capitolo 37 capire
Il giorno tanto temuto da Emma è già arrivato.
Il ritorno all'istituto dopo una settimana di assenza.
E sta andando peggio di quanto immaginasse.
Purtroppo la notizia della sua malattia è il maggior pettegolezzo tra i corridoi.
Senza sapere chi abbia messo la prima voce.
Ed Emma questa mattina ne a sentito tanti di bisbigli.
"Guarda è quella malata.
Dicono che non le rimane tanto, poverina."
"Peccato, era un bel bocconcino.
Ma sai che mostro sarà quando sarà pelata?"
Questo ultimo commento ha toccato anche Oliver che non si è rattutebuto da minacciarli cose peggiori di essere pelati.
Ma il premio Nobel per l'intelligenza è stato:
"E meglio starle lontano.
Non sia mai che sia contagioso."
Emma arriva allora di pranzo per miracolo.
Soffocata non solo dagli sguardi degli altri.
Ma anche dalla presenza apprensiva dei suoi amici.
Che più che amici sembrano guardie dal corpo, posizionate a scudo quando attraversa i corridoi.
Chiedendole ogni cinque minuti come stia, diventando asfissianti.
Sospira, stanca di sentirsi un vaso di cristallo.
Non lo avesse mai fatto.
I suoi amici fermano il passo in mezzo al corridoio, girandosi contemporaneamente tutti verso di lei.
"Non ti senti bene?"
"Hai bisogno di qualcosa?"
"Vuoi che chiami l'infermiera?"
La testa di Emma le gira vorticosamente.
Arrivando al limite della sopportazione umana.
"Basta.
Mi togliete il respiro."
Gli amici fraintendono, credendo a un malessere fisico, facendo un passo lungo indietro.
"Vuoi andare fuori a prendere aria?"
E quando due ragazzi passano li vicino sussurando l'ennesimo giudizio impetiosito.
Emma non ce la fa più.
Si allontana dagli amici, correndo verso la classe vuota più vicina.
Per poi chiudersi dentro, mettendo una sedia sotto la maniglia che subito si muove frenetica.
"Tesoro, facci entrare.
Siano solo preoccupati."
E lei ama la sua amica Sofia.
Ma la sua voce ora le crea fastidio.
"Andate via.
VIA.
Sono stufa di essere trattata come una malata terminale.
Non lo sono cazzo."
Urla contro la porta, sfogando tutto ciò che ha trattenuto fino ad ora.
Respirano profondamente quando sente finalmente silenzio dall'altra parte.
Si siede sul muro di fianco alla porta, passandosi le mani tra i capelli.
Ama i suoi amici, sia quelli vecchi che quelli nuovi, ma sono diventati tante piccole mamme.
Se non peggio.
Tutto quello che temeva si è avverato ed è solo il primo giorno.
Si posa una mano sul petto, pensando alla piccolissima operazione che dovrà fare domani.
Chiedendosi, se ora la guardano così come sarà quando le metteranno quel coso?
Il turbine di pensiero viene interrotto dal un bussare deciso sulla porta.
Ma Emma si rifiuta di uscire fuori o rispondere, a bisogno di stare ancora sola.
Ancora almeno un ora, decisa a saltare anche il pranzo.
"Lopez, ci sono solo io.
Fammi entrare."
E Oliver dall'altra parte della porta.
Ed Emma ora non sa davvero cosa fare.
Infondo Oliver è l'unico che si è mostrato normale tra gli amici, tranne per qualche minaccia apparentemente di nascosto.
"Andiamo Emma.
Non ti farò domande."
Emma si morde il labbro inferiore, cercando di combattere per la sua solitudine.
Ma come sempre quando si tratta di Oliver, perde ogni buona volontà.
Perciò, senza alzarsi, sposta il tavolo dalla porta.
Lasciando a lui il compito di entrare senza troppe cerimonie.
E lui entra piano, facendo un gesto che Emma apprezza, rimette il tavolo contro la maniglia.
"Ed io che pensavo che ci si sedeva sulla sedie.
Dici che il pavimento è più comodo?"
Cerca di sdrammatizzare, sedendosi di fianco a lei, fingendo smorfie di dolore per il pavimento duro.
Ma Emma continua a rimanere in silenzio, con gli occhi chiusi e il viso rivolto verso il soffitto.
