Capitolo 29 perdersi

La giornata non è iniziata nei migliori dei modi per Oliver.
Non solo ha passato tre giorni a vedere Emma esser tornata fredda e empatica.
Ora, ancora con la sonnolenza della notte passata in bianco, si trova nell'ufficio del padre.
Che non ha voluto aspettare neanche che si cambiasse per piombare nella sua stanza e dirgli di seguirlo nello studio.
E Oliver già sapeva che questa improvvisata non prometteva nulla di buono.
Ma dopo aver sentito, cosa di così urgente, aveva da dirgli il padre.
I suoi nervi si spezzano.
"Non verrò mai a lavorare nella tua azienda.
Te lo puoi scordare."
Gli risponde furioso, alzandosi dalla sedia, pronto ad andare via.
Senza che il padre si disturbi a seguirlo, lasciandolo andare con una frase fredda e autoritaria.
"Non ti ho chiesto il tuo parere.
E’ così e basta."
E Oliver sbatte la porta dietro di sé, come se così potesse ferire il padre come lui l'ha ferito.
Tornato in camera, si veste velocemente con le prime cose che gli vengono alle mani.
Volendo solo uscire da questa casa.
Poiché sa bene che se rimanesse, tornerebbe in quell'ufficio e sarebbe l'inferno.
Spesso negli ultimi mesi il padre gli ha detto che vuole che il suo unico figlio lavori con lui, nell'azienda finanziaria di famiglia.
Soprattutto ora che, secondo i sondaggi, presto il senior diventerà sindaco.
Ma, quelle che erano semplici frecciatine, oggi sono diventate concrete.
Non gli ha detto nemmeno buongiorno.
Lo ha solo informato che domani pomeriggio andrà con lui in azienda, per iniziare ad ambientarsi.
Non ha chiesto al figlio un parere, non è stata una domanda.
Ma un ordine, un metterlo accorrete su ciò che sarà.
Fregandosene di ciò che vorrebbe Oliver.
Dei suoi desideri per il futuro.
Di sapere anche come si sente a tal proposito.
Oliver non ricambia nemmeno il quotidiano saluto di Natalie, prima di sbattere la porta di casa alle sue spalle.
Con la sigaretta già accesso alla bocca, mette in moto la sua macchina.
Con la mente ancora faccia a faccia con il padre.
Avrebbe dovuto dirgliene di tutti i colori.
Invece si sente un cane al guinzaglio con tanto di museruola.
Conscio che finché non avrà il diploma, non può andare contro a quel disputa che si trova come padre.
Così, ingoia l'ennesimo rospo.
Sperando in qualsiasi cosa gli possa annebbiare la mente da questi pensieri.
Non è il solo ad aver cominciato male la giornata.
Anche i nervi di Lucas sono tesi come corde di violino.
Soprattutto dopo esser stato sgridato dal professore per essere arrivato in ritardo.
Per la terza volta dal rientro delle vacanze.
Il motivo del suo ritardo è lo stesso del suo tormento.
La scomparsa di Isa dalla sua vita.
La guarda, sorridere insieme a Sofia, senza degnarlo di uno sguardo.
Da tre giorni è tutto scomparso.
La sua presenza morbosa sempre vicino a lui.
Le chiamate mattutine.
I messaggi a tarda notte.
Quelle dolci attenzioni, che lo facevano sentire importante.
Tutto scomparso nella sua assenza.
La guarda, rimanendo a distanza.
Pensando che dovrebbe essere felice di essersi liberato finalmente di quella nana.
E invece, solo ora che la vede distante, capisce quanto era bello averla vicina.
"Lo sai vero che Lucas ti sta fissando da mezz'ora?"
Sussurra Sofia alla amica, facendo attenzione a non farsi notare dall'amico poco lontano.
"Te l’ho già detto Sofia, non mi interessa di lui.
Ho finito di corrergli dietro."
Le risponde, costringendosi con tutte le proprie forze a non girarsi verso di lui.
Decidendo di allontanarsi del tutto, camminando verso la classe che per fortuna non condivide con lui.
Solo dio sa quanto è stato difficile non avvicinarsi a lui.
