Le acque di Ydar - La veglia
Quella notte non dormirono. Era loro dovere vegliare tutta la notte per pregare per l'anima del sovrano mentre le autorità religiose della città si occupavano della liturgia funebre.
Ed aveva assistito troppe volte a quel processo per poterne sopportare la vista di nuovo, ma quello che fu fatto per l'imperatore aveva senza dubbio qualcosa di maestoso. Il protocollo avrebbe voluto che fosse il kladio di Norambor, capitale dell'impero, ad accompagnare l'imperatore nell'aldilà, ma la morte improvvisa del sovrano aveva cambiato tutti i protocolli, e così fu il kladio di Baia ad occuparsi della procedura.
Quando sopraggiunse il tramonto e la luna divenne più nitida nel cielo, dopo che le nuvole si furono diradate, il kladio ordinò che i monaci lavassero il corpo con l'acqua di Ydar, che sgorgò sulla veste dorata del sovrano da una brocca d'argento, come limpida acqua di fonte.
In seguito da un vaso d'argilla fu tratta la terra di Erach, di cui fu cosparso Threbor Holm.
Poi fu portata la legna, e in pochi attimi alte fiamme si levarono nella piazza e tutti fecero un passo indietro. Fiamme maestose e dorate che esalavano un fumo bianco, molto diverso da quello maleodorante e nero che si era levato per tre giorni dai campi di battaglia a sud di Vianord.
Contemplarono per ore il fuoco imperituro del sovrano che lasciava il mondo dei mortali, e la sua anima candida che toccava le stelle, e insieme recitarono: - Infine sarete accompagnati dai venti di Aeras per raggiungere le vie dei cieli.
Quando ormai era piena notte, e le preghiere, così come le fiamme, si erano sopite, Ed cominciò ad avvertire sempre più forte il dolore alle gambe. Lanciò un'occhiata in direzione di Garryn e Sylas, in prima fila, statici come due sculture, con il capo chino e la fiaccola accesa nelle mani giunte. Alcuni confratelli oscillavano assieme alle fiamme che tenevano fra le mani. Ed ne sentiva il calore in viso e pensò che fosse fin troppo in quella afosa notte estiva. Arwyn, poco distante da lui, teneva saldamente la stessa posizione di Garryn e Sylas. Conoscendolo Ed immaginò che stesse cercando di redimersi per la trasgressione di quel pomeriggio.
Osservando bene si rese conto di non riuscire a trovare Elyn. Che avesse disertato la veglia funebre di suo padre? Per un momento gli venne perfino il dubbio che Threbor Holm fosse veramente suo padre; ma in realtà adesso riusciva solo a pensare a dove potesse essersi cacciato, e come mai nessuno si stesse facendo la stessa domanda.
Dopo qualche minuto di ricerca decise che non avrebbe ottenuto niente standosene lì fermo, ma come fare per andarsene? Se Elyn era riuscito a disertare la veglia forse avrebbe potuto riuscirci anche lui.
Si avvicinò silenziosamente con il busto al suo vicino in modo da potergli sussurrare nell'orecchio: - ehi! - bisbigliò pregando che nessuno lo sentisse.
Il monaco al suo fianco sussultò e per un momento Ed pensò di averlo svegliato. Si guardò con ansia attorno per verificare che non avesse attratto l'attenzione di nessuno, ma nessuno dei monaci parve averlo udito: che stessero dormendo tutti in piedi?
- Ho bisogno di urinare - mentì velocemente Ed prima che il monaco si scomponesse troppo.
- Che cosa? - proruppe lui con un tono più alto di quello che Ed avrebbe sperato.
- Sto per farmela nella tonaca, ho bisogno che tu mi copra per qualche istante - continuò con il tono più basso che poté.
- Questa è buona, come ti permetti di farmi richieste del genere! - solo in quel momento Ed si rese conto di parlare con un monaco anziano. Probabilmente doveva aver fatto talmente tante veglie notturne da non riuscire a contemplare che qualcuno potesse doversi assentare per urinare.
- Vi prego fratello, non sarebbe dignitoso per me inzupparmi la tonaca in una circostanza simile - cercò di convincerlo Ed, che a stento faticava a trattenere una risata, ma pervaso dal timore che qualcuno potesse sentirli.
- Cosa mi tocca sentire - insisté il monaco, fermo nella sua abnegazione e con un tono di voce sempre più alto.
