Sempre Tuo
Sapeva che non poteva essere sempre suo.
Per quanto faceva male ad entrambi quando Ainosuke appoggiava la fronte contro il suo petto e si stringeva ai lembi della sua camicia bagnandola di lacrime copiose supplicandolo di fargli rompere il fidanzamento, Tadashi lo guardava appena e poi alzava la testa di lato cercando di restare indifferente.
Era ben conscio lo costringeva a vivere un matrimonio senza amore.
Una relazione per dovere fondata su un tiepido affetto che avrebbe osservato crescere da lontano nei propri occhi verdi ormai spenti.
La sposa che aveva scelto per Ainosuke, per il "suo" Ainosuke, non portava vergogna al nome degli Shindo e, per di più, con lei avrebbe potuto condurre la sua doppia vita alla S senza problemi poiché lei era così innamorata di lui che si sarebbe fatta passare alle spalle tutto.
"Tranne un marito infedele" gli ricordava la voce della ragione ma il cuore di serpente di Tadashi non ne contemplava la possibilità. Perché aveva già deciso che non avrebbe varcato più la soglia proibita.
Giorni di ricerche, ricacciando groppi di lacrime in gola, per trovare la sposa adatta a compiacere le zie ma non esserne una loro alleata e un pomeriggio, dopo aver esaminato cartelle su cartelle, la trovò: una bellezza dal fascino delicato e innocente come una bambola; ottimi studi; di carattere modesto; unica figlia di una benestante famiglia di origini americane con ottimi agganci nella politica internazionale. Nessun segreto, nessuna macchia, nessuna finzione, nessuna ambizione. Una donna semplice con il sogno di essere una brava moglie e madre. Niente di più, niente di meno.
Tadashi ricordava ancora il loro incontro da soli, al secondo appuntamento tra Megumi e Ainosuke.
Camminavano lei dietro a lui per un lungo corridoio, quando lei lo tirò per la manica della giacca.
Tadashi si voltò, la vide stringersi nelle spalle e portandosi una mano stretta in un pugnetto in petto, con le guance arrossate chiedergli con la sua voce dolce e delicata: «Ho notato che i rapporti tra Ainosuke e le sue zie sono tesi, può dirmi qualcosa in più?».
Tadashi provava pena per lei e disgusto per lui: aveva scelto proprio la donna ideale.
La accompagnò in un angolo appartato del corridoio della casa e le disse tutto quanto sapeva (omettendo i particolari sulla S e la propria vera relazione con Ainosuke).
Alla fine del suo lungo discorso Megumi lo prese per le mani e gli giurò, mentre il corridoio si riempiva della luce dorata del meriggio, che con lei Ainosuke sarebbe stato libero di vestirsi come voleva e che gli avrebbe insegnato cosa fosse il vero amore anche in "quelle cose perverse" concludendo con un sorriso innocente e smaliziato.
Il cuore di Tadashi si strinse in una morsa, era perfetta, troppo perfetta.
Poi, sapendo di essere l'unico a conoscere davvero Ainosuke, la riguardò meglio e pensò davanti a quel viso dai tratti fanciulleschi e dai grandi occhi verdi, incorniciato da boccoli biondi:
"Che bambolina ingenua.".
I giorni passavano lenti, riempiti da una routine in cui Tadashi assisteva da lontano sotto un albero, cane fedele dagli occhi verdi sempre più spenti al corteggiamento di Ainosuke e Megumi.
Ainosuke, si deliziava a parlare tra un pasticcino e l'altro rivolgendo un sorriso cortese a una donna dai capelli come l'oro che lo ricambiava con un sorriso luminoso, nel loro Giardino dell'Eden su cui brillava sempre il sole, in una perfetta rappresentazione di una coppia dell'alta società.
Erano scene degne delle fiabe che leggevano insieme da bambini lui e Ainosuke.
Tadashi sentiva bruciare gli occhi, si asciugava una lacrima fugace, riprendeva a guardare quella pantomima con tocchi di sentimento e di sguardi fugaci pensando a quando lui e Ainosuke avrebbero gareggiato alla S insieme quella notte e l'infelicità scivolava via.
Si avvicinava il giorno delle nozze e Tadashi fu impegnato al massimo nei preparativi.
Erano nozze in grande ma non quelle che voleva Ainosuke: voleva la gente della S; gli amici e gli ex-nemici (da cui riuscì a fatica a farsi perdonare per il passato) non il bel mondo della politica nipponica.
Voleva rose rosse dappertutto non anonime composizioni di rose bianche e rosa tenue.
Voleva rosso e passione non bianco e noiosi colori pastello smorti.
Soprattutto: lui voleva a raggiungerlo sull'altare, su uno skateboard bianco come il suo completo, lo stesso segretario che sopportava le sue incessanti richieste di fermare le nozze.
La notte prima del matrimonio, dopo un sontuoso addio al celibato, cui ebbe modo di parlare coi suoi due vecchi amici Kojiro e Kaoru, presenti tra gli invitati; Ainosuke invitò Tadashi nella propria camera da letto.
