Le acque di Ydar - L'addio
Non dormì affatto quella notte.
Gli occhi rimasero aperti mentre se ne stava disteso di schiena sulla branda con le mani giunte sul petto, come un cadavere posizionato sulla pira funeraria.
Nessuno si alzò durante la notte, nessun complotto fu ordito, tutto era tranquillo. Nell'aria si respirava il profumo delle foglie e dei fiori, perfino il grigiore dei giorni passati se n'era andato, e la notte limpida preannunciava un giorno di sole.
Tutti, anche la natura, sembravano aver accettato di buon grado quello che sarebbe successo. Durante il giorno precedente Ed aveva rimuginato in silenzio sul da farsi. Aveva deciso di non voler parlare affatto con fratello Garryn su quello che avrebbe dovuto fare. Immaginava la sua risposta, e non voleva sentirsi giudicato per la sua paura e debolezza. Avrebbe accettato l'ingiustizia della morte di Arwyn in cambio della propria vita, e di quella di molti altri a detta di Jormound, ma Ed non ci credeva. Se veramente una guerra si doveva combattere, si sarebbe combattuta comunque, o prima o dopo. Lui lo faceva per sé, non poteva rispondersi in altro modo. Voleva sapere che cosa lo avrebbe atteso se avesse vissuto il resto dei suoi giorni come Edwyn dei valdosiani, al Crocevia.
Aveva sentito parlare del priorato valdosiano del Crocevia, un piccolo borgo all'incrocio tra due strade principali che collegavano le grandi città di Dullan, Città di Ponte e Città del Tramonto, nel Granducato d'Altaterra, governato dalla famiglia omonima. Lì forse avrebbe potuto dare un senso alla propria vita, diventare qualcuno. In quale altro modo avrebbe potuto avere un'occasione simile?
Mano a mano che rimuginava su cose del genere il suo cuore accelerava il battito, come una sorta di avvertimento, come se volesse ammonirlo per il pericolo in cui si stava cacciando e in cui aveva lasciato il suo amico.
Ma non era colpa sua. Non lo era?
Quando il sole sorse si diressero tutti al mattutino, e per tutto il tempo Ed cercò di non cadere addormentato dopo la notte insonne. Non riusciva a pregare, eppure la preghiera doveva essere il suo momento di liberazione, in cui si ricongiungeva con Ezer rivelandogli tutto se stesso e chiedendogli di illuminargli la via. Ma Ezer non aveva bisogno di sentirlo pregare per sapere che cosa si annidava nel suo cuore: sapeva benissimo che cosa lo tormentava, e mentre gli spianava la strada verso il suo florido futuro, gli lacerava il cuore e l'anima con il senso di colpa.
Solo il giorno prima si era battuto tanto per il suo amico, e adesso lo abbandonava in quel modo?
Alla fine delle preghiere aveva ancora del tempo prima della seconda udienza, quella in cui si sarebbe deciso che cosa fare della vita di Arwyn. Ed decise che, nonostante tutte le sue promesse, non avrebbe fatto male a nessuno se avesse fatto un ultimo disperato tentativo per salvare il suo amico. Anche se questo voleva dire forse condannare un altro innocente al suo posto, almeno Ed si sarebbe messo l'animo in pace sapendo che Arwyn era salvo. O così credeva.
Si avvicinò a Dan all'uscita dal tempio. Il piccolo monaco tarchiato accelerò il passo quando lo vide avvicinarsi, ma le sue gambette non potevano competere con quelle di Ed, che lo raggiunse in poco tempo.
- Fratello Dan, potrei parlarti? - Ed gli poggiò una mano sulla spalla indicandogli un lato vuoto del cortile: in ogni caso sarebbe stato meglio condurlo in un posto dove Dan sarebbe stato sicuro che nessuno li sentisse.
Il povero monaco non ebbe il cuore di opporsi, e seguì Ed.
- Devo chiederti un favore, per oggi al processo - esordì Ed.
