Capitolo 2

Erano usciti.

Terrificati, ma erano riusciti ad uscire.

La porta si chiuse alle loro spalle, lasciando che il silenzio fosse interrotto dal suo stesso tonfo.

Gli occhi dei sei bambini si guardarono attorno.

Provarono, almeno, a guardarsi attorno: l'oscurità aveva inghiottito il luogo, privo di finestre.

«Dove sono le finestre del corridoio?» prese allora parola Emma.

Per quale assurdo motivo stava sussurrando.

Perchè sussurrava?

Come se qualcosa potesse sentirli.

Come se qualcuno potesse sentirli.

Rhys si fece più vicino a Louis e ai due più piccoli, prendendo l'altra mano di Owain.

Voleva essere prudente.

Non voleva rischiare ancora la propria vita.

Non voleva di nuovo provare quel terrore.

Non voleva rischiare di morire.

E per non morire, doveva stare attento.

Attento: Emma e Louis avrebbero fatto da apri e chiudi fila, no?

Erano i migliori in quella situazione .

L'oscurità lo stava mangiando: si dimenticò presto della patta dei pantaloni bagnata, anche perchè non voleva morire.

Non voleva stare male.

Sarebbe stato attento.

Sarebbe stato prudente.

La morsa della paura lo stringeva.

Si sentuva in gabbia: non poteva urlare, non riusciva ad urlare.

Il ricordo del mattone.

Questo che si avvicinava.

I ricordi che gli passavano veloci davanti agli occhi.

La paura.

Il terrore.

Rhys sobbalzò quando sentì Ètienne prendergli la mano libera e stringerla lievemente.

Capì che fosse il ragazzo con le borse sotto gli occhi per quanto le mani di ambi fossero piccole e quasi...attente?

Li sentiva i nervi pronti dell'altro, ma al contempo lo ringraziava nel profondo.

I pensieri erano una lama a doppio taglio, dopotutto: per quanto potessero aiutarlo in certe situazioni, al contempo tendeva a lasciarsi sopprimere da essi.

«Non s-si vede n-niente» balbettò Owain, con voce flebile.

Il piccolo biondo era confuso.

Fin troppo confuso.

Aveva paura.

Tanta paura.

Ma l'avere una manina stretta in quella di Felix e l'altra in quella di Rhys lo metteva a suo agio.

Per modo di dire.

Magari gli infondeva più coraggio che altro, ma meglio di niente, no?

Le divise dei sei bambini li proteggevano, all'incirca, dal lieve venticello che soffiava in quel momento.

Zefiro sembrava esserli andati a trovare, ma come?

In quel buio pesto nessuno era riuscito ad individuare una finestra, niente di niente.

Persino Emma, abituata a giocare al buio - tentando di non farsi beccare dalla mamma - non distingueva neanche le sue mani, quasi.

«È cambiato qualcosa»

Questa volta l'affermazione uscì dalle labbra del maggiore, il quale cercava ancora di capire cosa fare.

Con quella poca saliva che riusciva ad avere si bagnò le labbra con la lingua, infastidito dal loro essere screpolate.

Infastidito da loro.

Infastidito da tutto quello.

Provò a fare un passo ma niente: il suo orientamento non sembrava venirgli in aiuto.

Eppure per quei corridoi c'era passato migliaia di volte, se non miliardi.

«Io non vedo niente, dovremmo avanzare però» parlò ancora la bionda.

Questa, dal canto suo, non voleva rimanere in prossimità di quella porta.

In quel momento non pensava a niente se non ad uscire.

Se non ad uscire, oppure ad andare dalla mamma.

Nonostante tutto, lei sempre si era presa cura di loro.

Ed ora erano loro sei.

Soli.

La ragazza decise di scuotere la testa, cacciando i brutti pensieri.

Dovevano andare avanti: nonostante amasse il paranormale, quella situazione non gli piaceva per niente.

Un mattone stava per schiacciare la testa di Rhys.

Un mattone.

Doveva ringraziare il suo stesso istinto la bionda.

«Andiamo avanti, voglio andare dalla mamma»

Questa volta a parlare fu Ètienne, il quale stringeva le mani sia al corvino quasi-schiacciato che ad Emma, rappresentando il penultimo membro di quella catena umana.

Lui aveva paura.

Lui aveva terrore.

Lui voleva la mamma.

