Capitolo 7 fottute perfezioni

Le settimana dopo quello splendido incontro è passata velocemente.
La fortuna per una volta è stata dalla parte di Oliver.
L'esame di matematica è stato spostato alla settimana prossima.
E gli allenamenti di tutta la settimana annullati per motivi di salute del Coach.
Questo ha permesso a Oliver di allenarsi ogni pomeriggio fino a tarda notte, nella sua palestra di casa.
Ha raccontato tutto agli amici, che hanno promesso di stargli vicino.
Allenandosi con lui ogni fottuto giorno.
Per ore ha preso a pugno un sacco, sperando di poter colpire i suoi errori passati.
Per ore ha fatto addominali e esercizi, fino a sfinire i suoi muscoli.
Ma nulla è servito, sa bene cosa succederà su quel ring.
Sa quanto siano bestie i suoi avversari.
Sa che è fottuto, che non è pronto minimamente ad affrontare gli incontri.
E sono giorni ormai che si nutre di ansia.
Che ingoia rabbia e fatica.
Che la notte non dorme, che il giorno ha la mente altrove.
Proprio come succede questo sabato mattina.
Seduto nella biblioteca dell'istituto, Emma davanti a lui che prova a spiegargli un problema di matematica, per l'esame che affronteranno martedì.
Ma la sua mente è un guscio pieno di pensieri, troppo pieno per poter memorizzare questi stupidi numeri.
Inutili formule che non lo salveranno questa sera, su quel ring.
"Oh, ma mi ascolti?"
Lo sgrida Emma, colpendolo sulla testa con un libro.
Riuscendo finalmente a svegliarlo dai suoi pensieri.
"Dimmi."
Gli risponde annoiato, passandosi le mani sugli occhi stanchi.
"Dimmi?
Perché non me lo dici tu?
Dimmi perché mi stai facendo perdere tempo."
Lo sgrida lei, senza sapere che a lui non gliene frega nulla di ciò che dice.
Che in realtà non sa nemmeno perché è venuto al loro incontro.
Sicuramente non per ricevere una strigliata.
"Se ti sto facendo perdere tempo, perché non te ne vai?"
Non c'è l'ha con lei, sa che vuole solo aiutarlo.
Ma in questo momento non ha voglia di pensare anche a lei.
"Sai, forse dovrei farlo.
Me ne dovrei andare, e lasciarti affogare nella tua merda."
Con rabbia, infila nella borsa tutti i suoi appunti.
Ignorando quanto le sue parole siano vere.
Senza sapere davvero quanta merda abbia addosso in questo momento lui.
Mentre lei.
Lei è fottutamente perfetta, senza errori passati, senza paure, senza maschere da dover indossare.
Lei non ha un padre che gli va contro.
Non ha un guerra dentro di sé.
Non ha una macchia di colpa sulla sua pelle.
Quasi la odia per tutto ciò che è.
Decidendo di andarsene prima di lei.
Stanco di essere giudicato senza che lei sappia un cazzo.
"Una testa di cazzo come tutti gli altri."
Il sussurro di Emma e la goccia, che fa traboccare la mente di Oliver.
Che ferma il suo passo.
E tutti i suoi problemi, le sue paure, la sua rabbia.
Esplodono in uno sguardo freddo e letale.
Si volta verso di lei, che lo ignora mettendo via le ultime cose.
Come sempre rimanendo fredda e distaccata, una volta di troppo.
"CHI CAZZO TI CREDI DI ESSERE?"
Urla ormai in preda a un qualcosa più grande di lui.
E purtroppo Emma è il capro espiatorio perfetto.
"Tu, con quella freddezza del cazzo.
Più simile a un robot che a un essere umano.
Ti credi tanto perfetta da giudicare gli altri.
Quando in realtà tu sei la prima a non valere un cazzo."
La fulmina con gli occhi, sguardo nello sguardo.
Trovando come sempre il nulla, non un tremolio nel suo sguardo.
"Sei qui solo grazie a una borsa di studio.
Lavori in un merda di bar, un buco di fogna.
Eppure ti ostini a mostrarti perfetta.
Quando invece sei solo un asociale del cazzo.
