Il fuoco di Pyras - Fuoco
Edwyn e Roberta Wassenau non marciarono assieme all'esercito del nord. La Granduchessa e il kladio di Dullan presero di nuovo la via verso nord-ovest e a Dullan attraversarono l'Aramuin per scendere a sud. Viaggiando in due con una esigua scorta riuscirono a raggiungere Città di Ponte lo stesso giorno dell'esercito di Jormound Hungarn.
Furono accolti dal conte palatino di Città di Ponte, Federigo Del Ponte, il quale fu ben lieto di venire a sapere che l'esercito del nord stava compiendo la sua marcia e presto avrebbe assaltato alle spalle gli assedianti.
Federigo Del Ponte era un uomo basso e nodoso, dal fisico robusto e l'ampia cassa toracica. Portava addosso molte ferite fresche e cicatrici e gli mancava un orecchio. Ed immaginò che il suo corpo, e forse anche la sua salute mentale, fossero stati fiaccati da quell'anno di assedio. Notò che i pasti erano molto frugali e allo stesso tempo l'accoglienza fu fredda e disorganizzata, anche se la contessa, Maria Dorati, sorella del conte di Stellio, non mancò di tributare alla Granduchessa e al kladio i dovuti onori.
Edwyn apprezzò l'ampia camera da letto che gli fu riservata, già preparata con il fuoco acceso e tutto l'occorrente per un bagno caldo. La contessa gli aveva lasciato intendere che l'ancella che gli aveva preparato il bagno sarebbe stata a sua disposizione per ogni genere di bisogno, ma Edwyn aveva rifiutato la sua presenza preferendo stare da solo, non voleva comportarsi come molti altri kladii facevano e avevano fatto, o quanto meno riteneva di non poterselo permettere.
Rimase ammollo nell'acqua fino a che non divenne fredda, e poi ancora per diverso tempo apprezzando il potere rinvigorente che il liquido aveva su di lui. Si sentiva come riempito nuovamente di forza vitale, ed era come se adesso tutte le paure e le preoccupazioni fossero state spazzate via.
Quella sera il conte volle che gli fosse illustrato il piano di Jormound e dei suoi alleati. Edwyn era stato preparato a dovere per esporglielo nel modo più dettagliato possibile.
Alla fine il conte si disse soddisfatto, anche se la sua espressione costantemente rabbuiata non lo abbandonò per il resto della serata. Avrebbe fatto la sua parte assicurando sostegno alle forze del nord qualora ve ne fosse stato bisogno, ma allo stesso tempo sapeva di non poter sprecare le truppe a difesa della città lanciandole in una sortita disperata. Se tutto fosse andato secondo i piani la battaglia si sarebbe tenuta distante dalle mura della città, mettendo così in sicurezza la maggior parte delle porte e delle torri e assicurando agli assediati la possibilità di concentrare le loro forze nei punti più fragili delle mura. Se l'attacco fosse fallito, invece, il conte avrebbe dovuto lasciare la città e fuggire verso Dullan con gli uomini che gli sarebbero rimasti. Da là forse si sarebbero potuti riorganizzare, ma questa era un'eventualità che preferivano non prendere in considerazione.
Il mattino seguente si svegliarono all'alba.
Edwyn e Roberta Wassenau furono accompagnati sulle mura su richiesta del kladio stesso per avere una visione dell'esercito assediante e della battaglia.
Da dove si trovavano potevano vedere tutta la piana circostante fino alle colline che si elevavano a nord-est, dove Edwyn sapeva che si sarebbe accampato l'esercito di Jormound. Sulle mura file di arcieri tenevano d'occhio la situazione sottostante. Ed non poté fare a meno di scorgere alcuni resti umani, scale spezzate e massi che dovevano essere stati gettati dalle mura. L'odore che si respirava era disgustoso. Volgendo lo sguardo a sud-est era possibile scorgere il vasto accampamento dell'imperatore, che si estendeva per diverse centinaia di metri, quasi come una seconda città. Nella piana subito sottostante le mura alcune centinaia di uomini si occupavano di tenere attive le cinque catapulte che di tanto in tanto scagliavano massi contro la città con l'intento di fiaccare l'animo degli abitanti. Ed non sapeva se per quel giorno l'imperatore avesse previsto un assalto alle mura o se invece si stava preparando per essere attaccato alle spalle, ma era certo che la situazione fosse molto strana, o almeno diversa da come se la sarebbe aspettata.
Attesero per molto tempo scrutando l'orizzonte in cerca di un segno che qualcosa si stesse muovendo. L'aria era secca e gelida, la terra ingrigita dalla poca neve caduta, il cielo bianco annunciava una bufera imminente. Forse era stato tutto rimandato? Edwyn moriva dalla voglia di sapere se quella notte ci fosse stato uno scambio di un qualche tipo fra i due eserciti; magari avevano raggiunto un accordo oppure era accaduto qualcosa di peggio. Era frustrante non sapere cosa aspettarsi e quanto ancora doveva aspettare.
Infine suonarono dei corni da guerra.