La mamma lo aveva sempre abbracciato.

La mamma gli aveva sempre tenuto la mano quando aveva paura.

La mamma era la mamma.

«Sì, ma facciamo piano, facciamo attenzione» borbottò colui che stava nel mezzo, terrificato ancora da quella pietra che gli stava per schiacciare la faccia.

«Devi fidarti del fratellone Louis, lui ci porterà al sicuro» fu l'affermazione di Felix, l'arancione.

Questa riuscì a strappare un piccolo sorriso agli altri e fece gonfiare il petto al maggiore, ma il piccolo Owain che gli teneva la mano, che lo conosceva forse meglio degli altri, preferì farsi più vicino a lui.

Il biondo non voleva che Felix avesse paura.

Aveva paura l'arancione?

Tanta quanta ne aveva lui?

Quelle erano le domande del più piccolo, il quale aveva la pelle d'oca, nonostante fosse coperta dalla tuta bianca che tutti indossavano.

«Vedrete, vi porterò al sicuro» fu l'ennesima affermazione di Louis che, con la mano libera davanti a sè, iniziò a farsi largo in quel luogo.

Luogo che nessuno di loro conosceva, ma che fino a poco tempo prima era la loro amatissima casa.

Come sempre, c'è un ma.

Neanche un passo che accadde qualcosa.

Luce.

Fuoco.

Fuoco blu.

«Fuochi fatui» sussurrò Emma, mentre uno di questi si accese davanti al suo viso, illuminandolo.

«Fatine» mormorò invece il biondo, facendo sfuggire una risata al piccolo arancione affianco a sè.

Ed erano spuntati come funghi, ma illuminavano come piccole stelle.

Il manto di oscurità si era fatto più caldo.

Per quei bambini, quasi più accogliente.

Mentre Rhys ed Ètienne si fecero più vicini, giustamente semi-spaventati da quegli avvenimenti, gli altri osservavano quasi estasiati quei giochi di colore.

Non che i primi due non lo facessero: erano solo più prudenti.

Pensavano di più.

Uno pensava troppo.

Ma le ballerine blu danzavano.

Ballavano in quell'oscuritá.

E luce fu.

E gioia fu.

Circa.

Mentre i due biondi volevano quasi toccarli, la prima cosa che venì in mente a Louis fu quella di voler scattare la foto.

Forse era vero che dopo la tempesta usciva sempre il sole.

Ma era stata quella la vera tempesta?

Perchè c'era chi si godeva quel piccolo sole.

E c'era chi ripensava ai venti torbidi della tempesta.

C'era chi rincorreva la felicità.

E chi la bramava soffocato dalla paura.

La paura ti salva la vita.

Ma non ti lascia respirare.

«Guardate!» esclamó Felix, indicando davanti a loro.

Quelle piccole tante luci avevano illuminato loro la strada, permettendogli di intravedere un lungo corridoio di pietra e rampicanti, che terminava con un'enorme porta riempita di questi.

«Ancora una porta?» mormorò Rhys.

«Se non si apre urlo. Odio le porte chiuse» risospose invece Ètienne.

E così, a passo lento, i ragazzi capeggiati da Louis si avvicinarono a quella porta, cullati dalle tante luci.

Quelle luci che ballavano accanto a loro.

Che quasi dimostravano curiosità, avvicinandosi.

Quelle luci che, alla fine, li avrebbero condotti al loro destino.

E così il maggiore prese la maniglia.

La girò.

Ed infine lo fece.

Aprì la porta.

***

Eccomi nel mentre scrivo con il telefono di mio padre, perchè lui si è addormentato accanto a me e perchè, se no, mi si scarica il mio di telefono ._.

Insomma, questo è un po' un capitolo di passaggio, ma spero vi sia piaciuto.

Volevo farvi immergere al meglio possibile nelle mentalità dei vari personaggi, magari per farvi iniziare a capire il loro cammino.

Le strade che prenderanno durante la storia ;)

Spero vi sia piaciuto!<33

Infine, volevo solo dirvi una piccola cosa: la storia, una volta raggiunti i capitoli richiesti, cambierà titolo e copertina, con eventuali grafiche.

Come ho già spiegato, vorrei rendere questo progetto "serio", praticamente.

Volete sapere il titolo quale sarà?

"The Maw"

Prima o poi, capirete il perchè ;)

Spero vi sia piaciuto, veramente<333

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