Dan continuava a spostare lo sguardo da una parte all'altra evitando quello di Ed, mentre con le mani si grattava gli avambracci freneticamente.
- Sarebbe di grande aiuto se tu dicessi alla giuria quello che hai detto a me riguardo fratello Elyn due giorni fa. Potresti aiutare fratello Arwyn a dimostrare la sua innocenza in questo modo - Dan era l'unica speranza di Ed, l'unico modo che aveva per salvare il suo amico dal patibolo.
Il piccolo monaco non stava fermo un attimo. Apriva e chiudeva bocca come chi è senza fiato, ma non parlava.
- Fratello Dan, ti prego, non lasciare che un innocente paghi per un crimine che non ha commesso! - cercò di convincerlo Ed.
Alla fine Dan parve ritrovare le parole e gliele vomitò ai piedi come se gli si fossero accumulate in bocca improvvisamente e non potesse trattenerle: - fratello Elyn era benvoluto dai monaci del monastero, qualunque cosa io ti abbia detto senza dubbio era dovuta alla sua morte così improvvisa, certe cose mi sconvolgono. Ho dovuto punirmi per aver detto quelle parole riguardo fratello Elyn -.
Ed sentì la rabbia montare, divenne tutto rosso in viso, strinse i pugni e digrignò i denti: era possibile che il mondo avesse perso completamente ogni senso di giustizia! Sylas o Emmon dovevano aver già convinto Dan a non parlare, Ed ricordava quello che Emmon aveva detto: "Ho ascoltato la confessione di fratello Dan quest'oggi... diceva di aver detto cose terribili riguardo il bastardo morto", sicuramente subito dopo aveva fatto in modo che Dan ritrattasse tutto quello che aveva detto, e lo aveva preparato ad una possibile imboscata da parte di Ed.
Senza attendere una risposta fratello Dan se ne andò via alla massima velocità che gli fosse consentita dalle sue gambette, e Ed rimase da solo, sconfortato e arrabbiato.
Non vide Jormound Hungarn in capitolo quel giorno. Doveva essersene andato come aveva detto. Mentre tutti prendevano posto Ed se ne stava in disparte, cercando di pensare a qualcosa da poter dire per sopperire alla mancanza di testimoni. Se Arwyn era già condannato, tanto valeva almeno dimostrare che era disposto a tutto per salvarlo, anche se ciò doveva essere di poca consolazione per l'amico.
Mentre osservava due monaci accompagnare l'imputato in catene sulla pedana dove stava la cattedra dei giudici, una mano ossuta gli afferrò il braccio.
Ed si voltò di scatto e il volto amichevole di Padre Sylas gli si parò davanti. Ed non riuscì a trattenere lo scatto improvviso che ebbe quando si ritrasse contorcendo la bocca, come se fosse appena stato toccato da un appestato.
Padre Sylas non parve farci caso e parlò con il tono pacato tipico dei saloasiani: - è davvero ammirevole il modo in cui hai deciso di difendere fratello Arwyn. Il tuo zelo è senza dubbio d'esempio per tutti noi -.
Ed non rispose, era sicuro che non sarebbe riuscito ad aprire bocca senza sputare.
- Ti prego, fratello Ed, non prolungare eccessivamente l'agonia di tutti. A ognuno di noi fa male dover condannare un fratello, ma la colpevolezza di fratello Arwyn è lampante, cerca di mettere da parte i tuoi sentimenti -.
Ed non poteva sopportare la falsità di quelle parole, né del tono con cui erano state pronunciate. Contrasse il volto come nello sforzo di trattenere qualcosa, ma alla fine parlò con tutto il veleno che aveva in corpo: - il vostro cuore nero non può comprendere il dolore di condannare un fratello. Siete voi che avete orchestrato tutto questo -.