Che non sa tenersi un ragazzo, e non sa mostrare un cazzo di sentimento.
E ti dirò un ultima cosa mia cara Emma Lopez."
Fa un passo verso di lei, pronto a versarle in gola l'ultima goccia di veleno.
"Se tutti ti evitano come la peste, non è perché sei superiore.
Ma perché sei una presuntuosa, isterica, egoista, rivoltante saputella del cazzo."
Riprende respiro, dopo avergli sputato.
Ogni.
Piccola.
Goccia.
Di rabbia.
Fregandosene di vedere se finalmente lei osa provare qualcosa.
Gli dà subito le spalle, andandosene via.
Lasciandola lì, immobile, con la borsa stretta nelle mani.
Solo quando lo vede scomparire dietro la porta, si lascia cedere a tutta quella rabbia riversatele addosso.
Le gambe le cedono, facendola crollare in ginocchio.
Le mani le tremano, il respiro le diventa più pesante.
Quelle parole, urlatele addosso con così tanta rabbia, hanno creato ferite profonde.
Perché sono vere, perché lei è tutto quello che lui ha detto.
Solo che non l'ha scelto lei.
Non ha scelto lei di non poter sentire nulla.
Di dover fare finta che nulla la sfiora.
Con tutte le sue forze tira fuori dalla borsa il flaconcino dei medicinali.
La mano fatica ad aprirlo, come a portare le due pillole bianche alla bocca.
E il sollievo arriva solo quando le sente scendere in gola, arrivare al suo stomaco e alla sua testa.
L'effetto arriva forte e letale, mettendo in letargo tutti i suoi sentimenti.
Le emozioni.
Dando ragione a Oliver, rendendola un robot.
Di lei non resta che una immagine fredda e senza vita, che si rialza e torna ai quei movimenti meccanici e incolore.
Sperando che l'effetto collaterale del medicinale duri il meno possibile.
In modo da tornare a sentire qualcosa.

"Cazzo.
Chi ha infilato un palo nel culo del tuo amico?"
Chiede Sofia al suo nuovo amichetto, osservando Oliver andare via come una furia.
Anche Rayan ha osservato l'amico, sospirando consapevole.
Perché sa il casino tornato nella sua vita.
Cosa dovrà fare.
E quanto questa storia lo renda intrattabile e nervoso.
"E non immagini che palo mia cara.
Ma non è di quello che ti devi interessare mia cara."
Guarda maliziosa la bella bionda, alludendo a tutt'altro.
Un po' per distrarla dalla situazione dell'amico.
Un po' perché è da una settimana che ci prova, e per ora ha ricevuto solo due di picche.
"Non ti arrendi mai bellimbusto.
Quando capirai che tanto non te la do?"
Soddisfatto di essere riuscito a distrarla.
Le accarezza una guancia, godendo della sua pelle fresca e morbida.
Chiedendosi cosa si provi a violare un corpo tanto perfetto e indomabile.
"Mai dire mai.
So che muori dalla voglia di darti a me."
Da brava stronza, allontana la mano.
Per poi dargli le spalle pronta ad andare via.
Lasciando che lo sguardo di Rayan cada perfettamente sul suo fondoschiena da favola.
"O mia cara Harley Quinn. Con quel culo che ti ritrovi, è un peccato mortale arrendersi."
Si gira di colpo, beccandolo nella sua perversione.
Cosa che però non gli fa distogliere lo sguardo, ma solo alzarlo al piano superiore.
"E quel seno.
Sentilo come urla disperato di farsi toccare."
E ci prova, ci prova davvero a toccarlo.
Beccandosi un calcio nei gioielli di famiglia, non tanto gentile.
"Osa toccarmi con quelle manacce.
E io te lo taglio e lo appendo allo specchietto della mia macchina, come souvenir."
Piegato in avanti, con le mani sul doloroso colpo, guarda il suo bel culo ondeggiare via.
"Sarai mia bella Harley.
So che mi ami.
Il tuo corpo già lo sa, devi solo accettarlo."
E alla sua dichiarazione d'amore, lei gli risponde con un bel terzo dito.
Nascondendo però di spalle un sorrisetto compiaciuto.
Sofia non lo ammetterà mai.