Cancellare il suo numero dalla rubrica, ma non cancellarlo dalla memoria.
E brucia lo sguardo di lui sulla sua schiena.
E come un richiamo per i suoi occhi, ma rimane di spalle.
Dicendosi che è la scelta giusta, per se stessa.
E la guarda andare via, senza avere il coraggio di raggiungerla.
Dicendosi che è la scelta giusta, poiché infondo è quello che volava.
Vero?
No, lui non è più così convinto.
Ma le da le spalle, camminando dalla parte opposta.
"Vorrei sapere che stanno combinando quei due.
Non capiscono di farsi solo male?"
Sussurra Rayan all'orecchio di Sofia, stringendola da dietro in un abbraccio.
Sentendosi entrambi un po' ipocriti, sapendo bene quanto anche loro sono stati in torto.
Quanto si siano fatti male, prima di stringersi così forte.
"Vedrai, quando si sentiranno davvero persi.
Capiranno la mancanza, entrambi."
Sorride lei, girandosi versi di lui, baciandolo con passione.
Ed è fuoco che si espande tra il gelo.
Ed essere egoisti, sentendosi felici, nonostante i loro amici siano in crisi.
Si prendono un attimo solo per loro, prima di tornare buoni amici.
Si godono un bacio, prima di dover adempiere al ruolo di bravi amici.
"Non sanno cosa si stanno perdendo my Queen.
Mi dispiace davvero tanto per loro."
Le sussurra sulla bocca, gonfia di troppi baci, ma mai sazia.
"Si.
Mi dispiace per loro."
Ed è vero, essere felici tra troppe lacrime, ci fa capire quanto si è fortunati.
E lo dice, mentre con la coda dell'occhio nota arrivare Emma.
Muoversi fredda tra gli studenti, con sguardo perso davanti a sé.
Segno che l'ha accompagnata Andreas ed è ancora sotto l'effetto dei farmaci.
E le si stringe il cuore in una morsa, nell'incrociare il suo sguardo.
Senza vederci la luce che la contraddistingue, ma solo il nulla più totale.
E Rayan la sente tremare, fragile tra le sue braccia e può solo stringerla a sé.
Potendo solo tenerla su, senza sapere cosa la stia tirando giù.
E l'umore è davvero qualcosa di fragile e instabile.
Può farti sentire al settimo cielo e poi tre metri sotto terra.
Un giorno sorridi, stringendoti segretamente a chi ti dona quel sorriso.
Il giorno dopo rimani solo, a chiederti se sia giusto così.
E Lucas è tormentato, non ha respiro.
Più passano le ore, più sente il peso della sua assenza.
Soprattutto nell'ultima ora, nell'averla nella stessa classe, seduta a qualche banco davanti a lui.
Quando fino ad oggi era il suo fianco il posto giusto per lei.
E non segue una parola della lezione.
Ci prova a pensare ad altro, a non guardarla.
Ma è come avere una rosa bellissima, e poi vederla volar via dalle proprie mani.
Lasciando graffi sui palmi.
Si risveglia solo al suono della campana.
Deciso a farsi avanti, a capire che cazzo è successo.
Pronto a chiederle la cosa più stupida, pur di sentire di nuovo la sua voce.
"Isa."
La chiama prima che lei esca dalla porta.
Fermando il suo passo, ma anche il respiro e il battito del cuore.
E si volta lei, fingendosi tranquilla.
Cercando di domare gli elefanti nello stomaco.
"Lucas.
Hai bisogno?"
Risponde ferma, nascondendo il nodo che sente in gola.
Stringendo i pugni, aggrappandosi alla realtà, onde evitare di sprofondare negli occhi di lui.
"Niente.
Non ci siamo sentiti ultimamente.
E volevo sapere se andava tutto bene."
Si gratta la nuca, sentendosi uno stupido per la cazzata usata come scusa.
Ed è stupido, Isa lo sa con certezza.
Tanto da non vedere come trema davanti a lui.
Tanto da non sentire il cuore che tra poco gli spacca la tassa toracica.
Stupido, stupido idiota che non vuole amarla.
E che ora le chiede come stia.
