LA NOIA DI EROS

La noia era qualcosa che mandava Eros fuori di testa e sua madre non sapeva come controllarlo, capriccioso e crudele come il più viziato dei bambini. E poiché non c'erano Dei sull'Olimpo che non la fissassero truci per colpa di quel ragazzino infernale, Afrodite lo esortava a sfogarsi con gli umani che, almeno, non potevano organizzare rappresaglie.

Un bel mattino Afrodite, ispirata dal tepore primaverile, fu presa da certi suoi piacevoli compiti ed Eros, irritato dalla scarsa considerazione di sua madre, afferrò l'arco e scese maligno tra gli umani, a caccia di prede.

Puntò un giovanottone prestante. Come osava quel mortale somigliare a un dio?

Lo seguì nelle vie e si avvide degli sguardi languidi che lo sfioravano. Fanciulle e non, gli strusciavano addosso pensieri peccaminosi, degni dello zampino di sua madre. Né il giovane Demetrio pareva essere indifferente! Sorrideva malizioso e invitante, sicuro della presa sulla popolazione femminile di quella cittadina lungo il mare. Aveva ricordi molto intimi di un bel numero di quelle perché, potendolo, forte della propria avvenenza, aveva selezionato il fior fiore di Kalatenai.

Demetrio giunse nella piazza centrale ed Eros, scorgendo una figura imponente avanzare sul lato opposto della stessa, sogghignò ispirato. C'era, in quello slargo tra le case animato alla sera dal passeggio dei giovani, un'edicola. L'edicolante, un omino grigio e ricurvo, era da poco passato a miglior vita lasciando l'attività in eredità a sua figlia.

Cioè a lei, Maddalena. Maddalena la balena, per la precisione, da quando a otto anni aveva preso a gonfiarsi come una mongolfiera.

Ogni giorno, Maddalena sedeva nell'edicola a veder scorrere la vita della cittadina. Non poteva sfuggirle il flusso delle storie che si intrecciavano in quella piazza, gli amorazzi leciti e illeciti che fiorivano e sfiorivano fugaci, i tradimenti e le meschine tragedie in cui cadevano i Kalateniesi.

Ne conosceva le tendenze, più o meno oscure, che si svelavano nell'acquisto di certi giornaletti che teneva coperti sotto il bancone, per riguardo al pudore dei bambini, che invece acquistavano figurine chiamandola signora Balena, convinti, almeno i più piccoli, che fosse il suo cognome.

Conosceva la superficialità di parecchia gente ben vestita che si riforniva di cartaccia da gossip, ed era informata delle passioni di chi acquistava le pubblicazioni periodiche di caccia e pesca, di calcio, di astronomia. Era consapevole, attraverso le loro letture, dei gusti di parecchi suoi concittadini e di conseguenza ne stimava pochissimi.

Quel giorno camminava piano diretta all'edicola mentre Demetrio andava nel senso contrario. A loro insaputa Eros sogghignò soddisfatto, armò l'arco e scoccò. Demetrio si bloccò, con negli occhi l'opulenta sagoma sferica.

Quando era ancora bambinetta sua nonna, incoraggiante, aveva detto a Maddalena che 'altezza era mezza bellezza', perché svettava di tutta la testa tra le coetanee. Ma neppure la cara vecchietta aveva potuto ripetere seriamente la cosa, nel tempo.

Alta, era alta. Ma di bellezza neppure dimezzata poteva parlarsi, riferendosi a lei, senza bestemmiare. Provate a immaginare una faccia rotonda e soffice come una focaccia lievitata, in cui riesce nonostante tutto a imporsi un naso aquilino, come un becco adunco e beffardo.

Ai lati di questo immaginate affondare, sotto una sbarra dritta di sopracciglia folte e spesse, due occhietti pungenti, che una cara amichetta di scuola le disse un giorno brillare penetranti come spilli, ma cattivi, cattivi come una minestra amara salata tre volte.

