capitolo 1

Gli anni del liceo, i migliori anni delle proprie vite.
E lo sono sicuramente per Oliver Johnson.
Sorride sicuro di sé, attraversando il corridoio, sotto lo sguardo di tutti.                                                             
Nel suo metro e novanta di pura presunzione e arroganza, paragonabile solo alla sua bellezza.
I ragazzi gli stanno alla larga, alcuni cambiando strada per evitarlo.
Impauriti dalla sua presenza dura, e dal suo curriculum di risse e irritabilità facile.
Altrettanto non si può dire per le ragazze.
Che pagherebbero oro per essere guardate da lui.
Da lui, che cammina invece a testa dritta.
Sapendo bene i desideri che scaturisce in chi lo circonda.
Cambia una donna al giorno.
Ascoltando con noia i loro desideri di avere una storia.
E i loro insulti quando gli dice di sparire dal suo letto.
Non crede nell'amore, e soprattutto nella loro sincerità.
Sa bene che i suoi soldi fanno gola, e che molti gli stanno intorno solo per il suo conto in banca.
E che conto in banca.
Il padre, Ivan Johnson, proprietario di immobili, banche e, se non bastasse, pilastro di questo istituto.
Uno dei licei di più alto prestigio qui a Santa Barbara.
Ciò gli ha garantito quattro anni di puro ozio e di fare quello che cazzo vuole.
Quando vuole e dove vuole.
Come questa mattina, quando si è presentato in ritardo di un’ora, mandando a fan culo il professore.
Rimediando una seduta dal suo caro amico preside.
Si sistema il colletto della camicia, maledicendo queste maledette divise obbligatorie, che lo fanno sembrare un damerino.
Camicia biacca, giacca e pantalone blu.
E se non bastasse, anche la cravatta, che Oliver si rifiutava di indossare.
Ma apprezza volentieri la divisa femminile, almeno quella standard, formata da sempre da camicetta e giacca, ma con una gonna al ginocchio che spesso le ragazze portano a metà coscia.
Altre invece preferiscono il pantalone, ma sono comunque in netto minoranza.
Seduto davanti alla porta del preside, in attesa di essere chiamato, si gode le gambe nude che gli passano davanti.
Che rallentano per farsi notare da lui.
Portandosi una sigaretta alla bocca, mette in mostra le mani macchiate di nero.
Attirando risolini e sguardi ammiccanti.
Nonostante la manica lunga, i suoi tatuaggi si vedono chiaramente.
Sia quelli sul collo, che sulle mani, impossibili da nascondere.
Nonostante il padre ci avesse provato più volte a farglieli togliere, almeno nascondere.
Il risultato era che ne aveva fatti ancora di più, ricoprendo quasi completamente il suo corpo.
Con la giovinezza di 17 anni, Oliver ha tutto ciò che vuole.
Un corpo perfetto, soldi come piovesse, donne di ogni genere e un carattere di merda.
"Signorino Johnson, il preside è pronto a riceverlo."
Girando il capo verso la porta, si trova due gambe lunghe coperte da una calza nera sottile.
Salendo con lo sguardo, si sofferma su quel seno maturo e generoso.
Fino ad arrivare alla parte inutile, se non per quelle labbra siliconate con impegno.
Con un sorriso provocante si alza lentamente, facendosi ammirare dalla donna matura.
"Meglio non farlo aspettare.
Vero Julie?"
Si piega, sussurrandole con malizia all'orecchio.
Godendo nel sentirla tremare, sicuramente ricordandosi della scopata avvenuta qualche giorno prima nel ripostiglio.
Il suo fisico fresco e forte, conquista anche donne mature, persino sposate.
Facendo crescere ancora di più il suo ego.
La supera, soddisfatto del suo operato.
Lasciandola sola e accaldata, con la consapevolezza di avere voglia di lui.
E questo che gli piace ancora di più del sesso.
Sapere di lasciare desiderio nelle donne che incontra.
Chiusa la porta alle sue spalle, si siede scomposto sulla sedia, aspettando la solita predica
Il preside, il signor Williams Revera , nonché amico di vecchia data del padre, non lo degna di uno sguardo.
Finendo in silenzio di compilare l'ultimo verbale della sua bravata.
