Le acque di Ydar - L'accusa

Il giorno dopo si tenne la funzione funebre per Elyn, e il cielo tornò più grigio che mai. Sebbene Ed non riuscisse ancora a spiegarsi quella morte improvvisa, tutti i suoi pensieri erano concentrati sulla costante sensazione di nausea che avvertiva da giorni, da quando avevano cominciato a bruciare cadaveri sul campo di battaglia a sud di Vianord. Aveva smesso di contare i morti.

Almeno, per Elyn la cosa fu più veloce, e non ci furono veglie infinite. Alla fine di tutto voleva solo andarsene da quella città il prima possibile, e prima che Jormound Hungarn scoprisse che il vero Elyn era ridotto ad un cumulo di cenere su una pira annerita.

Arwyn, che ancora scontava la sua punizione, era fra quelli incaricati di ripulire tutto dopo la funzione. Guardandolo Ed non poté fare a meno di notare una certa irritazione nel trovarsi a lavorare mentre i suoi compagni potevano godere dei benefici degli ospiti.

Quel giorno tutti avrebbero digiunato, per il lutto, ma si sarebbero incontrati all'ora del pasto diurno nel tempio, per pregare. Fino a quell'ora Ed sarebbe stato libero di andare dove voleva.

Aveva passato molto tempo seduto nella sua cuccia e sperando che Garryn lo avvisasse che erano pronti a partire, ma non ebbe notizia di lui per le ore successive. In compenso Rath, il giovane aiutante che lo accompagnava nel suo viaggio, lo aveva raggiunto nel dormitorio, cupo in viso: - non credi che sia stato lui vero? - esordì con tono macabro.

- Che cosa? - chiese Ed, lo sguardo interrogativo.

- Ar. Lo sai che lui esplode per niente, potrebbe essere stato provocato... e senza nessuno a fermarlo... - si spiegò Rath turbato.

Ed scosse il capo: - non è possibile. Arwyn è un po' irrequieto, ma non ucciderebbe mai - rispose categorico.

Rath non pareva affatto convinto. Aveva sempre nutrito un certo rispetto per Ed, e diceva sempre che anche lui un giorno avrebbe frequentato una Grande Università, ma quella volta le sue parole non bastarono a tranquillizzarlo.

- Ar è uno di noi, lui rispetta le regole nella maniera più ferrea che si possa immaginare - cercò di convincerlo Ed. In effetti Arwyn non era tanto sveglio da pensare addirittura di infrangerle le regole. Quando era arrivato al monastero, però, fu lasciato lì di buon grado da suo padre, che continuava a dire che era buono solo a procurargli più guai di quanti lui potesse sopportarne. Anche se, da quando era arrivato, Ar si era completamente assuefatto alla Regola dei saloasiani, ed erano sempre meno le circostanze in cui avevano dovuto punirlo per qualche attacco di rabbia. Ed escludeva che le paure di Rath fossero fondate.

- Se lo dici tu - disse il giovane ancora non convito.

Rath aveva sollevato una questione inquietante però: non c'era dubbio che Elyn fosse stato ucciso. Che cosa avrebbe potuto fare di tanto pericoloso da dover essere fermato in quel modo? E soprattutto, chi aveva interesse ad ucciderlo?

Ed decise di allontanare quei pensieri e di trovare un pretesto per andarsene: - hai visto fratello Garryn? - chiese all'improvviso.

Rath scosse il capo ancora turbato. Ed non aveva intenzione di stare lì a consolare Rath tutto il giorno. Fino a che non era arrivato lui era stato tranquillo, ma ora quella sua espressione rattristata e bisognosa di consolazione lo innervosiva.

- Vado a cercarlo - tagliò corto, e uscì senza aspettare risposta.

Il chiostro del monastero era costituito da una piccola area rettangolare circondata da un peristilio fatto di colonne rudimentali, che avevano l'aria di potersi piegare da un momento all'altro sotto il peso della tettoia soprastante. La terra, sopra la quale mancava la ghiaia, era divenuta fango a seguito delle piogge dei giorni precedenti, e qua e là si era rappresa formando cumuli maleodoranti di detriti e mosche che vi svolazzavo attorno.

