Prologo. Vulcano

(Maedhros) Fisso il fondo dell'abisso di fuoco, sento il calore profondo e bruciante del magma e la furia del vulcano che fa tremare tutta la terra, ma nulla è pari all'ira che sento nel mio cuore. Mio padre Fëanor ci ha ingannati tutti e noi, i suoi maledetti figli, abbiamo perpetuato il suo giuramento... ma lo abbiamo fatto invano!

Vana la speranza che ci ha indotti a reclamare quei gioielli così puri; di cui uno mi dilania le carni dell'unica mano che mi è rimasta. Mossi i miei capelli di uno scuro e brillante rosso, ondeggianti al vento infuocato. Le mie mani non avrebbero dovuto macchiarsi di tutti quegli omicidi, se solo l'avessi saputo prima...

Rido allora come non ho mai fatto. A cosa si è votata la mia vita? Ad un vano giocattolo nelle mani di mio padre, anche se lui è morto da tempo; ad uno spregevole trastullo nelle mani di Morgoth, che poi così diverso dall'altro non era, forse non lo sono nemmeno io. Vedo solo ora la loro somiglianza, ma ormai è tardi, troppo tardi per qualunque cosa, tardi per il perdono, troppo tardi per ogni ravvedimento...

La folle furia scema e l'unico pensiero, prima di gettarmi nel fuoco, è per il solo mio Fingon: almeno sarei finalmente tornato da lui. Nel cadere mi accorgo che il Silmaril più non mi brucia ed ho la certezza di non essere come mio padre quando le coltri magmatiche mi avvolgono ed in un attimo tutto finisce e di me, figlio di Nerdanel, figlio di Mahtan, rimangono solo gli elfici poemi del tragico Maglor mio fratello ed il ricordo di Elros ed Elrond che da noi ricevettero pietà. Ai posteri sta l'imparziale mio giudizio, ma valutate a fondo prima di dare un verdetto, ve ne prego.

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