La Porta degli orefici
(Finno) La sera si è tinta dei colori del tramonto ed una brezza fresca mi fa solleticare la pelle. Camminiamo assieme a Maedhros per le vie di Valimar, mentre osserva pensieroso tutti quei particolari mozzafiato della città dei Valar e Maiar.
"Che cosa vogliamo fare, Russandol?" Chiedo.
"Non so se... Vorrei..." Tenta.
Io lo osservo risaputo.
"Lo sai anche tu che Aulë non ha bisogno di dormire. Credo che accoglierebbe degli ospiti anche a notte fonda." Dico stringendogli l'avambraccio.
"Credi ancora che sia una buona idea? Non vorrei che tutto questo trambusto fosse per nulla."
"Per nulla? Ma ti stai ascoltando? Come può essere? No, andiamo accidenti! Tira fuori il vecchio guerriero, lui non si sarebbe mai tirato indietro."
Maedhros mi abbraccia inaspettatamente lasciandomi senza fiato.
"È stata solo una titubanza momentanea, che non avevo neanche espresso del tutto."
"Dai, lasciami andare ora, ci guardano tutti." Sorrido guardandomi attorno.
"Non sarà mai imbarazzante quanto la prima volta, Findekano."
"In ogni caso forza, andiamo da Aulë e non se ne parlerà più."
Ci avviamo allora con calma verso i quartieri dei costruttori, presso i quali sta la residenza di Aulë e Yavanna. La loro è una dimora con due entrate: dalla parte dei laboratori di Aule c'è la Porta degli orefici, mentre l'Arco dei virgulti si apre direttamente sulle Pasture di Yavanna, giardino di grandi delizie che crescono con l'intervento della sua sapienza e degli insegnamenti di Aule, anche attraverso le nostre mani, dove si trovano appunto i campi di ortaggi che sostentano tutta Valinor. Così, quando Aule avvertiva la mancanza di Yavanna, si affacciava dall'Arco dei virgulti ed altrettanto faceva Yavanna dalla Porta degli orefici. Si dice, ed a verità, che sempre ad ogni affaccio in attesa ci sia Aule o Yavanna, a seconda dei casi. E' estremamente amorevole da parte loro, secondo la mia opinione. In ogni caso è usanza che noi Noldor chiedessimo colloquio con Aule alla Porta degli orefici per essere invitati ad entrare dalla sua cavernosa voce.
La strada è relativamente breve e le vie di Almaren a quell'ora sono quasi deserte, tutti noi Eldar prendiamo riposo dalle attività quotidiane e dopo una cena frugale ci dedichiamo alle attività intellettuali, prima dei canti e del riposo notturno. I ciottoli della pavimentazione brillano d'oro brunito e d'argento scarlatto, mentre il nostro passo lieve si approssima alla Porta degli orefici, che già da quella distanza scorgiamo distintamente. Il vero prodigio di questa creazione era è che in ogni momento del giorno mai brilla d'oro o d'argento, ma di un colore così scuro che quasi può dirsi il blu della notte. Mostra le coste del mare di Valinor e l'intero profilo della catena montuosa delle Pelori. Un prodigio della tecnica fa sì che quel mare non sia solo scolpito, ma muova le sue onde, così come le nubi del cielo, ad un ritmo che è il più naturale ed imprevedibile possibile e che cambia ad ogni momento. Quel mare brilla di un color verde smeraldo, mentre le nubi sono di un candore così incredibile da trarre in inganno. Zaffiri e rubini, opali e smeraldi, agate e berilli, perle ed ametiste colmano quelle coste ed illuminano le acque come davvero sono le vere coste. Ci sono poi quarzi e diamanti, pietre di luna e polvere di stelle nel cielo, che rassomigliano alle creazioni di Varda e la cima del Taniquetil balugina radiosa dove sono i troni di Varda e Manwe. Durante il giorno reale in quel prodigio si sorge il vascello di Tilion con il fiore di Telperion, che altro non è che la più grande perla che sia mai stata creata, mentre la notte, a cui manca ancora qualche ora, vede sorgere il vascello di Arien, col frutto di Laurelin tutto d'oro e rubini. Allora il cielo si fa del tutto azzurro, le nubi divengono rosate e mentre le stelle tacciono, le gemme del mare si inabissano nelle sue limpide acque.
"Oh, come mi è mancata questa grandiosa visione! Ho quasi un timore reverenziale a bussarvi..." Commenta Maedhros ammirato.
"L'abbiamo sognata tutti, noi Noldor, durante il nostro lungo esilio. Qui c'è tutto ciò che noi amiamo, l'abilità della tecnica, la gratuità del creare ed il prodigio che viene dalle nostre mani."
Maitimo allora mi fa uno sguardo lungo.
"Già, la gratuità. Ciò che mio padre non ha mai compreso... Dovrò recuperare."
Poi mi prende la mano ed insieme bussiamo.
Trovo il suo gesto bellissimo, tenero e mi sento finalmente a casa, come non è mai accaduto.
"Entrate pure, Fingon e Maedhros, do il benvenuto ad entrambi!" Dice l'inconfondibile e cavernosa voce del Vala.
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