Capitolo 3 i segreti
Il giorno dopo, come promesso, Oliver è puntale all'appuntamento con la sua tutor.
È persino in anticipo di 10 minuti, nella speranza di fare colpo e magari arrivare prima di lei.
Ma invece, la trova già lì.
Seduta tranquilla al tavolo del giorno prima, ha davanti tre libri, e sembra seguire il filo logico di tutti e tre.
Oliver si chiede se non le verrà la gobba a star piegata tutto il giorno sui libri.
E continua, chiedendosi perché lei preferisca i libri alle persone.
"Sei in anticipo, davvero sorprendente."
Sorride ironica lei, osservandolo sedersi.
Felice in cuor suo di vederlo molto più tranquillo rispetto al giorno prima.
La serata tra amici, alcol e donne, ha giovato molto al suo umore.
La mattinata in fondo è filata liscia e gli allenamenti non hanno dato problemi.
Quindi si, oggi si sente molto meglio e pronto ad affrontarla.
"Volevo fare colpo su di te."
Le fa l'occhiolino, posando lo zaino sul banco e preparandosi psicologicamente alla noia che lo investirà nelle prossime due ore.
Non sa come funzioneranno le ripetizioni, non ne ha mai prese prima, ma è sicuro che si annoierà a morte.
"Non perdiamo tempo prezioso allora.
Prima finiamo e prima potrai andarti a divertire."
Con la sua solita aria da secchiona, mette via i tre libri, tirandone fuori un quarto.
Ma quanta forza deve avere, per viaggiare con uno zaino tanto pieno?
Si chiede sorpreso Oliver.
"giovedì abbiamo il tema a scelta di filosofia, su argomenti già fatti.
Quindi direi di iniziare da lì.
E credo di aver trovato l'argomento adatto per te."
Purtroppo ha ragione, tra meno di due giorni, ci sarà il tema importante di filosofia.
E sa che la professoressa Foster, non ci va leggera.
Si sente già perso in partenza Oliver, che non ha mai superato la D in filosofia.
Sapendo bene che ha bisogno di un voto alto per alzare la media.
Mentre Emma sembra più convinta e stranamente tranquilla.
Sembra di vedere un animale selvatico nel suo habitat, la biblioteca è davvero il suo posto.
E lo dimostra la sua serenità e calma.
Gli apre davanti il libro, già sottolineato e con piccoli appunti ai lati.
Il grande titolo, sottolineato in rosso, attira lo sguardo del ragazzo.
"Concetto di bene e male di Socrate?"
Legge ad alta voce, trovando conferma nell'annuire di Emma.
La fa facile lei, Oliver non ci ha mai capito nulla di filosofia.
Figurarsi di Socrate, complicato già sulle piccole cose.
Si accascia alla sedia, maledicendo già, il mal di testa che gli verrà.
"Allora…"
Comincia tranquilla, legando il suo discorso, al movimento della penna sulla pagina, in modo che Oliver possa seguire al meglio.
"Socrate è convinto che nessuno fa il male volontariamente, cioè per il gusto di fare il male, e che ognuno agisce sempre in vista di quello che egli crede sia il bene e il meglio per lui.
Se, per questo verso, Socrate resta all'interno del cosiddetto soggettivismo dei sofisti, nel senso che, anche per lui, non è mai possibile uscire dall'ambito delle valutazioni, dei gusti e delle preferenze individuali, tuttavia questi vengono continuamente giudicati, criticati e discussi attraverso il disputare, e ciò permette di ritrovare criteri comuni e validi universalmente.
Fare il male, per Socrate, vuol dire seguire un bene apparente invece del bene reale; infatti, se uno conoscesse il bene, lo farebbe, anche perché, il bene è tale che, una volta conosciuto, attrae irresistibilmente la volontà dell'uomo e si presenta senz'altro come ciò che è preferibile."
Ripete con calma, seguendo anche le virgole del testo che Oliver ha davanti, e guarda come se fosse scritto in arabo.
Cominciamo bene.
"Il nocciolo della questione è che: il male non esiste.
Esistono uomini che fanno cose sbagliate per raggiungere il loro bene.
