Capitolo 47 la prova del nove

E passata una settimana circa dal compleanno di Emma.
Dal ritorno del padre.

Oliver da quella mattina ha visto poco Emma, in modo da lasciarle i suoi spazi con il padre.
Accontentandosi delle ore notturne passate al telefono.

Si guarda allo specchio, sbuffando per nulla soddisfatto del suo aspetto.

Si toglie la cravatta, lanciandola sul letto in cima all'accumulo di vestiti provati.

Nel momento in cui sfila la camicia per lanciarla sul letto, per poco non colpisce Camilla appena entrata nella stanza.
Come sempre senza bussare.

"O mio dio.
C'è stato un uragano e il tg non ne è accorrente?"

Sdramattiza la donna, guardando sorpresa la confusione che regna nella stanza.

Oliver non è mai stato un precisino.
Ma nemmeno....
Questo, anche perché Camilla non sa come chiamarlo questo disordine.

Tutti i completi eleganti sono in giro per la stanza.
Le scarpe occupano il pavimento, ne meno fosse un campo minato.
Mentre le cravatte sono su tutti i mobili, alcune anche sul lampadario.

Torna con lo sguardo sul nipote e finalmente da un nome allo stato della camera.
Nervosismo, ma per cosa?

"Assomigli a una donna che deve andare al suo primo appuntamento."

Continua a scherzare lei, iniziando a sentirsi offesa per l'indifferenza del nipote.
Troppo preso a litigare con l'ennesima cravatta blu.

Quando finalmente ci riesce, senza annodarsi le dita, si gira verso la donna.

"Che ne pensi?"

Camilla lo osserva bene.
Bello è bello, anche così.
In un completo completamente nero, se non per la camicia bianca.

"Stai facendo le prove per il mio funerale?"

Basta questa battuta innocente, per ributtare Oliver nello sconforto.
Spingendolo a spogliarsi di tutti, ringhiano qualcosa che Camilla non capisce per quanto stia parlando tra i denti stretti.

"Quale è l'occasione che crea tanto nervoso?"

Gli toglie dalle mani la camicia prima che faccia la stessa fine delle altre.

Non l'ha mai visto così nervoso, e soprattutto non sul suo aspetto.
Quindi non sa se preoccuparsi o farsi una risata.

"Emma mi ha invitato alla festa di ben tornato del padre."

Lancia la bomba, lasciandosi cadere su un angolo libero del materasso.

Si passa le mani tra i capelli e sul viso, esasperato.
Quando Emma gli ha chiesto se aveva impegni questa sera, sperava in un uscita a due.
E non di andare sotto l'esame del padre.
Perché Oliver è sicuro che dietro l'invito c'è il soldato.

"Be, cosa c'è di male.
Sei il suo ragazzo, e normale che ti voglia li."

Spiega con troppa tranquillità Camilla, mentre ispeziona gli ultimi completi rimasti nell'armadio.

E Oliver si altera per come la donna la faccia semplice.

"Forse non parliamo la stessa lingua.
Ci sarà il padre.
Un soldato con la licenza di uccidere, molto geloso della figlia.
Ora ti è chiaro a cosa sono stato invitato?"

A un massacro, ecco a cosa è stato invitato.
Quasi si pente di aver aiutato i due a fare pace.

Sbuffa esasperato, sa che stasera il soldato controllerà ogni suo gesto, ogni sua parola.
Guardandolo dall'alto al basso, aspettando una sola mossa sbagliata.

E sa che carattere di merda ha, come potrebbe scattare se stuzzicato.
E sa anche quanto l'opinione del padre sia importante per Emma.

"Be, faremo in modo che non abbia nulla da ridire.
Sarai il ragazzo perfetto."

Le dice con sicurezza lei, passandogli un completo perfetto per l'occasione, ne troppo elegante ne casual.

Oliver è un po' dubitoso, ma ormai ha perso ogni speranza.
Perciò spera di far bene a mettersi nelle mani della donna.

Si veste con calma, curando ogni dettaglio.
E quando sta per mettersi la cravatta, Camilla gliela strappa dalle mani.

"Non stai andando in tribunale."

Lo sgrida, sorridendo davanti al suo sguardo titubante.
Be, non è una sentenza ma ci assomiglia molto.

Alla fine si guarda allo specchio, e stranamente si piace.

Un pantalone semi elegante grigio con una strana fantasia.
Una cintura sottile marrone, una camicia bianca con una giacca semplice blu sopra.