"Hai promesso.
Niente domande."
Sussurra solamente, quando sente lo sguardo di lui su di se.
E la sua voglia di dirle qualcosa.
"Anche se si tratta di una festa?"
Emma abbassa il viso su di lui, confusa su cosa stia parlando.
Facendo sorridere lui, felice di averla distratta un po'.
"Venerdì sarà il mio completamente.
E mio padre mi ha dato il via libera di fare ciò che voglio, invece della solita cena formale in famiglia.
Perciò ho deciso di organizzare qualcosa al pub, solo noi.
Tu verrai?"
Emma sorride, sentendo per la prima volta da questa mattina un discorso che non riguardi la malattia.
Ma sono i suoi stessi pensieri a tradirla.
"Sempre se i body gard mi danno il permesso di partecipare."
Sospira, indicando con il capo fuori dalla porta, riferendosi ai loro amici.
"Non lo fanno apposta, lo sai.
Sono solo preoccupati."
Ed ecco che ritornano al punto di partenza.
Emma sbuffa tornando con gli occhi chiusi verso il soffitto.
"E diventato tutto troppo pesante, e sono stanca della loro compassione.
Possibile che non lo capiate?
Vorrei solo tornare a quando lo sapevono solo Luca e Sofia, e comunque non la conoscevano così grave."
Rimpiange quei tempi.
Era tutto più semplice quando nessuno sapeva.
Quando era sola ad affrontare i suoi mali.
"Ed io vorrei non averti trovato stesa a terra in una pozza di sangue.
Vorrei non aver corso in ospedale, con te tra le braccia che quasi non respiravi.
Vorrei non aver provato così dolore quando ho scoperto la tua malattia, fino a scoppiare in lacrime tra le braccia di mio padre.
E vorrei non dover vivere con la paura di perderti."
Emma rimane senza respiro davanti alle parole di Oliver.
E la prima volta che ne parlano veramente, e non credeva di avergli recato tanta preoccupazione è tristezza.
Abbassa il capo, trattenendo le lacrime che si posano agli angoli degli occhi.
"Mi dispiace.
Io..."
La mano di lui le accarezza la guancia, facendole alzare lo sguardo di nuovo nel suo.
Come è giusto che sia, occhi negli occhi.
"Non te lo sto dicendo per darti dispiacere.
E non mi pento di nulla di ciò che ho fatto.
Perché tutti questi ricordi sono nulla in confronto a quando sono arrivato in ospedale il giorno dopo.
Trovandoti con gli occhi aperti, consapevole che non ti avevo perso."
La mano continua a sfiorarle il viso, creando un contatto essenziale nonostante sia solo una mano sulla guancia.
"Io ti capisco, capisco che sia una lotta pesante per te, e ti ammiro per la forza che mostri.
Ma devi capire anche come ci sentiamo noi, come sia stancante aver paura si perderti.
Di come il bisogno di sapere che stai bene è vitale per noi."
Spiega con semplicità Oliver, facendo da voce anche per gli amici.
E finalmente Emma capisce, comprende la seconda faccia della medaglia.
Dietro a quei gesti apprensivi e pensanti, ora sa esserci la paura.
La stessa che sente lei, credendo di essere sola.
"Mi dispiace tanto aver sbottato in quel modo.
Pensavo solo a me."
Le lacrime scivolano sulla dita macchiate di nero di lui, dandogli brividi per il freddo che sfiora le sue mani ora umide.
Si piega verso di lei, baciandole la fronte, anche se desidera solo baciarle la bocca fino a consumarla.
"E normale, anzi è d'obbligo pensare solo a te stessa.
Hai una guerra davanti a te e so che non sarà facile.
Perciò grida, arrabbiati, pensa solo a te.
Ma non arrenderti e non isolarti."
La mano delicata di lei, si posa sulle mani ancora ferme sul suo viso.
Accarezzando ogni tatuaggio che segna il dorso.
"Quand'è che sei diventato così maturo.
Non sembri ne meno tu, forse sei solo una allucinazione dovuta ai farmaci."
Ironizza lei, rubandogli un sorriso, un bellissimo sorriso.
"La verità è che rischiare di perderti mi ha fatto capire cosa è davvero importanti.
