2. Essere e non essere madre
A volte mi capita di rimanere in apnea senza rendermene conto. Trattengo il respiro e non mi accorgo di niente finché i polmoni non cominciano a urlare agonizzanti. Mi succedeva spesso quando da adolescente mi trovavo in una situazione scomoda o imbarazzante.
Ora come ora sono perfettamente consapevole di non stare respirando, mentre i miei occhi vagano su quel libro che giace innocuo sul pavimento. Ecco che i polmoni cominciano a gridare e io sono costretta a prendere una boccata d'aria.
Entrambe le donne mi stanno fissando, senza capire il perché io sia così interessata alla moquette. Erin si è seduta sul divano accanto alla poltrona e i suoi occhi si vedono appena, nascosti dalla folta chioma. Ha la testa poggiata svogliatamente sul bracciolo e il corpo piegato in una posizione così contorta da essere impossibile da descrivere.
"Erin" Kathleen pronuncia il suo nome come fosse una minaccia, che a quanto pare funziona.
La donna, infatti, si alza lentamente e si sporge verso di me, piantando i gomiti sulle ginocchia. Mi guarda insistentemente come un poliziotto a un interrogatorio. I suoi occhi hanno un colore simile al verde muschio e la loro intensità mi costringe ad abbassare lo sguardo.
Potrei fare domande su quel libro, ma preferisco aspettare e non essere invadente.
Il rombo di un tuono in lontananza mi ricorda la tempesta imminente, annunciata questa mattina al telegiornale. Il suono del cielo che parla irato è l'unica voce che aleggia per la stanza da un po' di tempo.
"Come mai hai deciso di trasferirti adesso? È un periodo insolito." Kathleen rompe finalmente il silenzio.
"Nell'ultimo anno ci ho pensato spesso e alla fine mi sono decisa. Se non lo faccio adesso non lo farò mai più. Sai, i miei genitori sono contrari. Non immagini quante storie abbiano fatto per il mio possibile trasferimento."
Lei mi studia con attenzione, mentre riflette. "Capisco. È normalissimo che un genitore non voglia separarsi dal figlio. È un legame molto forte." porta la mano al ventre per un secondo, prima di ritirarla, e sorride nostalgica. "Ci siamo passati tutti."
Kathleen ha appena ripetuto le stesse parole che mi ha rivolto mia madre durante una delle nostre recenti discussioni. Non è una cosa impossibile, ma è una coincidenza straordinaria. Forse è una qualche citazione di cui non sono a conoscenza.
"Anche i tuoi non ti volevano lasciare andare?" domando incuriosita.
Lei apre la bocca per parlare, ma poi scuote la testa. "No, ero io a non voler lasciare andare." Mi osserva aspettandosi una domanda che non tardo a fare.
"Sei madre? Ma... quanti anni hai?" Ho gli occhi sgranati per la sorpresa, mentre sento accanto a me Erin che ride.
Mi giro, la fronte aggrottata, e la guardo aspettandomi una spiegazione. Lei si morde il labbro nel tentativo di fermare la risata tramutatasi in singhiozzo e si asciuga una lacrima invisibile. "Scusa, scusa... è che hai fatto due domande veramente... complicate."
"A me non sembra" ribatto, tra l'irritazione e la confusione.
Sento Kathleen schiarirsi la voce e mi volto verso di lei. Uno strano velo di comprensione aleggia sul suo volto. "Non ti sta prendendo in giro o altro. Riguardo quello che hai chiesto prima, ti basti sapere che ho venticinque anni e che non sono madre... non al momento."
La mia irritazione è scomparsa, avvolta dall'inquietudine. Queste persone non mi stanno prendendo in giro, si capisce, ma i loro sguardi e le loro parole sono inquietanti, come se stessero omettendo qualcosa a questo discorso già bizzarro. Come fa qualcuno a comportarsi come un genitore senza esserlo al momento?
Mi prendo la testa tra le mani e mi massaggio le tempie. Sto cominciando a pensare che la popolazione di Dublino sia pazza. Prima l'uomo dell'autobus e adesso loro due.
Mi ricordo del libro in questo momento e, considerata la situazione, non esito a domandare. "Quel libro" inizio indicandolo, "di che parla? A cosa serve?"
