Cap.1 ☾- SEOUL - ☽

La pioggia scendeva velocemente sul finestrino mentre il taxi che mi stava portando al distretto di polizia sfrecciava veloce lungo le trafficate strade di Seoul.
Ero atterrata da quasi un'ora all'aeroporto internazionale di Incheon e sognavo di arrivare nella camera d'hotel per riposare e farmi una bella doccia, ma appena scesa dall'aereo ricevetti una chiamata dal dipartimento. I miei colleghi necessitavano con urgenza della mia presenza e ovviamente non potevo ignorare la loro richiesta. Quando si lavora ad un caso complesso, ogni minuto può essere essenziale.

Mi trovai ad osservare la folla camminare rilassata lungo le larghe vie della metropoli. Ragazzi, ragazze, uomini, donne e bambini passeggiavano spensierati osservando le vetrine luminose in quel tardo pomeriggio di fine autunno. Gli ombrelli di varie dimensioni che riempivano le vie erano un arcobaleno di colori e davano un tocco allegro in mezzo a quei palazzi grigi e spogli. "Se solo sapessero quello che sta succedendo, non sarebbero così tranquilli" pensai posandomi sul sedile posteriore e stringendo la maniglia del trolley che tenevo accanto a me.

Fissai ancora una volta le gocce di pioggia che correvano lungo il finestrino. Il taxi si era fermato ad un semaforo rosso e stavo cercando di rilassare la mia mente almeno un pochino prima di buttarmi a capofitto nell'indagine, quando una scarica calda percorse il mio braccio destro. Mi alzai di scatto dal sedile e mi girai velocemente in quella direzione. I miei sensi vigili e le mie barriere psichiche alzate. Osservai fuori dal finestrino, nel punto esatto in cui avevo sentito scaturire quell'energia. Chiusi gli occhi e abbassando le mie difese direzionai la mia energia tra la folla. Sondai lo spazio davanti a me, come un segugio in cerca della sua preda e dopo pochi secondi trovai finalmente il mio obiettivo. Aprii gli occhi di colpo e incrociai il mio sguardo con quello di un ragazzo. Un ragazzo con gli occhi completamente dorati e un piercing al sopracciglio destro. Stava fermo in mezzo alla folla, un cappuccio scuro sopra la testa a ripararlo dalla pioggia e una mascherina a coprirne quasi interamente il viso. E mi fissava.

Il mio cuore prese a battere all'impazzata. Estrassi subito un pugnale d'argento dalla fodera interna del giubbotto e mi lanciai contro la maniglia della portiera cercando di uscire, ma lo sportello era bloccato.
Alzai gli occhi provando ad individuare tra la folla la figura che avevo percepito ma quel dannato mostro era sparito. Noncurante delle possibili ripercussioni abbassai ancora di più le mie difese provando ad allargare il raggio d'azione della mia energia ma non trovai più nessuno.

«Cazzo!» imprecai sbattendo i pugni contro il finestrino.

«Va tutto bene signorina?» chiese il tassista girandosi verso di me.
Rimasi in silenzio qualche secondo sperando di riuscire a percepire ancora qualcosa ma niente. Il ragazzo, o meglio il mostro, aveva probabilmente rialzato le sue difese ed era sparito.

«Signorina tutto bene?» sentii ripetere dall'uomo mentre riaccendeva il motore del taxi pronto a ripartire.
Richiamai la mia energia facendola rifluire dentro di me e tornai ad alzare le mie barriere mentali.

«Sì va tutto bene» mormorai mentre la macchina si rimetteva in marcia. Il tassista mi guardò dallo specchietto retrovisore con uno sguardo poco convinto ma non fece ulteriori domande e tornò a guidare come se nulla fosse lasciandomi tutto il tempo di nascondere il mio prezioso pugnale.
"Maledizione cosa era quella cosa? " mi chiesi ripensando agli occhi che avevo appena visto " Non ho mai visto degli occhi così e la sua energia...la sua energia era qualcosa di totalmente nuovo. Cosa sta accadendo in questa città?" pensai mentre chiudevo gli occhi e focalizzavo ancora una volta il viso di quel mostro in cerca di qualche risposta.
"Ragiona Aby ragiona. La sua energia era calda quindi sicuramente non era un non morto" pensai " Quindi o è un mannaro o è un demone" e pensando a tutti i libri sui demoni e i mannari che avevo letto mi venne da ridere.

"Non riuscirò mai a capire cos'è con le poche informazioni che ho al momento ma è qui in città, e con il giusto tempo e i giusti mezzi posso scovarlo" pensai osservando le luci dei lampioni che si accendevano attorno a me.
Quell'incontro inaspettato mi aveva riattivata per cui passai i restanti minuti ad osservare attentamente fuori dal finestrino sperando di captare ancora qualcosa ma, come sospettavo, il viaggio proseguì tranquillo.