Il tempo parve fermarsi per qualche istante e poi dall'accampamento dell'imperatore si cominciò a muovere una grande massa scura di cavalieri e fanti. I soldati non erano diretti verso la città. Alla testa dell'esercito Ed riconobbe chiaramente l'alta figura di Alaric Holm, sul suo palafreno nero, la cui armatura argentea riluceva alla luce pallida di quella mattina.
L'armata sciamava fuori dall'accampamento come migliaia di api e dilagava nella piana come le acque di un fiume.
Poi un altro corno.
Una ordinata massa scura si avvicinava da nord-est. Ed capì che tutto stava andando come doveva. In fondo non potevano aspettarsi che Alaric Holm non venisse a sapere del loro arrivo, sperava solo che lo fosse venuto a sapere il più tardi possibile. Comunque l'imperatore doveva essere molto sicuro di sé se aveva deciso di portare tutti i suoi uomini contro l'esercito di Jormound lasciando quasi completamente libera la città. Forse aveva ricevuto delle informazioni errate? O magari pensava che sarebbe riuscito a respingere facilmente l'attacco. Aveva anche lui degli assi nella manica?
Edwyn sentiva il cuore battergli forte nel petto.
I due eserciti erano distesi nella piana. Ed non poteva dire di riconoscere nessuno, ma da dove si trovava vedeva quello che gli bastava per capire cosa stesse succedendo.
Il sibilo delle frecce arrivò fino alle loro orecchie e dalle file dell'esercito ribelle si levo una nube nera che disegnò in aria una parabola e ricadde addosso ai soldati dell'imperatore. Un muro di scudi si levò dalla parte opposta e poi la risposta immediata degli arcieri imperiali. Lo scambio andò avanti per un po' e le grida dei morti e dei feriti invasero la piana, ma nessuno sembrava intenzionato a fare il primo passo.
Poi finalmente vi fu un movimento. Dopo un'ultima ondata di frecce l'avanguardia dell'imperatore avanzò. Migliaia di cavalli da guerra presero velocità mentre gli arcieri ribelli puntavano i loro archi verso i cavalieri che avanzavano. Molti di loro caddero, alcuni colpiti dalle frecce, altri cadendo sui corpi dei cavalli azzoppati o morti davanti a loro. Nell'area fra i due eserciti cominciò a formarsi un ammasso di corpi caduti, ma la maggior parte dei cavalieri continuava ad avanzare e gli arcieri ribelli arretrarono ordinatamente senza voltarsi per farsi sostituire dalla fanteria con gli scudi alzati.
Edwyn vide le prime file inginocchiarsi e l'avanguardia tutta raggrupparsi in gruppi isolati circondati da scudi su ogni lato.
La cavalleria imperiale cozzò contro il muro di scudi e lunghe picche cominciarono a infilzare cavalli e cavalieri che caddero uno dopo l'altro a terra e sui copri di compagni e nemici. Intanto la maggior parte dei cavalieri si trovò circondata poiché aveva proseguito la cavalcata negli spazi lasciati vuoti dall'avanguardia, e su di loro si riversarono altre lance e frecce da ogni lato.
I combattimenti furono cruenti e sempre più cadaveri erano ammassati sul campo mentre le grida di morte si levavano alte fino al cielo.
Intanto una gelida pioggia prese a cadere. Ma presto si trasformò in piccoli fiocchi di neve e l'aria si fece più umida e il vento più forte.
La cavalleria imperiale era costretta fra le forze nemiche e solo una parte riuscì a ritirarsi aggirando l'esercito imperiale e raggiungendo la retroguardia al suono di un corno. Adesso che i vivi avevano lasciato il campo Edwyn si rese conto di quanti fossero i morti immersi in sangue, terra e neve. Il primo assalto era terminato in loro favore, non avrebbe saputo dire quanti uomini avesse perso Jormound, ma sicuramente la difesa aveva retto.
Era il loro momento di avanzare.
Dalle file posteriori dell'esercito ribelle migliaia di uomini appiedati si mossero. Gli scudi levati a proteggere la prima fila e le teste. Intanto dall'esercito dell'imperatore si alzavano nuove frecce. L'avanzata era più lenta ma le difese continuavano a reggere.
Poi le frecce cessarono di volare. Anche la fanteria imperiale si mosse.
Le due forze cozzarono una sull'altra e ingaggiarono cruenti combattimenti. Fra le grida e il clangore delle spade montagne di morti di formarono di nuovo nel campo e ora più che mai era impossibile dire chi stesse avendo la meglio. Edwyn avrebbe preferito avere una visuale migliore, per riuscire a capire dove fosse Jormound e magari anche l'imperatore.
I combattimenti durarono per tempo incalcolabile. Forse non era un buon segno che durassero così a lungo. Il tempo migliorava e peggiorava a tratti, ma niente interruppe lo scontro. Entrambe le forze tenevano la linea, e forse questo era un buon segno visto che le forze dell'imperatore erano più numerose. Sperava che Alaric Holm non si aspettasse che il combattimento durasse così a lungo.