Alzando gli occhi dai documenti, incrocia quelli grigi ma soprattutto divertiti del ragazzo.
Mai il preside è stato violento in vita sua, ma deve ammettere che ora le mani gli prudono alla voglia di prenderlo a schiaffi.
"Sto proprio compilando l'ennesimo richiamo che hai ricevuto Oliver.
Il sesto in questo mese."
Si toglie gli occhiali chini sul naso, stanco ancora prima di cominciare.
"Settimo preside.
Sia più preciso, la prego."
Si fa beffa di lui, sorridendo come al solito in modo beffardo.
Consapevole di non poter essere punito.
Sotto lo sguardo esasperato del preside che pensa a quanto gli ricorda in tutto il padre fisicamente.
Gli stessi occhi, gli stessi capelli scuri, ma sicuramente un carattere diverso.
"Ti sembra divertente Oliver?
Vuoi davvero essere espulso, e rifare il quinto anno?"
Alza la voce il preside, ormai arrivato all'esasperazione, senza ricevere la reazione voluta.
Infatti Oliver si sposta in avanti, mettendosi la sigaretta sull'orecchio, accettando lo sguardo di sfida.
"Sappiamo entrambi che non succederà.
Paparino non permetterà un tale scandalo."
Sorride, anche se un po' confuso, perché anche il preside sorride soddisfatto
Non promettendo nulla di buono.
" Oh, ma è qui che ti sbagli mio caro ragazzo."
Si alza in piedi avvicinandosi.
Mostrando una specie di superiorità verso il ragazzo seduto.
"L’ho sentito giusto stamattina.
E ha ammesso di essere stufo anche lui del tuo comportamento deplorevole.
Tanto da darmi carta bianca, nel poterti punire a mio piacimento."
Le cose si stanno mettendo male per lui.
Finalmente il padre ha mostrato le palle, purtroppo con lui.
Ma nonostante questi pensieri, non si fa intimorire.
Non si fa intimorire da nessuno.
"Lo faccia allora, mi sospenda.
Mi farebbe un piacere."
Finalmente non dovrebbe mettere più piede in questo merda di istituto.
Infondo le cose girano a suo favore.
"No, sarebbe troppo facile.
E so che ti farei un favore.
Invece ti do un'alternativa."
Tornando dietro la scrivania, gli passa un dépliant.
Che Oliver afferra con rabbia, spalancando gli occhi per ciò che c'è scritto.
"È un cazzo di scherzo?
Dovrei lavorare in una merda di fattoria?
Sei completamente pazzo."
Accartoccia il foglio lanciandoglielo addosso.
Disgustato da questa proposta.
Alzandosi in piedi, pronto ad affrontarlo.
Fare volontariato in una fattoria?
E’ fuori questione, manco morto.
Ma il preside non si scompone, conoscendo bene queste reazioni del ragazzo.
"O questo, o la prigione.
Ieri hai ricevuto la terza denuncia per rissa, ciò vuol dire minimo un anno di carcere."
Oliver lo interrompe bruscamente, sbattendo con forza i pugni sulla scrivania.
Sentendosi preso in giro soprattutto dallo sguardo strafottente.
"Mio padre non lo permetterà.
Non se lo può permettere con le elezioni alle porte."
Una nuova leva da usare per avere ciò che vuole dal padre.
Infatti quest'ultimo ha iniziato da poco le elezioni per diventare sindaco.
E, in una posizione delicata come la sua, non può permettersi scandali.
"Come ti ho già detto, tuo padre ormai è stufo del tuo comportamento.
Ed è pronto a nascondere la tua carcerazione con qualche scusa.
Sei rimasto solo Oliver, ed io ti sto porgendo la mano."
Gli parla con calma, perché in fondo ha visto quel ragazzo crescere.
Sa la vita che ha avuto, e non vuole vederlo buttare via il suo futuro nel cesso.
"E non è tutto."
Sospira, pronto a essere nuovamente insultato dal ragazzo.
Che invece rimane immobile, ancora confuso dalle sue parole.
Il padre ancora una volta lo nasconderà in qualche buco, proteggendo il suo buon nome.
"La tua media fa a dir poco schifo.
Se continui con questa media, non verrai ammesso all'esame di fine anno.
Verrai rimandato.
E ne meno tuo padre potrà aiutarti."
