Capitolo 13 Emma Nel Paese Dele Meraviglie
Domenica mattina, Emma si sveglia stranamente agitata.
Ieri sera non ha visto l'incontro di Oliver, perché ha dovuto lavorare.
Ma Sofia gli ha detto che ha vinto al primo round.
Ed ora Emma è in crisi.
"Se vincerò, ti mostrerò chi c'è dietro la maschera di ferro."
Questa frase le è girata in testa senza pietà.
Rubandole il sogno e il respiro.
Forse se ne dimenticato.
Forse non è così importante come lei crede.
Sospirando si gira e rigira tra le lenzuola.
Cercando di non pensarci troppo, di mettere da parte la delusione che sente.
Ma nonostante si ripeta a se stessa che non le importa.
Sobbalza quando sente il suono di una notifica.
-Alice, sei pronta a cadere nella tana del bianco coniglio? -
.È Oliver.
E il cuore perde un battito.
Dovrebbe evitare, dovrebbe andare a lavoro e poi uscire con Andreas.
Sa che dirgli di si, sarebbe la scelta sbagliata.
-Si, ma non permettere che io perdi la testa-
Ma non vuole rinunciare a quello che Oliver gli sta regalando.
Cioè un pezzo di quel ragazzo, che ormai da settimane ha invaso i suoi pensieri.
È egoista prendersi una sola, misera, piccola giornata per sé?
- Ti vengo a prendere tra un’ora. -
Come, così presto?
E poi, come fa a sapere dove abita?
Ma gli arriva un messaggio, che gli toglie qualche dubbio.
- Non ringraziarmi, so che mi ami
Non pensare a nulla, e vivi amica mia.
By Sofia.-
La vorrebbe ringraziare con tutta se stessa.
Anche se non lo ammetterà mai.
Dopo una doccia veloce è già pronta.
Ferma davanti allo specchio, si chiede cosa stia facendo.
Ha un compito importante.
E se Andreas dovesse mai scoprirlo, sarebbe la fine per lei.
Tutti i suoi sacrifici, andrebbero a finire nel cesso.
Per che cosa?
Per un ragazzo che vuole solo entrare nelle sue mutande?
Magari per scommessa.
Sospirando, inizia a pensare di dargli buca.
"Stai uscendo?"
Sobbalza, non ha sentito minimamente entrare sua madre.
Finché non l’ha vista apparire alle sue spalle.
"Non lo so."
Passando lo sguardo da sé alla madre, capisce a pieno chi dice che sono due gocce d'acqua.
Ma Emma vede quelle piccole differenze che ha sempre invidiato nella madre.
La sua eleganza, la sua bellezza matura, la dolcezza che emana anche in un semplice sguardo.
Caratteristiche che Emma non ha mai avuto.
Ereditando invece caratteristiche della bellezza del padre.
Dura, rigida e con un sguardo letale.
Il telefono squilla, sicuramente è Oliver che sta arrivando.
E ormai Emma non sa che fare.
Se non sospirare, chiudendo gli occhi.
"E quel ragazzo?"
Gli chiede la madre, sedendosi ai piedi del letto.
Creando una giusta distanza tra lei e la figlia.
La conosce bene e sa, che in momenti come questi, ha bisogno dei suoi spazi.
Emma si limita ad annuire, abbassando lo sguardo con vergogna.
Le sembra di essere egoista a voler pensare a se.
Sapendo che un suo passo falso, ne pagherà le conseguenze suo fratello.
"Mi dispiace."
Sussurra, in preda ai sensi di colpa.
Le dita della madre le sollevano il mento, costringendola a guardarla negli occhi.
"Non dirlo nemmeno per scherzo.
Non hai nulla di cui scusarti.
Anzi..."
La fragilità della donna, si mostra nelle lacrime che le segnano il viso.
Piene di colpe e rabbia verso se stessa, per aver dato un tale peso alla sua bambina
"Stai sacrificando la tua vita per noi, ed io non ti ho fermata.
Stai combattendo contro un male sotto pelle, ed io sono impotente.
Chi deve chiedere perdono sono io bambina mia.
Solo io."
Scoppia a piangere, sentendo le braccia della figlia stringerla a se.
