~𝑅𝑖𝑐𝑐𝑎𝑟𝑑𝑜.~
Daniela, Marco, Anna, Filippo.
A loro modo ce ne hanno messo del loro a incasinarmi la vita in quel momento.
Daniela, che aveva perso per la strada Marco e si era ritrovata sola come un cane, come unico obbiettivo cercava di convincere Margot che io fossi tossico per lei, come Marco lo era stato per Daniela, e che era un bene se noi due ci fossimo allontanati.
Stavano spesso assieme, in quel periodo.
Tanto quella rossa ne aveva di tempo libero, dopo aver perso il trafficone. E Margot, avendo iniziato ad evitarmi, era messa nelle stesse medesime condizioni.
Marco, al contrario, si divertiva come aveva sempre fatto, se non di più.
Rimaneva uno che mi faceva battute stupide e arroganti, ma si passava delle tipine veramente notevoli. Dai suoi traffici ricavava quello che gli serviva per vestirsi con stile, si curava nell’aspetto.
Non sto dicendo che lo rivalutai come persona, per me rimaneva una bestia che trattava bene le tipe finchè stavano zitte e buone.
Ma guardandolo, continuavo a pensare che una vita come la sua sarebbe stata una figata, e mi veniva fortissima la voglia di lasciar stare quel rapporto con Margot, e ancora di più quando lei aveva iniziato a diradare le occasioni in cui vederci.
Ma non potevo, e lo sapete perchè?
Filippo.
Per un attimo mi sembrò che avesse fatto apposta a intortarsi Anna, come a starmi appresso, a controllarmi.
Oppure a mostrarmi come si fa il bravo morosino.
Mi ricordo che pensai parecchie cose pessime di lui, anche considerando la nomea di Anna, che si diceva baciasse in bocca e palpasse le tette alle tipe quasi più volentieri che tenere in mano il cazzo di un maschio.
Ne parlo rabbiosamente, perchè ero rabbioso nei confronti di quella coppia assurda che si stava formando lì a due passi da me: già avevo i miei casini e mi mancavano solo loro che spiccionavano in giro dicendo che non erano ufficialmente una coppia, e tutte quelle altre cazzate.
E lei, che ci trovava in lui? Filippo era medio, suonava la chitarra ma le sue doti finivano lì.
Per una come Anna, poteva essere la scopata di una sera, dopo essersi ubriacata a uno dei concerti scrausi che lui faceva con la sua band ancora più scrausa.
Quando l’irritazione per essere stato messo da parte si fece insopportabile, andai a prendere Margot al bar in una di quelle sedute fiume che faceva con la sua amica Daniela.
Me la portai fino a casa, per una volta.
«Mi stai forse evitando?» le chiesi un pomeriggio, quasi trascinandola a casa.
«No Ricky, no.» mi rispose, quasi impaurita.
Ma di cosa aveva esattamente paura? Di me? Di perdermi? E allora perché si allontanava lei, da me? Se hai paura di perdere una persona, non la allontani, perché rischi di non vederla tornare.
Proprio quello che lei mi aveva detto mille volte.
E la cosa più strana fu che mi arrabbiai, le chiesi cosa le frullava per la testa, e l’unica risposta che mi diede fu un mezzo mugugno e la richiesta di fare sesso.
Non mi tirai indietro, scopammo proprio tanto, usai tutto il tempo che avevo per quella seduta di intimità che sentivo ammantata di uno strano sapore.
E mi chiedevo come fosse possibile che una tizia che mi aveva appositamente evitato nei giorni precedenti, sebbene lo negasse, si fosse in un attimo sciolta al punto da chiedermi lei stessa di fare sesso e di lasciarsi fare praticamente tutto.
E quando dico tutto, intendo tutto.
Non avrei mai pensato di poterla possedere in quel modo, all’inizio di quella discussione.
A ben vedere non avrei mai pensato di poterla nemmeno possedere. Ero convinto che saremmo finiti a litigare e io me ne sarei andato sbattendo la porta, magari dicendole qualcosa come
«Cresci, cazzo!».
Invece aveva mugugnato e in un attimo si era trasformata in una gatta in calore.
Pensavo, anzi ero convinto, che ci fosse qualcosa che non andava in lei.
Era qualcosa tipo essere bipolare, forse.
