Le acque di Ydar - Baia

Il gruppo di monaci viaggiava affiancato da due cavalli, ognuno dei quali trasportava lo stretto essenziale per sopravvivere in caso non avessero trovato riparo. La maggior parte delle cose erano state donate loro da qualche oste o contadino che sperava di ricevere in cambio benedizioni per la sua povera anima. Non avevano mai avuto l'ardire di sostare troppo a lungo sotto il tetto di qualcuno: sfamare quattro bocche in più, sebbene fossero quattro bocche votate alla parsimonia e all'astinenza, non era decisamente quello che i poveri contadini chiedevano.

Ed e i suoi avevano sempre di buon grado provveduto ad aiutare chi si trovava in difficoltà, e questo aveva fatto sì che il loro viaggio durasse molto più del necessario.

Baia era la prima città vaseniana che incontravano lungo il loro cammino. I vasen erano sbarcati dal Malayos quasi un millennio addietro e avevano fondato città come quella lungo tutta la costa orientale del continente di Varnon. Nella sua breve vita Ed non aveva mai visto mura così maestose e imponenti.

I bastioni emergevano dal corpo principale gettandosi minacciosamente nella piana, con feritoie e merli per gli arcieri. Enormi portoni in spesso legno scuro erano aperti sotto l'arco verso cui li stava conducendo la strada. A ridosso delle mura, alcune piccole case erano abitate da persone umili, con vesti lacere e volti segnati dalla fatica del lavoro. Agli occhi di quella gente comune, i quattro monaci dovevano comunque sembrare niente più che mendicanti.

Ed ormai si era abituato al suo odore e a quello dei compagni. D'altronde il più delle volte, non avendo altro posto dove metterli, e rifiutando loro stessi categoricamente ogni comodità, avevano dormito nelle stalle e nei fienili. Le loro vesti grigie, rattoppate alla bene e meglio, erano sporche di fango e sterco e mangiate dalle pulci. I loro piedi calzavano sandali consunti; quelli di fratello Arwyn erano addirittura andati completamente distrutti quando era scivolato su un masso, e da quel momento avevano fatto a turno per evitare che il fratello dovesse camminare scalzo per tutto il tempo. I cavalli sembravano sicuramente più in salute di loro.

Ed non avrebbe scelto quella vita se avesse potuto.

Due guardie armate presidiavano l'ingresso e controllavano quasi tutti quelli che passavano attraverso le mura. Non appena il quartetto di monaci fu abbastanza vicino, una voce brusca li fermò: - cosa portate? - chiese una delle guardie. L'armatura rivestita di cuoio bollito portava sul pettorale il simbolo delle città vaseniane: la punta poggiata su due onde e circondata dal sole a tre raggi, con al centro una linea curva a simboleggiare l'elemento dell'aria. Dalle spalle strette spuntava la testa tonda di un uomo paffuto con la barba incolta.

- Buongiorno, fratello. Siamo monaci saloasiani, veniamo da Banzi e siamo diretti a Triaris. Speravamo di poter trovare riparo per una notte nella vostra città - Garryn era il fratello più anziano dei quattro, aveva quarant'anni, e si era offerto volontario per accompagnare gli altri tre verso Triaris. Aveva fatto loro da guida e da maestro per tutto il cammino, assicurandosi anche che i tre giovani non trasgredissero gli insegnamenti della Regola.

- Che cosa portate? - chiese di nuovo la guardia bruscamente. Non sembrava affatto interessata a chi fossero. Tutt'al più appariva diffidente e guardava i due cavalli e i quattro monaci come se qualcosa non lo convincesse.

- Solo quello che ci serve per proseguire il nostro cammino. Viveri, coperte. Servitevi se siete affamati, ne abbiamo in abbondanza - rispose ancora Garryn serafico. Con un cenno del capo ordinò a Ed e agli altri di prendere qualcosa da dare alla guardia.

I tre monaci non persero tempo e si adoperarono subito per fare quanto era stato loro ordinato, ma la guardia li fermò: - non vogliamo cibo ammuffito e pieno di vermi. Tenetevi la vostra roba!