Facendola sorridere amara, di quanto sia sbagliata questa scena.
Di come i ruoli siano sbagliati.
"Non mi pento di nulla mamma.
E tu non hai sbagliato nulla."
Vengono interrotti dal citofono che suona.
È già arrivato.
Con il labbro stretto tra i denti, Emma ha lo sguardo fisso verso la porta di casa.
Ancor più confusa su dal farsi.
La madre, scoglie l'abbraccio, prendendo di nuovo tra le mani il viso della figlia.
Asciugandogli le poche lacrime che ha versato.
"Vai amore mio, si felice ti prego.
Perché solo così le mie preghiere verranno ascoltate."
Stringendo gli occhi, sente le labbra della madre baciarle tutto il viso.
Trasmettendogli tutto l'amore che sente.
"Vai amore mio.
E sappi che ti amo, e che sarò felice della tua felicità."
Annuisce Emma, sorridendo finalmente.
Sentendosi sicura delle sua scelta, ora con la benedizione della madre.
Afferra la giacca nera, e la borsa con tutto l'occorrente.
"Se viene Andreas o chiama, digli che non sai dove sono.
E che sono uscita stamattina presto.
Al resto penso io."
La raccomanda, buttando nella borsa le chiavi e il telefono.
E la madre si limita ad annuire.
Mentre le labbra le tremano, vedendo la sua bambina così felice e serena.
La guarda mentre sta per uscire, quando però si ricorda di una cosa importante.
"Emma.
Le pillole."
Lei si volta, guardando il flacone nelle mani della madre.
Tentata a prenderle.
Ma poi nega con il capo.
Sorridendo.
"No, oggi no.
Sento che non ne avrò bisogno."
Esce di casa, e appena chiude la porta.
La madre si precipita nella cucina, in modo da vederla uscire dal condominio.
La vede uscire poco dopo, per poi camminare verso una bella macchina.
Dove un ragazzo la sta aspettando, fumando una sigaretta.
Si salutano velocemente, ma lei anche da lontano vede i loro sorrisi.
Per poi seguirli con lo sguardo sgommare via.
Lasciando un sorriso amaro sulle labbra della donna.
Si allontana dalla finestra, prendendo tra le mani la foto di famiglia fatta un anno fa.
Sfiorando con le dita il volto del suo amato.
"Cosa sto facendo amore?
Cosa posso fare per salvarla?"
Bacia l'immagine, come se potesse sentire la sua pelle calda.
La barba corta pizzicarle le labbra.
Il suo sorriso, riscaldarle il cuore.
"Tu sapresti cosa fare amore mio.
Mentre io sono troppo fragile per lottare.
Sono una pessima madre."
Ora che è sola, può versare tutte le lacrime, che nasconde durante il giorno.
Può sentirsi libera di soffrire.
Stringe la foto al petto, scivolando contro la porta.
Ormai priva del sostegno delle gambe.
Avere speranza, è difficile in queste occasioni.
La figlia è costretta a uscire con quel bastardo, per permettere a Thomas di frequentare quella scuola.
Dove lo aiuteranno a vivere una vita serena.
In più, se non bastasse Andreas, Emma deve anche lottare contro la malattia.
E lo fa senza far pesare nulla alla madre.
Anche se lei si sente impotente, una fallita.
Una pessima madre, che non può permettersi nemmeno quella maledetta operazione per la figlia.
E in più, due mesi fa, il suo amato è scomparso sul campo di battaglia.
La sua morte non è sicura, ma per l'esercito lo è.
Che si è lavata la coscienza con una misera liquidazione.
Come se quegli spiccioli, potessero ripagare la perdita del suo amato.
Che per lei, vale più di qualsiasi ricchezza che esista.
"Torna, ti prego.
Perché io non ce la faccio più."
Non c'è la fa più a vedere sua figlia soffrire.
A fare tripli turni, senza risolvere nulla.
A vivere senza il suo migliore amico, padre dei suoi figli e marito.
Stringe ancora di più la fotografia.
Pregando quel Dio, se c'è.
Di vegliare sulle persone che ama.
Sempre...
Oliver è silenzioso, mentre guida verso la meta.