Un altro anno in questo posto?
No, non se lo può permettere.
Deve diplomarsi, prendere ciò che è suo, e finalmente farsi una vita lontano da qui.
"Quindi cosa dovrei fare, a parte sgobbare in una merda di fattoria?"
Non gli va giù questa storia del volontariato.
Più ci pensa e più gli sale la rabbia.
Pensando che questa giornata era iniziata così bene.
Almeno fino ad ora.
"Signore, c'è la signorina Lopez, come da lei richiesto."
Si affaccia alla porta la segretaria, nascondendo un sorrisino verso il ragazzo.
Troppo incazzato per ricambiare.
"Falla entrare."
Troppo concentrato sui pugni stretti, Oliver non nota una ragazza entrare silenziosa nell'ufficio.
"Si sieda signorina Lopez, non le ruberò molto tempo."
Si siede sulla sedia di fianco al ragazzo, che finalmente alza lo sguardo su di lei.
"Ho un compito per lei signorina Lopez.
II ragazzo qui presente ha bisogno di ripetizioni.
E lei gliele darà."
Oliver sta ascoltando ben poco, concentrato a studiare la ragazza.
In realtà non è nulla di che.
La classica secchiona perfettina con tanto di pantalone.
Ma, la cosa che lo incuriosisce, è che non lo guarda, non lo degna di uno sguardo.
Molto strano, pensa, abituato ad avere ogni donna ai suoi piedi.
"Mi sta chiedendo troppo preside, ho già molti corsi per i crediti.
Non ho tempo da perdere con...
Lui."
Lo indica con entrambe le mani, come se fosse un extraterrestre.
Atteggiamento che irrita molto Oliver, ma che continua a guardarla, a studiarla.
Non l’ha mai vista in questi corridoi, o almeno non ci ha mai fatto caso.
"Sa meglio di me che ha bisogno di crediti.
Ed io gli darò tutti i crediti che le servono, in cambio di questo favore."
Nonostante sia una sconosciuta, il preside sembra conoscerla bene.
E questo incuriosisce ancora di più Oliver, che non si è ancora pronunciato.
Intanto la ragazza si alza, mettendo le mani sulla scrivania.
"Questo mi sembra un ricatto preside.
Sono sicura che se le nego il favore, lei mi toglierà i crediti."
Ha una lingua davvero affilata, e non mostra nessun timore davanti al preside.
Che a sua volta sembra non prendersela.
Il mistero si infittisce.
"Le sto offrendo tutti i crediti che lei riscuoterebbe lavorando tutti i giorni, compresa la domenica.
In cambio di due ore pomeridiane tre giorni alla settimana.
Mi sembra un affare per lei."
Intanto Oliver si gode il culo della ragazza, che piegata sulla scrivania  ha messo in bella mostra.
Deve ammettere che, nonostante il pantalone largo, non sembra niente male.
La ragazza si rimette dritta, allontanandosi da lui.
Che torna subito dritto, onde evitare di essere beccato.
"Va bene.
Spero solo che non mi faccia perdere tempo."
Finalmente lo guarda.
E lui sorride, utilizzando il suo sorriso migliore, quello nominato strappa mutande.
Ma lei sembra immune e, con una faccia annoiata, saluta il preside e se ne va.
Lasciandolo lì come un cretino.
È sconvolto, mai una donna lo aveva rifiutato così.
"Chi è lei?"
Chiede al preside, senza distogliere lo sguardo dalla porta.
Come se si aspettasse di vederla rientrare a momenti.
"La tua nuova tutor."
Oliver si volta verso di lui, con faccia scocciata.
Grazie al cazzo, questo lo sa già.
"Lo avevo capito.
Ma chi è?"
Lui finalmente alza lo sguardo, divertito dal tormento del ragazzo.
Sapeva benissimo l'effetto che Lopez gli avrebbe fatto.
Sapeva bene che tipo di ragazza è lei.
Ed è felice di vedere la sua reazione.
"Scoprilo, infondo passerai molto tempo con lei."
Oliver gliene vorrebbe dire quattro, ma poi pensa che non è una cattiva idea.
Infondo chi meglio di lei può risponderle.
Così esce dall'ufficio, senza né meno salutare, facendo sbuffare il preside, che però non perde il sorriso.
Sarà davvero divertente.