Erin aggrotta le sopracciglia e successivamente pare avere un'illuminazione. "Se non sbaglio è di Bryan. Dovrebbe imparare a mettere un po' in ordine, scusalo. La canalizzazione permette di scambiare informazioni a un livello più elevato, influenzando la mente di un altro individuo con una propria interferenza." Sembra quasi che l'abbia imparato a memoria. Finita la spiegazione mi punta l'indice contro. "Ma sei grandicella. Non dovresti saperlo già?"
Non riesco a trattenere una smorfia, mentre un dolore acutissimo mi attraversa la testa. Chiudo gli occhi e cerco di alleviare quelle fitte con profondi respiri. La situazione migliora e, quando li riapro, mi accorgo che Erin e Kathleen si stanno fissando, la prima con preoccupazione e la seconda con severità.
"Capito" sussurra improvvisamente la mia vicina di poltrona.
Il mio sguardo corre da una all'altra. "Cosa? Ma di che state parlando?!" esclamo spalancando le braccia.
Kathleen scuote la mano per minimizzare l'importanza della mia domanda. Mi sento presa in giro.
Non so cosa stia succedendo e so che se lo chiedessi rischierei di esplodere. Mi alzo e cerco di respirare in modo regolare per nascondere la tempesta che mi agita. "A quanto pare sono venuta in un momento sbagliato." La mia voce è tagliente e accusatoria. "C'è una tempesta in arrivo. Sarà meglio che rientri subito. Tornerò un altro giorno."
L'aria comincia a farsi incandescente. La bionda non sembra molto felice delle mie parole. Gioca con una ciocca di capelli e i suoi occhi azzurri sono vuoti mentre mi scrutano.
Faccio uno sforzo disumano per ignorare la sua disapprovazione. Con la borsa sotto il braccio e un sorriso di cortesia sul volto mi dirigo verso la porta, che viene prontamente bloccata da Kathleen.
"Hai fatto strada per arrivare fino a qui. Sarebbe scortese non farti vedere almeno la casa."
Sarà solo una mia impressione, ma sembra quasi che mi stia minacciando. La sua voce è un lieve sussurro che mi attraversa la testa provocandomi una sensazione sgradevolissima.
"No, avrò modo di tornare" insisto, nonostante neanche io creda alle mie parole.
Erin mi passa accanto e scosta la tenda, che copre la grande finestra del salotto, per poter guardare il cielo livido mentre ticchetta con le unghie sul vetro.
Non ho voglia di ritrovarmi in una tempesta al ritorno. "Devo proprio andare." Stavolta suona come una supplica.
La vedo sospirare e passarsi una mano tra i capelli, mentre lascia andare la tenda. "Amo le tempeste, ma non me la sento di lasciarti uscire ora. Comincerà a minuti lì fuori." Sembra una madre apprensiva. "Se per te va bene faremo il giro della casa e poi ti riporterò a casa tua." Interpreta la mia espressione in modo sbagliato, perché poi aggiunge. "So guidare benissimo, forse meglio di Vin Diesel!"
Questi continui cambiamenti di umore mi stanno destabilizzando, ma apprezzo che, nel breve scambio di battute tra me ed Erin, Kathleen si sia allontanata dalla porta per permettermi di passare e quindi avere la libertà di andarmene. Mentre esco dal salotto ritrovo il piccolo Chim che si struscia contro la mia gamba, emette fusa e si sdraia sulla schiena come fosse un cane. Mi chino per accarezzarlo e lui accoglie di buon grado la mia mano, afferrando con le piccole e soffici zampe il mio braccio. Improvvisamente un boato fa tremare la casa e l'animale scappa via, andando a raggomitolarsi tra le braccia di Erin.
Dalla piccola finestrella sul portone d'ingresso riesco a scorgere un lampo percorrere il cielo, per poi spegnersi e dare inizio alla vera bufera. Si sente il rumore soffocato eppure assordante della pioggia mista a neve che cade spinta dal vento ululante.
"Odio questo tempo" sussurra Kathleen. "Sheridan, so che ti senti offesa per quello che è successo, ma non era nostra intenzione mancarti di rispetto. Sappiamo tutti bene che se uscirai da quella porta adesso non rientrerai mai più."