Ed superò il chiostro a passo svelto cercando di coprirsi il naso, e, superando un piccolo arco malridotto, si ritrovò nel cortile esterno, cinto dal muro di pietre grigie che segnava il confine di tutto il monastero. Lì fuori, poco lontano dal piccolo arco, una baracca fungeva da magazzino, e fu proprio lì davanti che scorse Padre Sylas parlare sommessamente con un altro monaco grigio-vestito dall'aria serpentina, alto e leggermente gobbo.

Ed accelerò il passo per evitare di essere notato, anche se aveva avuto l'impressione che Sylas e l'altro volessero lo stesso.

Riuscì a raggiungere in fretta la porta di legno che conduceva fuori dal monastero: se Jormound avesse scoperto che il vero Elyn era il frate morto avrebbe sicuramente cercato Ed nel monastero dei saloasiani; ipotizzando che Garryn non volesse ripartire ancora per un giorno era meglio tenersene lontano il più possibile.

Intanto la città di Baia, all'indomani della morte dell'imperatore, sembrava continuare la sua vita come sempre: le strade coperte di ghiaia non avevano assunto l'aspetto del chiostro del monastero e carri e carretti potevano circolarvi con poca fatica.

In confronto a Baia, Banzi era un piccolo borgo poco più grande di un villaggio. Le mura di Banzi erano di legno e pietra, e i camminamenti erano costituiti da impalcature su cui potevano stare al massimo due soldati affiancati; le mura di Baia erano imponenti costruzioni in marmo e mattoni con torri, bastioni ed enormi porte che si aprivano sulla piana circostante. Le strade di Banzi non erano neanche lontanamente curate come quelle della città vaseniana.

La forza della città di Ed era l'imponente castello costruito secoli prima dalla famiglia Banzi, e costantemente ristrutturato e ampliato con gli anni. Non c'erano torrioni o alte mura di pietra a Baia, non c'erano stemmi di importanti famiglie, fossati o ponti levatoi.

Entrare in una città vaseniana era come varcare la soglia di un altro mondo. Gli edifici erano costruiti in uno stile che Ed non aveva mai visto, con decorazioni esterne, colonne, porticati, nicchie, grandi ingressi trionfali. C'erano fontane pubbliche, ampie strade. Uomini armati passeggiavano per strada, coperti di metalli lucenti, per mantenere l'ordine.

Ed non aveva mai visto tanta ricchezza in vita sua, né tanto splendore: poteva assaporare la storia vecchia di secoli di quella imponente città portuale, che i vasen avevano edificato con le stesse forme e tecniche delle loro città nel Malayos.

Avrebbe potuto passare ore ad ammirare ogni edificio e ogni vicolo di quella enorme città. Mentre l'aria si faceva sempre più calda annunciando il mezzogiorno e pochi, timidi, raggi riuscivano finalmente a fendere il grigiore delle nuvole, Ed si rese conto che sarebbe dovuto tornare.

Trovare la via del ritorno fu meno complicato del previsto. Riusciva a riconoscere alcune statue sulle quali si era soffermato, alcune fontane, il profumo emanato dal forno di un panettiere e il vociare spensierato degli avventori di una locanda. E alla fine, riconobbe il muro del monastero in fondo ad una stradina stretta.

La imboccò senza riflettere e un sussurro gli giunse all'orecchio: - vai da qualche parte Elyn?

Ed si sentì scaraventare con forza contro un muro poi avvertì il tocco gelato dell'acciaio sulla gola: - dimmi, mi hai preso per un idiota?

Nell'ombra del vicolo il volto barbuto di Jormound Hungarn appariva contratto dalla rabbia, ma Ed percepì un'ombra di paura nei suoi occhi neri.

Portava gli stessi abiti della notte passata.

Non gli diede il tempo di rispondere: - forse dovrei ucciderti subito. Chi ti ha mandato? Perché hai ucciso Elyn?

Ed non aveva pensato che Jormound potesse arrivare ad incolparlo anche di quello, fino a quel momento non aveva veramente realizzato quanto grande fosse il pericolo nel quale si era cacciato. La vista già gli si annebbiava e sentiva come se la vita gli scivolasse via dalle dita.

Poi la riprese: - no! No mio signore, vi prego non so niente! Vi scongiuro - avrebbe voluto gridare, magari per attirare l'attenzione di qualcuno, ma le parole gli uscirono soffocate dalla lama che gli premeva sulla gola.

