14. Il gatto zombie
Decine di fili luminosi si snodano partendo dal cristallo e si arrampicano sulle pareti, disegnando intrecci meravigliosi, ma anche spaventosi, perché ben presto il salone assume l’aspetto di una rete. Posso percepire sulla mia pelle quanto questa gabbia sia pericolosa. Riesco a sentire il tocco gelido di queste cordicelle scavarmi dentro in cerca di calore.
I polmoni mi si contraggono in cerca di aria, ma l’ossigeno non arriva, impedendomi di fiatare. Anche Erin è senza parole e osserva a occhi spalancati le spirali che la attraversano, mentre i capelli le volano intorno al viso paonazzo.
Pauline non ha intenzione di smettere. Si strappa la collana dal collo e protende il ciondolo stretto nel pugno nella direzione della maestra. Non riconosco l’odio che la comanda, che la spinge a fare così tanto male a Erin, però non le permetterò di andare avanti.
Approfittando del fatto che il ciondolo non sembra essere interessato a me, faccio un passo e mi ritrovo tra lei e la maestra. Allungo un braccio, toccando uno dei fili che attraversa Erin con il palmo, aspettandomi un dolore atroce, però non succede niente. Infatti, esso si sposta, continuando a tenere la proprietaria di casa bloccata. Riprovo più volte, cercando di richiamare i miei poteri, ma è tutto inutile e l’adrenalina mi attraversa come una scarica, quando la mia amica si gira nella mia direzione con un sorriso che mi fa gelare il sangue nelle vene. Non c’è segno di pentimento sul suo viso, solo autocompiacimento.
Chi è Pauline?
Sebbene questa domanda mi continui a rimbombare nella testa, ho già una risposta. Lei è la vera Pauline.
La rabbia comincia a montarmi dentro, mentre all’esterno si scatena lo stesso vento che ha sconquassato la camera di Bryan. La percezione che ho del mio corpo, il controllo sui muscoli e la lucidità mentale aumentano, ma la libertà ritrovata dura pochissimo, perché i fasci luminosi, che prima si limitavano a fluttuarmi intorno, si dirigono verso una nuova preda, verso di me.
Serro gli occhi, pronta al peggio, ma nulla accade. Li riapro. La stanza è tornata alla normalità.
“È tutto finito” mormora Pauline col fiato corto e la fronte madida di sudore, che mostra quanto il suo corpo sia stato messo sotto sforzo.
Quando avvicina la sua mano alla mia, la scanso impulsivamente e corro verso Erin, che ancora guarda il soffitto, mentre le narici le si dilatano per i profondi respiri che sta prendendo.
Il mio sospiro di sollievo, non appena tocco la spalla della maestra e la percepisco in salute, mette in allarme Paul, che sbianca. “Come è possibile?! Dovresti essere…”
Non riesce a terminare. Le ginocchia le cedono e si piega su se stessa, con il viso che sfiora il pavimento. Mentre è prostrata ai nostri piedi, il corpo le trema per lo sforzo di opporsi a quel peso invisibile che la tiene inchiodata, ma è tutto inutile e può solo osservare i piedi di Erin che si avvicinano.
L’espressione della maestra è rilassata, in contrasto con l’aura che la circonda, che mi porta a temere voglia ucciderla. In questo momento non provo dei sentimenti nobili verso la rossa, però è pur sempre un’amica d’infanzia e prima ancora un essere umano. “Erin, non farlo.”
“Hai un animo nobile, se la vuoi ancora proteggere, ma sta tranquilla… non ho alcun interesse nel continuare questa battaglia.” Con gesti delicati tasta la pelliccia di Chim, che per tutto questo tempo le è rimasto in braccio, mentre le rughe sulla fronte le si fanno via via più marcate. “Apprezzavo molto di più quando i vostri antenati ci sfidavano a viso aperto, senza nascondersi dietro oggetti che non dovrebbero maneggiare. Ai cristalli segue sempre e solo morte.” Pauline emette un verso. “Bambina, dovrebbe sapere che quella che porta al collo è un’arma a tutti gli effetti, a prescindere da quanto sia carina la collana. Una volta attivata è un’offesa dichiarata.”
“È proprio quello che doveva essere.”
Erin emette un lungo fischio. “Che concentrato d’odio incredibile. Non credi sia sbagliato vivere così?” Smette di studiare il gatto, che è così immobile da sembrare un peluche, per poter ascoltare con la dovuta attenzione la sua risposta. “Il tuo silenzio conferma le mie parole.”
“Mai!” urla la ragazza, riuscendo a spezzare il blocco invisibile quel tanto che basta per poterla trapassare con lo sguardo.