Conosce la signorina Lopez da quattro anni.
Una studente modello, nonostante i molti problemi alle spalle.
L'unico suo difetto, se così possiamo chiamarlo, è un carattere duro.
Che la rende un po' associale.
Insomma sarà un piacevole esperimento.

Oliver, uscito dallo studio, la cerca in tutte le direzioni.
Trovandola poi poco lontana, riconoscendola solo per il suo fondo schiena.
"Ei tu aspetta."
Si rende conto di non sapere né meno il suo nome.
Ma almeno sa il cognome.
E siccome la ragazza sembra non sentirlo, decide di chiamarla come l’ha chiamata il preside.
"Lopez aspetta."
La ricorre, soddisfatto di avere avuto la sua attenzione.
Anche se è fredda e indifferente.
"Cosa?"
Gli chiede annoiata, ha una lezione a cui tornare.
E non ha voglia di perdere ulteriore tempo.
"Mi presento.
Sono Oliver Johnson."
Ed ora aspetta lo sguardo a cuoricini.
Le palpitazioni.
L'ammirazione.
E invece...
"È quindi?
Buon per te."
Il suo ego si frantuma in mille pezzi.
Mentre la voglia di mandarla a fan culo cresce.
Ma decide di prendere un'altra strada.
"Be, vorrei sapere il tuo nome.
In fondo passeremo insieme molto tempo."
Le fa l'occhiolino, dando il via al suo piano.
Infondo si prendono più mosche con il miele che con il sale.
E così farà lui.
Se la lavorerà per bene, fino a conquistarla, in modo da farsi passare le risposte.
Dopo di che, è stato un piacere e addio.
"Non è importante, Lopez va bene.
Ma ti avviso.
Pretendo serietà e puntualità, alla prima stupidaggine ti lascio nella merda."
Dura gli punta il dito, non lasciandosi impaurire dall'altezza.
Anche perché la differenza non è così elevata.
"Farò tutto ciò che desideri.
Non te ne pentirai dolcezza."
Lei lo fulmina subito con lo sguardo.
Puntandogli nuovamente il dito addosso, che Oliver è tentato di mordere
Magari staccandolo.
"Primo ammonimento.
Non darmi nomignoli del cazzo.
Domani ti lascerò gli orari nell'armadietto.
Questo è tutto, addio."
Senza dargli tempo di ribattere se ne va.
Lasciandolo un'altra volta da solo come un cretino.
Appena la vede girare l'angolo, tira un pugno leggero contro gli armadietti nel corridoio.
Acida, bisbetica, le ci vorrebbe una scopata per tranquillizzarla un po'.
Si allontana, prendendo la strada per il cortile sul retro, bisognoso di nicotina per calmarsi.
Con una ragazza del genere la nicotina non basta, ci vuole un botta in testa per non insultarla.
Ma guarda se doveva capitargli una zitella del cazzo.
A causa del nervoso, gli prudono le mani e perciò ci mette un po' ad accendere la sigaretta.
Maledicendo il preside, che sicuramente si starà facendo due risate.
Può andare peggio?
Preso per il culo due volte in un’ora.
Che cazzo è successo al mondo?
Finisce la sigaretta in fretta, decidendo di tornare dentro.
Ha bisogno di stare con gente normale.
E di dimenticare quella strega.

La mattinata finisce in fretta , e ringrazia di non avere gli allenamenti di football, perché non sarebbe stato del umore giusto.
Naturalmente lui è il quarterback, il campione indiscusso, sempre al meglio delle sue prestazioni.
Ma oggi non si sente di buon umore né meno per vantarsi.
Ha solo voglia di chiudersi in palestra, e sfogare la giornata di merda al sacco.
Ma, a quanto pare, il padre non è dello stesso parere.
"Figliolo, vieni.
Dobbiamo parlare."
Ha fatto appena due passi dentro casa, e già gli rompe i coglioni.
Oggi è proprio una giornata di merda.
Abbandonando la giacca, che sicuramente verrà messa a posto dalle cameriere, si avvicina al padre.
Che seduto in soggiorno, legge il giornale come s'è fosse la normalità, come se fosse un dolce padre di famiglia.
Mai cazzata potrebbe essere più falsa.
"Che vuoi?"