- Non ti credo - sibilò Jormound.

Ed teneva gli occhi chiusi per non vedere la morte che si avvicinava inesorabile, credette di avvertire un rivolo di sangue sgorgare lungo il collo, ma doveva resistere, aggrapparsi alla vita ad ogni costo.

- Vi prego! Mi chiamo Ed, sono arrivato ieri pomeriggio in città. Elyn è venuto da me e dai miei compagni spacciandosi per saloasiano, ha detto di essere il bastardo dell'imperatore, e che voleva conoscere un saloasiano che stava per frequentare una Grande Università. Mi ha detto di essere qui per cose che non mi riguardavano e quando ieri non l'ho visto alla veglia sono andato a cercarlo e mi sono fermato per caso alla fontana. Vi prego, non so niente, è stato un caso, perdonatemi. Risparmiatemi, non dirò nulla. Vi prego!

Jormound non diede cenno di voler allontanare la lama, ma Ed sentì la pressione su di lui allentarsi.

- Che cosa hai detto che ti ha detto? - la voce di Jormound era più calma adesso.

Per un momento Ed pensò di essere stato un idiota a dire quello che Elyn gli aveva detto. Se prima forse poteva convincerlo a non ucciderlo, adesso che gli aveva rivelato quello che sapeva poteva essere impossibile evitarlo.

- Ha detto di essere il bastardo dell'imperatore - a questo punto era inutile negare di averlo detto.

Come un masso che viene spostato lasciando volare via le foglie che comprimeva, Ed sentì staccarsi da lui il peso di Jormound e improvvisamente tornò a respirare.

- Quell'idiota. Che senso ha essere sotto copertura se vai a sbandierare chi sei in giro. Qualcuno deve averlo sentito -.

Ed capì che Jormound stava parlando più a se stesso che a lui, e decise di non mettersi ulteriormente nei guai.

Poi il giovane nobile gli rivolse un'occhiata di sbieco e disse: - tu potresti essere molto fortunato o molto sfortunato. Non dirai una parola di quello che hai visto ieri notte o di quello che ti ho detto. Se saprò che avrai parlato ti taglierò la gola -.

Ed deglutì a disagio: - certo mio signore – si affrettò a rispondere.

Aveva quasi sperato di potersene andare, quando: - sai che nessuno ti crederà se parlerai, non è vero?

Ed lo guardò intimorito, anche se voleva cercare in tutti i modi di non darlo a vedere. Non avrebbe avuto intensione di parlare, voleva solo uscire da quella situazione il prima possibile, ma capiva che Jormound non gli avrebbe creduto se semplicemente glielo avesse detto.

- Ho combattuto nella battaglia di Vianord assieme all'imperatore. Per adesso sono ufficialmente disperso in battaglia, ma quando sarà il momento cavalcherò a sud per andare in contro ad Alaric Holm e gli dirò ciò che è accaduto fingendo di non sapere che è già stato avvertito. Se mai ti salterà in mente di dire di avermi visto, o di parlare di quello che è successo, io dovrò soltanto negare, e a quel punto nessuno ti crederà. In più saprò che di te non ci si può fidare e quindi per me sarà molto più conveniente toglierti di mezzo – mentre parlava Jormound si rigirava fra le mani il coltello con cui lo aveva minacciato poco prima, ma i suoi occhi neri erano fissi in quelli di Ed.

Il giovane monaco riuscì a sostenere lo sguardo, convinto a non dare l'impressione di avere paura, anche se non credeva di star facendo un buon lavoro. Era deciso a non dire niente già prima di venire minacciato da Jormound. In più, visto quanto lo stesso Jormound era sembrato preoccupato la notte precedente, era sicuro che se lui avesse parlato probabilmente non sarebbe stato così facile per il giovane soldato convincere Alaric Holm che Ed stesse dicendo il falso. Ma, dopotutto, forse era più conveniente non complicare ulteriormente la situazione, e se Jormound credeva di averlo intimorito, tutto sommato voleva anche dire che non avrebbe avuto ragione di dubitare della sua fedeltà, e quindi la sua gola sarebbe rimasta intatta ancora per diverso tempo.

- Voglio che tu faccia qualcosa per me adesso – proruppe poi il giovane nobile.

Ed trasalì sentendolo parlare di nuovo. Qualunque cosa gli avesse chiesto era sicuro di non poter rifiutare.

