0.5

"I'll show you mine, if you show me your first
Let's compare scars, I'll tell you
Whose is worse"
- Rise Against


//MESSAGGI TRA LEO E JASON. ORE: 4.30 //

Da: Sconosciuto
Leo, allora? Come sta Nico? Che è successo?
J.

A: Sconosciuto
Sta bene. Ora, per fortuna sta dormendo senza problemi. Gli hanno messo dell' LSD da qualche parte, ma domani ti spiegherò meglio, non appena avrò più dettagli. Come hai avuto il mio numero?

Da: Sconosciuto
Percy.
Grazie, amico. Non so come sarebbe potuto finire senza di te. Io sicuramente l'avrei trovato da qualche parte, ma troppo tardi. Appena si sveglia potresti avvisami?

A: Sconosciuto
Certo. Tranquillo, resto io con lui. Almeno per domani non deve assolutamente uscire. Potrebbe avere altre allucinazioni.

Da: Sconosciuto
Capito. Grazie ancora, Leo.

A: Sconosciuto
Figurati. So cosa Nico ha passato, era il minimo che potessi fare. Avrei una cosa da chiederti, però.

Da: Sconosciuto
Certo, dimmi tutto.

A: Sconosciuto
Nel viale dietro casa di Nico, c'è la mia macchina. Dovresti potarla all'indirizzo attaccato sul cruscotto. Mi eviteresti... tanti problemi, se lo facessi entro le 5.30

Da: Sconosciuto
Certamente, non preoccuparti. Ci penso io

A: Jason
Grazie mille. Mi sdebiterò ahahah

Da: Jason
L'hai già fatto "salvando" il mio migliore amico.

X

NICO
Una gentile e timida carezza sulla sua guancia, fece comparire un piccolo sorriso sulle labbra di Nico, ancora con gli occhi chiusi. Sembrava una di quelle carezze che gli faceva sua madre il giorno del suo compleanno, ma era impossibile. Sua madre non poteva essere lì.

Aprì gli occhi e due pozze verde salvia invasero il suo campo visivo e fu stranamente felice di quella visione. Leo era a pochi centimetri lontano da lui, con gli occhi gonfi e due piccole occhiaie, segno che non aveva dormito. Sul suo volto la vernice celeste, arancione e verde, si era rappresa, formando delle piccole crepe che si accentuavano ogni volta che il riccio sorrideva o contorceva i muscoli facciali. Nico aveva dei ricordi confusi della sera prima, come la macabra risata di Bianca o lui che implorava Leo di restare con lui. Per il resto non ricordava nulla, anzi, se ci provava gli girava la testa. Passarono alcuni minuti prima che parlasse all'altro ragazzo, nei quali aveva sedato i forti giramenti di testa, chiudendo gli occhi

<< Hey >> sussurrò piano il riccio. << Scusami. Non volevo svegliarti >> continuò, facendo sfiorare le punte dei loro nasi.

Erano così dannatamente vicini, che poteva sentire il fiato caldo di Leo sulle sue labbra e fissò quelle rosee del riccio, screpolate ed estremamente invitanti.
<< Tranquillo >> chiuse di nuovo gli occhi, per evitare di fare cose di cui avrebbe potuto pentirsi. Si morse le labbra, piano, togliendo qualche pellicina, non appena la sua mente gli fece il brutto scherzo di immaginare come sarebbe stato baciare Leo. Evidentemente quello che era successo la sera prima, gli aveva dato alla testa.
Appena la lingua si posò sul labbro inferiore, uno sgradevole sapore di trucco gli guastò la bocca. Aveva dormito truccato. Fortuna che il suo cuscino era nero.

<< Come stai? >> chiese Leo, facendogli aprire di nuovo gli occhi.
<< Bene. A parte un sogno in cui ho sgozzato e scuoiato due gatti, tutto bene >> rabbrividì per quel sogno macabro e fin troppo vivido per i suoi gusti. Leo rise, buttando la testa all'indietro e facendo pronunciare il pomo d'Adamo e i muscoli sul suo collo. Chissà come sarebbe stato baciare il suo collo, si chiese, maledicendosi due secondi dopo. Doveva allontanarsi, decisamente, ma la stretta di Leo era così rassicurante e calda, che avrebbero dovuto pagare una gru, per staccarlo da lui.

