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Quella sera camminavo tra la sabbia con Sara, i raggi seleni le illuminavano la linea del volto e scolpivano l'espressione.

Parlavamo di partire, abbandonarci e ricominciare da capo.

Io le raccontavo della bella Torino, dell'acqua del Po che le scorre affianco come uno sconosciuto nella folla, la cui vita si lega alla tua per un attimo per poi scorrere via.

Lei, attraverso quei grandi specchi in cui mi riflettevo, mi osservava dietro lunghe ciglia.

Il mare sussurrava al mio fianco parole gentili da pronunciare, ma il vento trasportava solamente volontà di fuga. 

Sara allora mi parlò di una vita su quella spiaggia, con quell'acqua che infondo non era diversa da quella di un fiume.

"il Po sfocia qui vicino, cosa cambia perciò?"

I bruti occhi aspettavamo una risposta, ma sapeva che sarei partito comunque, le risposta non arrivò; come spiegare la malinconia di un luogo non mio?

"Debbo partire, se non oggi partirò domani" 

Volli chiudere il discorso poiché temevo le sue lacrime crudeli e io di lasciare una donna che piange non sono il tipo.

La verità era che tra quei palazzi, su quegli arrugginiti tram e fra quella gente avrei trovato un'altra donna che Selena volentieri avrebbe illuminato.

Il mio cammino solitario sarebbe stato nuovo e antico passeggiando con la donna, con Sara nel cuore.

Pensando questo silenziosi attraversammo le alte dune e scalammo le rocce montuose.

Quando giungemmo al termine nel litorale le lancette dell'orologio ormai erano già assopite e io sapevo che lei non bramava più le mie parole.

Mi parve di tornare ragazzo, quando con i coetanei ci si lanciava intrepidi e si cacciavano gli animali.

Con il cuore pensieroso di ciò mi voltai ferroso e piombato ripresi a muovermi, lei ombrosa mi seguì.

Su una roccia ci demmo l'ultimo addio, come il vento che accarezza la spiaggia, come l'acqua la scopre, come Luna la osserva.

All'alba io ero rinchiuso nel metallo e già vedevo nella nebbia dietro gli occhi l'antenna innalzarsi sovrana.

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