La terra di Erach - L'imperatrice

L'imperatore e la sua corte erano in città da due giorni quando uno dei servitori del sovrano avvisò Edwyn che Alaric Holm e l'imperatrice Elysa erano pronti a visitare la biblioteca del monastero.

Le cose erano andate bene tutto sommato dal giorno della loro conversazione nella basilica. Ed non aveva più avuto modo di parlare con l'imperatore, l'ambasciatore di Ermon aveva dato il suo pieno appoggio alla loro causa, e Ed poteva dirsi soddisfatto di come la comunità e i suoi frati stessero gestendo la delicata situazione.

Ed attese l'imperatore e la sua consorte all'ingresso della Basilica, in cima ai gradini da cui poteva vedere bene tutta la piazza del mercato.

Non appena le Loro Maestà si avvicinarono Ed andò loro in contro e sprofondò in un lungo inchino salutandoli come si confaceva al loro rango. Guardandoli per un momento Ed si rese subito conto della differenza di carattere fra i due: l'imperatore era scontroso e altezzoso, tendeva a stare con il mento rivolto verso l'alto, in una posa vagamente comica; l'imperatrice Elysa, per contro, riusciva ad essere molto più regale senza troppi sforzi. D'altra parte suo padre era stato l'ultimo re d'Altaterra. l'imperatrice aveva la schiena dritta, i lineamenti vagamente pronunciati che le conferivano l'aria di una donna forte e meritevole di rispetto. Lo sguardo, con i suoi occhi verdi, era dolce e sorridente, la carnagione pallida tipica della nobiltà era comunque naturalmente più colorita di quella del marito del nord. Non era affatto una donna prosperosa o formosa, ma esprimeva una bellezza più austera, elegante, e, per Ed, molto più desiderabile.

Ed si rivolse alla coppia cercando di non fissare lo sguardo sull'imperatrice: - le Loro Maestà desiderano visitare la nostra biblioteca? – chiese cortesemente.

- Ne saremo molto onorati – rispose dolcemente l'imperatrice.

- Accompagnateci – aggiunse fermamente Alaric Holm.

Ed girò sui tacchi ed eseguì l'ordine impartito con fare militaresco.

Guidò i due oltre la piazza del mercato e la casa capitolare, che comunicava con gli appartamenti privati del priore. Superarono anche l'edificio a due piani che ospitava il refettorio e il dormitorio dei frati e raggiunsero la Piazza delle Corporazioni, che si apriva di fronte al palazzo omonimo, e su un lato della quale si affacciavano le grandi finestre della biblioteca del monastero. Ed condusse la coppia reale verso un'entrata angusta. Per un momento nella sua mente balenò il pensiero se fosse adeguato far attraversare a due personalità tanto importanti una porta così piccola.

E in un lampo furono dentro.

I miniaturisti a lavoro si alzarono non appena videro entrare l'imperatore e l'imperatrice, e subito si inchinarono. Dall'altra parte rispetto all'ingresso, il vice-priore e bibliotecario, frate Oglio, smise di scribacchiare sulle sue carte e si avvicinò di gran lena inchinandosi a sua volta quando fu abbastanza vicino.

- Quale grande onore avere le Loro Maestà a visitare la nostra umile biblioteca – disse il frate.

- È bellissima – commentò quasi senza fiato l'imperatrice. In effetti, per quanto di fronte ai sovrani era necessario mostrarsi umili, Ed aveva visto biblioteche in grado di competere con quella del Crocevia solo a Triaris, e anche molti di quelli che aveva visto passare per la città in quegli anni avevano confermato che non ce ne fossero molte in giro di così grandi. Per quando facesse fatica a crederlo, Ed immagino che neanche a Norambor l'imperatrice fosse dotata di una tale biblioteca.

- Vostra Maestà è troppo gentile – disse Oglio sforzandosi visibilmente di contenere un sorriso soddisfatto.

Nel silenzio che seguì l'imperatore avanzò spavaldamente verso il centro della sala. Tutti gli sguardi erano rivolti verso di lui in un misto di timore reverenziale e curiosità: probabilmente nessuno di loro aveva mai visto qualcuno di tanto importante passare per quei banchi.

Ed fece un gesto plateale per indicare alla principessa di proseguire di fianco al suo consorte e poi si accodò ai due facendo un sorriso a frate Oglio.

- Avevate detto di avere molti testi vaseniani – ricordò l'imperatore.

- Certamente. La nostra è la collezione più numerosa in tutta l'Altaterra – rispose fieramente Oglio.

L'imperatore non diede neanche cenno di averlo sentito, e continuò a fissare Ed. – Padre priore? – lo interpellò inarcando le sopracciglia.