<< Avviso Jason >> pronunciò Leo, prima di togliere il braccio dalla vita di Nico e contorcersi in una strana posizione per prendere il cellulare posato a terra. Sbloccò con movimenti meccanici il cellulare e, pigiando velocemente sullo schermo dello smartphone, scrisse un messaggio, che, come dedusse Nico dal suono, inviò poco dopo. Premette il tastino al lato dell'aggeggio e lo poggiò sul materasso, tornando a fissarlo.

<< Che ore sono? >> chiese Nico, distrattamente.
<< L'una e un quarto >>
<< COSA?! >> Nico si alzò di scatto, spaventando l'altro ragazzo. Si passò frettolosamente una mano sul volto, spalmandosi il trucco sulla faccia. << Tra meno di mezz'ora devo andare a lavoro! >> e si alzò, sebbene la testa gli girasse fortissimo. Si avvicinò barcollando alla porta, ma Leo gli bloccò il passaggio, appoggiando le mani sugli stipiti della porta. Il riccio assottigliò lo sguardo in una buffissima espressione.

<< Non pensarci neanche, tu da qui non esci >> sibilò, poi, autoritario.
<< Cosa?! Smettila di fare il cretino e fammi passare >>
<< No, tu resti qui. Non puoi uscire, non dopo quello che ti è successo >> disse di nuovo, più serio di prima, stringendo i pugni sugli stipiti.
<< Perché non dovrei, scusa? >>
<< Perché potresti avere ancora allucinazioni! >> sbottò l'altro facendo trasparire la preoccupazione nella sua voce << Cazzo, Nico hai preso dell'acido e non è che sia tanto leggero. Soprattutto se preso inconsapevolmente. Le allucinazioni potrebbero propagarsi per giorni o arrivare quando meno te lo aspetti. Ti prego, non puoi farmi morire di preoccupazione per tutto il giorno >> sospirò, abbassando lo sguardo e passandosi una mano tra i folti capelli ricci. Chiuse gli occhi e sospirò per la seconda volta, calmandosi << se dovesse succederti qualcosa, se dovessi farti qualcosa come ieri sera io... Non me lo potrei perdonare, ecco. Quindi ti scongiuro. Non andare. Solo per ventiquattro ore >> riaprì gli occhi e fissò Nico con quelle ipnotiche iridi verdi. Riusciva a leggere sul suo viso tutta la stanchezza e la preoccupazione che aveva accumulato la sera prima. Cavoli... Doveva aver combinato un macello.
<< Va bene >> lo assecondò il moro << ma tu resterai con me >> e detto questo, incrociò le braccia, guardando l'altro con aria di sfida. No, non si sarebbe mai lasciato scappare l'occasione di stare da solo, per un'intera giornata, con Leo. Il diretto interessato sorrise e acconsentì.
<< Però dovrei farmi una doccia >> e si indicò i capelli e la faccia completamente sporchi.
<< Certo. Il bagno è in fondo al corridoio. Tu comincia ad andare, io trovo dei vestiti che ti possano andare >> Leo annuì e uscì poco dopo dalla porta nera.

Appena la porta si chiuse, Nico si concesse un ampio sorriso. Non uno di quelli forzati che faceva allo specchio, per incoraggiarsi che andava tutto bene, ma uno di quelli veri. Uno di quelli che nascono da semplici gesti o dalla presenza di una persona. Ecco, il solo pensiero che avrebbe trascorso un'intera giornata con Leo, loro due, da soli in casa sua, beh, lo rendeva piuttosto felice ed eccitato, anche se non voleva ammettere che Leo, almeno un pochino, gli piaceva. Si avviò verso il suo armadio, con ancora il sorriso stampato in faccia e cercò qualche indumento adatto al riccio, che trovò quasi subito. Per fortuna amava vestirsi con felpe e maglioni di tre taglie in più. Appena, però, appoggio i jeans e la felpa nera sul braccio destro, il suo sorriso si spense. Infatti, notò solo in quel momento un piccolo, seppur visibile particolare: il braccio era fasciato. Sopra il tessuto bianco vi erano delle piccole macchie cremisi, non più grandi di un quarto di dollaro. Appoggiò i vestiti a terra e si sfilò piano la garza. I tagli più recenti erano stati riaperti e le cicatrici di quelli vecchi, rimosse. Avvolse di nuovo la garza, disgustato da quella visione, ma ancor di più di quello che era successo. Ricordava, seppur in modo sfocato, che Leo gli aveva disinfettato i tagli e di conseguenza li aveva visti e sicuramente pensava che fosse un pazzo suicida. Con il morale sotto terra, si avviò verso il bagno.

