I figli di Nimloth

"Ho... una cosa per voi. - Dice lei alzandosi per andare presumibilmente a prendere una scultura. - Ho avuto modo di scoprire che la mia memoria non è come quella del saggio Rumil, ma è visiva e quindi si palesa tramite immagini, ma con una incredibile vivezza. Quando Fingon mi ha detto di voi ho ricordato un'immagine. Eravate entrambi dei piccoletti tenerissimi, ma tu Fingon avevi preso paura di qualcosa e ti aggrappavi alle vesti di Maitimo e lui è riuscito a farti ridere. Bene, ho riprodotto quella scena, spero vi piaccia."

Mia madre appoggia sul tavolo una scultura coperta da un drappo di velluto verde. Lascio a Finno l'onore e sono colpito dalla vivezza di ciò che vedo.

"Adesso ricordo! Di che cosa avevi paura?" Chiedo.

"Se devo dirlo... Un po' di tuo padre e poi Maglor mi faceva i dispetti..." Dice.

Io gli sorrido e lo accarezzo.

"Non lo facevo così dispettoso mio fratello..." Ammetto divertito.

"Era tuo fratello, Maitimo, cercava la tua attenzione. Si può dire che fosse un po' geloso." Dice mia madre.

"Ha ragione tua madre." Ribadisce Finno.

"In ogni caso la sua scultura è una vera meraviglia Dama Nerdanel." Continua colpito.

"Oh, avanti! Chiamami Nerdanel, non sono più anziana di tua madre!" Dice esasperata.

"Va bene Dam... ehm... Nerdanel." Dice impacciato.

Ridiamo entrambi.

"Non riesco a chiederlo, ma... Sei più entrata nel nostro palazzo?" Domando a mia madre.

"No, non ne ho mai avuto il desiderio. Eppure forse ora... Bah, meriterebbe di essere demolito e riedificato. Di certo non possiamo chiedere a tuo padre che cosa vorrebbe farne, essendo una sua creazione. Costruite un nuovo palazzo piuttosto, tutto vostro, lasciate stare i cadaveri senza vita!" Dice.

"Un nostro... palazzo?" Questo pensiero mi colpisce.

"Non lo vorresti?" Domanda Finno.

"Sì ma... Non dovremmo prima..." Tento.

"Certo, ma non ti piacerebbe?" Ripete.

"Anche domani Finno, anche domani."

"Può darsi che accada prima di quanto pensiate. I Valar sanno essere molto comprensivi di fronte a forti motivazioni... La vostra mi sembra una di quelle." Dice mia madre.

"In ogni caso... Hai ancora la chiave del palazzo?" Chiedo.

"Sì ragazzo, sì. Eccola qui. Che cosa vuoi farne?" Una chiave d'argento esce dalla tasca del grembiule da lavoro di mia madre.

"Ho bisogno di confrontarmi con il mio passato, direttamente. Sempre che vada bene per te, Finno."

"Maiti non vedo perché no. Sempre che questo non ti rattristi." Risponde.

"Cominci a guardarti indietro... Meno male! Ciò che sentivo su di te nel Beleriand mi metteva una tale furia che... ti saresti meritato tante di quelle sculacciate che avrebbe sentito ed approvato anche Manwë dal Taniquetil. Però questo non vuol dire che tutto ciò che tu hai fatto là sia deplorevole. Grazie per aver allevato Elrond ed Elros e cercato di recuperare Elured ed Elurin, nonché per aver passato il comando a tuo zio Fingolfin, è stato saggio. A te invece, Fingon, non ho nulla da recriminare."

"Non sono stato un modello neanche io in realtà, Nerdanel. Non sono riuscito a salvare mio fratello Argon, né ad aiutare i tanti Noldor morti nell'Helcaraxë, né a proteggere Aredhel e molti altri." Ammette lui.

"Ognuno di voi ha un bel fardello sulle spalle, ma insieme potete farcela, a sopportarlo."

"Di sicuro sono più imperdonabile di te. Grazie per... lo sai ormai. Madre, vorrei darti una motivazione per il mio essermi curato dei gemelli. Semplicemente, mi ricordavano Amrod ed Amras quando erano soltanto degli elfettini, non potevo abbandonarli. E poi erano così piccoli... che potevano saperne loro di guerre? Elured ed Elurin avevano appena tre anni, non sono nulla per noi. Come potevo abbandonarli a loro stessi, senza almeno aver cercato di salvarli? Se penso a come sono morti rabbrividisco fin nelle ossa e sento il mio cuore spezzarsi. Non avrei mai voluto che finisse nel sangue quella volta... avrei dovuto guidare io quell'ambasciata, non Cele.... Perdonami madre."

"Conosco tutto Maitimo e forse sei tu ora a non sapere. Ci fu qualcuno che riuscì a trovarli... Nellas li salvò dalla morte. Nessuno di loro aveva dimenticato la loro storia, semplicemente decisero di non rivelarsi mai, rinunciando ad ogni pretesa e diritto sul Doriath, se non dopo essersi imbarcati assieme a lei per giungere qui e poi si presentarono a Melian ed il suo cuore divenne più leggero, come il loro, dovresti saperlo, l'hai incontrata." Commenta mia madre.

Il mio cuore avverte una leggerezza mai provata prima, che appena allevia i miei patimenti.

"Sono sollevato, - Sospiro. - Non lo sapevo, ne io l'ho chiesto... Credevo fossero tornati tramite Mandos dopo essere morti."

"Nemmeno io sapevo." Ammette Finno colpito.

"Hanno voluto rimanere anonimi, ma non a chi si spinga a chiedere della loro sorte. Io l'ho fatto perché ero preoccupata per te e cercavo di capire quanto fossero pesanti i tuoi mali." Rivela mia madre.

Che sorpresa inaspettata!

"Il mio cuore si è smosso liberandosi da un sasso... ma che dico, da un intero pietrone!"

"Speravo l'avresti detto." Dice lei accarezzandomi la guancia.

"Mi chiedo se sia possibile incontrarli." Dice Finno.

"Sarebbe bello." Aggiungo.

"Vi basta chiedere a Melian, oppure nel caso riusciate ad incontrarli, per caso." Sorride.

"Se lo avessi saputo prima glielo avrei domandato quando l'abbiamo incontrata nella dimora di Aulë e Yavanna." Dico.

"Questa storia ancora non la conosco... Vi prego, raccontatemi! Voglio sentirvi parlare... È una vera delizia, dopo così tanta solitudine autoimposta." Ride mia madre.

Fingon mi lascia presto la parola, commentando ogni tanto, ed io le racconto tutto, ogni dettaglio, chiacchiera e suggestione che ho avuto là, nonché il motivo della nostra visita e le mie risoluzioni assieme alle scoperte di Fingon. Poi Finno prende a raccontarle del suo ritorno e dei suoi propositi su di me e poi la facciamo ridere parlandole del nostro primo reincontro, dei piatti lavati e di qualunque altra cosa ci venga in mente. Quando ormai la gola ci si secca del tutto smettiamo e mia madre ci fa rimanere per pranzo e prepariamo il pasto assieme a lei e mangiamo. Ci fa alla fine ingozzare di dolcetti e ci sacrifichiamo ben volentieri.

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