Ma i modi volgari di Rayan la stanno facendo impazzire.
Come anche il modo in cui la chiama Harley Quinn.
Quel nomignolo è nato qualche giorno fa, quando oltre alle punte rosa dei capelli, ha aggiunto qualche ciocca blu.
Presentandosi persino con i capelli legati in due codine.
Insomma tra il vestito da cheerleaders e quei capelli, persino lei si sente un po' Harley.
Per questo non le dispiace affatto quel nomignolo.
Intanto Rayan si ritrova l'amico Owen davanti.
Che con le braccia incrociate, nega con il capo.
Impietosito da come è ridotto l'amico.
"Ridi pure di me amico.
Ma vedrai quando ti porterò come trofeo il suo perizoma tigrato."
Si riprende come può dal duro colpo, superando l'amico, che non si è mosso di un centimetro dalla sua posizione comoda, invece di aiutarlo.
"E tu che ne sai che sono tigrate?"
Gli chiede Owen, unendosi al suo passo verso l'esterno.
Alla ricerca dell'amico che entrambi hanno visto uscire dall'istituto fuori di sé.
"Ma l'hai vista bene?
Quella ragazza è una tigre.
Ergo il suo intimo è un perizoma tigrato.
È elementare Owen."
L'amico si arrende, sa che è un caso perso.
Ma a preoccuparlo è invece Oliver, che poco lontano da loro sta fumando un sigaretta con rabbia.
"Tutto bene amico?"
Anche Rayan ha abbandonato lo scherzo, davanti allo sguardo di gelo dell'amico.
"Una merda.
Una bellissima e grandissima merda."
Finisce la sigaretta, schiacciandola sotto le scarpe fino a sbriciolarla.
"Stasera inizierà questa maledetta storia.
Ed io per la prima volta non so come finirà."
I due amici lo guardano preoccupati.
È possibili contarle sulle dita di una mano le insicurezze di Oliver.
Ed ora che le dita sono diventate sei, la tensione è salita.
"Ci siamo noi amico.
Sai che puoi contare su di noi."
Lo sa bene Oliver, sa quanto le parole di Owen siano serie, e quanto le pensi anche Rayan.
Infondo ha accettato questa merda per loro.
E di questo non se ne pentirà mai.
Si mettono comodi su una panchina, a parlare dell'orario e il luogo del primo incontro.
Ignari che una Harley Quinn, molto curiosa, li sta spiando.
Perché sa che qualcosa bolle in pentola e che qualunque cosa sia, accadrà stasera al Re Fox.
Un locale tutt'altro che tranquillo.
Elettrizzata dal profumo di pericolo e avventura, si strofina le mani tra loro, ideando un piano per scoprire cosa nascondono da giorni.
Perché sa bene che qualcosa nascondono.
Senza farsi scoprire, torna nell'istituto, dritta verso la biblioteca dove troverà i suoi futuri complici.
Purtroppo non li trova lì, e nemmeno nelle diverse classi.
Ma sospira quando finalmente li vede nel piccolo locale poco lontano dal secondo cortile.
Il suo entusiasmo un po' si affievolisce quando vede lo stato in cui si ritrova l'amica Emma.
E maledice quelle maledette pillole, che sono però essenziali ormai per lei.
Cerca di nascondere la sua tristezza, mostrando la sua solita allegria.
Che però sa che non contagerà l'amica ancora per qualche ora.
"Ehilà filibustieri.
Ho una nuova avventura per noi."
Si siede comoda davanti ai due.
Lucas la saluta con un sorriso, senza spostare il braccio dalle spalle dell'amica.
E Sofia un po' invidia quella illusione che si è creato l'amico.
Come crede davvero che quell'abbraccio dia sollievo alla sua amica.
Quando sanno entrambi che lei in questo momento non sente nulla.
Se non il freddo.
"Cosa ti sei inventata questa volta Sofia?
Come ci farai finire nei casini?
Un'altra festicciola tra drag queen?"
L'amico non gli ha ancora perdonato la serata di un anno fa.
Quando Sofia promettendo una serata tranquilla, li ha trascinati a una festa di travestiti.
"Ancora con quella storia?
