Difesa
Mi sono sempre piaciute le felpe col cappuccio.
È come essere avvolti da un abbraccio gentile che ti protegge dalla violenza del mondo esterno; che ti nasconde agli occhi di chi ha già deciso la tua vita; di chi non sa nulla di te ma dice di amarti.
Difesa di stoffa contro ogni mia fragilità emotiva e fisica.
Stanotte sono chiuso nella mia stanza e ho paura di allungare la mano verso il vano segreto nell'armadio e con un colpetto al centro farlo sollevare per mostrare uno skateboard.
Di cosa ho paura?
Oggi è una notte così bella e anche se io e Joe abbiamo avuto un litigio su chi fosse più forte, oggi pomeriggio, si è risolto.
Voglio sentire il vento fresco e mite di Okinawa sul mio viso; stare di nuovo coi miei migliori amici anche se mi sento lontano mille miglia da loro però, nonostante il mio denaro, la nostra amicizia è sincera: sa di Ramune Soda e ghiaccioli comprati in un Combini e di risate cristalline.
Tuttavia, anche se proviamo lo stesso brivido di sollievo quando scappiamo per non farci beccare dalla polizia.
Anche se è a loro che ho mostrato il mio volto e gli ho detto di te.
Non so cogliere le sfumature nemmeno in Cherry e Joe.
Ricordo di quando li incontrai la prima volta, insieme al loro gruppo e come,mano a mano le nostre strade si divisero finché non rimanemmo noi tre.
Non voglio perdere un'altra notte con loro.
Per me lo skate è cosa mi rende felice: mi ha aperto un mondo; sono le amicizie vere e il senso di potere per il mio talento e, soprattutto te, Tadashi.
Prendo coraggio ed apro l'armadio, premo al centro del vano segreto dietro la mia divisa scolastica, quella con sopra la giacca con cappuccio.
Infilo la felpa bianca.
Profuma di talco e di fiori, è appena lavata. Una tua accortezza che mi dà l'energia nel premere al centro dello sportello verticale, il vano si alza come sempre e io ne tiro fuori lo skate.
Non so cogliere bene le sfumature.
Così, quando tu in camera mia, mi chiedesti: «Sei sicuro sia una buona idea?» in un noioso pomeriggio di primavera, dopo aver finito di fare i compiti, con in mano un petalo di ciliegio che mossi tra le dita con fare annoiato ti proposi: «Mi faresti un vano nell'armadio per nascondere il mio skate?» io lo prendo come un: “Vorresti faccia questo per te?”.
Sei il mio cane fedele anche se sei sotto il guinzaglio di mio padre.
Basta un cenno della mia testa sicuro di sé, per farti muovere ad accontentare un altro desiderio del mio animo in fase di ribellione.
La realtà è che tu, sei custode del mio atto ribelle contro la noiosa perfezione da buona società della famiglia Shindo.
Tadashi, ti immagino correre per i lunghi corridoi che ti portano fuori dalla casa, uscire con una scusa e dirigerti al capanno dove sono nascosti gli attrezzi per il bricolage insieme a quelli da giardino con l'adrenalina che ti scorre nelle vene mentre raccatti l'essenziale per dare vita al nostro piano e rientrare di nascosto nella mia stanza ripresentandoti con il tuo viso inespressivo maschera del tuo vero io che avrà sorriso, forse avrai perfino sghignazzato mentre hai ripercorso il percorso passando per la porta dello studio di mio padre, chissà.
Ti aspettai macerandomi l'attimo, colpevole di qualcosa di misero come fumare una delle tue sigarette che spensi subito appena ti presentassi con tutto l'occorrente per creare una nicchia verticale.
Tremammo entrambi di panico ed eccitazione, neanche dovessimo fare l'amore per la prima volta.
Imbabolato in un angolo ti vidi sfilarti il pullover e rimboccarti le maniche della camicia, chiedendoti di aiutarti a svuotare il lato destro dell'armadio; obbedii al tuo ordine col cuore che schizzava a mille e mi mossi a scatti per finire prima.
Finii in pochi secondi, mi girai e ti osservai alla scrivania intento a disegnare con la perizia di un tecnico su un foglio di carta a quadretti il progetto.
«Ti va bene così, Ainosuke-sama?» mi mostrassi il foglio con il disegno del vano segreto con aggiunte le misure e perfino uno schizzo del mio skateboard.
Lo presi tra le mani e lo scrutai con attenzione. Perfetto. La mia risposta furono due occhi lucidi di esultanza: «Sì. Inizia subito prima che tornino i miei.» ordinai esagitato.
Ti piegassi carponi e per la prima volta da che ti conosco posso giurare di averti sentito parlare con un tono sereno mentre prendessi le misure e con una matita segnassi i punti dove segare.
Incantato, ti porsi gli attrezzi quando me li chiedevi e ti sentii parlare della tua vita universitaria, dei tuoi sogni, di quanto sia faticoso lavorare per mio padre finendo per lamentarti di aver capito i suoi veri intenti e poi, un colpo secco e apparve il pannello dell'armadio: il vano dove custodire il mio, il nostro segreto mostrava il suo scheletro ai miei occhi da profano sempre servito e riverito.
Alla fine del nostro, più tuo lavoro, mi mostrassi come aprirlo con un colpetto leggero del pugno e l'anta si sollevò mostrando il mio semplice ma prezioso tesoro: una longboard bianca dalla punta tonda con le ruote azzurre e il fondo bianco con al centro una S azzurra in stile graffito.
Busso alla porta della tua camera, so che a quest'ora sei ancora sveglio.
Mi accogli con indosso un cardigan largo e un'espressione stupefatta. Hai le occhiaie sotto i tuoi bellissimi occhi verdi illuminati dalla sorpresa e dalla preoccupazione, non resisto, ti bacio sulle labbra e quando mi stacco ti sussurro: «Ti prego, accompagnami.»
Sospiri, forse vorresti venire ma non puoi.
Allora mi stringi le braccia attorno al collo, con quel tuo modo silenzioso di dirmi che mi aspetterai cercando di non farmi scoprire dalla mia famiglia:
«Non fare sciocchezze, per favore Ainosuke-sama.»
Tranquillo, so che il mio cavaliere resterà in un angolo a guardarmi e difendermi come ha sempre fatto ma come Lancillotto le tue funzioni di accompagnatore si limitano alla luce del tramonto.
Però, almeno una volta, vorrei ti unissi a me, perché non è lo skate a legarsi alla mia immagine ma è lo skate a essere legato a te molto più di quanto immagini, solo non ci hai mai fatto caso, Tadashi.
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