Padre Sylas parve pietrificato da quelle parole. Sbatteva le palpebre freneticamente, e stava a bocca aperta, sconcertato. Per un attimo Ed ebbe quasi il dubbio che potesse essersi sbagliato, che Sylas non avesse niente a che fare con quella vicenda. Ma poi tutto quanto tornò al suo posto e la farsa ebbe fine.
L'espressione di Padre Sylas si rilassò e le labbra si piegarono in una smorfia. Lo sguardo sottile si fissò su quello di Ed, che improvvisamente sentì il gelo entrargli nelle ossa: - allora faresti meglio a pensarci due volte prima di metterti contro di me. Non vorrai finire anche tu in catene accanto al tuo amico? Ci sono persone che sono disposte a pagare un prezzo molto alto per la testa di quello stupido zotico, e Ezer sa quanto il nostro ordine ha bisogno di potere e rispetto -.
- Perché, perché contravvenire agli insegnamenti della Regola su cui voi stesso avete giurato? Che cosa ve ne fate del potere e del rispetto, se per ottenerli avete dovuto trasgredire ai nostri comandamenti?
- E dimmi: tu sei sempre stato ligio a tutti i nostri comandamenti, fratello Ed? Gli uomini sono deboli e fallaci, e questo Ezer lo sa, e ci perdona per i nostri peccati. Quello che io desidero è avere gli strumenti per poter sopravvivere in questo mondo crudele e poter diffondere la parola di Nostro Signore a più anime possibile. Sono forse un malvagio per questo? Noi siamo messaggeri di Ezer che sono costretti a vivere in un mondo di peccatori, e per sopravvivere in un mondo di peccatori il peccato è l'unica via. Non è forse vero che anche l'Altissimo fa capitare cose atroci per costruire il suo disegno di perfezione e salvezza?
Ed non poteva credere che qualcuno veramente desse credito a quelle parole. Era tutto come se lo era figurato, non aveva sbagliato, aveva intuito ogni cosa. Ma adesso che veniva messo di fronte a quella verità si rendeva conto di non essere tanto diverso da Padre Sylas: lui stesso era caduto nella tentazione dell'ambizione, lui stesso avrebbe rinunciato agli abiti consunti da saloasiano e alla Regola, sulla quale aveva giurato, per rispondere alla chiamata del potere.
No, per lui era diverso, lui era stato obbligato, non aveva avuto scelta, la sua vita lo aveva condotto a quel destino senza che lui potesse decidere. Non aveva voluto lui che i suoi genitori morissero; non era stato lui a voler essere trovato e cresciuto dai saloasiani; non aveva mai voluto diventare un saloasiano. Ma comunque aveva giurato, come tutti gli altri. Un giuramento fatto senza convinzione vale meno di uno fatto con la fede? O quella era solo un'ottima scusa per tutti gli spergiuri?
Ed lanciò un'ultima occhiata di sbieco a Padre Sylas e fece per allontanarsi, quando l'altro lo afferrò di nuovo per il braccio e gli sussurrò all'orecchio: - sta' attento a quello che dici, potrebbe esserci posto per due sulla forca - e poi se ne andò come se niente fosse successo.
Quando tutti ebbero preso posto Ed vide che Arwyn se ne stava in piedi sulla pedana, il capo chino, le mani e i piedi incatenati, ma aveva qualcosa di diverso rispetto al giorno prima. I polsi erano coperti di tagli, alcuni ancora sanguinanti, il collo era violaceo in alcuni punti. Dal poco che poteva vedere intuì che doveva essersi rotto il naso, e le unghie degli alluci erano sparite, al loro posto una massa putrescente di pus e sangue.
Ed inorridì: Arwyn era stato torturato.
Emmon e Yemos se ne stavano tronfi sulle loro sedie di fronte ai giudici, mentre Garryn e Rath sembravano non voler alzare lo sguardo dal pavimento. Ed era l'unico che guardava dritto contemplando lo sfacelo dell'amico e inorridendo di fronte a tanto male perpetrato in un luogo pieno di monaci.