E quanto è da stupidi sprecare momenti preziosi."
Le mani di lei salgono sulle sue braccia, sfiorando le spalle larghe fino al collo dove si intravedono macchie di nero uscire dal colletto della camicia.
Sospirando quando arriva al suo viso, solleticandosi i palmi con la barba corta e ben curata come sempre.
"Forse sei davvero un allucinazione."
Sussura sfiorandogli le labbra con le dita, mentre Oliver fissa la sua bocca rossa, senza allontanare le mani dalle sue guance rosee.
Perdendosi tra i respiri corti che rilascia tra le labbra socchiuse.
"Lascia che ti mostri quanto sono reale."
E va fan culo i buoni propositi di essere solo amici, di smetterla di cercarsi.
Poiché la bocca di lui si posa su quella di lei, baciandola come desiderava fare dall'ultima volta che è accaduto.
Le mani ancora sui visi, rendendo il bacio più intimo che passionale.
Più un semplice sfiorarsi, dimostrando che sono davvero li.
Insieme.
Oliver si stacca lentamente guardandola sorridente.
Non è stato un bacio passionale, aggressivo come tutti gli altri.
Eppure le sembrato di toccare l'anima di lei e di mostrargli un po' la sua.
Si solleva dal pavimento, porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi.
"Sarà meglio andare, gli altri ci aspettano fuori.
E due impiccione sono più vicine di quanto pensi."
Sorride facendole segno di fare silenzio e di avvicinare l'orecchio al legno.
"Che stanno dicendo?"
Si sente sussura Isa, in trepida attesa.
"Se stai zitta forse riesco a sentire."
Le risponde Sofia.
E, conoscendola, sarà piegata in avanti con l'orecchio sulla porta.
La solita curiosona.
Oliver gli fa segno di nuovo di fare silenzio, spostando il tavolo dalla porta senza fare rumore.
Poi le prende la mano, tirandola con sé poco lontano dalla porta sempre contro il muro.
Si scambiano un sorriso, ancora mano nella mano.
Con quella libera spalanca la porta, aspettando di vedere rotolare a terra le due comari.
E mentre Isa cade rovinosamente a terra.
Sofia da fiato al suo allenamento di cheerleaders, facendo una ruota e rimanendo in piedi.
Con la braccia aperte dicendo persino "tada."
Facendo ridere tutti quanti, anche Isa nonostante ancora dolorante per la caduta.
Ed Emma li guarda tutti, uno a uno, capendo ora più che mai il discorso di Oliver.
Capendo che non è sola a dover affrontare tutto ciò, e che voglia o no loro ormai ci sono dentro con lei.
Scambia un sorriso con Oliver, per poi avvicinarsi a Scarlett e Isa, prendendole sotto braccio.
"Be, che ci facciamo qui?
Io ho fame, non vorrete negarmi un buon pasto.
Sono malata io."
Ironizza a cuore più leggero, incamminandomi verso la mensa.
L'ultima a seguirla e Sofia che guarda Oliver mimando in grazie, sapendo con sicurezza che il buon umore di Emma è dovuto per lui.
Ma Oliver si limita ad annuire, non sentendosi di dover ricevere nessun ringraziamento da parte di nessuno.
Crede ad ogni parola detta.
Ad ogni promessa fatta il giorno del risveglio di lei.
Fare qualsiasi cosa per lei.
Anche se fare l'amico, è un ruolo che inizia a stargli stretto.
Ma ora lei non ha bisogno di passione o attrazione fisica.
Ma di un uomo che la protegga.
E lui sa che sarà lui quell'uomo.
=_==_==_==_==_==_==_==_==_=
I ragazzi sono negli spogliatoi, preparandosi per un allenamento che sanno sarà massacrante.
Martedì ci sarà la terza partita di sette che porteranno dritte alla partita finale.
Quella di campionato.
In un angolo, già pronto per uscire, Rayan guarda Oliver, mordendosi il labbro per il nervoso.
Guarda il suo amico a capo chino, impegnato ad allacciarsi le scarpe.
Mostrandosi calmo e tranquillo, come lo è stato nell'ultima settimana.
Come in realtà non l'ha mai visto in tutta la loro vita.
Pensava che la storia di Emma l'avesse sconvolto.
E invece la reso più calmo, quasi se ne fregasse.