Quando prima non gli è mai interessato del terremoto che aveva dentro, ogni volta che la stringeva a se.
"Tutto bene.
Ora però mi aspettano.
Perciò ciao."
Invece tiene per se quei pensieri.
Macchiando quel ciao di addio.
Perché è questa la sensazione che da a Lucas quel saluto, mentre lei va via.
Scivola via dalle sue mani, lasciandolo alla sua voluta solitudine.
E non può vedere gli occhi di lei riempirsi di lacrime.
E non la può vedere stringere il labbro tra i denti, fino a sentirlo sanguinare.
E non può immaginare quanto la solitudine che sente lui, la sente anche lei.
"Isa."
Urla Emma, vedendola passare davanti a sé, con il viso visibilmente bagnato.
E la rincorre fino al bagno, ringraziando di non essere più succube degli effetti collaterali.
Di sentire la tristezza dell'amica e poterla aiutare.
Una volta chiuse nel bagno, Isa si lancia tra le braccia di Emma.
Sfogando in lacrime e singhiozzi questi tre giorni di angoscia.
E non servono parole, Emma sa bene cosa è successo.
Perciò rimane in silenzio, stringendola a se, lasciando che si aggrappi a lei.
"Perché è così dannatamente difficile.
Il cuore dovrebbe avere un interruttore con on e off.
Come i giochini dei bambini."
Singhiozza lei, rubando un sorriso alla amica.
Fiera della sua capacità di fare battute, anche in situazioni come queste.
"Sarebbe troppo facile.
E si perderebbero troppe cose belle.
Fidati, a volte è bello sentire dolore.
Perché ci ricorda che esistiamo, che siamo vivi."
E sarà anche vero, ma in questo momento Isa non è per nulla convinta.
Anzi, è un po' invidiosa di Emma.
Poiché anche lei vorrebbe spegnere questo uragano di emozioni che sente dentro.
E invece lascia che questo uragano distrugga tutto.
Sperando di avere la forza di ricostruire ogni cosa.

E tra il rumore di sportelli che sbattono e risate degli spogliatoi
Sia Oliver che Lucas sono silenziosi, spronati a fare in fretta per entrare in campo.
Sperando che un allenamento duro gli dia modo di sfogare ogni cosa.
Il primo a uscire sul campo è Oliver.
Che subito viene fermato da una voce.
"Oliver."
Si volta verso di lei, che gli sorride timida, stringendo al petto dei quaderni consumati e pieni di scritte.
Emma non si è mai presentata ai loro allenamenti.
Per questo Oliver è molto sorpreso di trovarla qui.
"Ti ho portato gli appunti per il test di filosofia.
So che sei impegnato con gli allenamenti.
E..."
E continua a parlare Emma, sorridendogli gentile.
Ma Oliver non la sta ascoltando.
L'unica cosa che sente è il cuore che pompa indemoniato, mentre fissa un livido che lei ha sul collo.
No, non è un livido, ma un succhiotto.
Fatto con così tanta forza, o passione, da essere vicino al viola.
E lo fissa Oliver, come si fissa una macchia nera finita per sbaglio su una tela bianca.
E gliela fatto Andreas, sicuramente gliela fatto lui.
E lei glielo ha lasciato fare.
Ed è la goccia che fa traboccare il vaso di merda che è stata questa giornata per Oliver.
Tra il litigio con il padre.
Tra i continui problemi durante le lezioni.
Tra i continui discorsi dell'allenatore, di quanto sia importante la prossima partita.
Quello, quel segno sulla pelle di lei, è la cosa peggiore.
"Non mi servono.
Vattene."
Il viso di lei si incupisce di colpo, ma Oliver non lo nota.
Ancora incantato, dalla maledizione che emana quel segno.
"Io.
Pensavo."
Cerca di trattenere le lacrime Emma, causate dal gelo che vede negli occhi di lui.
Fino a seguirne la traiettoria e quando capisce cosa sta guardando, cerca di coprirlo con i capelli.
"Non nasconderlo.
Infondo sei sua.
Non puoi fingere di essere libera."
Emma rabbrividisce, per le parole di lui, per il gelo nella sua voce, che arriva fino alle ossa della sua anima.