- È vero Maestà. Libri di ogni genere per giunta: abbiamo anche alcuni testi molto antichi che trattano delle pratiche magiche dei vasen, qualcuno potrebbe trovarli molto interessanti – lo informò Ed, anche se dubitava che l'imperatore potesse trovare interessanti i libri sulle pratiche magiche vaseniane. Solo un secolo prima il secondo imperatore uri, Alaric II, fratello del nonno del nonno dell'attuale Alaric III, aveva dimostrato un grande interesse nelle pratiche magiche, invitando noti maghi vaseniani a corte e perfino profondendosi lui stesso in numerosi tentativi di praticare la magia. Il risultato furono diciassette anni di instabilità che portarono alla follia l'imperatore stesso, fino a che non fu deposto dal suo stesso figlio. Ed sapeva che erano eventi troppo lontani nel tempo per poter tornare alla mente dell'attuale imperatore in quella circostanza, ma comunque sperava di non averlo offeso.

- Non ho alcun interesse nei libri di magia. E neanche dei frati rispettosi delle Sacre Scritture dovrebbero averne – rispose con una punta di disprezzo nello sguardo e nella voce.

- Certamente. Le uniche in grado di dominare gli elementi naturali sono le Dame, nostre madri, grazie al potere che a loro fu dato da Ezer. Sarebbe un'eresia pensare di poter indulgere in tali pratiche. Nonostante questo, noi frati siamo dei grandi curiosi, e la nostra curiosità ci porta, a volte, a ricercare cose che ad altri uomini meno pii non sarebbe concesso conoscere – rispose Ed cercando di utilizzare lo stesso tono che utilizzava nei suoi sermoni durante le funzioni religiose. Non importava se avesse di fronte un contadino, un popolano o un imperatore, un prete che parlava di cose divine era sempre tenuto in grande considerazione, e ogni sua parola rispettata.

- La curiosità alle volte, se è troppa, può essere dannosa, per le persone sbagliate – assentì l'imperatore.

- Credo che io vorrò dare un'occhiata a quei libri invece – intervenne leggiadra l'imperatrice.

L'aria si gelò. L'imperatore fulminò la donna con lo sguardo, ma non disse niente, evidentemente neanche lui pensava fosse decoroso rimproverare sua moglie, l'imperatrice, in mezzo ad un gruppo di umili frati.

Ed lanciò brevi occhiate ai sue coniugi cercando di capire cosa fosse giusto fare, poi parlò: - benissimo Maestà, se vorrete seguirmi vi mostrerò quello che volete -.

- Siete molto gentile – rispose lei.

- Frate Oglio, se Sua Altezza non ha niente in contrario potresti indicare all'imperatore i libri di suo interesse? – disse Ed guardando Alaric Holm anziché il vice-priore.

L'imperatore annuì lentamente con sguardo fermo, la bocca sigillata e l'espressione dura.

Ed si voltò di nuovo verso Elysa d'Altaterra e la scortò verso una stretta scala a chiocciola. Si scusò per il poco spazio e procedette, indicandole di seguirlo, fino alla balconata sulla quale davano, seguendo tutto il perimetro della grande biblioteca, enormi scaffalature piene di pesanti tomi. Ogni scaffale era contrassegnato da una lettera e da un numero, e solo alcuni avevano una targhetta con scritto a penna il nome per esteso di un autore particolarmente importante, o del quale avevano trovato molti testi.

Ed fece strada lungo la parete più lunga e si fermò di fronte ad uno scaffale contrassegnato dai simboli P 4. – Quello che abbiamo è più o meno tutto qui – disse indicando i libri all'imperatrice.

La donna si avvicinò incuriosita, tastando la costola di ognuno di quei tomi con estrema delicatezza, come se stesse toccando qualcosa di molto fragile. – Come li avete recuperati? – chiese senza distogliere lo sguardo dai libri.

- Sono delle copie, abbiamo dei copisti molto preparati qui. Gli originali erano qui da molti decenni in molti casi, probabilmente è ciò che è rimasto delle conoscenze degli antichi regni, qualcosa sarà arrivato dalle città vaseniane, non possiamo esserne del tutto certi – rispose Ed. Mentre cercava di parlare in modo distaccato non poteva nascondere il suo stupore nel vedere l'imperatrice così interessata a certe cose. La osservava incuriosito dalla sua curiosità. Avrebbe avuto molte domande da farle, ma sapeva che non era rispettoso fare domande ad un nobile, soprattutto se di così alto rango, se non fosse stato lui o lei direttamente e concedere il permesso. Specialmente in caso di domande personali.

- Neanche la biblioteca di Città del Tramonto aveva così tanti testi -.

- Purtroppo a volte le conoscenze vengono perdute nel tempo. Nel passato molti elaion hanno ordinato epurazioni di manuali di questo tipo, e per tanti anni si è cercato di distruggerli o dimenticarli. Alla fine, paradossalmente, i monasteri sono stati considerati i luoghi più sicuri in cui tenere certe cose, lontane dagli occhi ingenui dei laici -.