Eppure passa tutto il suo tempo libero con lei.
Non lo capisce e quindi sbotta.
"Io capisco noi che siamo iperprotettivi e rompi palle.
Cosa non molto normale, ma è ok.
Ma fu come cazzo fai ha essere così calmo?"
Oliver alza lo sguardo sull'amico, spingendolo a ingoiare a vuoto per quanto sia dilatati e oscuri i suoi occhi.
E non ha bisogno che risponda, limitandosi a seguirlo verso il campo.
Tutta questa quiete, questa apparente calma è solo una maschera che non arriva a nascondere gli occhi.
L'allenamento inizia e finalmente Oliver sfoga l'uragano che sente dentro.
Ha dentro du se ha il fuoco che gli sta consumando dentro e solo sul campo o sul ring può scaricarlo.
Sabato avrà il decimo incontro, sperando che non ne rimanga distrutto perché martedì ha la partita, molto importante per il suo futuro.
A tutta questa ansia si aggiunge la Lopez.
E la mente inizia a implorare di avere pietà.
Negli ultimi giorni vive nella paura di esplodere davanti Emma, diventando motivo di un eventuale attacco.
E questo lo spinge a ingoiare veleno, fingendo tranquillità mentre sente il fegato corrodere.
Persino il padre si è accorto che qualcosa non va.
Anche perché quando Oliver rientra la sera si chiude nella palestra fino a tarda notte, solo perché la notte ormai non gli dà riposo.
Nonostante si stanchi fino a sentire i muscoli vedere, la mente non si riposa mai.
Appena si sdraia sul letto le mille preoccupazioni gli cadono adosso inchiodandolo al letto.
Ma il pensiero che più lo rende insonne è comw sempre lei.
Emma Lopez.
Soprattutto negli ultimi due giorni, dove è più pensierosa del solito, sfiorandosi spesso tra il collo e il seno.
E ci sta che Emma sia così, che abbia mille pensieri.
E fottutamente giusto che lei sia tra i suoi mille pensieri.
Ma ciò che gli rode l'anima e che non ne parla con lui.
Perché non si confida con lui?
Perché non lo rende partecipe dei suoi pensieri?
"Dieci giri di campo."
Uela l'allenatore, senza che nessuno lo contraddica.
Soprattutto Oliver che si limita ad eseguire gli ordini.
Con la testa immersa altrove.
Quando erano poco più che estranei si dicevano tanto.
Mentre ora lei si è isolata, si è allontanata da lui.
"Giù a terra, voglio cinquanta addominali."
La terra e dura contro la schiena, ma Oliver non nota ne meno questo.
L'unico sollievo avuto è stato l'incontro particolare durante l'ora pranzo.
Quella chiacchierata soli nella classe, e quel bacio delicato come l'atmosfera che li ha sfiorati.
E stato bello toccare i suoi pensieri.
Anche se quelli più in superfice, meno importanti per lei.
"Forza mammolette.
Vogliamo vincere o no?"
Si che Oliver vuole vincere.
Ma non sa più quale partita sta giocando.
Passano ore di allenamento, di fatica.
Ma a parte un po' di fromicolio ai muscoli, non è stanco abbastanza da non pensare.
Appena l'allenatore fischia la fine degli allenamenti, Oliver si incammina verso gli spogliatoi a passo fermo, senza dare conto a nulla che li circonda.
Infila subito la testa sotto l'acqua gelida.
Ma ne meno questo riesce a distrarre i suoi pensieri.
È opprimente non riuscire a svuotare la mente.
Sospira frustato, togliendo il capo da sotto il getto, stringendo tra i pugni il marmo del lavello.
Chiedendosi come può la malattia di un'altra persona colpirti così duramente.
Un asciugamano gli colpisce il viso, risvegliandolo finalmente.
Rayan e davanti a lui, con braccia incrociate e sguardo stranamente serio per essere lui.
"Renditi presentabile che andiamo a bere qualcosa.
Ne hai bisogno."
Gli sorride, andando a sua volta a prepararsi.
E Oliver può solo accettare, si ne ha bisogno.
Il bar è sempre lo stesso, le persone sono sempre lo stesso.
Solo Oliver si sente diverso dal ragazzo che era e che veniva qui.
"Allora.