Dopo circa un venti minuti la macchina svoltò all'interno di un viale alberato. A circa cinquecento metri da me l'insegna della caserma di polizia si scagliava contro un muro grigio fumo. I bordi dell'aquila dorata erano messi in risalto da una forte luce al neon che si estendeva su tutta l'insegna dell'edificio e ne illuminava anche la piccola entrata principale.

Il tassista decelerò e percorse quegli ultimi metri come un provetto guidatore, finché non svoltò a sinistra e parcheggiò in un ampio piazzale alberato.

«Signorina siamo arrivati» disse spegnendo la macchina.

«Grazie» risposi con un sorriso cordiale. Dopodiché mi sporsi verso i sedili anteriori provando a leggere il costo di quella corsa.
L'uomo si girò verso di me cercando di capire cosa stessi facendo e proprio in quel momento un lampo scese dal cielo. Osservai il tassista irrigidirsi di colpo nell'esatto momento in cui notò i miei coltelli d'argento brillare nei foderi interni della giacca in pelle.
Maledizione. Ero rimasta così colpita dall'energia e dagli occhi di quel mostro che mi ero completamente dimenticata di chiudere la cerniera. Era un errore da principianti. E io non ero di certo una principiante.
Richiusi il giubbino cercando di non destare troppi sospetti e osservai l'uomo davanti a me con il sorriso più innocente che potessi fare. Ormai erano anni che convivevo con i miei poteri e il mio lavoro, ed ero diventata decisamente brava a mascherare quei momenti di tensione che si venivano a creare quando ignari civili scoprivano più del dovuto. La tecnica base era sempre la stessa: carina e coccolosa, come i pinguini di Madagascar.

«Quanti soldi le devo?» chiesi con un tono calmo e cristallino.
Lui mi fissò lievemente intimorito ma poi riprese ben presto la compostezza che mi aveva mostrato fino ad allora.

«Signorina il taxi è già stato pagato dal comandante» disse «Mi permetta di aiutarla. Fuori piove a dirotto e non vorrei mai si ammalasse. Non si preoccupi per le valigie, ho l'ordine di portarle direttamente in hotel.»
Cosi dicendo prese l'ombrello dal sedile anteriore e uscì dalla macchina. Percorse velocemente tutto il fianco del veicolo e aprì la mia portiera. Presi il piccolo trolley che avevo caricato vicino a me e controllai di non aver lasciato nulla sul sedile. Poi uscì sotto la pioggia battente.

«Signorina lasci pure la valigia in macchina» disse gentilmente l'uomo.

«No no, questa è meglio se viene con me» gli risposi poggiando il trolley sull'asfalto.

«Come preferisce» disse il tassista e poi mi scortò gentilmente fino all'entrata dell'edificio.  Siccome l'ombrello non era abbastanza grande per entrambi notai solamente una volta sotto la pensilina che il signore si era preso la pioggia al posto mio e mi sentii un pochino in colpa per lui.

«Grazie mille è stato davvero gentilissimo» gli dissi mentre mi riparavo sotto la tettoia illuminata «Lascerò sicuramente una buona parola per lei con i miei colleghi».

«Si figuri signorina. Le auguro un buon lavoro e una buona permanenza in Corea» esclamò prima di salutarmi con un inchino e sparire ancora una volta sotto l'acquazzone.

Rinsaldai la presa sulla maniglia del mio trolley e mi diressi verso l'entrata.
Le porte automatiche si aprirono silenziose davanti a me e un aroma di caffè arrivò subito alle mie narici. Tenni la testa alta e varcai la soglia.
Mossi qualche passo lungo la piccola entrata e le mie scarpe bagnate lasciarono delle piccole impronte sul pavimento. Nonostante avessi provato a pulirle sul tappeto d'ingresso, si erano talmente inzuppate che era impossibile camminare senza sporcare.
"Maledizione." pensai mentre osservavo le orme d'acqua.
Non mi piaceva lo sporco men che meno quando ero io a provocarlo. Agnes, mia maestra ormai da dieci lunghissimi anni, mi diceva sempre che quella mia piccola fissazione derivava molto probabilmente dal tipo di lavoro che mi ero scelta, ma io continuavo imperterrita a ripeterle che non era affatto così. Ma chissà. Forse le sue parole potevano contenere un pizzico di verità. Comunque continuai a fissare quelle impronte con uno sguardo corrucciato sperando invano che a furia di guardarle sarebbero scomparse ma, dopo essermi resa conto che ancora non possedevo questo potere, mi voltai verso la mia sinistra.