Era l'ultima notte dove poteva essere suo, corpo e anima, glielo avrebbe concesso.
Entrò e si trovò davanti Ainosuke già a letto che gli ordinò di raggiungerlo.
Tadashi sbatté le palpebre più volte, incredulo. Ainosuke non indossava solo una vestaglia (forse voleva qualcosa di più intimo?) e il tono della sua voce era naturale, non seduttivo come le poche altre volte, dopo una gara alla S dove una "notte di passione" era sempre il premio in palio tra loro due e, a sorpresa, fu Snake a farsi più audace.
Forse, era la consapevolezza della fine ad agire per lui.
Tadashi obbedì iniziando a spogliarsi, era sul punto di levarsi canotta e boxer quando Ainosuke lo fermò con un cenno della mano.
«Non faremo nulla per stanotte.» disse perentorio poi mosse la mano su e giù:
"Vieni qui"
Tadashi spalancò gli occhi senza dire nulla davanti al suo sguardo di infantile dominanza.
Cane obbediente, amante fedele. Senza obiettare lo raggiunse, si infilò sotto le coperte mettendosi seduto nel posto che non avrebbe mai più occupato chiedendosi cosa l'avrebbe aspettato quella notte di cui ogni secondo voleva imprimere nella mente.
Ainosuke, con indosso un pigiama rosso con i bordi bianchi, seduto anche lui nel letto, appoggiava la testa sulla spalla del suo vero amore, intrecciò le proprie dita con le sue e prima di abbandonarsi al sonno gli chiese: «Se mi ami davvero, ferma le nozze.»
Tadashi sgranò gli occhi, sentiva i suoi capelli blu solleticargli la spalla, vedeva le sue ciglia folte, gli occhi chiusi in un'espressione serena.
Voleva davvero fare quella follia ma non poteva.
Aveva fatto bene il suo dovere, aveva assicurato un futuro agli Shindo e protetto la S.
Il resto non era importante.
In una zona alla periferia di Okinawa, tutta case in mattoni e gatti che giravano per i vicoli grigi di una città semi deserta, alle 18:53 in punto, un uomo sulla settantina ma gliene potevi dare di meno, visto il fisico asciutto, i capelli ancora neri che spuntavano da sotto al berretto rosso, ogni tanto alzava la visiera per mostrare un viso segnato da poche e fini rughe agli angoli del volto, usciva fuori da una casetta all'occidentale di mattoni color beige lasciandosi ben chiuso alle spalle il portone in ferro verde chiaro dalle manigle tonde.
Le finestre erano di un rosso ormai sbiadito da sembrare color terra e dall'unica finestra aperta potevi dare uno scorcio all'interno di un salotto dai muri color crema in stile classico moderno.
Il dettaglio più rilevante era una poltrona in pelle marrone con sopra un centrino bianco all'uncinetto con una rosa posato sul poggiatesta, sostante davanti a un piccolo televisore a schermo piatto spento posato su un mobiletto in legno scuro.
Intorno, incorniciati una sgargiante locandina della FUN, la marca di skateboard creati da Reki; un quadro del noto calligrafo Kaoru Sakurayashiki e foto, tante foto a raccontare una vita proprio come i soprammobili dal gusto pacchiano posti su un mobile lungo, residui di viaggi in Spagna, in America, in Italia e in ogni luogo del mondo voleva fare skate con lui. Nella credenza era custodito il merchandising di Langa, Adam, Reki e Miya: una collezione di statuine, peluche, portachiavi e charms e rarità come tutto il materiale su Snake creato da lui e tenuti con amore assieme ai pochi, vecchi trofei e al simbolo della S scolpito in argento.
Se allungavi il collo e aguzzavi la vista verso destra potevi intravedere nell'angolo vicino all'arco della porta due skateboard le cui punte si incrociavano: uno era di un bianco ormai ingrigito per l'uso con un serpente bianco stampato sul fondo, l'altro aveva la punta consumata, era nero col fondo rosso e due cuori intrecciati stampati sopra.
Sopra la televisione, in una teca di vetro, era custodita una longboard con due corna vicino le ruote, dalle punte graffiate. Nonostante le punte fossero consumate dal tempo restava lucido il disegno sul fondo: incorniciato da una spirale dalla sfumatura nei toni del blu e del rosso campeggiava al centro un cuore trafitto da due spade e sotto scritta in un nastro la frase: Until death us apart.
Il vecchio dal berretto rosso aspettava appoggiato alla cancellata di ferro, fuori dalla protezione del tettuccio in vetro sopra l'arco della cancellata.
Il cielo era pieno di nuvole grigie e il vento freddo prometteva pioggia ma egli era sicuro non sarebbe stata così forte da rovinare le rose del loro giardino.
Il suo spirito, in qualunque parte fosse, non l'avrebbe concesso.
Avevano passato cinquant'anni di vita insieme, poi il fato, improvviso decise di dividerli.
Solo lui poteva farlo.
Tadashi vedendo che aveva svolto tutti i propri compiti alla perfezione, si concesse il lusso di non essere presente quel giorno in chiesa.