Non sapevo nemmeno bene cosa volesse dire, ma suonava simile a quello che si mostrava: una persona che un attimo era in un modo e l’attimo dopo era il contrario.
Non immaginavo che le sue richieste fossero solo ed esclusivamente dettate dalla paura. Che tutti i suoi atteggiamenti fossero dettati da paura che non sapeva controllare.
«Hai mai beccato una tipa di quelle bipolari?» chiesi un paio di sere dopo a Nico.
Avevo finito il turno a lavorare ma avevo voglia di fare cose in giro. E lui, tanto per cambiare, era in giro.
«Le tipe sono tutte bipolari» mi rispose, ma lo dovevo immaginare.
Era una risposta classica per Nico, perché lui stesso era una persona dal doppio volto: tra noi aveva una considerazione molto bassa delle donne.
Lui e Giancarlo facevano a gara a chi le disprezzava di più.
Ma quando si trattava di conquistarle e di ottenere sesso in cambio, indossava la maschera della lusinga.
«Dai, lo sai cosa intendo».
«No, non lo so, fammi un esempio. Tipo la tua Marmotta?».
La chiamava Marmotta in maniera sprezzante, perché era il mio letargo invernale, secondo lui.
«Ha iniziato a evitarmi, e non so bene cosa pensare sinceramente. I film porno dopo un po’ stufano».
Il riferimento, nemmeno tanto velato, era alle videocassette e ai dvd che ogni tanto circolavano nella mia stanza in un universo pre-internet.
«Perchè pensi ai porno e non a cercarti un’altra da scopare. Da questo punto di vista, sei ancora un boccia, Ricky» ironizzò lui.
«E se mi sta evitando perchè praticamente non è in grado di nascondermi nulla, e quindi mi evita perchè ha una tresca?».
«Ma va là, quella ha una tresca? Ma non ci credo mai al mondo».
«Si, nemmeno io ci credevo ma meglio essere sicuri. Così l’ho beccata e le ho detto cosa stava combinando, e lei “Niente, niente”»
.
«Eh, grazie, scemo, mica te lo viene a dire» mi interruppe
.
«No, ma la cosa strana è che mi ha evitato e poi, bum, mi ha chiesto di fare sesso. Lei. Capito? È passata dallo starmi sempre attaccata a fare quella che non si fa trovare. E poi di nuovo a chiedermi di scoparla».
«Magari non sta proprio bene con la testa. Mandala da uno psicologo» fu l’unica risposta che mi diede, per poi pensarci su.
«No, meglio di no. Se la porti da uno psicologo ti tirano fuori tutte quelle cazzate che da piccole il babbo non le diceva brava quando faceva i disegni. Per me ti metti in un casino. Tienitela così, tanto ti viene comodo: se lei sta distante tu ti scopi chi ti pare. E se hai voglia di fartela, la chiami, le urli due frasi addosso e lei si sbraga».
Nico mi diede una soluzione semplice semplice, che feci mia sebbene non mi convincesse del tutto.
Ma lui ne sapeva più di me, e quella era una soluzione che non mi costringeva a ragionare con lei.
Mi sarei dovuto limitare a dare segni di insofferenza, e il resto lo avrebbe fatto lei, con il suo cieco sentimento per me.
E il mio sentimento per lei?
Quello di cui ero sicuro era che non volevo in nessuna maniera che il nostro rapporto si facesse più profondo.
Lo volevo con una tale forza e per partito preso, che non vidi, o feci finta di non vedere, un sacco di piccoli elementi che mi avrebbero dovuto spingere a comportarmi diversamente.
Ma in fondo ero solo un ragazzo poco più che adolescente. La stupidità era la mia cifra stilistica.
Al pub, pochi giorni dopo, rividi Marco.
E puntualmente, mi fece la battuta sul fatto che stavo ancora con Margot. Mi stava sulle palle per quell’atteggiamento di continua superiorità che teneva.
«Me ne scopo anche di meglio» risposi, di getto, nuovamente.
Lo vidi irrigidirsi, poi fece pure un sorriso di circostanza.
«Meglio per te, ricciolino» si limitò a dire, «magari ti scopi Daniela, magari in mancanza di meglio ha ripiegato su di te».
Scambiammo altre due battute abbastanza acide, ma mi era già venuto a noia.
Avrei tanto voluto dargli una lezione memorabile, per togliergli quel sorrisetto di superiorità dalla faccia.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top