Finalmente si sente a suo agio, se stesso.
Deve ammettere che la vecchia ha ancora buon gusto.

"La vecchia ti fa il culo."

Ops, deve averlo detto ad alta voce.

Comunque il suo aiuto è davvero prezioso.
E questo pensiero gli accende una lampadina negli occhi, che Camilla guarda con timore.
Chiedendosi cosa frulli nella testa del nipote.

"Tu vieni con me."

La faccia di Camilla non ha prezzo.
Tanto che Oliver è tentato di farle una foto, ma invece torna a specchiarsi, dandole le spalle.

"Non esiste, e poi non sono stata invitata.
Una signora elegante non si imbuca mai alle feste."

Certo, quando fa comodo a lei fa la snob.
Ma ormai io nipote la ha in pugno.

"In primis, la festa la sta organizzando Diana e sai quale è il suo slogan, più siamo meglio è.
E poi mi devi un favore, e si quanti anni pagare i tuoi debiti."

Si gira verso di lei, trovandola piacevolmente indignata.
Infondo questa serata qualche frutto lo da.

"Ma la cena sarà tra qualche ora.
Non ho il tempo di prepararmi."

Oliver non le da retta, togliendosi con eleganza la giacca.
Sapendo quanto questo comportamento irriti la donna.

"Hai una ora buona, vedrai che qualcosa ti inventerai."

Oliver non pensava fosse possibile e inv c'è la faccia di Camilla è ancora più sconvolta, oltre che incazzata nera.

"Non puoi limitare una donna a un ora per prepararsi.
È illegale cazzo."

Ma Oliver ancora una volta la ignora, mentre è attento ad avvisare Emma della presenza di Camilla via chat.

"I minuti sono diventati 58.
Io mi sbrigherei."

Camilla lo fulmina con lo sguardo, pestando il pavimento come una bambina capricciosa.
Per poi scappare via urlando e imprecando contro il nipote.

"Lo cresciuto troppo bene cazzo.
E diventato uno stronzo patologico."

Ed Oliver scoppia a ridere.
La prima e cera risata di tutta la giornata.

Si, la nonna sarà una buona spalla per la serata.
Che si prospetta un vero disastro.

Intanto al pub continuano i preparativi.
Non che verrà chissà chi, in realtà ci saranno solo loro, gli stessi del ringraziamento.
Ma Diana non sa proprio cosa voglia dire sobrietà.

"Al, tesoro, se non ti sbrighi con quei palloncini.
Inizierò a gonfiare te."

Urla la donna di casa verso il marito, che ormai è accorto di guanti dopo il quarantesimo palloncino.
Consapevole che è solo a metà.

Sono stati invitati anche gli amici di Emma.
Di cui Sofia e Luca sono già a lavoro mentre gli altri arriveranno tra poco.

Gli unici con l'obbligo a rimanere fermi sono Emma e suo padre.
La prima perché non può stancarsi, il secondo semplicemente perché è il festeggiato.

Quando gli altri hanno saputo, il giorno di Pasqua, che Jek era tornato sono scoppiati di una gioia immensa.
Presentandosi tutti quanti in ospedale per riabbracciare l'amico e lo zio che credevano di aver perduto.

Diana voleva fare festa già quel giorno.
Ma nel era ancora un clandestino e prima di festeggiare il suo ritorno, voleva farlo come uomo libero.

Alla fine per riavere i documenti ci sono voluti circa cinque giorni.
E l'intera famiglia a sfruttato gli altri due per organizzare questa festa.

"Allora.
Il tizio quando arriva?"

Chiede jek guardando la figlia, senza far nulla per nascondere l'astio che prova.

E si, all'inizio gli era grato per l'aiuto ricevuto.
Ma anche perché pensava fosse un amico, magari persino gay.
E invece no.

E quando la figlia gli ha detto che è il suo ragazzo, quasi collassava sul divano per la birra andata di traverso.

"Arriverà tra poco e sarà con sua nonna Camilla.
Perciò vedi di stare buono."

Emma conosce bene la gelosia del padre e sa che per lui rimarrà la sua bambina.
Ma a tutti c'è un limite.
E venire alla festa armata lo superava di molti.

"Conoscevo una Camilla, tua madre lavorava per lei come infermiera.
Una vera strada, con tanto di calderone per bollirti dentro.
Una stronza insomma."

Prima che Emma possa dire qualcosa, v ngoni raggiunti da Caterina che sporge verso il marito un piattino di salatini.

"Che è una vera stronza."