Ma non può negarsi di fare cadere l'occhio sulla sua tutor.
Non l’ha mai vista vestita in modo casual.
E deve emettere che è ancora più bella così.
Con un jeans nero a vita alta, è un top nero non molto scollato.
Entrambi aderenti, da mostrare finalmente quelle curve, nascoste di solito dalle divise che indossa.
Ripensa all'incontro della sera prima.
Vinto anche grazie ai consigli di Al, presente all'incontro.
Ma anche per una frase che gli girava in testa dal pomeriggio.
Vincere per lei, per legarla ancora di più a se.
Perché?
Non lo sa.
Forse perché sente che entrambi hanno bisogno di un diario in cui rinchiudere i propri demoni.
Lei si è aperta a lui, e non per chi è.
Ma perché in qualche modo si fida.
E anche lui vuole fidarsi.
E renderla complice di una vita, che ha creato questa maledetta maschera.
Tra gli allenamenti e le buone motivazioni.
L'incontro è finito prima di quanto tutti si aspettassero, persino lui.
E questa mattina, le ha mandato quel messaggio di istinto.
Citando una delle poche storie che ricorda gli raccontava sua madre.
Sorridendo della sua risposta complice.
Ed ora però, il nervoso lo ingoia.
Perché non sa come reagirà lei.
Non sa come si sentirà lui.
Sa solo che dopo oggi, le cose cambieranno.
Il loro legame cambierà.
Si ferma al solito parcheggio.
Ed Emma è sorpresa della loro meta.
La casa di riposo, dove lavora la madre.
Che nonostante sia di lusso, le paghe non lo sono altrettanto.
"Perché ci troviamo qui?"
Gli chiede, senza distogliere lo sguardo dalla struttura.
"Ti porto a conoscere lo stregatto."
Le sorride lui, scendendo dalla macchina.
E Emma capisce che oggi non avrà risposte chiare.
Ma sapete una cosa?
Le va bene così, le piace questa favola che lui sta creando per lei.
Lo segue in silenzio, all'interno dell'edificio.
Senza che nessuno li fermi, o li interroghi della loro presenza li.
Facendo capire a Emma, che lo conoscono bene.
Per poco non sbatte contro la sua schiena, quando finalmente si ferma.
Sentendolo ridacchiare della scena.
E Emma deve ammettere che anche lei la trova divertente.
Ma gli fa anche un po' pena l'infermiera che disperata cerca qualcosa nell'armadio, e poi sotto il letto.
"Quella vecchiaccia.
Ma dove si è nascosta?"
Quando si solleva dal pavimento, si accorge di noi.
E cambia totalmente comportamento.
"Signorino Johnson.
È un piacere averla qui."
Ci manca poco, che gli fa anche un inchino.
Questo sì che fa ridere.
"È di nuovo scomparsa?"
Chiede tranquillo, al contrario dell'infermiera, che tra poco fuma dalle orecchie.
Ma cercando comunque di mantenere un aspetto dignitoso.
"Come sempre signorino.
Ma noi la adoriamo comunque."
Ma se fino a pochi secondi fa l’ha chiamata vecchiaccia?
E gli sta sorridendo... maliziosa?
Ok, Emma si rimangia i suoi pensieri gentili.
La donna non le fa per nulla pena.
Andiamo, potrebbe essere suo figlio cazzo.
"Lo immagino.
Noi andiamo."
Se ne frega degli atteggiamenti sensuali della donna.
Ma Emma non si sorprende, chissà quante donne cadono ai suoi piedi.
Al sol pensiero, un nodo le si crea in gola.
Una losca gelosia, che cerca di ingoiare inutilmente.
Torna a seguirlo, questa volta non guardando i suoi piedi.
Ma la schiena del ragazzo davanti.
Nonostante pensi ancora che sia un arrogante e presuntuoso.
Non può mentire sulla sua bellezza.
Un corpo di marmo, un schiena dritta e fiera.
Un passo che è il doppio del suo, sicuro di sé.
Una espressione da duro.
Tutto in lui grida bellezza e lussuria.
Come il dolce peccato della mela, che non nasconde il piacere e la caduta dal paradiso.
Lo segue come un cagnolino docile.