Aspettiamo la terza birra o inizi a parlare?"
Gli chiede Owen aspettando spiegazioni da Oliver.
Mentre Rayan e Luca si limitano a fissarlo indacatori.
"Non c'è molto da dire.
L'incontro, la partita di martedì, e la maledetta malattia di Emma."
Una semplice frase, eppure ha un potere enorme su di lui.
E la prima volta che ne parla con qualcuno che non sia se stesso.
E fa fottutamente bene.
Tanto da ascoltare finalmente la sua mente.
"Sapete che è iniziata come una attrazione.
Ma poi più mi sono avvicinato e più mi sono ustionato.
Fino a sentirmi completamente bruciato di lei."
E strano come Quero cambiamento sia avvenuto lentamente.
Ma con una naturalezza da non sentire l'allarme antiincendio.
"Ho capito di essere fottuto quando lei mi ha chiamato chiedendomi aiuto.
Ed io senza pensarci due volte sono corso da lei.
E ho capito quando lei sia diventata importante per me quando ho saputo della sua malattia."
Ogni parola che dice è un mattone che si toglie dal petto.
E un respiro che ritorna nei polmoni.
"Ma è tutto più grande di noi.
La mia situazione con Logan e lo sport.
E la sua malattia e la strada in salita che si trova davanti."
Stringe i pugni, ringraziando con il cuore i suoi che rimangono in silenzio.
Ad ascoltarlo, semplicemente ascoltare.
Ed è ciò di cui ha bisogno.
"E vorrei scappare, uscire dalla sua vita, allontanarmi.
Perché mi sento un ragazzino che nulla può.
Ma solo l'idea di stargli lontano mi crea una voragine nel petto.
Vivendo con la costante voglia di scappare e il bisogno di rimanere."
Dirlo ad alta voce ha tutto un altro suono.
E liberatorio e benefico più di quanto avesse pensato.
I suoi amici gli danno consigli, gli dicono che lo aiuteranno.
E Oliver finalmente si sente davvero meglio, grato ai suoi amici che l'hanno costretto a parlare.
Mentre Luca si limita a guardarlo, sapendo bene come si sente l'amico.
Conoscendo la voglia di allontanarsi e il bisogno di stare vicini.
La paura di rimanere e l'angoscia di andare via.
Infondo sono questi sentimenti che lo hanno allontanato da Isa.
Ma sono gli stessi sentimenti che lo costringono a guardarla ogni volta che lei è nelle vicinanze.
"Ei ciao Isa."
Luca si ferma di colpo, strozzandosi con la birra aspettandosi di ritrovarsi davanti la nana.
Ma ciò non avviene e si spinge e guardare il ragazzo che la nominata.
E sbuffa quando vede che è Marco, un suo compagno di squadra.
"In realtà sono al bar, quello dove siamo stati ieri.
Ma tra poco rietro così mi riposo un po' prima di vederci."
Ma quanto può essere bastardo il destino.
Marco doveva proprio sedersi al tavolo vicino, costringendo Luca ad ascoltare la conversazione.
Sapeva già che la nana si vede con lui, sentendoli spesso nominato tra i discorsi di lei e Sofia.
Ma sentire il nome della nana sulla bocca di un'altro uomo gli chiude lo stomaco.
E lo stesso succede ai suoi pugni che quasi rompono la bottiglia di birra.
"Va bene nana, ci vediamo dopo."
La saluta lui dolcemente con un nomignolo.
Quel cazzo di nomignolo con cui la chiamava Luca.
E non importa se anche i suoi amici la chiamano così.
Poiché loro possono ma un altro uomo no.
Non può chiamarla così, anzi non dovrebbe chiamarla proprio.
"Luca ti cosa ne pensi?'
Richiama la zua attenzione Rayan.
Scontato dire che Luca non ha ascoltato una singola parola. Troppo impegnato a maledire quel povero ragazzo che ha come unica colpa state troppo vicino alla nana incantatrice.
E non ha né meno il tempo di inventare una scusa.
Perché gli altri lo capiscono senza giri di parole.
"Ciaone.
Bene, recuperiamo uno e ne perdiamo un'altro.
Bel gruppo di incasinati cazzo."
E Rayan per la prima volta dice una cosa sensata.
Bel gruppo di incasinati...
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