Due poliziotti erano intenti a sorseggiare tranquillamente i loro caffè davanti le macchinette automatiche. Quando si resero conto della mia presenza smisero entrambi di chiacchierare e mi fissarono con uno sguardo indagatore. Poco dopo una piccola scintilla di incredulità trapelò dai loro volti.
"Miei cari colleghi dovete imparare a mascherare meglio i vostri pensieri" pensai osservandoli. Sorrisi con uno dei miei sorrisi di circostanza, cordiale ma non troppo, e che chiaramente faceva intendere quello che stavo pensando ovvero "Ebbene sì sono proprio io." e rimasi a fissarli. Si lo so che è scortese fissare le persone ma in questo caso il mio orgoglio prendeva sempre il sopravvento. Ogni volta che venivo chiamata presso un dipartimento diverso dal mio ricevevo sempre quel caro e dolce benvenuto fatto di sguardi increduli e frasi sussurrate. Ovviamente quando chiamavano l'esperta di soprannaturale, colei che era riuscita ad uccidere un intero branco di lupi mannari senza nemmeno una vittima si aspettavano l'entrata in scena di una specie di vichinga, una donna robusta e corpulenta, quasi più uomo che donna a dir la verità e invece no. Si trovavano a dover incrociare i loro sguardi con me, che di robusto avevo solamente la mia testardaggine. Ma prima o poi tutti quanti imparavano una cosa molto importante: le apparenze ingannano, anche tra gli umani.

Sempre sorridente inchinai lievemente il capo verso i due poliziotti in segno di saluto e, trascinando il trolley dietro di me, mi diressi verso il bancone alla mia destra.
Ero a metà strada quando una voce maschile mi chiamò.

«Agente White? È lei vero?» sentii pronunciare alle mie spalle.
Mi girai di scatto e vidi un uomo in divisa camminare sicuro verso la mia direzione. Lo osservai.
Era alto più o meno un metro e ottanta, spalle larghe, braccia muscolose, un viso leggermente tondeggiante, occhi scuri e capelli neri corti. Tutto dal suo corpo alla sua camminata esprimeva potenza ma un sorriso radioso illuminava il suo viso, rendendolo molto meno minaccioso rispetto a quanto non potesse sembrare.

«È un piacere averla qui con noi io sono il comandante Lee» disse presentandosi con un profondo inchino.

«Piacere, agente Abigail White» dissi inchinandomi a mia volta.

«Ha fatto un buon viaggio agente White?» mi chiese cordialmente.

«Si grazie. Il volo è stato lungo ma più sopportabile del previsto» risposi.
Non lo avrei mai ammesso di fronte ai miei colleghi maschi ma detestavo volare in aereo. Era una delle cose che più mi terrorizzava al mondo. Ad un mostro fuori controllo si può sempre sparare, mente un aereo che precipita, un aereo che precipita non lo si può fermare con una pallottola dritta in fronte.

«Mi dispiace averla fatta portare direttamente qui dopo un viaggio di così tante ore, mi rendo conto che le sto chiedendo un importante sforzo, ma questa mattina abbiamo trovato un'altra vittima e penso che lei debba essere informata il prima possibile. Sa ogni minuto è importante in questi casi» disse serrando i pugni e facendo trasparire tutto il suo nervosismo e la sua frustrazione.
Lo guardai con un sorriso cordiale «La penso esattamente come lei comandante Lee. Sono qui per darvi tutto il mio aiuto» dissi «Quindi il mostro ha fatto un'altra vittima oltre alle tre di cui mi avete informata.»

«Purtroppo sì. Una ragazza di ventiquattro anni. L'abbiamo trovata questa mattina in un vicolo. L'assassino l'ha...» si fermò un attimo e nei suoi occhi intravidi un lampo di tristezza. Avevo ormai capito che molti miei colleghi non si sarebbero mai abituati completamente alla violenza, indipendentemente dagli anni di servizio che avevano alle loro spalle, per loro non era possibile.
«L'ha uccisa con delle lesioni simili a quelle delle altre vittime» continuò poi visibilmente turbato.

«Cazzo, quattro in una settimana» affermai.

«Sì, è la prima volta che capita una cosa del genere. Per questo l'abbiamo chiamata agente White, contiamo che assieme al nostro collega riusciate finalmente a catturare e ad uccidere questo mostro» esclamò Lee.
«Lo spero anche io» risposi.

«Dobbiamo sbrigarci e riuscire a fermarlo prima che si scateni il panico. Al momento siamo riusciti a mascherare tutti questi omicidi come incidenti o suicidi ma se il loro numero dovesse aumentare non so se saremmo ancora in grado di tenere a bada i giornalisti» disse mentre iniziava ad incamminarsi tra le scrivanie.

«Ho capito. Dobbiamo trovare l'assassino prima che faccia altre vittime e prima che la situazione diventi troppo complessa. Giusto?» domandai prendendo il mio trolley e seguendolo tra i tavoli.