La ragazza che mi ha invitato non aveva nulla di maschile, nemmeno il pomo d'Adamo."
Si difende, sentendosi offesa la bionda.
Ma segretamente dandogli ragione.
Ricorda perfettamente come Lucas è stato trascinato via da tre donne nel retro delle quinte.
Per poi uscirne vestito da panterona.
Ma alla fine non era colpa sua se era talmente ubriaco, da non capire che quelle donne, non avevano buone intenzioni.
"E devi ammettere che è stato divertente."
Brutta mossa Sofia.
Infatti ora l'amico la guarda furente, ricordando anche lui quel poco non scomparso per l'alcol.
"Certo, è stato divertente svegliarsi con un vestito rosso e un perizoma di caramelle."
Non può trattenersi la bionda, che scoppia a ridere ricordando quel dettaglio inquietante.
Un ragazzo enorme come Lucas con un perizoma di caramelle gommose, è l'ottava meraviglia del mondo.
Tra Lucas furioso e Sofia delirante per le risate.
L'unica nota stonata è Emma, che immobile non prova nulla.
Non sente nulla.
Non mostra nessuna emozione.
Sotto lo sguardo ormai arreso degli amici, che perdono l'euforia del momento.
"Comunque, non è nulla di tutto ciò.
Da un paio di giorni i tre moschettieri sono strani.
E oggi ho scoperto che c'è qualcosa di losco sotto.
E che stasera ci sarà una cosa grossa."
È euforica per la scoperta fatta, come una bambina che si prepara a una caccia al tesoro.
E ancora di più nell'ideare un piano per smascherarli una volta per tutti.
"Chissà di cosa si tratta.
E se fossero finiti in una specie di gang?
O nelle mani di qualche spacciatore messicano?
O ancora meglio, sono in realtà mafiosi, con loschi e sporchi traffici di armi e droga."
Si perde nella sua fantasia.
Immaginando il bel Rayan vestito da mafioso anni 70.
Con tanto di capelli con piuma.
"Ferma la tua eccitazione.
E se fosse che non c'è nulla sotto, e tu sei solo una pazza che vede cospirazione ovunque?"
Ma Lucas si morde la lingua appena finisce la frase.
Sotto lo sguardo offeso della amica.
Non è la prima persona che la chiamano pazza.
E il suo modo di essere non fa credere il contrario.
Ma non è sempre stata cosi, è ancora oggi non accetta quell'aggettivo.
Quel nomignolo subito per la prima volta da bambina.
Solo perché si dipingeva le unghie di tutti colori, e amava vestirsi da ballerina anche a scuola.
Strana, ecco come la chiamavano.
Quella strana, nome che poco dopo è diventato "quella matta", e poi "la pazza".
Così, con l'arrivo dell'adolescenza, ha deciso di lottare a modo suo.
Volevano una pazza?
E lei lo è diventata.
E ad oggi è soddisfatta di se, e ha capito che solo i migliori sono pazzi.
Eppure quella maledetta parola non la digerisce, non riesce a mandarla giù.
Nonostante lo nasconda bene.
"Sarò anche una pazza, ma so ciò che ho visto e sentito.
E so che al centro di tutto c'è Oliver.
E..."
"Oliver."
Il sussurro della amica, sorprende i due amici, che subito la guardano.
In silenzio, mentre lei ripete ancora un paio di volte quel nome.
Fino a spegnersi di nuovo.
I due sono sconvolti e increduli.
Perché è da un paio di mesi che vedono l'amica prendere quelle piccole e sanno benissimo gli effetti collaterali.
E mai e poi mai, durante l'effetto del farmaco l'hanno vista reagire in qualche modo.
In genere rimane ferma in uno stato di indifferenza per ore, prima di dare segni di vita.
E invece oggi nominare Oliver, l'ha come rianimata per pochi secondi, ma lo ha fatto.
Una piccola scintilla, che ha acceso il fuoco della curiosità nei due amici.
Che vogliono sapere cosa c'è tra i due.
Ma soprattutto cosa sta succedendo ad Oliver, e se quindi sia prudente lasciare che si leghi ad Emma.
"La pensiamo allo stesso modo.
Stasera andremo lì."