Il kladio batté sonoramente il martelletto sulla cattedra e proclamò: - si dichiara aperta la seconda udienza per il caso della morte di fratello Elyn. Yemos Portis si presenta come rappresentante di fratello Emmon ad accusare l'imputato; i fratelli Garryn, Ed e Rath si presentano in difesa di fratello Arwyn. L'imputato ha qualcosa da dichiarare? - Torren Honegyor si era rivolto direttamente verso Arwyn scrutandolo attentamente dall'alto della sua seduta.
Arwyn non si mosse. Alzò il capo lentamente tenendo lo sguardo fisso davanti a sé, come un burattino di legno tirato da fili invisibili. Non sbatté le palpebre. Il suo viso rigato dalle lacrime e dal sangue non si mosse quando aprì bocca per parlare: - desidero confessare - disse in modo che tutti lo sentissero.
Per la sala si diffuse un vociare convulso di monaci esterrefatti.
- Puoi ripetere fratello Arwyn, in modo che tutti possano udire chiaramente? - lo invitò il kladio.
- Desidero confessare: sono stato io ad uccidere fratello Elyn la scorsa notte. Mi pento del mio gesto di fronte ad Ezer e agli uomini e sono pronto a scontare la mia condanna -.
La voce di Arwyn si spense in un singhiozzo e Ed fu certo si sentir piangere pure Garryn, che però non alzò il capo e non guardò fratello Arwyn. Rath barcollò leggermente, ma rimase in piedi, dalla punta del naso una lacrima gli colò sui piedi. Ed rimase immobile, pietrificato. Ogni sua ansia o timore annullati da quelle poche, false, parole. Tutto sarebbe finito così.
- Alla luce di questa confessione questa corte non può fare altro che dichiarare l'imputato colpevole dell'omicidio di fratello Elyn, avvenuto la notte fra il dieci e l'undici Sellifon dell'Anno di Ermon Settecentodue. Prego i relatori di redigere la sentenza. Intanto questa corte condanna l'imputato a morte per impiccagione. La sentenza sarà eseguita quest'oggi nella Piazza del Patibolo, dopo il rintocco di mezzogiorno. La seduta è tolta - il suono del martelletto sul legno della cattedra fu definitivo. Tutto si sarebbe concluso così, con quel semplice gesto, che aveva sentenziato la condanna a morte di un innocente.
Arwyn fu portato via fra i sorrisi compiaciuti di Emmon e Sylas.
Ancora qualche ora di supplizio e poi tutto sarebbe finito.
Ogni minuto, ogni secondo, che separava Arwyn dalla morte parve durare una vita intera.
Ed non sapeva quanto fosse rimasto immobile a contemplare la sala che si svuotava mentre nelle orecchie gli echeggiavano le parole del giudice. Non aveva fatto nulla. Non aveva avuto il tempo di fare nulla. Era stata un'udienza veloce, immediata, che era finita ancora prima di cominciare. Era stato preparato tutto a puntino per ovviare a qualunque problema derivante da possibili testimoni che Ed avrebbe potuto portare. Ogni cosa che avrebbe potuto dire, ogni voce in più che avrebbe potuto levare in difesa del suo amico, era stata annullata da quell'unica confessione strappata con la tortura.
Garryn e Rath non vollero avvicinarsi ad Arwyn: che lo credessero veramente colpevole?
Fratello Garryn si avvicinò a Ed quando furono di nuovo nel monastero, e gli pose una mano sulla spalla: - per noi è giunto il momento di andare, fratello -.
Ed lo guardò incredulo, gli occhi lucidi, ma incapace di piangere: - cosa? Non stiamo a fianco del nostro fratello?
- Fratello Arwyn ha confessato il suo peccato, non c'è niente che possiamo fare, sarà Ezer a giudicarlo, il suo tempo su questa terra è terminato -.
Ed sentì ancora una volta crescere dentro di sé una rabbia incontrollabile: - e allora lo lasceremo morire da solo? Senza i suoi amici a dargli conforto?