- È triste – commentò Elysa d'Altaterra, e Ed capì che la cosa doveva rattristarla veramente.

- Lo è, Maestà. Ma dopotutto, come potete vedere, non sono andati perduti per sempre – cercò di rassicurarla Ed.

L'imperatrice non parve prestargli attenzione, e continuò a parlare: - sapete che la mia famiglia discende direttamente dagli antichi sovrani dell'Eliason? – disse senza distogliere lo sguardo dai libri.

- Ho avuto modo di studiare la storia della vostra famiglia -.

- I membri della Stirpe della Luna portavano il nome di Eliasi, ma re Rowys III, quando si convertì al Culto delle Dame, rifiutò di legittimare tutti i suoi figli nati dal matrimonio pagano con la sua prima moglie, così contrasse un nuovo matrimonio sotto la luce delle Dame e di Ezer, fu per questo che suo figlio Eliaso fu conosciuto da molti come il Bastardo -.

Ed conosceva quella storia, ma non voleva interrompere l'imperatrice. Si soffermò ad osservare le sue candide mani sfiorare i libri che osservava con tanta avidità, come se riuscisse a bere con gli occhi le informazioni che contenevano.

- Eliaso il Bastardo fu uno dei più abili generali di Rowys III e fu lui in persona che guidò le forze con le quali furono conquistate queste terre in cui oggi ci troviamo. Eliaso estese i domini del padre fino al Golfo del Tramonto e all'Aramuin, e il padre lo premiò concedendogli il titolo di duca. Così divenne conosciuto come Eliaso delle Terre Alte, e da lui ebbe origine la mia famiglia – quando ebbe finito di parlare Elysa d'Altaterra si voltò lentamente verso Ed e lo guardò intensamente dritto negli occhi. – Anche gli uomini dell'Eliason erano della stirpe dei vasen, anche loro conoscevano gli antichi segreti della magia, e li tramandarono a tutti gli uomini e le donne del loro regno -. L'imperatrice sospirò: - ma oggi anche quella magia è scomparsa. I vasen chiamano dynamis la forza che permea di sé il mondo, e da cui i mortali possono trarre il potere di governare la natura -.

Ed non aveva idea del perché l'imperatrice sentisse il bisogno di raccontargli tutte quelle cose. Adesso la dolcezza della sua voce e del suo aspetto non poterono coprire l'inquietudine che stava crescendo dentro Ed a sentir parlare di certe cose. Quella che loro chiamavano magia e che i vasen ritenevano essere il punto di massimo legame con la natura, non era altro che un abominio, un'eresia. Per un momento desiderò non aver mai parlato di quei libri. – Perché mi state dicendo queste cose Maestà? – si lasciò sfuggire con un sospiro quasi liberatorio.

Elysa d'Altaterra parve interdetta da quella domanda improvvisa, ma non si scompose: - quando ero piccola mi hanno sempre raccontato una storia affascinante. Riguardava dei potenti oggetti magici con cui i vasen avevano creduto di poter ingabbiare il dynamis. Di questi oggetti ne esistono quattro, uno per ogni elemento naturale. Quando ero piccola raccontavano che uno di questi era chiamato Anello di Luna, e fu donato proprio ai re dell'Eliason. Ma quel cimelio andò perduto, e con esso la magia dal nostro regno. In molti segretamente lo stanno cercando, impostori che si ritengono eredi di Eliaso il Bastardo, e si fanno chiamare con il suo nome -.

Per un momento a Ed mancò il fiato e gli parve di vedere di nuovo davanti a sé i due enormi occhi bianchi della vecchia. Era passato più di un mese da quella notte ed era riuscito a convincersi che quella donna fosse una pazza, ma il suo sguardo vuoto, eppure così penetrante, non aveva mai abbandonato i suoi sogni più neri. E adesso, come una folgorazione improvvisa, le parole dell'imperatrice gli avevano riportato alla mente l'incontro di quella notte. Non poteva essere vero, quella vecchia non poteva aver detto cose sensate, almeno non per lui. Si chiese se l'imperatrice sapesse di quello che gli era successo, magari lo era venuto a sapere in qualche modo. Non aveva potuto fare a meno di notare un certo disprezzo nella voce di lei quando aveva parlato delle persone che cercavano l'Anello: che fosse tutto un modo per accusarlo di qualcosa? Che c'entrasse anche il processo? L'imperatore voleva un pretesto per liberarsi di lui?

- Maestà – cominciò Ed cercando di apparire pacato e rispettoso. – Non crederete a certe cose spero? – disse cautamente.