Garryn non parve minimamente offeso da quelle parole e semplicemente si limitò a stringersi nelle spalle e ad accondiscendere alla risposta del soldato.

Fu in quel momento che un'altra voce, simile a quella di fratello Garryn, giunse alle loro orecchie, molto più amichevole di quanto non fosse stata quella del soldato. - Siate gentili fratelli. Questo giorno di lutto ci ricorda che la vita è troppo breve per essere spesa a fare del male. Fate entrare questi miei fratelli in città e permettetegli di dare l'estremo saluto al nostro sovrano - un uomo non troppo diverso dai quattro monaci, per come era vestito e per l'odore che emanava, si avvicinò a loro a grandi falcate portando in spalla una grossa sacca di farina. L'uomo non doveva essere più vecchio di Garryn e le sue esili gambe minacciavano di cedere ad ogni passo sotto tutto quel peso.

- Fateci passare, fratelli - ripeté quando fu più vicino.

- Ecco quel matto di Sylas, questi potevano essere solo amici suoi! - la seconda guardia si stava avvicinando a loro con un largo sorriso beffardo e i pollici nella cintola della spada. - Che cosa porti oggi Syl?

- Farina, per il pane. Saremo lieti di condividerlo con voi quando sarà pronto - Sylas parlava con lo stesso tono serafico di Garryn, ma alle orecchie di Ed giunse chiara una punta di irritazione, forse dovuta al peso esorbitante che portava sulle spalle. Nessuno dei due sembrava rendersi conto che i soldati si stavano prendendo gioco di loro.

Ed era cresciuto nel monastero, non aveva conosciuto altra realtà se non quella, eppure non poteva fare a meno di sentire un moto di vergogna nell'essere sbeffeggiato così in mezzo ad una strada. Chinando il capo volse lo sguardo ai piedi e rabbrividì osservando un verme che si insinuava fra due dita, ma si sforzò di non rendersi ancora più ridicolo cominciando a saltellare per scacciarlo. In fondo, aveva dovuto sopportare cose ben peggiori.

Intano il supplizio continuava e la seconda guardia aveva cominciato a ridere sonoramente: - non so come farei se non passassi di qui tutti i giorni a fare i tuoi discorsi da saloasiano. Siete tutti matti voi, ve lo dico io! Falli passare Res, sennò va a finire che me la faccio nelle brache - e così dicendo tornò al suo posto, e il suo compagno, anche lui ridendo senza sosta, li lasciò lì, andando dietro alla seconda guardia, come un bambino che si è stancato di giocare.

I cinque monaci non si curarono più delle guardie, e fratello Sylas, il nuovo arrivato, condusse Garryn e gli altri in città.

Ed era rimasto colpito dalle parole di Sylas. Dalle campane avevano capito che doveva essere morto qualcuno di importante, ma Sylas aveva parlato del loro sovrano, dell'imperatore, Threbor Holm.

Ed aveva visto Threbor Holm a Banzi appena sette anni prima, quando aveva tredici anni. Aveva assistito ai momenti in cui l'imperatore aveva tenuto corte durante la guerra contro gli udani del sud. In quei giorni decine di migliaia di soldati occupavano le distese della piana del Pèleos fuori Banzi come abitanti di una seconda città fatta di tende da campo. Ed, ancora troppo giovane per prendere i voti, aveva trascorso del tempo con i soldati, quando i suoi fratelli non lo richiamavano per andare a lavorare con loro, o per le sue lezioni di lettura e scrittura. Per un piccolo lasso di tempo aveva addirittura sognato di poter diventare un soldato anche lui; ma quel sogno era svanito quando l'imperatore era tornato a nord, dopo aver ottenuto il giuramento di fedeltà dal loro signore, Alwyn d'Altaterra.