- Quale conforto vuoi dare ad un omicida? - Rath era intervenuto tremante, con tono incerto, come se temesse le sue stesse parole.
- Non crederete veramente a quella confessione! Fratello Arwyn è stato torturato!
- Ciò non cambia niente, la confessione è sacra, e se per ottenere quello che un uomo nasconde nel profondo del suo animo occorre usare mezzi violenti, questo è quello che Ezer ci concede - fratello Garryn aveva parlato con il tono più risoluto che riuscì a produrre, ma Ed non poteva credere che la fede nella Regola offuscasse a tal punto la sua ragione.
Ed scosse il capo: - no, mi dispiace fratelli, ma io non abbandono fratello Arwyn. Proseguirò il mio viaggio da solo se così preferite, ma non me ne andrò fino a che fratello Arwyn non avrà abbandonato questa terra. Mi occuperò io stesso della cerimonia funebre se necessario - questa volta gli fu impossibile trattenere le lacrime.
Fratello Garryn non ribatté. Poggiò una mano sulla spalla di Ed e chinò il capo: - temevo che questo giorno sarebbe arrivato. Qui è dove le nostre strade si dividono. Spero che la fede possa continuare ad illuminare il tuo cammino fratello -.
Ed annuì e ringraziò fratello Garryn. Rath stava piangendo, Ed lo abbracciò e lo salutò con un bacio in fronte.
- Addio fratelli - disse mentre questi si allontanavano.
Nessuno gli rispose. Se ne andarono in silenzio, lasciandolo ancora una volta da solo. Per la mente gli passò l'idea del viaggio che avrebbe dovuto proseguire da solo e una sensazione di ansia opprimente lo pervase. Ma quella era la sua nuova vita, era giusto che fosse così.
Allo scoccare del mezzogiorno la Piazza del Patibolo era gremita di persone di tutti i tipi. Popolani e monaci erano ammassati gli uni con gli altri assieme a locandieri, avventori, soldati e mercanti. Ed se ne stava in disparte, sperando che almeno fratello Arwyn potesse scorgerlo guardando la folla, prima che tutto finisse.
Il boia se ne stava a gambe larghe con le mani dietro la schiena ad attendere che la sua vittima fosse portata al macello.
Arwyn non si fece attendere. Incatenato, debole, come un corpo vuoto mosso da due burattinai, si muoveva verso il cappio che lo attendeva penzolante al vento.
Glielo misero attorno al collo dopo averlo incappucciato.
Ed ricordò nitidamente l'immagine che aveva visto in sogno: il cadavere di Arwyn con il cappio dorato attorno al collo, e ancora una volta non riuscì a trattenere le lacrime. Il male minore, il male necessario. Come si poteva dare una definizione al male per renderlo più sopportabile? E alla fine lo era, sopportabile?
Ed cercò di reprimere l'impulso di coprirsi gli occhi. Mentre il kladio leggeva la sentenza ad alta voce, seduto sul suo trono, il boia poneva la mano sulla leva che avrebbe aperto la botola sotto i piedi di Arwyn.
Così sarebbe tutto finito.
Quando la voce del kladio si fu dispersa nel vento caldo di fine estate, con un cenno del capo ordinò al boia di procedere.
La mano si strinse attorno alla leva, il muscolo del braccio si contrasse e la leva si spostò.
Qualcosa scattò.
Un colpo secco e il corpo di Arwyn cadde inesorabilmente nel vuoto. Ed strinse i denti e si morse la lingua. Il sapore del sangue in bocca. Intanto si sforzava di tenere gli occhi aperti.
Aveva fatto quello che poteva. Aveva fatto quello che poteva.
Il forte crac del collo di Arwyn che si spezzava raggiunse tutta la piazza, e non vi furono spasmi o movimenti di sorta. Era tutto finito in un lampo.
Arwyn era morto.
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