Arrivato davanti alla porta di legno scuro, senza bussare entrò, ritrovandosi davanti ad una visione celestiale e inquietante allo stesso tempo.
Leo era in boxer, voltato di schiena, che passava delicatamente una mano sui lividi e contusioni varie che si propagavano su tutto il suo corpo. Anche se controluce, Nico riusciva a vedere delle grosse macchie violacee sulle gambe, all'altezza dei polpacci. Ma non furono quei lividi giganti a traumatizzare il più piccolo, bensì una fitta trama di croste, alcune fresche, altre più vecchie sulla schiena. Oltre a queste, che si diramavano come delle macabre pennellate casuali su una tela, a coronare il tutto, vi erano altri lividi. Grandi e di vari colori, alcuni viola, altri sul giallo e altri ancora, quasi neri.

<< Mio Dio... >> riuscì a sussurrare piano, con un conato di vomito che saliva lungo la gola. Era lo spettacolo più atroce che avesse mai visto, anche più delle sue cicatrici. Il riccio, sentendolo si voltò di scatto, con sguardo impaurito, commettendo un grave errore. Infatti, la parte anteriore era messa peggio rispetto a quella posteriore. Nico, vedendola, fece cadere i vestiti dalle sue mani, paralizzato e incapace di parlare.
Leo, dopo un attimo di sgomento, gli sorrise come se non fosse accaduto nulla.
<< Non è niente >> si sforzò a dire, ma la sua voce tremante, lo sguardo fisso sul pavimento e il sorriso tirato - primo sorriso finto che Nico avesse mai visto sulla bocca di Leo - lo tradivano.
<< Non è niente? Non è niente?! Gesù Cristo Leo! Che cazzo è quella roba?! >> stava letteralmente urlando, non riuscendo a capire come una persona fantastica come Leo - per quanto poco lo conoscesse - potesse subire quelle torture. Perché sì, era evidente che quelle cicatrici erano segno di torture continue, subite per anni e anni.
<< Nico, calmati, per fav-- >>
<< Col cazzo che mi calmo! Non è concepibile una cosa del genere. Chi te le ha fatte?! >> Il moro infilò entrambe le mani nei capelli, tirandoli piano, in un gesto disperato. Stava cominciando a respirare affannosamente. Si sentiva la gola secca e faticava a parlare
<< Nessuno. Nico te lo giuro non è niente! >> Leo gli prese i polsi, costringendolo a guardarlo. Erano così dannatamente vicini che il moro riusciva a sentire un gradevole odore di lavanda sul corpo dell'altro
<< Quello non è niente. Quello è decisamente troppo. Leo non dire cazzate. Chi te l'ha fatto? >>
Il riccio sospirò abbassando lo sguardo. Adesso che erano così vicini, Nico riusciva a vedere chiaramente i lividi, ed erano orribili. Era come se gli fosse passato sopra un carro di buoi imbestialiti.
<< Non è possibile. Non-- cazzo! Quei segni... Quelle cicatrici... Perché?! Chi te le f- >> tutto accadde in meno di un secondo.

Leo tirò Nico a se e posò gentilmente le labbra su quelle dell'altro, in un piccolo bacio a stampo, fatto solo per evitare che il moretto continuasse ad urlare e imprecare. E se Nico prima era in confusione, adesso poteva ufficialmente dire addio alla sua razionalità, andata a farsi un giro ai Caraibi. Con la stessa velocità con la quale Leo si avvicinò, così si staccò, guardando fisso il più piccolo, ormai incapace di pensare o parlare.

<< Ti dirò tutto, solo quando tu mi parlerai di queste >> e prese il braccio fasciato, alzandolo, per mostrare al moro di cosa stesse parlando. Poi lo spinse fuori dal bagno e chiuse la porta alle sue spalle.

Lo stomaco di Nico era in subbuglio. Formicolii e brividi continuavano ad attanagliare il suo corpo. Si sfiorò le labbra con la punta delle dita, con un solo pensiero nella testa: Leo lo aveva baciato.