Adesso a quanto pareva Threbor Holm era morto. Ai signori del Maletif non era piaciuto il fatto che lui si fosse proclamato imperatore nelle loro terre e alcuni di loro avevano dato inizio ad una ribellione. Nonostante dai resoconti che erano arrivati a Banzi risultasse che l'imperatore avesse spezzato i ribelli, a quanto pareva il sovrano non era destinato a sopravvivere alla guerra. Chissà cosa sarebbe successo adesso, una volta che il rintocco di quelle campane avesse raggiunto le orecchie di tutti.

Ed sentì Garryn e Sylas informarsi a vicenda su quanto sapevano di quello che stava succedendo. Sylas aveva detto di aver ricevuto notizia del loro arrivo grazie ad un messaggero una decade prima. I monaci di Baia avevano sperato che il loro arrivo giungesse prima, ma Garryn aveva spiegato che si erano dovuti fermare tre giorni a Vianord per provvedere a dare l'idoneo trattamento ai morti in battaglia. Sylas aveva detto che l'imperatore era giunto a Baia ferito cinque giorni prima, con poco più della metà dei suoi uomini sopravvissuti alla battaglia. Nessuno aveva permesso che i saloasiani si avvicinassero all'imperatore per tentare di curarlo: loro erano i reietti degli ordini monastici e le loro pratiche non erano condivise dai Guaritori.

Nonostante tutti gli sforzi l'imperatore era deceduto quella stessa mattina e il suo corpo era esposto nel grande tempio della città. E ora che Threbor Holm era morto la preoccupazione di Sylas era che la guerra potesse ricominciare ancora più atroce e sanguinosa.

Il monastero dei saloasiani di Baia era di gran lunga più piccolo di quello di Banzi. Una struttura diroccata e addossata alle mura interne della città come un cumulo di vecchie pietre grigie. Ed sapeva che i saloasiani erano un ordine monastico poco considerato dal Culto. Il primo di loro era giunto dalla città di Saloas, circa cinquant'anni prima, con il nome di Fratello da Saloas, poiché riteneva che gli uomini di dio non necessitassero di altro nome che quello di Fratelli. Per le sue parole molti lo avevano ritenuto pazzo, ma alcuni lo avevano seguito. A mano a mano che il suo seguito cresceva l'elaion, la più alta carica religiosa del Culto delle Dame, emanava editti contro di loro. Il loro ordine si era così ridotto a gruppi di monaci abneganti che venivano sbeffeggiati dagli altri monaci e scansati perfino dai popolani, eccetto che da chi temeva a tal punto per la propria anima da non negare aiuto a chiunque si dicesse portatore della parola di Ezer.

Ricevettero un'accoglienza frugale, anche se molti fratelli erano curiosi di sapere cosa avessero da raccontare i monaci di Banzi. Molti di loro guardandoli avevano la stessa luce negli occhi di un bambino quando scopre qualcosa di nuovo.

Fratello Garryn fu accompagnato con molta insistenza nelle stanze di Sylas, che, essendo il Padre dei monaci, aveva una stanza riservata; mentre agli altri tre furono liberate tre cuccette nel dormitorio comune, come imponevano le leggi dell'ospitalità stabilite nella Regola.

Ed, Arwyn e Rath seguirono un monaco secco dalle guance scavate di nome Vaggo. Vaggo non dava l'impressione di essere più vecchio di loro, anche se la sua pelle grigia lo faceva sembrare in punto di morte.

Quando ognuno di loro si fu seduto nella propria cuccia Ed cominciò a guardarsi attorno. Il dormitorio era vuoto a quell'ora, i monaci dovevano essere tutti a lavoro. Facendo un rapido calcolo constatò che quel monastero aveva posto per non più di una quindicina di frati, e si chiese dove avrebbero dormito i tre ai quali loro avevano occupato le brande; ma in realtà non si soffermò molto su quel pensiero. La sua attenzione fu colta subito dallo sguardo bramoso di Vaggo: c'era qualcosa di inquietante nel modo in cui li fissava.

Ed non fece in tempo a chiedere al monaco cosa volesse che la porta del dormitorio sbatté e un frate giovane, che questa volta dimostrava chiaramente i suoi anni, entrò.