E che, quindi, non ci può essere una valutazione oggettiva di cosa sia giusto o sbagliato.
Si segue ciò che sembra giusto, anche se invece non lo è.
Perché, se tutti conoscessimo il bene, nessuno sceglierebbe il male."
Gli sorride lei, gesticolando il suo argomento con la matita in mano.
Oliver è completamente preso dalle sue parole, che sembra capire perfettamente.
Ecco, questa sì che è una spiegazione, perché sul libro non è scritta così?
"Detto così sembra facile!
Qui, invece, ci sono solo paroloni."
Sorride, indicando la pagina del libro, incomprensibile per lui.
"Be’, è per sembrare più fighi no?
Chi li avrebbe mai ascoltati se avessero parlato come me?"
Ricambia il sorriso lei, facendogli l'occhiolino e mettendo definitivamente Oliver a suo agio.
Continua a spiegargli diversi concetti con una semplicità, che persino Oliver capisce.
Riporta esempi reali e utilizza concetti semplici e concisi.
Prendendo completamente l'attenzione di Oliver, che, non solo finalmente riesce a capire un concetto, ma è anche attratto dalla passione che mette Emma nella spiegazione.
Mostrando finalmente quel lato umano che non credeva lei avesse.
"I concetti sono questi, ti ho fatto dei riassunti su ciò che ho detto.
Ma ti consiglio di imparare anche i concetti che ti ho sottolineato sul libro.
In modo da fare bella figura con dei paroloni."
Ride lei della sua stessa battuta.
Una risata semplice, sottile, che arriva comunque all'orecchio di Oliver, trascinandolo nella sua allegria.
Non pensava sarebbe stato così piacevole imparare.
"Questo è ciò che ti servirà per giovedì.
Studialo stasera e domani lo ripassiamo."
Detto ciò, comincia a mettere via le sue cose, lasciando Oliver confuso.
"Dove vai?"
Gli chiede con impeto, credendo che lo stia nuovamente abbandonando.
Ma lei gli indica l'orologio sul grande muro, che segna già le 18:30.
"La nostra lezione è finita.
Ci vediamo domani alla stessa ora."
E se ne va, lasciandolo solo a fissare quell'orologio.
Sono davvero passate due ore, senza che lui se ne accorgesse?
È rimasto tutto il tempo ad ascoltarla e fissarla, senza sentire il tempo scorrere.
È assurdo, non gli è mai successa una cosa del genere.
Rimasto ormai solo, si accinge a mettere via le sue cose.
Osservando il libro che lei gli ha lasciato, con sottolineature e spiegazioni ben specifiche.
E anche tre fogli scritti a mano, con il riassunto su cui hanno lavorato.
Stringe tra le mani i fogli, ancora incredulo che quella ragazza si sia impegnata tanto per lui.
Un'altra persona gli avrebbe indicato le pagine da studiare e basta.
Lei invece no.
Gli ha creato uno schema di studio.
Una linea guida da seguire senza problemi.
Per la prima volta in quattro anni, crede davvero di potercela fare senza problemi.
Con un atteggiamento più positivo, mette via tutto velocemente.
Uscendo con uno strano sorriso dall'istituto.
Intanto, riceve un messaggio nel gruppo degli amici.
-Stasera festa? - R.
Owen ha già risposto di sì, senza titubanza.
Mentre Oliver è combattuto.
Tra le mani ha ancora quegli appunti, l'impegno che lei ci ha messo per aiutarlo.
-Io non ci sono ragazzi, sarà per la prossima volta. -
Non da spiegazioni, anche perché non l’ha mai fatto.
E in più, non vuole dirgli perché ha deciso di non andare.
Vuole studiare per bene quegli appunti.
Fare la sua parte, per la prima volta in vita sua.
Infatti, la sera la passa su quel libro e su quei fogli.
Per la prima volta, studia con cura ogni cosa, sotto lo sguardo sorpreso e fiero di Natalie.
Conosce Oliver da quando era un bambino, l'ha visto ridere e piangere.
Entrando nel suo cuore.
Conosce il vero Oliver, la sua natura buona e gentile, che nasconde al resto del mondo.