La maestra si china, prendendole il mento tra le dita e scrutandola con attenzione, per poi piazzarle il gatto a pochi centimetri dalla faccia. Una volta lasciato andare l’animale, che si accascia al suolo, sfiora con l’indice il ciondolo di Pauline che reagisce illuminandosi e costringendola a ritirare la mano. “Sai che c’è lì dentro? L’anima che riempiva il mio povero gatto, una parte di me. Quindi che ne dici di rimediare a questo piccolo inconveniente mettendo la tua al suo posto?”
“Non oseresti...” balbetta, sbarrando gli occhi davanti al sorriso di Erin.
“Non farlo” intervengo.
Questa volta la maestra non mi rivolge alcun elegio, scaricando sulle mie spalle un peso invisibile che mi fa piegare le gambe. Non ho intenzione di perdere, così stringo i pugni e serro la mascella, mentre mi sforzo per non crollare, riuscendo infine a vincere. Mi fa un cenno del capo come segno di apprezzamento e poi mi indica con gli occhi la mia amica, ammiccando per tranquillizzarmi.
Quando viene liberata Pauline non prova più neanche ad alzare la voce contro quell’essere centenario, che è anni luce più avanti di lei. Mi fa un’ultima silenziosa richiesta, invitandomi a seguirla, confermando di conseguenza la visione distorta che ha di quelli come me.
“Hai ancora la possibilità di fare la cosa giusta.” È questo che vorrebbe dirmi.
Non riuscendo neanche a guardarla negli occhi senza che la mia delusione traspaia, le do le spalle, rifiutandomi anche solo di salutarla.
La tenda copre la finestra, ma mi sembra di poter scorgere la sua ombra allontanarsi e fermarsi per qualche secondo, prima di sparire. Non mi capacito di come abbia potuto mentirmi per così tanto tempo, quando io la consideravo la mia confidente. Fiducia, è questa la parola chiave.
Di chi mi devo fidare?
Al contrario della sottoscritta, Erin non è turbata e continua ad accarezzare Chim con un sorriso finto stampato sulla faccia. Ha la stessa espressione cupa di quando contemplava il fuoco, prima che apparisse l’immagine del rogo.
“Sono stati gli Sprenger a bruciarti sul rogo?”
Sbatte per un paio di volte le palpebre, con fare confuso. “Cosa? Ah no, non sono mai morta così.”
“Allora cos’era quello?”
“Un ricordo” mi spiega sinteticamente, sedendosi a gambe conserte, poi ci ripensa e continua. “Quella donna era uno spirito libero con cui ho condiviso una delle mie vite. È vero, in passato ci hanno cacciati come animali e decimati, ma in tutto questo chi ha pagato di più sono gli umani normali… di certo non potevano sperare in una nuova vita.”
“Ti senti in colpa.” Realizzo, ricevendo uno sguardo indecifrabile in risposta. “Però le loro morti non c’entrano niente con Pauline. Sono passati secoli.” Io stessa non sono convinta delle mie parole.
“Gli Sprenger hanno ucciso in passato e uccidono nel presente, non in modo convenzionale, ovvio. La tua amica lo ha già fatto o lo farà presto.” Lascia in sospeso quest’ultima frase, lasciandomi intendere che lei già sa quale delle due opzioni sia quella corretta, ma ha l’accortezza di non comunicarmelo. Mi fa cenno di sedermi accanto a lei, sbattendo la mano sulla moquette. “Cara, sei ancora condizionata dai tuoi pochi anni di esperienza. Non c’è bisogno di criticarsi per questo genere di ignoranza.”
“Anche Pauline ha dei poteri, perché non è come noi?”
“Non è lei, ma il cristallo. Quelle pietre, se vengono purificate nel modo giusto, sono esseri vivi che, non avendo energia propria, devono rubare quella degli altri viventi. Proprio come ha fatto con Chim. Adam te ne parlerà a breve.”
“Allora cos’è lei?”
“È la discendente di un uomo che scrisse il Malleus Maleficarum, un trattato che ci ha causato non pochi guai. Era uno di quelli che ora chiamiamo inquisitori.” Le rivolgo uno sguardo interrogativo, chiedendomi il perché di quella precisazione temporale. “Come ho detto alla tua amica, i libri di storia non sono sempre esatti. L’inquisizione è stato il culmine del potere di un gruppo di persone che agiva già ai tempi dell’antica Roma, e ancora prima. Non siamo mai piaciuti troppo a una buona fetta di umanità e, con l’avvento del cristianesimo, sono riusciti a trovare l’escamotage perfetto. Hanno creato l’inquisizione, per poterci torturare e farci confessare il patto con il demonio, ma in verità desideravano solo il nostro potere. Da quel momento tutti quelli che seguono la loro linea di pensiero nei nostri confronti sono stati definiti inquisitori.” Il cuore prende a battermi più in fretta quando capisco che sta per aggiungere qualcosa di vitale. “Pauline Sprenger ha la loro stessa filosofia, quindi è un’inquisitrice.”