Dopo molto tempo udirono di nuovo gli zoccoli dei cavalli sulla terra dura. Edwyn si voltò in tempo per vedere una seconda carica della cavalleria imperiale. Aveva fatto il giro e adesso stava assaltando la fanteria ribelle dall'ala destra. Non era affatto un buon segno.
Le frecce piovvero sui cavalieri, ma niente poteva fermarli adesso. Le forze imperiali falciarono la fanteria ribelle che cominciò ad arretrare sotto i colpi inaspettati dei nemici.
Un corno suonò e molti uomini cominciarono la ritirata lasciandosi dietro corpi di morti e feriti. Intanto i cavalli da guerra si facevano spazio fra i soldati appiedati.
Era finita. Edwyn aveva assistito alla disfatta di Jormound Hungarn, che tanto aveva fatto per arrivare a quel momento. Gli ultimi vent'anni erano stati inutili, forse avrebbe fatto meglio a lanciarsi dalle mura in quello stesso istante per evitare le atroci conseguenze del suo tradimento.
Un secondo suono di corno dilagò nella piana. Altri fanti si mossero dalle linee dell'imperatore. Adesso dal lato dei nemici era rimasto solo un ristretto numero di uomini che, Ed immaginò, doveva essere lì a protezione dell'imperatore: evidentemente Alaric Holm non stava partecipando alla battaglia.
Tutte le forze imperiali erano in campo e stavano distruggendo la fanteria ribelle mentre si avvicinavano al campo di Jormound seguendo la ritirata dei nemici.
Edwyn si sentì quasi mancare vedendo che i cavalieri e i fanti rimasti dalla parte dei ribelli cominciavano a retrocedere ordinatamente verso il loro accampamento. Allora era finita davvero? Sapeva che Jormound era bravo a prevedere tattiche militari, sapeva che aveva previsto un attacco impetuoso dell'imperatore e che aveva in mente di fare in modo che mettesse in campo tutte le sue forze prima di agire veramente. Aveva preparato una trappola oppure aveva solamente calcolato male le loro possibilità?
Forse aspettava che arrivassero gli uomini dell'Altaterra ad aiutarli? Ma come poteva un migliaio di uomini salvare la situazione?
Guardando il conte vide che era rimasto impassibile a studiare l'evolversi della battaglia: «Dovremmo fare qualcosa?» chiese quasi gridandolo, senza riuscire a contenere l'agitazione.
Federigo Del Ponte rimase immobile e disse: «Non ancora, deve avere in mente qualcosa». Non sembrava agitato quanto lui, ma Edwyn era quasi certo che anche lui lo fosse. Il conte sembrava voler convincere più se stesso che il kladio con quelle parole
Quando la fanteria in ritirata si riunì alle forze ribelli la cavalleria imperiale si era riorganizzata in testa all'esercito e stava inseguendo i nemici pronta a finirli una volta per tutte. Intanto la fanteria lealista, più lenta, continuava a tenerle dietro.
Poi improvvisamente la situazione cambiò.
Ancora suoni di corno e il centro dell'esercito di Jormound si fermò. Edwyn vide i soldati girarsi e alzare gli scudi. Nello stesso frangente le ali, costituite da uomini a cavallo, presero a correre in direzioni opposte per poi tornare indietro, e in un battito di ciglia furono sui fianchi della cavalleria imperiale.
I cavalieri dell'imperatore si scontrarono sul muro di scudi dei ribelli e presero a combattere con i soldati appiedati che riuscivano a tenerli a distanza con le picche. Intanto la cavalleria ribelle si faceva strada nelle fila nemiche falciando uomini e cavalli.
Molti dei lealisti si resero subito conto di come la situazione si fosse rapidamente ribaltata e Edwyn vide cavalieri lealisti fuggire in ogni direzione mentre la maggior parte di loro ancora combatteva e i più sventurati, pur volendo fuggire, si trovarono stretti in una morsa fatale.
Quando la cavalleria nemica fu annientata quella ribelle ebbe modo di riorganizzarsi al centro e questa volta furono loro a prendere la rincorsa per raggiungere la fanteria imperiale.
Molti dei soldati di Alaric Holm batterono la ritirata e alcuni di essi rimasero fermi in attesa dello scontro.
Ma poi un terzo corno, diverso dai due sentiti finora, risuonò da sud-est. Ed si voltò e fu sorpreso di vedere l'accampamento dell'imperatore che stava andando a fuoco. Il vento trasportava i nuvoloni neri verso sud ma dalla coltre di fumo spuntarono altri cavalieri che portavano i vessilli dell'Altaterra. Dovevano essere almeno cinquecento, seguiti da almeno il doppio di uomini appiedati.
I cinquecento nuovi cavalieri intercettarono tutti i lealisti che cercavano di abbandonare il campo di battaglia e si mossero verso le guardie che erano rimaste a difesa dell'imperatore.
Intanto le poche centinaia di uomini rimasti sotto le mura della città avevano cominciato a disperdersi, solo alcuni stavano correndo verso il campo di battaglia per dare sostegno al loro sovrano. Ma era tutto inutile, la battaglia era finita, avevano vinto.
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