Lo sta facendo nuovamente. È come se mi leggesse nel pensiero. "Non so come facciate e non nego che la cosa mi spaventi, ma dovete smetterla di dire quello che penso. Piuttosto, spiegatemi di cosa stava parlando Erin... A quel punto resterò."
Lei inarca le sopracciglia e incrocia le braccia. "Non dirmi che credi a quello che ti ha detto?"
Esito. La ragione mi obbliga a rispondere di no, ma non è quello che penso veramente. Per quanto possa sembrare assurdo l'uomo dell'autobus è riuscito a sentire quello che non ho mai detto a voce e Kathleen continua a ripetere le esatte parole che mi passano per la mente. "E se ti dicessi di sì?" la sfido, ancora prima di realizzare quello che sto dicendo.
Lei scioglie le braccia e si porta le mani ai fianchi. "Mi renderesti molto più veloce spiegarti quello che vuoi sapere."
Non parlo, non respiro e non penso mentre resto in attesa di quella spiegazione. La mia curiosità ha preso il sopravvento e il mio corpo si rifiuta di muoversi, temendo che questo possa far rimangiare le parole alla bionda.
"Ti spiegherò quello che devi sapere per diritto ma non dovrai fuggire." Prende un profondo respiro e lancia un'occhiata a Erin. "In quest'epoca la magia viene vista come una fiaba, percepita come un sogno che non trova radici nella realtà. Tu, oggi, hai avuto la prova di quanto questo sia falso. Anche se ti sembra folle quell'uomo ha letto veramente i tuoi pensieri. O meglio, tu hai proiettato la tua mente verso la sua."
"Come... io non ti ho mai..." balbetto, la gola secca.
"Penso tu sappia già come ho fatto." Si porta una mano alla tempia. "Non è molto educato sbirciare nella mente di altri, ma era necessario."
Inspiro profondamente poi parlo, scoprendo una sicurezza che non mi appartiene nella voce. "Perché dovreste dirmi una cosa del genere?"
Erin fa un passo avanti, mentre accarezza Chim. "Quello che Kath sta cercando di dirti è che tu sei una di noi. Non un mostro, né una strega o un supereroe. Sei un essere umano come tutti gli altri, ma allo stesso tempo hai un grande dono che si sta manifestando dall'adolescenza, o almeno così dovrebbe essere." Fa una pausa, dandomi il tempo di ripensare alla mia adolescenza e a tutte quelli sensazioni e situazioni particolari a cui non ho mai dato molto peso. "Sei quella che viene chiamata maestra dell'anima, proprio come noi."
Non passano più di due secondi che una risata isterica e incontrollabile fuoriesce dalle mie labbra. Mi porto una mano alla fronte, scuotendo il capo, mentre il mio corpo oscilla come ubriaco. Tutta questa situazione è così assurda che per poco non ci ho creduto.
Alzo la testa per guardarle bene in volto ma, quando noto la serietà e solennità dei loro sguardi, la mia risata si spegne e deglutisco a fatica. Non stanno scherzando.
-Non aver paura.- La voce di Erin mi risuona nella testa, ma le labbra di quest'ultima sono immobili.
Lei ha parlato!
Barcollo e faccio un passo indietro, seguito da un altro. Non mi terrorizzano le loro parole, ma la consapevolezza che io ci creda.
Sto impazzendo?
Una sensazione di gelo mi attraversa le ossa e gli occhi di Kathleen si posano su qualcosa alle mie spalle. Non sembra molto felice di quello che vede e le sue parole lo confermano. "Tesoro, non era proprio il momento migliore per arrivare."
Quando mi giro uno strano tremolio dell'aria mi impedisce di vedere chiaramente i contorni del portone. Una forma diafana e luminosa, dai tratti definiti e per questo facilmente identificabili si trova davanti all'entrata. Un uomo trasparente mi sta di fronte e riesco a vedere ciò che è posto dietro di lui.
Riesco a vedergli attraverso.
Non ho neanche il tempo di pensare alla parola fantasma che il mondo si fa confuso e, dopo un giramento di testa, mi ritrovo immersa nel buio dell'incoscienza.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top