18. L'altro Bryan

Bryan ride e mi pizzica il fianco. “Ti ho già detto di non entrare senza il mio permesso. Ho tutto il diritto di darti fastidio ora.”

Non è di certo colpa mia se lui era troppo occupato per riuscire a sentirmi entrare. Tuttora si sta tenendo le cuffie con la mano destra, avvicinando di tanto in tanto una delle due estremità all’orecchio, mentre gli occhi sono fissi su di me.

“Che stai facendo?” Indico il computer e lui smette di pizzicarmi.

“Videogiochi.” È piuttosto sintetico. “Di ogni genere, anche se preferisco i role playing.”

“I che?” Mi siedo sul bordo del suo letto, da cui ho comunque una buona visuale dei tre schermi su cui sta giocando.

È deluso dalla mia ignoranza, nonostante non gli dispiaccia dovermi spiegare e mostrarmi, di conseguenza, tutto quello che sa. “Role Playing, hai presente i giochi di ruolo? Vivo attraverso un avatar e studio gli altri, collaborando se necessario.”

“Sei una specie di nerd.”

“Non direi.” Mi fa segno di avvicinarmi, ma non ho voglia di alzarmi e così mi limito a sporgermi verso il computer. Alcuni personaggi incappucciati, armati o dalle fattezze non umanoidi si muovono all’interno di quella che sembra la riproduzione di una cittadina medievale. L’indice di Bryan va a coprire uno dei giocatori. “Mi servono come oggetti di studio. Posso osservare le loro capacità di adattamento standomene seduto.”

“È un gioco.”

“Lo so.” Voleva che facessi quest’osservazione. “Lo so, ma dietro ognuno di loro c’è una persona, un cervello pensante. Hanno emozioni e istinti che spesso si manifestano solo all’interno di giochi come questi. So anche chi c’è dietro ogni singolo compagno o nemico” confessa con un pizzico di orgoglio. “Mi rilassa riuscire a prevedere le loro scelte, sapere chi mi tradirà.”

Il senso di autocompiacimento misto a frustrazione che gli traspare dal corpo mi spingerebbe a domandare il perché abbia studiato psicologia, ma non è il momento adatto. Se incontrassi Bryan per strada la prima cosa che mi verrebbe in mente non sarebbe di certo uno strizzacervelli, piuttosto un contadino. In fondo ha detto lui stesso di avere le spalle larghe.

“Cos’hai da ridere?” Senza accorgermene ho cominciato a sorridere.

“Niente di che.” L’immagine del ragazzo con una camicia a scacchi e un cappello di paglia non fa che peggiorare la situazione. Comincio a ridere ancora più forte.

“A me non sembra” borbotta contrariato dall’essere oggetto di scherno. “Se non la smetti giuro che scoprirai il mio secondo volto.” Agita le dita in aria, in una minaccia di solletico, tuttavia non è questo a farmi smettere.

Ormai, a distanza di giorni, mi era passato di mente, ma quella frase pronunciata dalla sua bocca ha riportato a galla un ricordo. Il secondo volto di Bryan ho già avuto modo di vederlo.

“È proprio quello che ti ha permesso di bruciare il collo di quel tizio” osservo ad alta voce e lui impallidisce.

La sua reazione mi fa temere di aver detto qualcosa di sbagliato, sebbene non mi pare sia così. Adam è stato chiaro riguardo l’utilizzo delle radici: essere legato a una in particolare è ovvio, ma le nostre mille sfaccettature ci permettono di utilizzare anche le altre, spesso con più difficoltà. Ci vogliono anni e molte vite, però si può arrivare addirittura a governarle tutte e cinque.

“Cosa hai detto?” mi chiede con un filo di voce.

“Che hai usato il Fuoco grazie al tuo carattere o quello che è. Dietro al mio pub, ricordi?” C’è qualcosa di strano nella stanza.