Vederlo impegnato nello studio crea un gran senso di fierezza nella donna.
Lo stesso sentimento che prova una madre.
Decide di preparargli qualcosa da mangiare, aiutandolo anche lei in qualche modo.
Passando dal soggiorno, si sofferma su una piccola foto poggiata su un ripiano nascosto.
Una delle poche foto rimaste della signora Johnson.
La sfiora con devozione, adorava quella donna. Era di una gentilezza straordinaria, quanto la sua bellezza.
Nonostante fosse di alto rango, si fermava spesso ad aiutarla in cucina. Sporcandosi di farina e ridendo felice.
Prima che lei li lasciasse, questa casa traboccava di risate.
Persino il signor Johnson era felice, più leggero e amabile con il figlio.
Ma una notte tutto è cambiato.
Quando Natalie è arrivata la mattina dopo, ha trovato il signore seduto sul divano, ubriaco e addolorato.
"Se n’è andata."
Continuava a ripetere come un mantra.
Con disperazione e rabbia, mentre stringeva il bicchiere ancora pieno di whiskey.
Solo qualche ora dopo ha capito che parlava di sua moglie, scappata quella notte.
Avrebbe voluto chiedere perché, ma preferì rimanere in silenzio.
Un silenzio che dura tutt'oggi dopo 13 anni.
Ha visto il signore cambiare totalmente, diventare freddo e insipido alla vita, persino a quella del figlio.
Anche Oliver non ne è rimasto immune, il dolce bambino, crescendo è diventato un ragazzo arrogante e arrabbiato.
Padre e figlio hanno creato un muro tra loro, non facile da distruggere.
E alla povera Natalie, non resta che rimanere in silenzio, eseguendo semplicemente gli ordini.
Ama il suo lavoro, non solo perché le permette di mandare all'università i suoi gemelli, ma anche perché ormai è affezionata a quella casa, a quel ragazzo.
E se la dovessero licenziare, le si spezzerebbe il cuore.
Ripone la foto nell'angolo nascosto, asciugandosi la lacrima scaturita dal ricordo.
Non si può continuare a vivere nel passato, si ripete.
Ha un ragazzo da crescere, che ha bisogno di lei.
Così, sistemandosi con cura il grembiule, corre in cucina, preparando qualcosa di sano e che gli possa piacere.
Della frutta, delle barrette energetiche e un buon succo ace.
Un ottimo spuntino notturno per il suo signorino.
Entra in silenzio nella stanza, cercando di non disturbarlo.
Posa il vassoio poco lontano da lui, notandolo ancora molto concentrato a scrivere e leggere.
Con la coda dell'occhio, nota un foglio scritto con una calligrafia diversa da quella di Oliver. Una scrittura precisa e pulita, con un tratto femminile.
Uscendo dalla stanza, ripensa a quei fogli.
Chiunque sia la ragazza che lo ha aiutato e spronato a tanto, è sicuramente da ringraziare.
Il mattino dopo, Oliver è assonnato e indolenzito.
È stato fino alle tre di notte a studiare tutti gli appunti.
Ma è soddisfatto del suo lavoro.
Ci sono due concetti non molto chiari, ma è speranzoso che Emma glieli possa spiegare.
Questa volta sa di poter superare il test senza problemi.
“Ehi amico, che fine hai fatto ieri sera?
Ci sei mancato."
Come da copione, incontra i suoi amici davanti alle porte.
Curiosi di sapere gli impegni dell'amico, immaginandolo già con qualche bella bionda.
"Ho avuto da fare."
Risponde malizioso, dando corda ai pensieri dei due.
Non è ancora pronto a dirgli la verità, anche se sa che i due non lo giudicherebbero mai.
Per ora vuole tenersi per sé le ripetizioni e l’improvvisa voglia di studio.
"Come è andata ieri con la Lopez?
Ti ha distrutto vero?"
Gli chiede Owen, finendo la sigaretta con calma, anche se la campanella è già suonata.
"Vero, è una strega."
Conferma lui, ancora una volta, mentendo senza motivo.
Semplicemente non vuole che sappiano il legame che si è creato con Emma.