Facendola tremare, respirare in affanno, distogliendo lo sguardo da quelli di lui.
Non potendo sostenere questa lama che pende sul proprio capo.
"Preoccupati per il tuo ragazzo.
E lascia in pace a me."
E la lama cade sul suo capo, facendole sentire un taglio netto sulla gola.
Sprofondando nel ghiaccio creato dentro di lei, osservandolo andare via.
Quando è finalmente distante, il respiro torna di colpo, facendole male.
Spingendola a scappare via.
Sotto lo sguardo sconvolto di Lucas, che vorrebbe seguirla.
Ma poi, qualcos'altro attira il suo sguardo, la presenza di Isa sul campo.
E si sente una merda nei confronti di Emma.
Poiché dovrebbe correrle dietro, ma non può muoversi.
Non può distogliere lo sguardo da Isa, che ora sta parlando con Sofia e le altre cheerleader.
"Forza femminucce.
In posizione."
Urla l'allenatore, frenando qualsiasi possibilità a Lucas di seguire Emma.
Ma non l'obbligo che ha il suo sguardo di rimanere fisso sulla nana.
La stessa che ora sta parlando con Marco, un suo compagno di squadra.
La guarda sorridere a lui, guardarlo con entusiasmo.
Per poi veder lui grattarsi la nuca nervoso, e sorridere quando lei gli annuisce.
Cosa gli ha chiesto?
Cosa, per sorridere così tanto?
Cosa per non perdere il sorriso anche quando Marco se ne va?
"Forza Diaz.
Muovi quel culo."
Lo sgrida l'allenatore, ma non può farci nulla.
Vederla li, poco lontano da lui, sorridente con Sofia.
Lo sta tormentando.
Infatti Oliver, ora nel ruolo di squadra nemica, gli arriva addosso.
Facendolo crollare a terra come un sacco di patate.
"Diaz che cosa hai nel cervello oggi?
Andate a bere e tornate qui.
E tornate concentrati cazzo, questo campionato non si vince da solo."
Oliver aiuta il compagno a rialzarsi, non facendo molto caso alle parole dell'allenatore.
Lucas, arrivato negli spogliatoi, si toglie in fretta il casco mettendo poi la testa sotto l'acqua fredda.
Si dà del cretino, chiedendosi perché stia provando tanto astio contro Marco.
Chiedendosi perché non sia felice della scomparsa di Isa.
Mentre si bagna la nuca e le spalle, ripensa a questi tre giorni.
A quante volte è stato tentato di chiamarla, per poi ingoiare con amarezza il coraggio mancato.
Ed ora, ora perché si sente così?
Perché gli prudono le mani?
Marco è sempre stato un buon compagno di squadra, un ragazzo tranquillo.
Ma oggi, oggi lo vede come un nemico.
Un ladro che gli ha rubato un tesoro, che in realtà non è mai stato suo.
"Merda."
Un pugno che si scontra con il ferro degli armadietti, richiama i suoi occhi.
Si sente meno solo, vedendo Oliver stare peggio.
"Sei stato uno stronzo con Emma.
Non c'era bisogno di essere così cattivo."
Oliver lo guarda, a denti stretti quasi quanto i suoi pugni.
Ma non osa contradirlo, limitandosi a tornare sul campo
Come se non sapesse già di essere stato una canaglia con Emma.
Quanto si è sentito una merda quando l’ha vista scappare via, con l'impulso di seguirla e chiederle perdono.
Ma è stato più forte di lui.
Quel segno sulla pelle di lei, a ricordargli che appartiene a qualcun'altro.
È stato una lama ardente sui suoi nervi, già tesi.
Ora si sente uno schifo, verso l'unica persona che oggi gli ha mostrato un po' di gentilezza.
"Lo so."
Si limita a rispondere, prima che suoni il fischietto di inizio.
Lucas si porta subito in dietro.
Mentre Oliver da le direttive ai suoi compagni.
Gli viene passata la palla dal compagno davanti, che subito si spinge insieme agli altri in avanti per difenderlo.
Mentre Oliver fa qualche passo indietro, un respiro profondo, perdersi nel silenzio che si crea nella sua mente.