Non sa cosa dire, cosa pensare, cosa sente.
Nonostante non stiano parlando, si sente bene al suo fianco.
Si sente serena, quando dovrebbe invece avere voglia di fuggire.
All'improvviso le afferra il polso, entrando in un atrio per le scale.
La spinge contro il muro, facendole segno di tacere.
Da quanto sono vicini, se prima non riusciva a parlare, ora anche respirare è una impresa.
Forse avrebbe dovuto portarsi le pillole e...
No, non vuole spegnersi con lui.
Il suo petto le preme contro, mischiando i loro battito, stonati tra loro.
Quello di lei, è furioso e confuso.
Mentre lui sembra tranquillo, incosciente della loro vicinanza.
Se ne accorge solo quando constata che non sono stati visti.
E si gira verso di lei.
Trovando le sue labbra a pochi centimetri dalle sue.
Ed è allora che i cuori entrano in una sinfonia perfetta.
Un casino perfetto.
Un frastuono perfetto.
"Andiamo."
Le sussurra lui, lottando contro sé stesso per non prenderla lì e adesso.
Non ha ancora lasciato la sua mano, e continua a stringerla mentre salgono le scale.
Finché non arrivano a una porta, che trovano aperta.
Sorride lui, come pensava è sicuramente qui.
Entra silenzioso, trovandola esattamente dove la immaginava.
Infatti Camilla è sulla sediolina, con una sigaretta alla mano.
E sembra prendere il sole.
Oliver è tentato di farle uno scherzo.
Ma la donna lo precede.
"Non ti illudere ragazzino.
Non sono ancora pronta per morire di infarto."
Oliver sorride, per nulla sorpreso.
Quella donna ha occhi persino dietro la nuca.
Si allontana da Emma, che rimane ferma davanti alla porta chiusa alle loro spalle.
Sentendosi un po' a disagio e fuori luogo.
Ma soprattutto confusa.
"Sai che c'è una pazza in camera tua che ti sta maledicendo?"
Fa riferimento all'infermiera di prima.
Mentre recupera la sedia e la posiziona davanti a lei.
E Camilla semplicemente sbuffa annoiata.
"Quella stronza lecca culo.
Sto facendo di tutto per farla licenziare, ma secondo me si scopa il direttore."
A Emma scapa una risata per il linguaggio scurrile.
Chiamando lo sguardo della donna su di sé.
"Ti presento mia nonna Camilla.
Camilla lei è..."
Ma la donna lo precede, alzandosi e guardando con attenzione la ragazza.
"Tu sei la figlia di Caterina, Emma.
Cazzo se siete uguale.
E tu non chiamarmi nonna, si dice amica."
Finisce la frase, sgridando il nipote puntandogli il dito contro.
Che semplicemente ridacchia, mettendosi seduto e accendendosi una sigaretta.
Godendosi sinceramente del disagio e della timidezza di Emma.
Che si ritrova la donna a girarle intorno, studiandola.
"Bellissima, non c'è che dire.
E sono sicura che potrebbe farti il culo a strisce coglione."
Emma si scioglie, grazie allo sguardo complice della donna.
Che stranamente la fa sentire serena.
"Può star tranquilla signora.
Lo tengo semplicemente in riga."
Ridacchia, facendo sbuffare Oliver.
Forse farle conoscere non è stato un colpo di genio.
"Non mi chiamare signora, ho appena 18 anni ragazza.
Potremmo essere coetanee."
Oliver scoppia a ridere, rischiando di strozzarsi con il fumo.
Beccandosi lo sguardo fulmineo della donna.
"Ragazzino.
Vuoi che le faccio vedere il tuo album di infanzia?"
Lo ricatta, tornando a sedersi davanti a lui.
Guardandosi le unghie annoiata, giusto per fare scena.
E far sbiancare il ragazzo.
"Li porti benissimo cara amica mia."
Si corregge subito il nipote, sapendo bene di cosa sta parlando quella strega, travestita da dolce vecchietta.
Intanto Emma si è avvicinata a loro, notando le somiglianze.
Soprattutto il colore degli occhi, che Oliver ha sicuramente ereditato dal suo ramo famigliare.
"E non fare il maleducato.
Fa sedere la ragazza."