Ed non immaginava che sarebbe stato così difficile. Nella piazza regnava il più totale silenzio e se quella conversazione fosse andata avanti ancora a lungo qualcuno se ne sarebbe sicuramente accorto. Doveva tagliare corto in qualche modo, ma alla fine l'occasione gli si presentò improvvisa e inaspettata.
Un forte tonfo di metallo esplose da un lato della piazza dove monaci di tutti gli ordini monastici eseguivano la loro veglia. Il fracasso fu reso ancora più assordante dal grande silenzio della notte. Ed vide più di un monaco sussultare, e solo alcuni parvero completamente insensibili al rumore. In breve tempo un borbottio sommesso si diffuse fra le file di frati e alla fine la fonte del rumore si rivelò essere un vecchio monaco, inesorabilmente caduto addormentato, le gambe fiaccate dall'età che non riuscivano più a reggere il peso di una intera notte in piedi. Ed si chiese perché la stessa cosa non fosse potuta succedere anche a quell'inamovibile vecchio che aveva al fianco, ma alla fine si rese conto che la confusione generata era tale da permettergli di allontanarsi inosservato.
Fece un passo indietro nella folla di frati che si stava ammassando attorno a lui, e in un lampo se ne tirò fuori. Non attese oltre e decise di correre via. Solo in quel momento, compiendo quello sforzo improvviso, si rese conto di quanto le sue gambe faticassero a reggere ancora il suo peso. Si era allontanato a sufficienza quando decise di riposare lungo un muretto che circoscriveva lo spazio di una fontana. La luce della luna si specchiava nell'acqua limpida mentre il liquido sgorgava da una fonte centrale increspando la superficie del piccolo specchio circolare.
Ed lanciò uno sguardo al suo riflesso. Vide le guance scavate e il mento appuntito accentuato dalla sua magrezza. I capelli castani crespi e arruffati erano stati tagliati al modo dei frati, ma a lui crescevano ad una velocità incontenibile, e durante il viaggio non avevano avuto modo di tagliarli di nuovo. Qualche filo di barba gli aveva coperto le guance qua e là. Solo in quel momento Ed si accorse di essere coperto di terra, la veste non era ancora stata lavata da quando erano arrivati. Credeva di non toccare dell'acqua veramente pulita da decadi. Il richiamo del liquido che sgorgava dalla fonte fu tanto forte che ci cadde dentro senza neanche rendersene conto.
In un lampo si sentì rinvigorito. L'acqua gli scorse addosso, insinuandosi in ogni anfratto della veste e del corpo e infondendogli nuova vita, come una pianta secca che riceve l'acqua dal cielo e se ne giova riacquisendo colore e vigore. Ed sentì la purezza splendente della luce lunare che lo inondava in quello specchio d'acqua come una cascata.
- Che cosa fai! - la voce lo ridestò come da un sogno. Col senno di poi si sarebbe aspettato un rimprovero, un richiamo, qualche monaco che lo aveva seguito e scoperto a lasciare la veglia, ma in quel momento sentì solo la voce, un sussurro fermo, quasi spaventato, ed ebbe paura a levarsi in piedi.
- Chi sei? - disse invece senza uscire dall'acqua, rimanendo disteso.
- Tu chi sei?
Dal tono intuì che l'uomo doveva sentirsi colto in flagrante quanto lui, e capì che non avrebbe avuto alcun problema a rivelarsi. Si alzò in piedi e avvertì l'acqua scorrere via dal suo corpo e colare dalla veste zuppa.
- Elyn? Sei tu? Ci facciamo un bagno notturno? - guardandolo alla luce della luna Ed vide che l'uomo era in realtà un ragazzo forse anche più giovane di lui, ma dall'aspetto molto più curato. Aveva la barba folta, e i capelli erano ben pettinati e puliti. La tunica nera non riusciva a nascondere le spalle larghe e il fisico robusto. Attorno alla vita portava una corda che era simbolo dell'ordine dei valdosiani, discepoli di frate Valdos, ma Ed non credeva affatto che quello fosse un vero frate.
Non aveva idea di cosa gli avesse fatto uscire dalla bocca quelle parole quando le pronunciò: - sì, sono io. Sono caduto -.
L'uomo sorrise, senza riuscire a nascondere una certa agitazione: - sei caduto? Non devi essere sveglio come ti descrivono -.