- Varno, il Padre ti vuole fuori nel cortile - annunciò il giovane. Aveva un fisico molto più atletico di quello di qualunque altro saloasiano che Ed avesse mai visto. Guardandolo meglio Ed pensò che sembrasse molto più giovane di lui, il cui corpo gracile scontava, oltre alla fatica del viaggio, anche una vita di astinenza e digiuno.

Vaggo annuì e corse subito fuori.

- Credevo si chiamasse Vaggo - esordì Ed mentre gli altri due ancora guardavano stupiti il nuovo arrivato.

- Semplicemente perché non è in grado di pronunciare il proprio nome. E' un po' corto di mente - lo giustificò il monaco con un pizzico di arroganza che Ed non aveva mai visto in chi portava la toga grigia dei saloasiani.

- Tu chi sei? - chiese Ed incuriosito.

- Io sono Elyn, dalla Foresta Nera, uno dei bastardi di sua maestà l'imperatore, se vi compiace - il monaco si esibì in un inchino beffardo.

- Nessuno di noi è un bastardo, siamo tutti fratelli, e figli di Ezer - intervenne Arwyn indignato. La fronte corrucciata, come se non riuscisse a spiegarsi come potesse esistere qualcuno di tanto irriverente.

- Bè, io lo sono. Mio padre era il grande Threbor Holm, e io non sono stato così fortunato da portare il suo nome -.

- Cosa ci fai qui? - tagliò corto Ed, che non voleva sentire la riproposizione di una delle prediche di Padre Zaio uscire dalla bocca di Arwyn.

- Fai tante domande tu eh! Sono in viaggio, proprio come voi. Sono venuto qui quando ho saputo della morte di mio padre, ed ero semplicemente curioso di conoscere un esemplare di saloasiano che volesse frequentare una Grande Università. Ma di voi tre credo di sapere già chi è l'illuminato qui - fece un cenno col capo verso Ed.

- Se hai una così bassa considerazione di noi perché indossi la tunica allora? - intervenne Arwyn ancora più indignato. Si era alzato in piedi e guardava Elyn in modo minaccioso.

- Non ci sono tanti posti dove i bastardi dei nobili possano andare senza rischiare di vedersi tagliare la gola -.

- Ti ho detto di non usare quella parola - Arwyn aveva i pugni stretti. Fratello Arwyn era sempre stato il più irascibile fra tutti, e la sua stazza aveva più volte fatto tremare qualche monaco a Banzi, ma il giovane Elyn non si era scomposto e continuava a sorridere guardando il grosso monaco che si avvicinava minaccioso.

Prima che chiunque potesse fermarlo Arwyn si era avventato con un grido su Elyn, e Rath, che fino a quel momento aveva assistito alla scena in silenzio, si era raggomitolato in fondo alla sua cuccia. Ed si era alzato in piedi per cercare di fermare il compagno, ma avvenne qualcos'altro che fermò i due: la porta del dormitorio si aprì di nuovo e questa volta Sylas e Garryn entrarono, seguiti dal povero Vaggo.

- Che cosa succede qui! - tuonò Sylas, con una voce che Ed non si sarebbe mai aspettato di sentir uscire dalla sua bocca. Anche tutti gli altri dovevano essere rimasti stupiti, perché Arwyn si fermò di colpo, Elyn si voltò di scatto e Rath si ripiegò ancora di più su se stesso.

- Arwyn! Ti sembra il modo di ripagare Padre Sylas per la sua ospitalità? - intervenne Garryn con un tono solo leggermente alterato, niente in confronto a quello di Sylas di poco prima.

- Perdonatemi - rispose Arwyn chinando il capo. Le mani ancora strette nei pugni faticavano a rilassarsi.

- Per il tempo che rimarremo qui non godrai della cuccia che ti è stata fornita né dei pasti che ci verranno offerti, e lavorerai per Padre Sylas come uno dei monaci del monastero - il tono di Garryn si fece più duro e Ed capì che quella decisione doveva essere irrevocabile. Anche Arwyn non obiettò.