X

Nico restò scioccato per l'ora successiva, anche mentre si faceva la doccia o in quel momento, che sedeva di fronte al riccio, intento a fissare imbarazzato la trama del morbido tappeto sulla quale era seduto. Continuava a toccarsi le labbra come un deficiente e guardava di fronte a lui, con sguardo vuoto. Non riusciva a non pensare al tocco delle labbra di Leo sulle sue. A quella strana e piacevole sensazione che gli si era presentata alla bocca dello stomaco.
<< Nico... >> il moro si riprese da quella specie di trance non appena il riccio lo chiamò. Posò il suo sguardo sul corpo dell'altro, che guardava ancora il tappeto e improvvisamente al posto dei vestiti, vide quegli orribili lividi e le ferite.
<< Mi dispiace per quello che è successo prima. Per- per il bacio. Insomma, non avrei dovuto farlo. Ho agito d'istinto. Stavi... Stavi andando nel panico. E avevo letto che quando una persona va nel panico, deve trattenere il respiro. Così quando ti ho baciato... tu- tu hai trattenuto il respiro >> Leo sussurrò piano le ultime parole, quasi per convincere se stesso, più che Nico, che rispose con un semplice "oh". Non voleva ammetterlo, ma ripensando all'accaduto, si era un po' illuso. Una piccola parte di lui sperava che Leo lo avesse baciato per un motivo più profondo e non per un semi attacco di panico.

<< Spero di non aver rovinato tutto >>
<< N-no, tranquillo >> fece una piccola risatina senza allegria << me n'ero quasi dimenticato >> mentì spudoratamente, posando lo sguardo ovunque, tranne che su Leo.
<< Oh. Bene. >> pronunciando queste parole, Nico notò che la voce del riccio era più strana del solito. Sembrava quasi... deluso? Ma era impossibile. Sicuramente era un tiro mancino della sua mente. Il riccio sospirò, chiudendo gli occhi e dopo qualche secondo di stallo, fece un ampio e splendente sorriso, dicendo:

<< Ho fame. Ordiniamo una pizza? >>

X

<< Tu mi stai prendendo per il culo >> Leo fissava il ragazzino con gli occhi sbarrati e ancora con il trancio di pizza a mezz'aria, non appena il moro gli aveva detto che non ascoltava musica.

<< Che c'è di strano, scusa? >> rispose lui, guardandolo di sottecchi, mentre addentava una patatina fritta.
<< Tu mi stai decisamente prendendo per il culo. Non è concepibile che tu lavori in un negozio di dischi e che non ascolti musica! Neanche il più contorto dei filosofi potrebbe creare un paradosso così! >>
<< Stai esagerando, adesso >>
<< No! Nessuno può vivere senza musica >> Leo, steso sul tappeto, si puntellò sui gomiti per poter fissare meglio il ragazzo vicino a lui << La musica è vita. Serve per esprimere concetti che tu non riesci a dire. È la chiave delle tue emozioni! Serve a distinguerti dalle altre persone. E poi non è possibile che tu abbia un impianto stereo come questo e tu non ne usufruisca neanche un po' >>
<< È che non provo niente quando l'ascolto. Nessun'emozione, niente di niente >>  Leo emise un piccolo gridolino, portandosi una mano al petto, fingendo di essere offeso. Nico alzò un sopracciglio guardandolo dal basso, sorridendo sotto i baffi. Il riccio fece schioccare la lingua sul palato emettendo un verso stizzito, prendendo contemporaneamente  il cellulare dalla tasca inferiore dei pantaloni.
<< Cosa faresti senza di me, piccolo ragazzino strambo >> e si alzò, raggiungendo lo stereo sulla mensola bianca della libreria.
<< Ehi! Ho solo un anno in meno di te >> Nico, steso a terra, allungò il collo, buttando la testa all'indietro, per vedere cosa stesse facendo il maggiore, intento a collegare il cellulare allo stereo.
<< Resti comunque un piccolo ragazzino strambo >> gli rispose sorridendo, per poi selezionare qualcosa. Partì una canzone con un piccolo riff di batteria e poi con un assolo di chitarra. Le note si propagarono per tutta la casa, note che colpirono subito Nico, perché non le aveva mai sentire nelle radio locali e nazionali.
Leo si voltò e cominciò a canticchiare le parole della strofa della canzone, più lenta rispetto all'introduzione. Si avvicinò a Nico e facendogli l'occhiolino gli porse una mano.
<< Mi concedi questo ballo? >> e senza aspettare una sua risposta, lo sollevò, improvvisando un balletto sulle note del ritornello. Nico cominciò a ridere e cominciò ad imitare i movimenti dell'altro, che sembrava più ad un concerto che a casa di qualcuno. Quando il ritornello finì e cominciò l'altra strofa, un po' più lenta, Leo afferrò la mano del moro e lo avvicinò a se, ballando una specie di valzer improvvisato. Si spostarono dal pavimento al divano in pelle, ridendo entrambi come due cretini e continuando a ballare fino alla fine della canzone, quando Nico, scendendo dal divano, inciampò su un cuscino e cadde per terra, portando Leo con se.