Lo sgrida, spegnendo la sigaretta.
Ma Oliver invece di alzarsi, l'afferra dai fianchi, facendola sedere sulle sue gambe.
"Problema risolto."
Se ne esce lui con tranquillità, mentre Emma si sente morire dentro per la vergogna.
Cerca di alzarsi, ma lui la trattiene dai fianchi, e il movimento peggiora il tutto.
"Ferma se non vuoi scandalizzare la vecchia."
Emma si ferma di colpo, sentendo quel sussurrò all'orecchio.
Ma soprattutto sentendo il suo fiato caldo sul collo, e una presenza dura sulla schiena.
Sentendo emozioni che la fanno ingoiare a vuoto, e arrossire ancora di più.
Ma lo giura, una volta fuori di qui, gliela farà pagare.
"Allora, cosa porta due giovani come voi.
In un posto noioso come questo?"
Oliver prende un lungo respiro, stringendo la presa sui fianchi, aggrappandosi a lei.
"Voglio raccontarle di tua nuora."
Camilla sente il respiro bloccarsi, ora potrebbe davvero morire di infarto.
Oliver non ha mai parlato di sua madre, nemmeno con lei.
Ed ora è qui per parlarne a Emma?
Cosa è scoppiato tra i due in così poco tempo?
Li guarda, e un po' rivede lei e il suo amato marito in loro.
Lei lo guarda con dolcezza, come per dirgli di non farlo se lo fa soffrire.
Ma lui si aggrappa a lei, pregandola di non farlo cadere.
Emanano un’emozione, che solo chi sa vedere, può notare.
"Va bene.
Se sei qui, è perché vuoi che inizio io."
Riflette la donna, accendendosi una nuova sigaretta.
Già partendo ansiosa.
Oliver invece, annuisce semplicemente.
Prima di appoggiarsi con la fronte sulla schiena di Emma.
Usandola come scudo verso il suo passato.
"Cassandra era di un bellezza strabiliante.
Sia dentro che fuori.
Era come me, di famiglia povera e modesta.
Sposata con un uomo ricco solo per amore.
O almeno è quello che credevamo tutti."
Fa un lungo tiro, perdendo l'allegria che da sempre la distingue.
Rileggendo una storia, senza lieto fine.
Intanto Oliver si nasconde completamente dietro di lei.
Respirando la sua serenità, cercando di rubarla.
Non credeva che sarebbe stato così...
Odioso ricordare.
"Andava tutto bene in realtà.
Soprattutto quando è nato Oliver, lei non era mai stata così radiosa.
Amava suo figlio più della sua vita."
Stringe la presa sui fianchi con più forza.
È una fottuta bugia, se lo amava davvero, ora era qui con lui.
La mano di Emma, si posa sulla sua, stringendola.
Dandogli un appiglio.
Un sostegno.
Oliver libera il fianco da una mano, per stringere la sua.
Per intrecciare le loro dita.
"Erano una famiglia felice.
Mio figlio era felice, Cassandra e anche il piccolo Oliver."
Deve fermarsi, un nodo in gola non gli permette di parlare.
Può sembrare una dura, ma anche Camilla ha un cuore.
E questa storia glielo spezza.
Così, Oliver decide di continuare.
"Poi è cambiato qualcosa.
O meglio qualcuno, Cassandra.
Quando avevo sette anni, una sera è scomparsa.
Con una valigia, e scappata come una ladra, mentre io e mio padre non eravamo in casa."
Una voce fredda e indifferente la sua.
Come se stesse parlando di una storia estranea a lui.
Tanto da far girare Emma verso di lui.
Si mette comoda, in modo da essere occhi negli occhi.
In modo da dargli il suo appoggio in silenzio.
Cercando di non mostrare quanto stia affogando nel grigio profondo dei suoi occhi.
"Io e mio padre eravamo stati a una partita di football, la giornata più bella della mia vita.
Fino a quando non siamo rientrati la sera in una casa fredda e vuota.
Vuota di lei, che ha lasciato solo un foglio sulla tavola.
E in quelle parole, mio padre ha deciso di perdere anche me."
Mantiene un tono freddo.
Un tono, che a tutti dimostrerebbe quanto se ne freghi.