- Suvvia, fratello, non essere così duro con il tuo discepolo. Siamo stati tutti giovani e pieni di convinzioni. Il nostro caro ospite qui, fratello Elyn, fatica ad accettare le regole del nostro ordine, e non di rado molti giovani devoti si sono scontrati con lui - la velocità con cui Sylas era tornato a parlare in tono calmo aveva sconvolto tutti ancora di più del suo ingresso di poco prima. Ed notò una smorfia sul volto di Elyn, e un leggero sorriso piegò le labbra di Arwyn.

- Non importa, le regole sono regole, e non mi sognerei mai di far passare impunita la violenza e l'ira. Arwyn dovrà imparare a contenersi, già troppe volte a Banzi abbiamo dovuto punirlo per episodi del genere - sentenziò Garryn.

- Come desideri, non intendo insistere oltre. Fratello, saresti così gentile da accompagnare fuori fratello Elyn, così che possiamo tornare tutti a calmarci? - Sylas si era rivolto a Ed. Nonostante il tono pacato Ed non aveva scambiato quella per una richiesta, era abituato a che gli ordini venissero dati in quel modo, così acconsentì senza obiettare.

Elyn non attese di essere scortato da Ed e si diresse fuori velocemente sotto gli sguardi di tutti.

- Stupidi fanatici! - proruppe quando furono poco distanti dalla porta chiusa del dormitorio, diretti al cortile.

- Però non ha tutti i torti - esordì Ed, che, ben lungi dal voler fare arrabbiare ancora di più Elyn, era bramoso di sapere qualcosa di più della storia di quel frate tanto scapestrato. Si sentiva come tutti quelli che li avevano fissati strabiliati quando avevano messo piede lì dentro poco prima.

- Che cosa? - Elyn si fermò, con lo stesso sguardo adirato di Arwyn poco prima di saltargli addosso.

- Se ci ritieni tutti degli stupidi fanatici che cosa ci fai qui con la toga addosso? - si spiegò Ed.

Elyn sorrise, un sorriso malinconico, per niente divertito: - te l'ho detto no? Non avevo altra scelta. Tu piuttosto, che cosa se ne fa uno che vuole studiare alla Grande Università di Triaris di diventare un saloasiano, di solito è tanto se sanno leggere e scrivere quelli.

- Non ho avuto altra scelta - Ed si guardò di nuovo i piedi come aveva fatto quando quelle guardie si prendevano gioco di loro.

- Sei anche tu un bastardo come me? Come ti chiami a proposito? - questa volta il sorriso di Elyn era sinceramente divertito.

- Sono Ed, solo Ed. Non so chi siano i miei genitori. Sono cresciuto nel monastero. Quando ero bambino volevo diventare un soldato, ma i monaci mi hanno cresciuto per farmi diventare uno di loro. Non avevo nessun posto dove andare, o altra scelta. Però Padre Zaio mi ha concesso di studiare, dice che se sarò abbastanza bravo potrò prendere il suo posto un giorno, e magari avendo un monaco laureato il nostro ordine potrebbe riacquisire un po' di rispetto.

- Intelligente questo Padre Zaio. Quanto meno un po' di più di quei muli là dentro.

- E tu perché sei qui? Hai detto che sei venuto per tuo padre, ma non è possibile che tu sia arrivato dalla Foresta Nera in cinque giorni - Ed fu soddisfatto di vedere che il ghigno beffardo di Elyn si era mutato in una smorfia, forse non credeva che un semplice monaco potesse arrivare a fare un simile ragionamento.

- Quindi conosci un minimo il mondo al di fuori delle mura del monastero. No non sono venuto per mio padre, è stato un fortunato caso che lui fosse qui morto proprio a pochi giorni dal mio arrivo. Ero venuto per incontrare una persona.

- Chi?

Elyn lo guardò divertito dalla sua impudenza: - questo non ti riguarda affatto, non è vero?

Ed abbassò ancora il capo.

- Spero di rivederti prima che tu riparta, Ed - Elyn si incamminò dall'altra parte del cortile senza aggiungere altro e lo lasciò lì, in sospeso.

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