- Voglio che tu scopra se qualcuno nel monastero è responsabile della morte di Elyn, devo sapere se qualcuno ha tradito prima di andarmene -.

- Mio signore, ma come... - quelle parole gli si bloccarono in gola.

- Non mi interessa come. Ho fretta, Alaric Holm sarà qui a breve, è questione di giorni, ormai deve aver saputo della notizia della sconfitta, ma sicuramente non sa ancora della morte di suo padre. Starà già organizzando i suoi uomini per venire a nord, e per allora io dovrò essere già partito. Ci vedremo qui fra due giorni e prega le Dame di avere qualcosa per me -.

- Due giorni - scandì nuovamente Jormound, e poi se ne andò veloce come era apparso.

Raggiunse il tempio in tempo per entrare insieme agli altri. Nessuno parve interessato a dove avesse passato la mattinata, e almeno di questo Ed fu grato.

Si era passato freneticamente la mano sul collo più volte per constatare che quella del rivolo di sangue era stata solo una sensazione. Una ferita sanguinante sul collo non sarebbe passata tanto inosservata in un monastero di saloasiani.

Prese posto in una delle panche più lontane dall'altare dietro il quale stava Padre Sylas, peraltro affiancato, quel giorno, da Garryn.

Padre Sylas aprì la sessione di preghiera invitando tutti i fratelli ad un momento di silenzio per tutti i morti di quei giorni, ed in particolare per il sovrano e per il loro fratello Elyn, barbaramente assassinato.

In seguito le preghiere durarono un'ora, e ogni istante che passava Ed sentiva avvicinarsi il momento in cui avrebbe dovuto dare delle risposte a Jormound, e sentiva che non sarebbe riuscito a scoprire niente standosene lì a pregare. Avvertiva la lama gelata premergli sulla gola mentre cantava in onore delle Dame e di Ezer.

Lo stomaco gli brontolava e chiedeva cibo a gran voce. La veste, che nonostante il bagno della notte passata ancora puzzava, gli cadeva addosso sempre più larga ormai.

Altri monaci venivano temprati dal digiuno e dalla sofferenza: la loro fede cresceva nella sofferenza perché li avvicinava a Ezer, dicevano. Ed un po' li invidiava. Lui non era mai riuscito a ricavare altro che sofferenza dalla sofferenza, e intanto la sua voglia di un futuro migliore cresceva ogni volta che si scacciava una pulce dai capelli. Era sempre stato stupito dalla leggerezza con cui molti decidevano di abbandonare la loro vita passata per dedicarsi al servizio del Culto; e lui, che nella sua vita non aveva conosciuto altro, non capiva come potesse desiderare ciò che altri lasciavano tanto a cuor leggero.

Intanto i canti divenivano sempre più lenti e funerei, le voci si stancavano e altri stomaci brontolavano.

Quando ebbero finito si spostarono in capitolo, dove Padre Sylas fece girare dell'acqua (i saloasiani avevano fatto voto di rinuncia all'alcol) con una fetta di pane ciascuno.

- Fratello Emmon ha chiesto di intervenire in capitolo - declamò Sylas dopo un sorso d'acqua.

Tutti si voltarono verso un monaco dall'aspetto serpentino, alto e scheletrico, leggermente gobbo e dalla pelle verdastra. Ed lo riconobbe come quello che aveva visto parlare con Sylas quella mattina.

- Vi ringrazio per la parola, Padre Sylas -.

Sylas rispose con un leggero cenno del capo e lo lasciò continuare.

- Le mie parole, e i miei dubbi oscurano in verità i cuori di molti di noi - tutti si guardarono e cominciarono a borbottare sommessamente fino a che Sylas non li richiamò al silenzio.

- Ieri notte si è consumato un fatto atroce... un omicidio, in un momento sacro e luttuoso. Un crimine orrendo che non deve rimanere impunito. L'anima di uno dei nostri fratelli sta cercando la via dei cieli e attende giustizia, qui, sulla terra. Sto parlando di fratello Elyn -.

Ed aveva ascoltato interessato e al tempo stesso terrorizzato dalle parole di Emmon. Era evidente che la questione non potesse essere chiusa col funerale, ma sollevarla in capitolo poneva il fatto sotto una luce diversa.