A tutti, ma non a Emma.
Che sente una tono amareggiato nascosto.
Che lo vede nei suoi occhi, un piccolo Oliver rimasto solo.
"Mio figlio soffre in modo diverso.
E semplicemente si spegne, dimenticandosi di sé stesso e degli altri."
Oliver sposta subito lo sguardo sulla nonna.
Stufo dei soliti discorsi.
"Stai sempre a difenderlo, questo non lo giustifica.
Non vuol dire che può smettere di pensare a suo figlio."
Camilla subisce la rabbia del nipote.
Non è la prima volta che litigano per questo motivo.
Ma poi vede una cosa nuova, straordinaria.
Emma, accarezza con dolcezza la guancia di lui.
Che subito rilassa i muscoli della mascella.
Sorprendendo sempre di più la donna.
Che sa, che mai nessuno è riuscito a tanto con suo nipote.
"Non ho voglia di litigare.
Quindi vado da quella disgraziata dell'infermiera.
Sperando di farla impazzire."
E’ tutta una scusa per lasciarli da soli.
Si sente piacevolmente la terza incomoda.
Così, recuperando le sue cose, saluta con un bacio il nipote.
Che rimane seduto, con presa ferrea sulla ragazza.
"È stato un grande piacere Emma.
Spero di vederti presto."
La saluta con una carezza prima di lasciarli soli.
Emma pensa di sedersi sulla sedia ora libera.
Ma Oliver glielo vieta, stringendo la presa.
Non è violenza, ma una supplica.
Di non allontanarsi, di rimanere lì vicino a lui.
Si sente così bene attaccato a lei.
Sembra davvero fargli da scudo verso il mondo.
E forse domani tornerà tutto come prima.
Lei sta con Andreas, e lui be...
Lui sta con tutte.
Ma per ora sono solo loro.
E questi piccoli segreti rivelati.
Lui posa il viso nell'incavo del collo.
Respirando a pieni polmoni il suo profumo di pulito.
Di naturale.
"Trovai quella lettera qualche giorno dopo, nel secchio della spazzatura.
Una parte era per me, dove mi diceva che non era più felice.
Che era ancora giovane, e che voleva trovare la sua strada."
Fa un'altra lungo respiro, sembra che il suo profumo sia l'unico antidoto per il veleno che ha dentro.
"Non un mi dispiace, ne un ti voglio bene.
Semplicemente non ero felice.
E da allora ne io e ne mio padre lo fummo più."
Si ferma, ha finito.
Ha finalmente scaricato l'anima.
Togliendosi un peso che lo opprimeva da diciassette anni.
Emma, si lascia usare, con piacere.
Sente uno strano sollievo nel fargli del bene.
Tanto che, la sua confessione, questa vicinanza, spalanca le porte del suo cuore, ed è pronta a dirgli tutto.
Di Andreas e della sua malattia.
"Oliver...
Io..."
Lui alza la testa di colpo, facendole mordere il labbro nervosa.
Basta il suo sguardo a farla affogare.
A bloccarle la gola.
"Non ti ho detto tutto questo perché voglio sapere in cambio qualcosa da te.
Mi hai mostrato già tanto, e direi che ora siamo pari.
Per il resto ne parleremo quando sarai pronta."
Non sa nemmeno lui perché l’ha fermata.
Forse perché odia vedere il suo sguardo preoccupato.
O ha paura di spaventarla.
O, sicuramente, ha paura di sapere altro di lei, e affogare nella sua vita.
Emma si sente di nuovo serena, grazie alle sue parole.
Perché in fondo la pensa esattamente come lui.
Così, decide di cambiare discorso.
"Oliver.
Quanto dura per sempre?"
È una frase stupida lo sa bene.
Ma, ripensando a come lui l'ha fatta entrare.
Le sembra il modo migliore per uscirne.
Lui, capisce le sue intenzioni.
E sorride guardandola.
Non si sbagliava su di lei, può essere davvero il suo diario segreto.
Che, da bravo diario, ora si è chiuso senza fare domande.
Sa che custodirà i suoi segreti.
Come farà lui, quando lei glieli svelerà.
"A volte solo un secondo."
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