Emma trattiene con forza le risate, perché sa bene cosa accadrà qualcosa.
Credendo che debba iniziare a fare il numero del pronto soccorso.

"Ti ricordi quella strega a cui facevi da infermiera?
Come si chiamava, Camilla..."

L'uomo appena finisce di parlare si infila un pugno di salatini in bocca.
Sotto lo sguardo divertito delle sue due donne.

"Camilla Johnson.
Certo che me la ricordo, è la nonna di Oliver."

Ed ecco che i salatini gli vanno di traverso, facendolo quasi strozzare.
Cosa che succede ogni volta che scopre qualcosa su questo Oliver.
Jek inizia a pensare che sia il ragazzo che tenta di ucciderlo.

Comunque con un paio di sorsi di birra i salatini scendono giù.
Un po' meno la notizia che ha appena ricevuto.

"Bene, sempre meglio.
C'è qualcos'altro che volete dirmi.
Magari il padre è il presidente degli Stati Uniti?"

Chiede con ironia, ignaro di quanto sia più vero di quanto pensa.

"No in realtà sta per diventare sindaco di questa città."

Dice con tranquillità Emma rubandogli un po' di salatini.
Mentre il padre sta per ridere, credendo sia uno scherzo.
Ma la faccia seria delle due donne, gli fa capire che è tutto vero.

"Oh, ma andiamo."

Esclama lui, segnando mentalmente e ufficialmente Oliver nella sua lista nera.

Intanto Caterina viene chiamata in cucina.
Lasciando nuovamente i due da soli, ora avvolti in una area meno festosa.

"Ascolta papà."

Attira lo sguardo di lui, prendendogli le mani.
Con uno sguardo serio e che non permette contraddizioni.
E Jek lo sa bene, è il suo stesso sguardo.

"Si che per te sono ancora la tua piccola.
E va bene, amo sentirmi così.
Ma Oliver è davvero importante per me e se ti fermi a conoscerlo invece di sbranarlo capirai perché."

Ecco, questa è la vera paura che per Jek diventa reale.
Quel ragazzo è molto più di un fidanzatino.
È importante.

"Va bene."

Sussura poco convinto, abbassando lo sguardo.
Ma per poco, perché Emma con una carezza sulla guancia lo spinge a rialzarlo.

"Devi promettere papà.
Devi girarmi che ci andrai piano e che lo conoscerai prima di dare sentenza."

Occhi negli occhi e Jek non ha più scampo.
Perché quegli occhi sono lì stessi di vui si è innamorato più di vent'anni fa e poi ancora alla nascita di Emma.

Le sue due donne hanno un arma letale in questi occhi simili.
E il problema è che lo sanno.

"Va bene te lo giuro."

Ed Emma finalmente sorride, diventando sempre più bella e radiosa.
Lanciandosi tra le braccia del padre che subito l'accoglie.

Ma si, non deve essere così male quel ragazzo se ha conquistato la figlia.

Giusto?

◖⚆ᴥ⚆◗◖⚆ᴥ⚆◗◖⚆ᴥ⚆◗◖⚆ᴥ⚆◗

Oliver parcheggia la macchina proprio davanti al pub.
Vedendo la festa già in piena vita.

Nervoso ticchetta le dita sul volante, spostando lo sguardo dal pub al porta oggetti.
Sa che un quel cassetto c'è il pacchetto di sigarette, lo stesso che non tocca dal compleanno della Lopez.

Sa che in quel pacchetto c'è esattamente una sigaretta, lasciata di proposito per momenti come ora, dove la tentazione è tanta.

"Non sarai davvero così stupido."

Lo riprende Camilla, sapendo bene cosa sta pensando il nipote.
E sa quanto si sia impegnato per smettere di fumare, e non vuole vedere cedere per una cazzata.

La donna gli prende il viso, costringendolo a concentrarsi su di lei.

"Smettila di fartela sotto.
Tu sei un Johnson.
Per giunta mio nipote, perciò finiscila di frignare."

Per quanto le due parole siano offensive, fanno il loro lavoro.
Dare coraggio ad Oliver, che abbandona completamente l'idea di fumare.

Con un sorriso sicuro di sé scende dalla macchina, aspetta che la sua dama l'affianchi, per camminarsi insieme all'interno del locale.

La musica fa giusto da sfondo, mentre la luce dei lampadari illumina le mille decorazioni nella stanza.

Sono presenti tutti gli amici della famiglia Lopez.
Ma anche gli amici di Emma nonché anche suoi.

"Ei amico, finalmente dei arrivato."