Niente. Improvvisamente sento il vuoto intorno e dentro di me, a causa della rottura di quel ponte che era l’amicizia con Pauline. Il nero si sta impossessando della mia anima, tingendola dei colori del risentimento, ma uno schiocco di dita mi salva dall’annegarci dentro.
“Forza e coraggio, piccola Sheridan.” Erin mi indica il gatto. “Ora pensiamo a salvare Chim.”
“Quel coso è morto” le faccio notare con acidità.
Lei sogghigna orgogliosa. “Come credi sia uscita indenne da quel dannato cristallo? Ho deviato la sua attenzione su Chim.” Poggia l’indice sulla cassa toracica dell’animale. “Quando l’ho trovato per strada mi sono accorta che il suo organismo era troppo debole per sopravvivere e per aiutarlo ho creato una piccola sacca di cristallo saturo, che può contenere una parte della mia anima. Sono una parte di lui, per quello vedo cosa succede in casa e così Kath si è convinta che parlo con gli animali.”
Fa impressione come cosa.
“Non fa impressione. È impressionante” sbuffa. “Ho avuto quest’idea guardando un film. Voldemort è un personaggio affascinante, oserei dire geniale nella sua idea di dividere l’anima in frammenti.”
Il modo in cui gesticola, spiegando con voce squillante come l’arte dello zapping le abbia permesso di arrivare a questa scoperta, la fa apparire come una bambina e in circostanze diverse sarei rimasta ad ascoltarla per poter apprendere una minuscola nozione in più. Ora sono solo stanca di tutto e l’unico mio desiderio è potermi rintanare in camera.
“Ora proviamo a farlo con te.” Non ho ascoltato molto di quello che ha detto, troppo presa dal nero che ancora serpeggia nel mio petto, e, nel tentativo di non offenderla, non chiedo delucidazioni, mentre scuoto la testa e poggio una mano a terra.
Nonostante cerchi di fare leva sul braccio per potermi alzare, i muscoli non mi obbediscono come dovrebbero. Erin poggia la sua mano calda sulla mia e indica con l’altra il punto dove prima ero seduta, in un ordine silenzioso. Quando cedo e mi risistemo accanto a lei sbuffando, mi avvicina le dita al pelo del gatto e solo dopo mi lascia andare.
“Chiudi gli occhi e cerca di percepire quel poco di vita che ancora gli rimane.” Capendo che da sola non posso farcela comincia a guidarmi, unendosi a me nella ricerca dell’aura di Chim e riuscendo a farmi capire come posso identificare le altre impronte energetiche che mi circondano.
Una volta percepito dovrei essere in grado di inserirmi in quella sacca che Erin ha creato, eppure non succede. Sono ancora troppo turbata per poter ragionare a mente lucida e questo influenza il risultato in negativo. La vita di questo gatto è sua, così come la sua morte. Non voglio sostituirmi a essa.
“Non posso farlo.”
“L’avevo capito.” Erin sorride mestamente e impiega pochi secondi per farlo al posto mio. L'animale resuscitato comincia a respirare a un ritmo più regolare, rimanendo tuttavia sdraiato per riprendersi.
Questa volta non vengo bloccata e posso alzarmi senza problemi, salire le scale e buttarmi sul letto, sbattendomi la porta dietro involontariamente, mentre sento quella al piano inferiore aprirsi. Bryan deve essere tornato dall’università.
Fiduciosa che chiunque sia entrato non venga a disturbarmi, data la grande quantità di energia negativa che sto emanando, chiudo gli occhi prendendomi la testa tra le mani e mi rotolo tra le coperte, cercando di scacciare i demoni di questa mattinata. L’emicrania, che durante la conversazione con Erin era solo accennata, ora dilaga incontrollata e smette solo quando qualcosa mi colpisce il viso.
Non sentendo dolore dopo il colpo apro gli occhi, scoprendomi nei giardini e in compagnia. Il sinuoso corpo immateriale di Kathleen mi sta davanti, divorato da lingue incandescenti che le danzano intorno senza ustionarla. Salgono sulle sue gambe e si arrampicano fino ad arrivare ai palmi delle sue mani, stesi verso l’alto.
E non serve un genio per capire che quello che quei serpenti di fuoco vogliono divorare sono io.
Anche se è inutile in questa dimensione, deglutisco e indietreggio, mentre lei assottiglia lo sguardo.
-Ti hanno mai detto che chi gioca col fuoco si brucia?-
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