Per poi lanciare la palla, con tutta la rabbia che ha in corpo.
Ed è un sport strettamente fisico, eppure stanca anche la mente
Sfoga tutto il nervoso accumulato.
E ciò che rimane, nelle macerie di tutte le cose negative, è lei.
Rimane il suo sorriso cordiale.
I suoi occhi accesi, diventati lucidi dopo le sue parole.
La palla stretta tra le mani, e corre veloce, evitando ogni pseudo nemico.
E lei è lì, sulla linea finale.
Che grida il suo nome.
E Oliver corre, saltando e schivando, con il battito del proprio cuore come musica nelle orecchie.
Fino alla linea, fino ad arrivare a lei.
Ma lei non c'è, è perduta.
Ed è rabbia, mentre butta la palla a terra.
Tra le esultazioni dei suoi compagni.
Ma, nonostante abbia appena vinto, sente di aver perso.
Di averla perduta.

Finiti gli allenamenti, Oliver si lava in fretta.
Deciso ad arrivare da Al il prima possibile.
Oggi ha ancora molto da sfogare e allenarsi con il soldato è ciò di cui ha bisogno.
Una volta fuori dall'istituto, gli si ferma con il cuore in gola.
Trovandosi davanti la donna che ha segnato ogni sua meta.
Emma è lì, tranquilla a parlare con Sofia e Isa.
E stringe ancora al petto quel quaderno, che era destinato a lui.
E va fan culo la codardia.
Perderla così, vale molto di più del proprio orgoglio.
"Emma."
Grida, avvicinandosi a lei.
Incrociando subito i suoi occhi sorpresi.
Dopo quello che le ha detto, si aspettava giorni di gelo, come succede ogni volta.
E invece, si ritrova davanti un ragazzo pentito.
Nervoso, mentre si gratta la nuca imbarazzato.
"Senti.
Per quanto possa valere.
Mi dispiace per prima."
L'ha detto davvero?
Oliver Johnson si è davvero scusato?
Emma è senza parole.
Non si aspettava un passo del genere da parte del ragazzo.
Mai l’ha visto così dispiaciuto.
"Ho avuto una giornataccia, e ti ho usato come sfogo.
Scusami."
Isa e Sofia hanno la bocca spalancata.
Vogliose di immortalare questo momento per sempre.
Ed Emma vede quanta fatica ci sta mettendo Oliver.
Perciò gli prende la mano, salvandolo da questo imbarazzo.
"Va tutto bene.
Una giornata no succede a tutti."
Gli sorride, accarezzando il dorso della mano di lui.
Condividendo i soliti brividi, che ormai sono diventati quotidianità.
Lei gli passa il quaderno.
E quando lui lo prende, si toccano anche con la mano libera.
Ed è tanta la voglia di non staccarsi più.
E insopportabile l'idea di separarsi ancora una volta.
Ma l'incantesimo viene spezzato, da un clacson insistente che Emma conosce bene.
Subito separa le mani, qualche secondo prima di essere presa sotto braccio da Andreas.
Visibilmente arrabbiato dall'avvicinamento dei due.
"Amore.
Quanto mi sei mancata."
Si finge dolce l'ultimo arrivato.
Dando la nausea alle tre ragazze.
Mentre Oliver si limita a stringere i pugni.
Fino a farsi male, quando Andreas tira a se Emma, baciandola con prepotenza.
Ed Emma lotta per separarsi da lui, per fuggire via.
Ed Oliver lo vede, e quasi in procinto di allontanarli.
Ma poi si limita a stringere i denti e andare via.
Poiché chi è lui per pretendere?
Chi è lui per illudersi che lei stesse male in quel bacio.
La lascia li, perduta in quel bacio meschino.
Che le strappa l'anima in troppi pezzi.
E lui le morde prepotente il labbro, prima di sorridere sadico.
"Tu sei mia."
La minaccia, bruciandola sotto il suo sguardo crudele.
Prima di spingerla verso la macchina.
E ci si perde, succede.
E solo quando succede, si capisce cosa si è perso.
Ma poi, e possibile recuperare?

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