Dice sicuro Lucas, motivato a capirci qualcosa.
Mentre Sofia gli risponde semplicemente annuendo, ancora troppo sorpresa per creare un pensiero logico e razionale.

Il tempo ci è sempre nemico.
E Oliver non fa eccezione.
Ormai il suo turno è già vicino.
Seduto nello spogliatoio, aspetta solo che il suo nome venga annunciato.
La stanza è logora e semi oscura.
Arredata solo con tre armadietti, una lunga panchina e un sacco da boxe che ha consumato nell'ultima mezz'ora.
Nell'illusa speranza di allentare la tensione.
I suoi due amici se ne sono andati da pochi minuti, lasciandolo con parole assicuranti.
Ma solo.
Solo in una stanza, in cui ha creato un suo silenzio.
Mentre dall'estero si sentono urla.
Il rumore di colpi.
Il rumore di corpi che vengono colpiti.
Le urla felici e euforiche degli spettatori.
Si lega con cura le fasce alle mani.
Illudendosi di non sentire quelle urla reclamare sangue.
Respira a fondo, nascondendo un sussulto quando la porta si apre.
"Sei pronto campione?
Fuori aspettano tutti te."
Un Logan sorridente, gli lancia una bottiglietta d'acqua.
Che Oliver accetta con piacere.
La gola ormai gli arde da quando è in questa stanza.
Così ne fa lunghi sordi, ricevendo un po' di sollievo.
Almeno per quanto riguarda la sete.
"Forza, dovresti essere ben motivato."
Sorride perfido ancora lui, invitandolo ad uscire ormai prossimo ad essere chiamato.
Ma Oliver non gli dà soddisfazione, non lo degna nemmeno di uno sguardo.
Alzandosi e superandolo, uscendo dalla stanza.
Prima di entrare nella arena, percorre un corridoio lungo e scuro.
Con persino una lampadina che dondola e tentenna.
Il tutto a creare un atmosfera degna di un incubo.
Ma, una volta attraversata l'unica porta.
Tutto cambia.
La luce forte gli infastidisce gli occhi.
E ormai non può più non sentire le urla, che ora gridano il suo nome.
E quasi sente un po' di soddisfazione.
Almeno finché le voci non diventano ovatte e la vista sfumata e confusa.
Sale sul ring, senza che quel senso di spossatezza lo lasci andare.
Mentre davanti a lui si presenta lo sfidante.
Un uomo, o meglio, un vichingo alto quanto lui ma con il doppio dei suoi muscoli.
Lo sfidante gli sorride, scrocchiando le dita, già pregustando la vittoria.
Oliver è sfavorito tre a uno.
E dalle urla che sente, molti hanno scommesso contro di lui.
Si posiziona al centro del ring, iniziando a sentire le gambe pesanti.
Senza sapere cosa stia succedendo al suo stesso corpo.
Tanto è intontito che non sente la campana suonare, seguita dal pugno allo stomaco del suo avversario.
Che lo spinge a mettersi in posizione di difesa, piegando i gomiti davanti al viso.
L'avversario è euforico e colpisce con forza.
E ad Oliver non resta che parare ogni colpo, che sente doppiamente.
Non riesce a colpirlo né a vederlo in modo chiaro e lineare.
Perché la sua vista peggiora sempre di più, mentre si aggiunge un senso di nausea e stanchezza.
Si dovrebbe chiedere cosa gli stia succedendo, perché si sente così debole.
Ma è troppo preso a tenere a bada il vichingo, che riesce a superare le difese e a colpirlo con un pugno sulla guancia sinistra.
Nonostante la forza nel colpo non sia letale, Oliver finisce a terra, ormai abbandonato dalla forza nelle gambe.
Respira a fatica e sente il suo corpo come se si stesse addormentando.
Impotente davanti all'ammasso di muscoli che si prepara a finirlo.
Ormai i giochi sembrano già finiti.
E nella confusione di urla e malessere Oliver si arrende ad aver già perso in partenza.
Tutti gli sforzi per ricrearsi un futuro, buttati nel cesso.
Come la sua vita, che se sopravvivrà, finirà nello stesso buco.
Ha solo un rimorso, che lo tormenta da tutto il giorno....

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