Il padre alza lo sguardo dal giornale, fulminandolo, senza toccare minimamente il figlio.
"Mi ha chiamato Revera."
Bè, questo lo sapeva già.
Il preside gli ha già anticipato che il padre non gli parerà il culo.
"Mi ha avvisato della situazione e ha detto che avrebbe risolto lui.
Me lo confermi?"
Che nervi che gli dà.
Gli parla come se fosse un suo dipendente, non mostrando un minimo di affetto o umanità.
"Di cosa ti sorprendi?
Sei abituato a dare le patate bollenti ad altri."
Sottolinea il nomignolo indicandosi.
Perché è così che si sente per il padre.
Un peso da dare a qualcun'altro.
E il padre non nega.
"Non lamentarti e fa come ti dice.
Vedrai che salverai quel poco di decente futuro che ti è rimasto."
E vorrebbe gridargli addosso, distruggere il salotto, tirargli persino un pugno sul naso.
Ma non può.
E, a denti stretti, si ritira nelle sue camere.
"Ancora 8 mesi.
8 mesi e me ne andrò."
Si ripete sottovoce, come se fosse un mantra.
Resistendo alla voglia di mandare tutto a fan culo.
Ha faticato troppo per arrivare a questo punto.
Ha ingoiato troppi rospi, per arrendersi ora.
Arrivato in camera, si libera di questa maledetta divisa.
Riuscendo finalmente a respirare senza quella camicia del cazzo.
Dopo qualche secondo di respiri profondi, decide di non fare nulla, se non buttarsi sotto la doccia.
Nonostante sia ottobre, il clima in questa città rimarrà caldo fino a metà novembre.
Quindi una doccia fresca è proprio ciò che ci vuole.
Il getto gli arriva addosso, lavando via ogni pensiero e rilassando i nervi tesi.
Chiudendo gli occhi si distacca dalla realtà.
Dalla falsità, dalla scuola, dal padre.

Ma c'è un qualcosa che invece non lo lascia.
L'immagine di quella ragazza, Lopez.
Mettendo da parte quel carattere di merda che si ritrova, fisicamente è...
Particolare.
È abituato a ragazze magre e perfette.
Mentre Lopez è tutta un'altra storia.
Partendo da quel culo, che gli ha quasi sbattuto in faccia, sodo e abbondante.
Come i suoi fianchi larghi, mostrando le classiche maniglie dell'amore.
Una pancia piatta, compensata però dal seno prosperoso e sicuramente morbido.
Diverso dai seni rifatti a cui è abituato.
Deve ammettere che ne meno il viso, che in genere non guarda proprio, non è male.
Labbra carnose semplici, occhi castani chiari, capelli raccolti in una crocchia disordinata.
Insomma, in teoria la solita secchiona, mancavano solo gli occhiali.
Eppure qualcosa in lei lo attrae.
O forse è semplicemente il profumo della sfida.
Passa la sera davanti a un computer, cercandola in ogni social, ma nulla.
Gira mille profili con cognome Lopez, ma è una perdita di tempo, lei non ha social.
"Fantastico.
Secchiona, zitella acida e anche asociale del cazzo.
Meglio di così si muore."
Mette via il computer, accendendosi una sigaretta vicino alla finestra socchiusa.
Guarda oltre le mura, oltre il giardino, oltre quei maledetti cancelli.
Dove c'è la libertà.
Una libertà agognata da anni, ma che ora è così vicina.
Il problema è che serve una chiave, che ora è nelle mani di quella Lopez.
Sospira, guardando il fumo dalla sua bocca salire al cielo libero.
Non c'è nulla da fare, la deve conquistare.
E forse anche andarci a letto.
"Pazienza, per raggiungere i propri scopi bisogna fare sacrifici."
Sorride della sua pessima battuta, senza distogliere lo sguardo dall’orizzonte.
Si, lui lo promette.
Un giorno sarà libero.
Viaggerà su quella nuvola di fumo, lontano dalle catene.
Quello che non sa, e che non è l'unico con lo sguardo verso il cielo.
Sognando l'agognata libertà.
Una ragazza, appoggiata sul cornicione della finestra, fissa una nuvola che vola lontana.
"Aiuterò quel presuntuoso del cazzo.
Avrò i crediti.
E finalmente realizzerò la mia libertà."

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