Lo saluta con una pacca sulla spalla Rayan.
Insieme a Luca e Owen che lo salutano in modo simile.

"Scusate il ritardo.
La signorina non ha un orologio che funzioni."

Calva la parola "signorina", indicando sua nonna.
Che però si limita a guardarsi le unghie, con la sua solita presunzione.

"Io ti avevo avvisato che una donna ha bisogno dei suoi tempi.
Ma tu hai voluto che venissi lo stesso."

Vecchia strega, invece di aiutarlo sembra che gli voglia scavare la fossa.

"Vado a prendermi qualcosa da bere.
Oh guarda, c'è Emma."

Oliver segue lo sguardo della donna, trovando davvero Emma poco lontano.
Ma stringendo i pugni quando tornando con lo sguardo sulla nonna, è scomparsa.

Maledetta, strega, infantile, questa gliela farà pagare cara.

"Oliver.
Sono felice che sei venuto."

Torna con lo sguardo su Emma, trovandola molto più vicina.
In più anche i suoi amici sono scomparsi.

È per caso una congiura?
Deve assolutamente cambiare amici e parenti.

E la guarda meravigliandosi di quanto sia sempre più bella.
Stupenda anche con un semplice jeans e una maglia sostenuta da un filo intorno al collo.
Modello che le copre il petto e le scopre metà della schiena.

"Be, non potevo rifiutare un tuo invito.
Spero che a tua padre non dispiace la presenza di Camilla, ha insistito tanto per venire."

Grandissima cazzata.
Ma non può dirgli che se le portata dietro, perché ha paura di risultare un fallito agli occhi del padre.

E questo pensiero lo fa sentire ancora più patetico.

"Ne sono felicissima, sai già come la pensa Diana.
E poi anche Camilla fa ormai parte della famiglia."

Oliver ingoia a vuoto.
Emma gli ha appena detto che fa parte della famiglia, della sua famiglia.
Della sua vita.

Emma la fatto sentire come a casa, non ha mai nascosto l'importanza che da a lui.
Ma sentirgli dire queste parole, sono fuoco.

Ma non quello spaventoso o pericoloso.
Ma quello di un camino che scoppietta e ti da il benvenuto a casa.

Lei gli prende la mano, pronto a tirarlo via chiassa dove.
Ma lui invece di lasciarsi trascinare la tira a se, abbracciandola forte a se.

"Grazie."

Sussurra, sprofondando il viso nel profumo dei capelli di lei.
Sentendola sorridere sulla pelle del collo.

"Grazie a te."

E non c'è bisogno di spiegazioni, di risposte perché non esistono domande.
Resta solo un grazie di essere importante per l'altro.

Jek poco lontano guarda la scena con un prurito alle mani.
Consapevole che se andrà la e sbatterà fuori il ragazzo, sua figlia lo farà nero.

Così si limita ad avvicinarsi, fingendo di tossire per attirare lo sguardo dei due innamorati.

"Oliver ti presento mio padre."

I due uomini si stringono la mano, nascondendo negli occhi uno sguardo di sfida.

Emma non sa che i due si conoscono, perciò pensa che quello sguardo sia solo un combattimento tra due alfa.

Sentendosi un po' offesa ad essere paragonata a un osso tra due cani.

"È un piacere conoscerla signore.
Emma mi ha parlato molto di lei."

Oliver è ben conosciuto per la sua diplomazia, e Jek sa che non è questo il carattere del ragazzo.
Lo vede nei suoi occhi.

"Ti ha anche detto che ho il porto d'armi?"

Si lascia sfuggire Jek, con aria minacciosa.
Che subito scompare quando incrocia lo sguardo severo della figlia.

"Sto scherzando ragazzo.
Avviciniamoci al tavolo, Daiana presto servirà la cena.
E c'è da dire che in cucina è una delle migliori."

Oliver finge un sorriso, sapendo bene che scherzando si dice spesso la verità.

Ma consapevole che è pronto a reggere una pistola sulla fronte pur di non perderla.

"Anche se modestamente, mia moglie rimarrà la numero uno."

Continua Jek, fermandosi al bancone, in attesa che tutti si siedono a tavola.

"Si ha ragione, Caterina è un ottima cuoca."

Un complimento ben apprezzato, se nella mente di Jek non fosse iniziato un procedimento pericoloso.

Poiché se Oliver conosce la cucina di Caterina, è stato a casa loro.
Perciò in casa con Emma, magari da soli nella cameretta della sua bambina.