- Perché, quanto sveglio mi descrivono? - Ed si sforzò di sorridere, anche se l'unica cosa che voleva adesso era trovare un modo per togliersi da quell'impiccio. Non aveva idea di dove fosse Elyn ma ora sapeva dove avrebbe dovuto essere.
- Lascia perdere. Io sono Jormound, so che hai un messaggio da mio nonno - disse il falso valdosiano.
Il cuore di Ed si fermò. Gli parve di aver perso in un colpo dieci anni di vita e per un momento desiderò di non aver mai lasciato la veglia. Quale messaggio? Con chi stava parlando? Elyn aveva detto di essere il bastardo di Threbor Holm, era un'informazione da dare così alla leggera o forse si era preso gioco di tutti loro?
Decise di prendere tempo: - come faccio a sapere che sei davvero tu e non un impostore? - in fondo Jormound aveva dato prova di non avere idea di come fosse fatto Elyn, quindi era plausibile che neanche Elyn sapesse come fosse fatto Jormound.
Il ragazzo lo guardò corrugando la fronte per qualche istante, come se stesse decidendo se parlare o meno. Ed ebbe l'impressione che potesse leggergli nella mente: - mio nonno è Jormound Hungarn, è stato nominato reggente da Threbor Holm quando è sceso a sud per la guerra. Mi ha scritto dandomi ordine di incontrarti a Baia. Ho ricevuto un messaggio sigillato questa mattina nella foresteria del monastero dei valdosiani, c'era scritto che ti saresti presentato vestito da saloasiano alla Fonte Argentea fuori dalla Piazza del Tempio, e che avrei dovuto trovare un espediente per allontanarci dalla veglia -.
Ed era stupefatto, non aveva minimamente pensato che Elyn potesse non essere un vero saloasiano, si sentì stupido per non esserci arrivato; ma adesso che la trama si faceva più fitta si sentiva ancora più stupido per aver pensato di allontanarsi dalla veglia: - sei stato tu a far cadere la brocca?- chiese cercando di apparire divertito.
- Il vecchio dormiva in piedi, gli ho solo dato una spinta - sorrise Jormound.
Improvvisamente Ed si rese conto che se veramente Elyn aveva lasciato quel messaggio a Jormound non avrebbe avuto alcun motivo per non presenziare alla veglia. Un brivido gelato gli corse lungo la schiena, ma non era l'acqua, era la terrificante sensazione di non avere idea di che cosa fare. Aveva di fronte un giovane soldato, un ragazzo nobile, e non un nobile qualunque: Jormound Hungarn, nipote di Jormound Hungarn, reggente al trono Uri e signore della Foresta Nera. Quale complotto dovevano aver ordito che riguardasse la morte dell'imperatore per decidere di vedersi a quell'ora di notte con tante precauzioni?
Ogni pensiero si spense nella mente di Ed e improvvisamente un grido lacerò il ritrovato silenzio della notte. Proveniva dalla piazza che avevano da poco lasciato. Non poteva riguardare loro, si erano allontanati senza che nessuno li vedesse. Immaginò un'orda di monaci arrabbiati andare nella sua direzione per infliggergli la peggiore punizione. Ma nulla accadde.
Jormound sembrava molto più spaventato di lui, forse perché conosceva il motivo per cui si trovavano lì: - che cosa hai fatto? - proruppe.
- Niente - rispose offeso Ed.
- Non è la serata giusta questa, dovremmo tornare, o si accorgeranno della nostra assenza -.
- Andiamo - acconsentì Ed, felice, per la seconda volta quella notte, di aver avuto l'occasione di togliersi da una situazione scomoda.
Corsero di nuovo verso la piazza cercando di non fermarsi e di stare distanti, per evitare che qualcuno pensasse che erano stati insieme. Nel nero della notte una fitta folla di tuniche di colori cupi era ammassata in un angolo della piazza. Non fu difficile per Ed e Jormound unirsi a loro, ma era impossibile capire che cosa stessero guardando. Ed percepì le parole ucciso e assassinio, senza carpire una frase compiuta.
Alla fine il kladio si fece avanti nelle sue lunghe vesti bianche rivestite di rami d'ulivo dorati, il simbolo del Culto, e divise le due ali della folla.
La luce della luna illuminò il corpo di un uomo giovane, la tunica grigia impregnata del rosso del sangue, il cranio fracassato, riverso in una pozza. Gli occhi spalancati osservavano la folla pieni di terrore e stupore.
A Ed si fermò di nuovo il battito: quel giovane monaco era Elyn.
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