L'imperatrice rimase immobile a fissare ancora i libri. Poi si voltò verso Ed e sorrise: - no, certo che no. Sono solo una inguaribile appassionata di storie di questo tipo -. La donna scosse il capo – credo di dover tornare da mio marito. Vi ringrazio infinitamente Padre priore – disse. Poi fece dietrofront e si diresse nuovamente verso la scala a chiocciola.

Quella notte non dormì affatto. Si era abituato da poco a dormire nel letto del priore. Addam era stato un uomo austero, anche se al passo con i tempi. Non avrebbe mai accettato troppe comodità per sé, e il suo letto, che sembrava più simile ad una lastra di legno, e gli spazi angusti in cui viveva lo facevano intendere chiaramente. Ma non era quello il problema di Ed. Era perfettamente abituato alle scomodità, per lui avere una stanza tutta sua era già un lusso fin troppo grande. A tormentarlo erano quegli occhi, gli occhi bianchi.

Passeggiò in su e in giù per la stanza fino a che la candela non si fu consumata e solo i raggi della luna entravano argei dalla finestra per colpire il pavimento polveroso. La luna, l'astro argenteo, pallido come gli occhi di quella donna. Che tutte le storie che gli aveva raccontato l'imperatrice fossero vere? Che vi fossero degli oggetti potenti sparsi in giro per il mondo che qualcuno cercava avidamente? Ma se anche così fosse stato, cosa c'entrava lui? Desiderò una vita più semplice per un momento. Non gli piaceva essere coinvolto in certe cose: la sua vita era già abbastanza pericolosa così.

Decise che non sarebbe servito a niente continuare a camminare in quella stanza buia. Senza curarsi di portare con sé una fonte di luce, uscì.

Fuori l'aria era ferma e afosa. Qua e là piccole lucciole brillavano come tante stelle che avevano deciso di scendere sulla terra. La quiete era snervante, l'aria densa e calda, Ed aveva come la sensazione di star trattenendo il fiato prima di un balzo, e che attorno a lui ci fossero altre mille persone che facevano lo stesso.

Camminò verso l'ingresso della basilica. Ma quando vi fu di fronte si fermò. Non avrebbe pregato quella notte, non era quello di cui aveva bisogno.

Si voltò nella direzione della biblioteca e senza pensarci si incamminò.

Gli parve di camminare per ore prima di raggiungere la Piazza delle Corporazioni. Il grande palazzo in legno e pietra incombeva di fronte al monastero ricordandogli cose ben più imminenti, e importanti: l'udienza si sarebbe tenuta l'indomani. Tutto era pronto, certo, ma lui aveva bisogno di dormire, di essere lucido.

Si voltò per tornare verso la casa del priore scuotendo la testa e dandosi dello stupido, quando un improvviso cigolio lo fece trasalire. Qualcuno era riuscito ad aprire la porta che conduceva all'ingresso della biblioteca.

Poi una flebile luce attraversò le vetrate irregolari della biblioteca, e Ed ebbe la certezza che ci fosse qualcuno dentro.

Si disse che doveva essere frate Oglio. Chi altri sennò?

Ma quel pensiero non lo convinceva affatto.

Contro ogni buonsenso si diresse anche lui verso la biblioteca. Aprì la prima porta e poi la seconda lentamente, cercando di non fare rumore. Nessuna luce nel salone. Istintivamente alzò lo sguardo e vide un bagliore al piano di sopra. Cercò di scacciare il pensiero di quello che era quasi certo che avrebbe trovato salendo.

Passo dopo passo percorse la scala a chiocciola e, esattamente di fronte allo stesso scaffale che aveva mostrato quel giorno all'imperatrice, un uomo dalla barbetta ispida e le vesti nere guidava la lanterna lungo le costole invecchiate dei tomi indicandoli uno ad uno con l'indice.

Cercò di rimanere nascosto: non voleva interferire. L'uomo si fermò su un libro e lo prese di scatto posando la lanterna a terra. Si chinò per sfruttare la luce e aprì il tomo. Dopo una scorsa veloce lo richiuse e se lo mise sottobraccio. Poi riprese la lanterna e si incamminò nuovamente lungo le scale.

Ed, che non aveva salito tutti gli scalini, riuscì a scendere in frette e a nascondersi in un angolo buio dietro le scale. L'uomo gli passò davanti senza vederlo. C'era qualcosa che gli diceva di non doverlo fermare. Credeva di non averlo mai visto prima, quindi probabilmente doveva essere arrivato con la corte: che fosse un uomo dell'imperatrice? Allora lei credeva veramente in tutto quello che gli aveva detto. Ma, in ogni caso, perché rubare un libro che avrebbe comunque potuto ricevere in prestito? Forse non voleva destare troppe voci o sospetti su di sé.

Ed osservò l'uomo uscire senza dire niente. E rimase lì, fermo, a pensare. 

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