Finirono sul pavimento, Leo schiacciato sopra Nico, con la testa appoggiata nell'incavo del suo collo del più piccolo, incastrati in un groviglio gambe e braccia. Si erano ritrovati in una posizione decisamente scomoda, mentre la musica deviava su un'altra canzone, questa volta molto più lenta.
<< Leo ho i tuoi capelli in bocca >> Nico tossì piano, cercando di non ridere per i vari tentativi dell'altro ragazzo di alzarsi. Alla fine il riccio si appoggiò sui gomiti e si sollevò un poco, guardando il minore fisso negli occhi. Entrambi avevano il fiatone e ad ogni respiro, i loro petti si sfioravano. Nico aveva il sorriso stampato sul volto, così come Leo e si fissavano intensamente.
<< Dovresti sorridere più spesso >> rifletté il riccio, facendolo accigliare << sei più carino quando lo fai >> e si alzò tirando l'altro con se.

Finirono di nuovo a pochi centimetri l'uno dall'altro. I nasi si sfioravano appena e lo sguardo scuro del più piccolo era posato sulle labbra di Leo, guardandole avidamente. Dei brividi percorsero la spina dorsale e di nuovo quel formicolio allo stomaco si propagò. Nico voleva baciarlo di nuovo. Voleva sentire le labbra carnose di Leo sulle sue. Voleva sentire quel l'odore di lavanda e di benzina, che solo il riccio aveva. Voleva poter mordere quelle invitanti strisce di carne, ma non sapeva con quale sorta di autocontrollo, si allontanò dall'altro, guardando a terra.
<< Era carina... La canzone >> provò a dire, riscuotendo Leo da uno stato di trance.
<< Oh, ti è piaciuta? >>
Nico annuì e il maggiore sorrise, stendendosi di nuovo sul pavimento.
<< Ne sono felice >> ammise, poi, chiudendo gli occhi, continuando a cantare le note della canzone in corso. Nico si stese accanto a lui.

<< Ho cominciato alle medie >> disse all'improvviso, facendo girare il riccio nella sua direzione, con la confusione dipinta sul volto.
<< A tagliarmi >> continuò, guardando il soffitto bianco.
<< Da quando tutto è andato a puttane. Mio padre aveva cominciato a tradire mia madre. Mia madre era entrata in depressione e mia sorella era sempre fuori casa, chissà dove. A scuola nessuno mi poteva vedere. Ogni giorno finivo con la testa nel cesso o tornavo a casa con un occhio nero e varie cicatrici. Ho sempre pensato che fosse tutta colpa mia. Mio padre mi ripeteva sempre che ero uno sbaglio, un brutto incidente che non doveva capitare. E mia madre non gli si opponeva. Diceva che era colpa mia se avevano tutti una vita di merda. Così ho cominciato a punirmi da me. Ho sempre pensato di meritarmele queste cicatrici. In terza media e tutt'ora. Poi quattro mesi fa è successo il casino. Mia madre e mia sorella sono morte in un incidente, mentre mio padre si scopava una delle sue puttane. Quando mi ha dato la notizia, gli sono saltato al collo e ho tentato di fargliela pagare. Il risultato? Sedute da un fottuto psicologo per tre schifosi mesi e un'ordinanza restrittiva verso i lui. Dopo questo non ho sentito più niente. Amore, dolore, panico o qualsiasi altra emozione. Era come se qualcuno mi avesse spento le emozioni con un interruttore. Ma tu, Leo, in sole due settimane, hai trovato quell'interruttore, riaccendendo tutto. E hai svelato un segreto che tenevo nascosto da anni. Nessuno lo sa a parte te. Neanche Jason che conosco da una vita >> girò la testa di lato e fissò l'altro ragazzo, con un mezzo sorriso sul volto. << Mi sembrava giusto darti delle spiegazioni. Dopo ieri sera >>