“Ti sarai sbagliata” dichiara, cominciando a picchiettare sulla tastiera con più forza del necessario.

“Non ho sbagliato.” Le mie labbra si sono mosse da sole e ora non ho più modo di ritirare quanto affermato. Il calore che ho sentito quella sera era reale ed era lo stesso che Kathleen ha usato su di me. Non posso essermi sbagliata.

In un battito di ciglia Bryan scatta verso di me, bloccandomi tra il letto e la parete con le braccia, che mi ostacolano la fuga da entrambi i lati. “Dovete tacere.” I suoi occhi brillano come non mai. Ecco la seconda natura di Bryan. “L’avervi lasciato in vita è un grande dono. Non pretendete troppo, da donna quale siete.”

“Bryan… che stai dicendo?” Ho sempre più freddo, mentre il calore si fa insopportabile.

“Non chiamatemi così.”

“Perché?”

“Perché sono diverso da quell’uomo. Diverso per molti aspetti. Non pretendo che una come voi capisca la gravità della situazione, ma garantisco che basterà una sola parola perché voi smettiate di esistere.” Mi squadra lentamente da capo a piedi sfiorando il mio viso con i ricci dorati. “Divorare il vostro esile corpo non sarà un compito arduo.”

Questo è troppo. Con la mano spingo il suo braccio, facendogli perdere l’equilibrio e graffiandolo. Sguscio velocemente fuori dalla sua presa, però, quando già un piede tocca il pavimento, la sua mano arpiona il mio polso e mi tira con forza sul letto. Provo a urlare, ma lui è più rapido e mi tappa la bocca. La sua pelle non odora più di latte caldo. “State ferma” mi intima e io gli obbedisco nell’attesa, o meglio speranza che si presenti l’occasione giusta per fuggire.

“Siete un essere irrazionale, voi. Non sfidatemi se non siete in grado di affrontare una battaglia, donna.”

Essendo fermo sopra di me, con le ginocchia all’altezza dei miei fianchi, mi risulta semplice sollevare la gamba e colpirlo. Mentre si piega per il colpo, la sua mano si sposta dalle mie labbra. Tuttavia, non urlo.
“Io almeno ho la decenza di combattere col mio corpo.” Un impercettibile tic della palpebra destra conferma la mia ipotesi. Lui non è una delle vite passate del maestro. È una persona diversa. “Lasciami andare e non gli dirò nulla.”

Mossa sbagliata. Avrei dovuto riflettere prima di sfidarlo. Ora le sue dita sono serrate sulla mia gola e stringono sempre di più. Avvicina il suo viso al mio a tal punto che sento il suo respiro toccarmi il naso. “Tracciamo un confine chiaro, donna. Osate anche solo nominarmi in presenza di quell’uomo e mi assicurerò di estirpare tutto il vostro sangue da questo mondo. Non siete voi a dettare le regole, né con me né con Ludwig.” Con quel riferimento al mio sangue sembra stia minacciando anche la mia famiglia, penso con orrore, mentre la vista mi si appanna. “Avete capito?”

No, come potrei capirlo? Perché salvarmi da quel gruppo di criminali se ora vuole uccidermi?

“No, non commettere quest’errore.” La stretta viene allentata quel tanto che basta per permettermi di respirare affannosamente e far circolare il sangue ossigenato fino al cervello, in modo che possa ascoltare con la dovuta attenzione. “Salvaguardavo i miei interessi e, per mia sfortuna, eravate compresa in essi.”

“Tu… puoi leggermi…” Un brivido mi fa spalancare gli occhi, mentre per un attimo mi sembra di avere davanti il volto del diavolo.

“Sono come voi, come Ludwig. Lui è acqua, io sono fuoco.” Porta la mano libera davanti al mio viso, liberando sul palmo una sfera luminescente che ingloba l’energia libera nella stanza e si accresce. “Fiamme che vi consumeranno se non sarete muta.”