Ed è meglio se non va oltre con i pensieri altrimenti rimpiangerà di aver lasciato l'arma a casa.

Ed Oliver sa bene di aver fatto un passo falso, ed è pronto allo scontro.

Ma all'improvviso viene abbracciato dalla vite in giù da una testolina castana..il piccolo Thomas.

"Axel?"

Chiede il piccolo a voce, sapendo che il ragazzo ancora non capisce il linguaggio dei segni.
Lasciandosi guardare confuso dal padre.

"Sta bene.
È molto cresciuto e gli manchi.
Perciò ti aspetta."

Jek è sempre più sorpreso.
Osserva il ragazzo parlare lentamente e scandendo bene le parole.
Evitando di fare sentire a disagio il figlio.

Che subito dopo si gira verso il padre, spiegandogli a gesti la storia del piccolo Axel.
Di come l'istituto lo voleva abbandonare ma Oliver la salvato.
Permettendo al bambino di vederlo come e quando vuole.

Jek ora vede con i suoi occhi quanto Oliver sia importante per sua figlia.
E quanto lui abbia fatto per lei, e faccia tutt'ora.

Ma è un padre geloso, che non ha mai saputo tenere a bada la lingua.

"Be, in una villa come la sua ci voleva un cane."

Sputa sulle ricchezze di lui, ma solo quando Thomas è già lontano da loro.

Ed Oliver sta per rispondere a tono.
Ma qualcuno è più veloce di lui.

"O caro Jek.
Per riempire anche solo il cortile posteriore, vi vorrebbe un branco.
O magari tre cavalli puro sangue."

Jek si volta verso una voce che ricorda ancora.
Incontrando lo sguardo di sfida di Camilla Johnson.

"Camilla.
È un piacere rivederti."

Gli porge la mano, salutandola con educazione.
Ma, al contrario del nipote, Camilla non nasconde la sua lingua biforcuta.

"O certo, ne sono convinta.
Ed è corrisposto, sicuramente."

Ok, le cose si mettono male.
Oliver inizia a credere che non sia stata una buona idea portare il Pitbull.
Mentre Emma guarda suo padre, come se sulla testa avesse una miccia accesa pronta a fargliela esplodere.

"Forza, andiamo a sederci.
Sto morendo di fame."

Salva la situazione Emma, trascinando via il padre.
Mentre Oliver fa altrettanto con la nonna.

La serata promette peggio di quanto i due ragazzi credevano.

Una volta a tavola, la situazione sembra essere tornata sotto controllo.

Oliver è davanti ad Emma, poco lontano da Jek che è a capo tavola.

Ma per fortuna il capo famiglia è impegnato a parlare con i suoi amici, per notare gli sguardi lascivi tra la sua bambina e il bad boy.

O almeno così credeva Emma, e invece si sbagliava di grosso.

"Sai Oliver.
Emma ha molti progetti per futuro.
Tu invece cosa farai dopo il liceo."

Era tutta una tattica quella di Jek, lasciarlo tranquillo solo per poi prenderlo in impreparato.

Senza sapere quanto i riflessi di Oliver siano buoni.

"In realtà all'ultima partita di football sono stato notato da uno scout.
Sto aspettando loro notizie, per iniziare a giocare come professionista."

Oliver parla con sincerità, consapevole che le gambe non avrebbero retto molto.
Non lasciandosi toccare dallo sguardo di insufficienza di Jek.

"C'è da dire che la maggior parte dei liceali sogna di diventare un giocatore.
Ma un certo punto bisogna mettere da parte i sogni per affrontare la realtà."

Punge velenoso Jek.
Ma ancora una volta Oliver è preparato.
Anche perché un discorso simile il padre gliel'ha fatto mille volte.
Usando termini anche peggiori.

"Non è un sogno se si hanno delle possibilità reali.
So quello che faccio, quanto valgo.
E si di avere tutte le carte per diventare un professionista."

Risponde tranquillo Oliver.
Irritando molto Jek, che non sopporta vederlo così preparato.
E soprattutto lo sguardo fiero che Emma gli riversa.

E tutto ciò gli fa fare i danno di un bambino capriccioso.

"Certo, bisogna avere delle buone carte.
Ma anche delle buone raccomandazioni."

Ecco che l'ultima goccia fa traboccare il vaso.
Due mani sbattono sul tavolo.

Ma non sono di Camilla ne di Oliver.
Ma della figlia, che ora lo guarda furioso.

"Forse è meglio se vai a prendere un po' d'aria papà."