Perché si stava confidando con lui? Perché gli stava raccontando dettagli della sua vita che neanche il suo migliore amico conosceva? Perché Leo gli ispirava così tanta fiducia? Perché ogni volta che lo guardava si sentiva capito, come se fosse a casa? Perché ogni giorno il suo sorriso e la sua risata erano nei suoi pensieri? Forse quella piccola parte a cui piaceva Leo, non era più tanto piccola. Forse stava seriamente cominciando a piacergli.

Leo si morse il labbro. Era evidente che stava lottando interiormente per decidere se raccontargli o meno la storia delle sue ferite, ma Nico lo anticipò, non appena socchiuse la bocca per parlare.
<< Se non vuoi raccontarmi chi ti ha fatto quegli orrori, non fa niente. Insomma se non sei sicuro di volermelo dire, non farlo >> Leo lo ringraziò con lo sguardo e tornò a fissare il soffitto, sorridendo appena.

X

LEO

Il pomeriggio trascorse velocemente, tra chiacchiere, balli improvvisati e film strambi, come Donnie Darko, che lui non aveva mai visto. E, con grande rammarico di tutti e due, era arrivato il momento per Leo di tornare a casa. Si rimise i suoi vestiti, precedentemente lavati da Nico, e si avviò verso la porta, accompagnato dal più piccolo.
Erano circa le cinque e mezza, e suo padre non avrebbe mai dubitato della sua assenza durante tutta la notte, considerato che di solito rincasava verso quell'ora da lavoro. Si voltò verso il ragazzino, che fissava il terreno con sguardo un po' afflitto.
<< Ci sentiamo più tardi. Okay? >> Nico annuì, tornando a fissarlo. Il cuore perse qualche battito non appena quegli occhi scuri si incastrarono con i suoi. Sembravano un cielo stellato, ogni volta che che incontravano la luce. Sembravano racchiudere tutte le stelle dell'universo. Erano così scuri, ma anche così splendenti.
<< Se hai problemi, come allucinazioni o hai semplicemente voglia di un po' di compagnia, fammi un fischio >>
<< Contaci >> rispose l'altro sorridendo.

Leo non voleva andarsene. Per nulla al mondo. Odiava come quel ragazzino lo faceva sentire bene con un nonnulla. Odiava come si sentiva vivo ogni volta che incrociava lo sguardo scuro dell'altro. Odiava quesi sentimenti che provava da due settimane. Erano nuovi e ne aveva timore. Sapeva che prima o poi tutt'a quella felicità gli si sarebbe torta contro. Perché la vita era così. La vita è una puttana che prima ti fa toccare il cielo con un dito e quando meno te lo aspetti, ti incatena nell'oscurità più profonda.

<< Allora ciao >> sussurrò, avvicinandosi al moretto.
<< Ciao >>
Leo fissò quelle sue labbra sottili e screpolate e non ci vide più. Per la seconda volta le fece combaciare alle sue, distaccandosi poco dopo.

<< Questa volta non ero nel panico >> disse Nico.
<< No. Mi andava semplicemente di farlo >>


QUESTO CAPITOLO È UN PARTO! Oltre a fare schifo è un fottutissimo parto plurigemellare. Non avevo uno straccio di idea, non avevo un buco di tempo, ho raccattato varie stronzate e ne è uscito 'sto schifo. Bleah.
Scusatemi, ma questo è il meglio che sono riuscita a fare. EWWW. Spero che a voi non faccia tanto schifo, così come lo fa a me. Nel caso, SCUSATEMI. *si inchina a mo' di giapponese*
E scusatemi anche per il ritardo, ma questo liceo classico mi sta uccidendo. CHE VOI SIATE MALEDETTI FONDATORI DI QUELL'INFERNO!
Bene, bambini miei,non ho niente da dire sul capitolo, tanto mi fa schifo. Lasciate qualche stellina e qualche commento se vi va. <3

Adieu,
Ovis 🦄

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