Un frenetico borbottare si levò questa volta fra le panche, e nemmeno Sylas riuscì a riportare l'ordine.

Si alzò un monaco basso dall'altro capo della sala: - la questione deve essere chiarita. Già troppe tragedie hanno colpito il nostro ordine - si lamentò.

Qualcuno annuiva, pochi altri si coprivano il volto dalla disperazione.

Sylas sembrava guardare tutto con aria vagamente compiaciuta, ma Ed lo vide sussultare quando un altro monaco, quello anziano con cui Ed aveva avuto a che fare la notte passata, proruppe: - è inconcepibile che qualcuno di noi possa aver compiuto un simile atto, spregevole agli occhi di Ezer e degli uomini - sentenziò adirato. - Io non ci credo - aggiunse poi. Il suo sguardo minaccioso scrutò tutto l'uditorio come se volesse rimproverarli per aver pensato una cosa del genere.

Alla fine Sylas si alzò e disse: - che ci crediate o meno, fratello Teobald, il fatto è avvenuto, e se non altro a noi è il compito di fare luce sull'accaduto. Credo che farò di tutto, nei prossimi giorni, perché le autorità si adoperino per trovare il colpevole -.

Ma non fece in tempo a finire di parlare che fratello Emmon prese di nuovo la parola: - e che bisogno c'è di indagare, quando la verità è palese davanti agli occhi di tutti!

- Non è forse vero che mai nessun episodio di violenza si è consumato nel monastero fino a ieri mattina?

A Ed venne un nodo alla gola e credette di sapere dove sarebbe andato a parare. Guardò il giovane Rath che osservava la discussione con gli occhi sbarrati dalla paura.

- E non è forse vero che vittima di quell'episodio è stato proprio il nostro fratello Elyn?

Ed strinse i pungi e deglutì.

- A cosa vi riferite fratello? - lo incalzò Sylas.

- Elyn è venuto a raccontarmi, ieri, di aver subito un'aggressione. Cosa inaudita! Fratelli, possa spalancarsi una voragine sotto i miei piedi in questo momento e possano bruciarmi le nere fiamme di Tulcor se non dico il vero: fratello Arwyn, a cui abbiamo offerto la nostra ospitalità, ha dimostrato inimicizia verso un fratello, e si è avventato contro Elyn come una bestia -.

Udendo quelle falsità Ed balzò in piedi come una molla. Di fianco a lui Rath si ritrasse. Credette di aver attirato tutta l'attenzione su di sé, ma, proprio mentre stava cercando le parole per giustificare quella reazione, vide che l'attenzione di tutti era rivolta su Arwyn, anche lui si era alzato in piedi.

- Come ti permetti! Io non ho toccato mai fratello Elyn - si difese Arwyn.

Ma i monaci erano senza dubbio più inclini a credere ad uno di loro che ad uno straniero che si era fatto riconoscere come un violento sin dal primo giorno.

Ed sperò che Sylas o Garryn riportassero ordine e difendessero Arwyn.

Garryn parlò: - posso parlare in difesa del mio fratello: sebbene Arwyn abbia un'indole irrequieta non sarebbe capace di un simile atto. Padre Sylas, tu stesso hai detto che nei giorni in cui è stato qui fratello Elyn si è guadagnato l'inimicizia di molti confratelli -.

Sylas si voltò verso Garryn e lo guardò come un padre paziente guarda il figlio che gli chiede un aiuto: - fratello Garryn, nessuno mai si era sognato di aggredire un confratello prima, capirai che quantomeno sarà necessario indagare per accertare se queste accuse siano false o meno -.

Dalla sala sia Emmon che Arwyn continuavano a protestare, ma Sylas li zittì con un gesto: - fratello Garryn ha ammesso che l'irascibilità di fratello Arwyn è stata un problema per i suoi confratelli a Banzi. Le accuse che gli vengono rivolte sono gravissime. Verrà istruito un processo, e fratello Arwyn sarà tenuto in custodia fino a che la verità non verrà accertata -.

Quelle parole avevano tutta l'aria di essere definitive.

La reazione di Arwyn ai tentativi dei monaci di scortarlo nelle celle non andò affatto in suo favore, e ogni momento di più Ed si chiedeva che cosa ne sarebbe stato di lui.

Era possibile che le paure di Rath fossero fondate?

No, non ci poteva credere.

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