Aggiungete capelli di un indefinibile castano che piovevano piangenti ai lati della focaccia, pesanti, informi, né ricci né lisci, anonimi. E dal collo in giù immaginate un tremolante e gelatinoso ammasso di ciccia infagottata.

Non c'erano taglie per quel corpaccio straripante che aveva, e dunque comprava la stoffa a metro (tanti, tanti metri!) e si cuciva brune tuniche sciolte, da allacciarsi come grembiuli. Chissà se credeva che il colore scuro potesse smagrirla!, si chiedeva sempre ilare alle sue spalle il venditore.

In primavera, le tuniche le faceva giro manica, e le sue braccia salsicciose erano così rigonfie che da dietro non si vedevano i gomiti. Ma quel che era davvero notevole era il seno enorme, che dondolava ai suoi passi come portasse due meloni legati al petto. E dietro, un sederone pure enorme che risaltava, impertinente, attraverso la stoffa tirata. Perché dall'ultima primavera s'era allargato ancora.

Dalla tunica lunga spuntavano infine due tozzi tronchi, due caviglie più spesse d'una zampa di tavolo e due piedacci infilati in ridicole scarpe a mocassino. Alta come era aveva piedi lunghi, e col suo numero le uniche calzature che le andassero erano quelle: prendevano le dita e si aprivano poi, morbide e scollate, così che come palloncini esondavano in alto le carni del collo del piede.

Camminava piano, Maddalena, come sempre, senza degnare d'uno sguardo i presenti che sotto i baffi sapeva sorridere a quel sobbalzare che il tutto faceva ad ogni passo, quando... quando Demetrio la fissò imbambolato! Tutto avrebbe potuto immaginare tranne la verità.

Colpito dalla freccia incantata, il giovane s'era inchiodato sul posto. Cosa vedesse era difficile dirlo anche per Eros, le frecce reagiscono con la chimica degli individui, con effetti personali a volte curiosi. Di certo non vide solo una palla rotolante.

Demetrio si riscosse improvvisamente e si diresse a lunghi passi verso l'altro chioschetto che stazionava sulla piazza, quello dei fiori.

Nella sua esperienza non c'era donna che non gradisse un omaggio floreale. Frettoloso si fece comporre un fascio di rose e con quello in mano attese impaziente che Maddalena si chiudesse nell'edicola e tirasse su la serrandina verso il pubblico.

Lei se lo trovò lì impalato. Lo fissò impassibile e Demetrio, che si dondolava incerto con i fiori in mano, mormorò: "Il solito", recuperando un po' di voce. Quando gli tese la pubblicazione di fitness che acquistava regolarmente, le afferrò la mano ed esalò emozionato: "Mi chiedevo se potevo permettermi di invitarla a cena, signorina Maddalena", porgendole le rose.

Ora, la ragazza riteneva di conoscere la sua cittadina. Era percorsa da brividi di maligna cattiveria di cui da sempre faceva le spese. Che Demetrio fosse lì con quelle rose poteva significare per lei una cosa sola: una scommessa.

Una grossa, grassa, ricca e feroce scommessa. Prese le rose, le annusò sorridendo, poi si allungò verso Demetrio e usò il bouquet rovesciato come cappello, pigiandolo bene sul giovane, cui i boccioli rossi incorniciarono il volto bruno dall'espressione scioccata. "Non puoi, stronzo", gli rispose sorridente e soddisfatta, rimirando gli occhi liquidi da cucciolo bastonato.

La piazza, in quel momento abbastanza animata, si fermò in contemplazione ed Eros invisibile si rotolò sguiatamente, mai così divertito dai burattini umani che faceva ballare a comando. Poi, improvvisamente feroce, cercò in faretra un'altra freccia.

Ne aveva poche, di quelle, Zeus aveva voluto limitare lo strapotere di quel Dio capriccioso e frequentemente malevolo. Così Eros le usava con parsimonia, ma quel caso era troppo gustoso: tornò a prender di mira Demetrio e scoccò il secondo dardo.

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