O non vuole sorprenderli elogiandola, sapendo già che gli amici non lo lascerebbero più stare.
"Ciao Oliver."
Lo salutano tre ragazze contemporaneamente, mentre lo superano sculettando.
"Sei un bastardo fortunato amico.
Te le ritrovi nel letto, senza dover offrir loro nemmeno una cena."
Lo incoraggia Owen, appoggiandosi scomposto all'armadietto.
"Non posso metterlo in qualunque buco mi passi davanti.
Non tutti hanno la tua fama Owen."
Gli risponde, Oliver, tirando fuori tutto l'occorrente per la prima ora.
"Oliver ha ragione, sei così disperato che ti faresti anche la tua cameriera quarantenne."
Owen alza gli occhi verso il cielo sognante, alzando due dita verso gli amici, che lo guardano confusi.
"Due volte miei cari, due volte."
Oliver e Rayan, dopo essersi guardati in faccia, scoppiano a ridere.
Non possono crederci, la loro era solo una battuta e invece lui se l'è fatta davvero.
"Non ci credo Owen, sei senza speranze."
Gli dà uno scappellotto Oliver, superandolo.
"Tutta invidia.
Ricordati che gallina vecchia, fa buon brodo."
Non c'è soluzione. Owen rimarrà per sempre un amante del gentil sesso.
Senza distinzione di razza, età, o stato civile.
Insomma la mattina passa abbastanza velocemente.
Durante le lezioni si ritrova spesso a cercarla con lo sguardo, trovandola sempre nella stessa posizione, troppo presa a prendere appunti.
Solo una volta i loro sguardi si sono incrociati.
Nessuno dei due è scappato, restando qualche secondo a guardarsi, finendo con un sorriso nascosto, quell'incontro all'apparenza clandestino.
Si sono comportati come due estranei per tutta la mattina.
E forse lo sono davvero, in fondo non sanno nulla l'uno dell'altra.
Hanno solo condiviso il pensiero di Socrate, nulla di più.
Eppure Oliver continua a guardarla, desideroso di scoprirne sempre di più.
Scoprire cosa nasconde quello sguardo freddo e quel silenzio che la circonda.
Durante l'ora di pranzo, Oliver, per puro caso, scopre un'ulteriore informazione sulla Lopez.
"Non posso Sofi, ho il turno al bar stasera, sarà per la prossima volta."
Parla Emma, facendo sbuffare e battere i piedi a terra alla sua amica Sofia.
Stanca delle solite risposte dell'amica, mai libera nemmeno per un caffè.
"Dici così da tre giorni Emma.
Non puoi continuare con questo ritmo, ti ammalerai."
Non è offesa, sa bene che Emma non la sta evitando per noia, sa bene i suoi impegni e per questo è molto preoccupata.
Ma l'amica la interrompere sorridendole e prendendola per le spalle.
"Sai che non ho scelta.
Vedrai che andrà tutto bene."
È raro sentirla parlare così dolcemente, un atteggiamento sicuramente riservato solo ai suoi amici.
Ma ciò che sorprende ancora di più Oliver, e il succo del discorso.
Lei lavora in un bar?
Perché?
Se viene in un istituto simile, non può aver bisogno di soldi.
E come fa ad essere così sveglia e reattiva?
Quando lui, dopo una nottata sveglio, si sente uno zombie.
Quella discussione sentita di nascosto, non lo lascia andare.
Lo rende distratto anche durante gli allenamenti, cosa mai avvenuta prima.
"Concentrati Oliver!
Che cazzo hai nel cervello, piume d'oca?"
Lo sgrida per l'ennesima volta il Coach.
Rimprovero totalmente meritato, dato che ha perso la palla per la terza volta.
In genere mette anima e cuore nel gioco.
È uno sfogo per lui, una delle pochissime cose che lo fa star bene.
Ma oggi non riesce a goderselo pienamente.
Non può farci nulla, quel mistero, che porta il nome di Emma Lopez, non gli dà respiro.
"Forza amico, vediamo di riprendere il gioco."
Gli porge la mano Lucas, mentre Oliver lo guarda come se fosse stato mandato dal cielo.
Lui deve per forza sapere qualcosa.
