiami guerra? Proprio non sai di cosa parli.- Nel mezzo del discorso ruota la testa in direzione della torre e corruga la fronte. -Sei dotata Sheridan, una brava allieva.- Davanti al mio stupore i solchi sulla fronte scompaiono. Si porta un indice alle labbra. -Sei riuscita a evocare il tuo spirito sussurratore. Mi fa piacere. Ma il mio aiuto in tutto ciò deve rimanere tra noi. So quanto tieni a quella festa e se Erin scoprisse che non sei riuscita a evocarlo da sola, potrebbe decidere di non mandarti. La pensa come…- Si sforza per ricordarsi la parola. -…Charles. Avresti dovuto fare tutto da sola. Avresti dimostrato di avere abbastanza controllo da sopravvivere tra gli inquisitori.-
Oggi Adam è più loquace del solito. Sarà per quella sua cosiddetta estasi da cambiamento. Ora capisco perché gli altri maestri abbiano insistito così tanto perché io accettassi di evocare il sussurratore. Era una prova. Adam, dal canto suo, pensa che dopo la festa di Natale comincerò a pensarla come lui. Per questo mi ha aiutata. Il motivo non è importante, mi dico, conta solo il risultato.
“Grazie” dico, pensando a quanto sarà deluso quando ritornerò più convinta di prima.
Lui non aggiunge altro e si dissolve.
I corvi, che la risata di Adam aveva allontanato, stanno chiazzando il cielo bianco di un nero tetro, che mi lascia inquieta. Il sudore sulla fronte è diventato freddo quando i tre maestri mi raggiungono. Non faccio parola dell’incontro con il maestro e loro non chiedono, occupati a complimentarsi o a ignorarmi. La mia omertà non mi sorprende. Negli ultimi giorni sto cominciando a percepire sempre di più una certa distanza dai miei precedenti valori. Rimando ogni giorno i miei turbamenti su questo fenomeno, nella speranza di svegliarmi una mattina e scoprire di essere ancora me stessa, in ogni sfaccettatura.
Quando riapro gli occhi e scendo dalla macchina, quella che vedo è la mano tesa di Erin che assume la forma di un futuro indistinto.
Lo sento. Quel vento di cambiamento ha cominciato a soffiare.
~Hello, it's me!
Ora che è ricominciata l'università non potrò più aggiornare più volte alla settimana, perciò pubblicherò i nuovi capitoli la domenica 😊
Finalmente siamo arrivati alla tanto attesa festa di Natale! Non vedevo l'ora 🤩
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