Jek ingoia a vuoto, capendo di averla combinata grossa.
Non ha mantenuto la promessa fatta poche ore prima, ed ora sa di meritare lo sguardo furente della figlia.

Alza bandiera bianca, getta a terra le armi.
E senza una parola abbandona la tavola, sperando che Emma abbia cuore di perdonarla.

Quest'ultima lo segue con lo sguardo finché non esce dal locale.
Per poi spostare lo sguardo mortificata su Oliver, mostrandosi dispiaciuta per le parole del padre.

Ma Oliver non risponde a lei, non vuole lasciar correre tutto.
Perciò le sorride, per più seguire il signor Lopez fuori dalle porte.

Lo trova poco lontano, appoggiato al muro, con lo sguardo nel vuoto.

E non ha digerito le sue parole.
Ma è venuto qui per un motivo.
E non si arrenderà finché non avrà conquistato la persona più importante per la sua Emma.

"So che pensa che sono un ragazzino viziato.
E che sono sbagliato per sua figlia.
Ma sono pronti a tutti per farla ricredere.
Per non perdere lei.
E..."

Ma Jek scoppia a ridere, bloccando il discorso del ragazzo e mandandolo in confusione.

"Oh ragazzo.
Tu sei perfetto per mia figlia.
Ed è forse questo che mi terrorizza."

Le parole di Jek lo bloccano completamente.
Credeva che l'uomo lo odiasse.
Invece ora nei suoi occhi legge paura, e un pizzico di invidia.

"Emma é la donna che più amo al mondo.
Ma prima di lei, mi sono innamorato di sua madre, la mia dolce Caterina."

Jek si siede sul margine del marciapiede, invitando il ragazzo a fare lo stesso.
Che lo segue, solo per capirci qualcosa.

E scoprendo da chi ha preso Emma la capacità di mandare in confusione.

"Lei era la ragazza più dolce e buona che io abbia mai conosciuto, un angelo.
Mentre io...
Io ero troppo arrabbiato con il mondo per accorgermi di quanto fosse bello."

Ed Oliver si rispecchia nel suo racconto.
Conoscendo quella rabbia che sa solo distruggere.

"Poi ho conosciuto lei, prigioniera di una vita che le impediva di volare.
Ma non sono stato io a salvarla, anche se lei lo pensa ancora.
E stata lei ha darmi quella forza, quella voglia di vivere, per portarla via di li.
E amarla imparando ad amare me stesso e ciò che mi circonda."

Jek, che è stato con lo sguardo nel vuoto per tutto il tempo, ora guarda il ragazzo al suo fianco.
Vedendo molto di sé negli occhi grigi del giovane.

"E guardando voi mi sembra di rivedere la mia storia.
So che mia figlia ti ha salvato e che tu hai salvato lei.
Ti sei aggrappata lei, trovando la forza di sostenerla.
Sei il suo porto sicuro, e devi ammettere che ne sono geloso."

Sorride amaro il più grande, mentre Oliver non osa dire una parola.

Pensando solo a quanto Emma assomigli al padre.
E come entrambi hanno la capacità di leggerti dentro con un solo sguardo.

"Avrei dovuto starle vicino in questo periodo, sostenerla e invece non c'ero.
Non vero quando aveva più bisogno di me.
E questo mi tormentera per tutta la vita."

Oliver prova a giustificarlo.
A dirgli che non è colpa sua.
Ma l'uomo lo interrompe prima che possa dire qualsiasi cosa.

"Ma sono felice che ci sia stato tu.
Perché per quanto lei sia ancora la mia bambina, lo vedo quanto la ami.
E il fatto che sei venuto fuori da me, ne è solo l'ennesima conferma."

Gli dice, oosandogki una mano sulla spalla con fare paterno.

Per poi sollevarsi in piedi, pronto a tornare dentro e chiedere scusa anche alla figlia.

"Ti chiedo solo una cosa."

Supplica il ragazzo che ha davanti, con lo sguardo.
Aiutandolo con una mano ad alzarsi.

"Emma è una delle poche ricchezze che possiedo.
Abbine cura, proteggila dove io potrei fallire.
Continua a tenere a lei come so che lei tiene a te."

Oliver è ormai senza respiro in gola, limitandosi ad annuire.
Giurando con gli occhi, con l'anima.
Con il cuore che ormai appartiene alla giovane Lopez.

Per poi rilasciare un respiro di sollievo quando l'uomo gli dà le spalle.

Felice di aver superato la prova del nove.
Ora sicuri che nulla lo allontanerà da lei...






Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top