Si rialza grazie all'aiuto dell'amico, cercando una scusa valida per chiedergli di Emma, senza sembrare un disperato in cerca di informazioni.
"Senti, dovrei ridare degli appunti alla Lopez.
Sai per quella storia delle ripetizioni.
Sai dove posso trovarla stasera sul tardo?"
Gli chiede mentre tornano al centro del campo, sperando di non aver fatto una gaffe.
Si ricorda che la vedrà tra un paio d’ore, quindi potrebbe darglieli allora gli appunti.
Spera solo nella buona fede di Lucas, e che non faccia i suoi stessi collegamenti.
"La sera lavora in un pub, il The Memory Pub.
Quello vicino al parco Alamada."
Conosce il bar di cui sta parlando.
C'è passato spesso davanti senza fermarsi.
Ritenendola una bettola, piena di gente poco raccomandabile.
Spesso ha visto risse in quel luogo, a volte gente ubriaca che veniva buttata fuori da grossi omoni in divisa.
Insomma, un po' losco per una ragazza come lei.
Cosa c'entra lei in quel locale?
Come può lavorare di notte in quel posto?
Torna all'allenamento, dando il meglio di sé.
Ma con la testa ancora immersa nei suoi dubbi, che con l'aiuto di Lucas sono solo aumentati.
Più scopre cose su di lei.
Più le domande aumentano.
Forse Emma Lopez è molto più di ciò che sembra.
Anche durante le ripetizioni, mentre lei spiega quei due argomenti, lui ha la testa altrove.
Lei continua a parlare, a spiegargli le sue lacune, mentre lui non fa altro che fissarla.
Prova ad immaginarla lavorare in quella bettola, magari con un vestito succinto, lontano dal suo stile elegante e rigido.
"Qualcosa non va Oliver?
Sei distratto."
Lo riprende lei, notando lo stato di confusione del ragazzo, che subito si riprende dai suoi pensieri, come se avesse ricevuto una secchiata d'acqua in faccia.
"Si scusami, ho qualche problema.
Ma vedrò di concentrarmi di più."
Le fa un sorriso tirato, cercando di mantenere la parola data e tornando a studiare sugli appunti.
Ma qualche minuto dopo, la lezione viene di nuovo interrotta dal telefono di lei, che vibra sul banco poco lontano.
Lei lo guarda scocciata, rifiutando la chiamata.
"Allora...
Eravamo rimasti a..."
La vibrazione la ferma ancora, chiunque sia non ha intenzione di smetterla.
Cosa che innervosisce molto Oliver, che odia essere interrotto.
"Vedo che non sono l'unico ad avere problemi."
Sorride lui, notando lo stato d'animo di lei, completamente oscurato dopo queste chiamate.
"Ognuno ha le sue croci."
Gli fa un sorriso tirato, che si mostra in tutta la sua falsità.
Ha perso tutta la serenità, e scatta con lo sguardo sul telefono ogni qualvolta che esso torna a vibrare.
Ormai stufa di quel continuo tormento, Emma decide di spegnerlo del tutto.
Facendo, finalmente, un respiro profondo.
Ma prima che lo sfondo diventi nero, Oliver riesce a leggere il nome del mittente.
Andreas.
Chiunque egli sia, Emma non vuole sentirlo.
Anzi, sembra non voglia proprio vederlo sulla faccia della terra.
"Ora vediamo di toglierti ogni dubbio."
Riprendono il loro lavoro. Entrambi persi nei propri pensieri, nei propri problemi.
Oliver ora ne ha la certezza.
Tutti noi abbiamo dei segreti.
Tutti noi nascondiamo uno scheletro nell'armadio.
Emma è solo brava a nasconderlo.
Anche se i suoi occhi nocciola e lucidi, non possono mentire ad un'anima tormentata quanto la sua.
"Sono sicura che andrai bene domani.
Ti sei impegnato, e lo apprezzo molto.
Vedrai che andrà bene."
Gli sorride lei, andandosene via alla fine delle loro due ore insieme.
Esattamente com'è è successo il giorno prima.
Ma questa volta gli animi dei due ragazzi non sono tranquilli...
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