A bordo della propria auto, ripensava allo sguardo mesto di Ainosuke che aveva intravisto nello specchio mentre lo stavano vestendo.
Al momento della cravatta, fermò il servo e indicò Tadashi con un dito dicendo: «No.Voglio lo faccia lui.».
Ridestato all'improvviso dalla voce imperiosa di Ainosuke dal proprio immaginare Megumi in un'altra stanza con indosso l'abito da sposa appartenuto alla signora Shindo, i capelli biondi raccolti in una crocchia con perline, il velo a coprire un sorriso radioso...
Tadashi con un nodo tra stomaco e cuore si alzò e si avvicinò al suo Ainosuke per mettergli la cravatta. Incrociò con dovizia i lembi di stoffa e quando fu la volta di tirare il cappio, Ainosuke gli sussurrò all'orecchio: «Sei l'unica moglie che voglio faccia questo per me ogni mattina.» e gli lasciò un bacio sulla guancia.
Tadashi chinò il capo, lasciando gli passasse accanto, come aveva fatto tante volte in passato perché non era capace di esprimere una propria opinione.
Erano già giunti al momento delle promesse.
Ainosuke attendeva trepidante che Tadashi facesse la sua entrata in chiesa sopra al suo skate, ogni tanto allungava il collo verso il portone cercando di non farsi notare dalla bellissima donna che aveva davanti ma purtroppo per lei era caduta in una perfetta finzione perché da almeno un'ora immaginava davanti a sé un uomo dai capelli neri corti e gli occhi verdi con un neo sotto l'occhio sinistro, senza nulla di particolare ma capace di tutto, vestito in un completo bianco con una cravatta rosa e un velo corto sulla testa.
«Fermate le nozze!» si sentì risuonare lungo il sagrato insieme al rumore di ruote che filavano lungo la navata.
Tadashi era lì, incurante degli sguardi sconvolti di tutti e di quelli omicidi delle zie.
A pochi centimetri dall'altare, alzò appena lo skate di punta e lo fermò scendendo giù con un balzo e posandolo accanto a sé.
Tadashi si prostrò a terra. Il cuore gli batteva forte, un fremito gli percorreva tutto il corpo, era lo stesso di quando gareggiò per la prima volta alla S ma triplicato.
Alzò la testa e pronunciò, fermo e deciso: «Ainosuke. Megumi.
So di rendermi ridicolo ma non mi importa, ho mentito fin troppo. Megumi sei una persona meravigliosa e meriti il meglio dalla vita, non di finire nella prigione degli Shindo con un uomo che non ti ama davvero. Ainosuke, ti amo. Vogliamo andare in un mondo solo per noi due?»
Si alzò in piedi, in quel momento le campane della chiesa suonarono sei rintocchi.
Tadashi prese lo skate e lo mise tra le braccia di Ainosuke, «Tienilo stretto al petto con una mano Ainosuke-sama.» lo prese per l'altra mano e urlando: «Megumi, perdonaci.» corsero fuori dalla chiesa.
In quel momento passò un bus e Tadashi ci saltò su insieme ad Ainosuke sedendosi ai posti di fondo. Era come nella scena de "Il Laureato" anche il loro guardare nel vuoto con Ainosuke che non potè evitare di chiedergli: «E ora che si fa?».
Tadashi gli rispose con calma, sperando non si arrabbiasse per cosa aveva fatto alle sue spalle, perchè va bene fermare le nozze ma doveva dare stabilità al suo Ainosuke dopo aver spezzato a mani nude le sbarre della loro gabbia dorata.
«Ho prelevato tutti i soldi da un fondo legato a un conto di tua zia Aiko, tanto non lo usava quasi mai e stava per scadere.
Tra poche fermate ci troveremo a casa nostra, purtroppo è un po' vecchia, apparteneva ai miei prozii, dovremo sistemarla un po', ma spero ti troverai bene.
Ti disidereranno di sicuro ma, fidati di me, lo troveremo un modo per farti vivere dignitosamente...» la voce di Tadashi si fece più agitata, sarebbe andato avanti per ore.
Era preoccupato per il futuro di Ainosuke.
Era ancora uno Shindo ma senza il potere politico e i soldi poteva continuare con la sua leggenda? Non si sarebbe pentito un giorno della sua scelta? Non avrebbe preferito la clandestinità coniugale a una vita da uomo comune? Per non parlare del fatto che era implicato in questioni illegali...
Quelle donne potevano distruggerli con uno schiocco di dita se volevano.
Ainosuke posò un dito sulle labbra di Tadashi e lo baciò. Fu un bacio lungo e dolce come non gliene dava da tempo, quando si staccarono mormorò: «Sarà quel che sarà.»
Mentre il vecchio era fuori un cane gli si avvicinò.
Senti un peso sulla gamba destra, si chinò e vide Mida che con occhioni supplichevoli gli chiedeva di uscire a fare una passeggiata.
Il bus era passato, il vecchio si chinò, accarezzo la testa al cane e con lui al seguito scodinzolante entrò dentro.
Le sue più nere previsioni non si avverarono mai.
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