Ormai il panico è padrone del mio corpo e, ignorando il dolore della stretta, mi dimeno e urlo con tutto il fiato che ho in gola, mentre mi chiudo a riccio contro la parete e serro gli occhi.

“Sherry, bimba, stai bene?” La voce dolce di una donna accompagna una carezza sul viso.

Sono tornata nella mia stanza, sdraiata sul letto con le lacrime agli occhi e il cuore che batte frenetico. Il calore non c’è più e riesco a deglutire, anche se con fatica, mentre Erin e Kathleen sono chine all’altezza del mio viso. È più forte di me, scatto e abbraccio la maestra più vicina, la bruna.

“Pensavo di morire” singhiozzo.

“Tranquilla” mi ripete Erin stringendomi. “È finito ora.”

Finito? Mentre il cuore rallenta la sua corsa ritrovo la mia lucidità e capisco di essere nella mia stanza, nonostante non mi sia chiaro il perché e il come. Ho chiuso gli occhi per un secondo e quel mostro è scomparso. Il mio letto è sfatto e le mie gambe affondano nelle coperte.

“Hai deciso di rovinare anche la notte?” mi domanda Kathleen, facendo leva con le braccia sulle ginocchia per alzarsi.

“Come scusa?” Sono ancora troppo stordita per elaborare una reazione a questa sua uscita.

“Tutti hanno incubi” la riprende Erin, mentre mi tiene una mano poggiata sulle gambe.

Incubo. È ancora più spaventoso pensare che si sia trattato solo di un sogno, tanto era reale. Sento ancora la sua voce nella mia testa. Un brivido mi smuove il corpo e la bruna fa più pressione con il palmo, cercando di calmarmi.

Persa nelle mie paure e scossa dalla recente esperienza non mi accorgo che Kathleen ha lasciato la stanza. Quando rientra, tenendo in mano un bicchiere d’acqua, quasi urlo. Ogni suo passo è motivo di allarme per il mio corpo ancora pieno di adrenalina, fino a quando non bevo un lungo sorso e il liquido gelido non raffredda la tensione. Non ricordavo che l’acqua avesse un sapore così buono.

“Ci hai messo qualche veleno dentro?” Le domando, ripassandole il bicchiere che lei poggia sulla scrivania.

“Mi crei problemi persino quando dormi, non oso immaginare da morta.”

“Bene, penso sia tutto risolto” fa appena in tempo a dire Erin che qualcuno bussa e un biondo dall’aria assonnata fa la sua comparsa, facendomi rigirare lo stomaco.

“Pensavo fosse qualcosa di grave” esordisce, notando il nostro terzetto seduto sul letto in apparente calma.

“Lo pensavamo tutti” lo corregge Kath, cogliendo l’occasione per lasciare la scena e salire dal suo amato marito.

Questa volta non posso darle torto. Ho disturbato tutti per un incubo, come se fossi ancora una bambina, nonostante non ne abbia mai avuti in passato.

“Non devi scusarti” mi rassicura Erin, alzandosi e prendendo il bicchiere. “Notte.”

Bryan segue la maestra con lo sguardo, finché questa non scompare dalla visuale. “Tisana” dichiara poi, salutandomi e seguendo la donna.

Poggia una mano sulla maniglia per richiudere la porta e il gesto fa tendere il tessuto della felpa, che si solleva quel tanto che basta per mostrare il polso. Se fosse buio avrei qualche dubbio, ma la luce è accesa quando intravedo una sottile linea, un marchio che conosco bene, essendo colei che l’ha tracciato. Un graffio.

Mentre la porta viene chiusa arrivo a una scoperta che di piacevole non ha nulla. Se l’incubo di per sè era orribile, allora saperlo reale è agghiacciante. La mano mi corre alla gola dove poco fa le dita di un estraneo attentavano alla mia vita.

L’uomo che mi ha minacciato di morte è il mio vicino di stanza.

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