«Esatto» rispose il capitano.

«Il luogo dove è avvenuto l'ultimo omicidio è ancora visibile?» chiesi.

«Purtroppo no. L'omicidio è avvenuto in piena zona commerciale e abbiamo dovuto sistemare tutto il prima possibile. Ma il nostro esperto era presente sulla scena del crimine e ha promesso di condividere con lei tutte le informazioni che ha raccolto. Agente White la avviso già che il nostro specialista è...come dire... un tipo particolare, ma ho come la netta sensazione che non avrà problemi a gestirlo» disse facendomi incuriosire.
«La prego da questa parte. Mi segua» aggiunse prima di cambiare direzione e camminare verso il piccolo ufficio posto nel fondo della sala.
Sentii lo sguardo di alcuni poliziotti posarsi su di me ma non ci diedi troppo peso. Sapevo che molti colleghi non vedevano di buon occhio la mia figura di agente speciale, ma sapevo anche che la mia fama mi precedeva. In fondo ero stata chiamata da Chicago proprio perché avevano bisogno di me, e sapendo le voci che circolavano sul mio conto, non avrebbero mai osato mettermi i bastoni fra le ruote.

«Prego dopo di lei.» disse Lee aprendo la porta con un movimento molto cavalleresco e lasciandomi lo spazio per entrare nella stanza prima di lui.
Passai oltre la sua figura ed entrai convinta nell'ufficio quando una lama di energia mi colpì dritta nel petto. Mi difesi da quell'attacco improvviso alzando automaticamente le mie barriere mentali e rinforzandole.
"Questo è molto scortese." pensai mentre incassavo il colpo "Ma se attacchi lasci la guardia scoperta." e con quelle parole ancora vivide nella mia mente mi concentrai. Abbassai il mio muro mentale e feci partire a mia volta una lama verso la sua direzione. Se c'era una cosa che non sopportavo erano proprio questi atteggiamenti. Non si sonda una persona contro la sua volontà, è come palpare un perfetto sconosciuto. Non si fa. E se lo fai devi essere consapevole che l'altra persona potrebbe rispondere con un pugno. Un pungo dritto in faccia.

La mia energia corse sulla sua e approfittai di quel momento per assaporarlo. Il suo potere era molto simile al mio, in fondo anche lui era un sensitivo, ma la sua energia aveva una sfumatura più scura, più tetra. Le energie d'altronde rispecchiano le persone che le possiedono e, per quanto la loro base possa essere simile, ci sono sempre dei grandi o piccoli dettagli che le differenziano.
Senza grosse difficoltà riuscii a percorrere tutto lo spazio che ci separava e mi preparai a colpirlo.
"Rapida e letale" pensai mentre visualizzavo la mia energia come se fosse una lama pronta ad affondare.
Questo come quello del muro erano piccoli trucchetti che mi aveva insegnato Agnes. «L'energia è più semplice da gestire se tramite la mente le diamo una forma concreta» era solita ripetere durante le mie sessioni di allenamento.
Così visualizzai la lama e la feci affondare. Avevo appena scalfito l'entrata della sua mente quando sentii la sua energia defluire velocemente e, dopo averla richiamata tutta, mi spinse prepotentemente fuori dal suo corpo.
Rimasi per un attimo sbalordita da quella forza. Non erano in molti a saper passare dallo stato di attacco allo stato di difesa in così breve tempo. Chiunque fosse questo agente era decisamente molto potente.
Lee chiuse la porta alle mie spalle e quello decretò la fine del mio piccolo scontro. Richiamai mentalmente la mia energia ma la lasciai aleggiare intorno al mio corpo. Volevo chiarire fin da subito a chiunque mi avesse attaccata che non era il caso di continuare.
Posai la valigia al mio fianco e poi mi girai verso la figura seduta accanto al tavolo.
Due piccoli occhi scuri e taglienti mi scrutarono.

«Agente White, lui è l'agente Min Yoongi, il nostro specialista sensitivo» disse Lee indicando il ragazzo davanti a me.

«Lo sospettavo» sussurai. Min Yoongi mi stava osservando con uno sguardo ferino e un ghigno di soddisfazione sul suo volto tondeggiante.

«Agente Min, lei è l'agente Abigail White» disse Lee finendo le presentazioni.

«Piacere agente White» mi disse Yoongi alzandosi lentamente dalla sedia.

«Piacere agente Min» risposi a mia volta osservandolo ostile.
Il ragazzo era poco più alto di me, aveva capelli neri leggermente mossi e i suoi occhi scuri continuavano a scrutarmi divertiti. Era vestito con una giacca in pelle che fasciava il suo corpo chiaramente tonico e i suoi jeans neri completavano l'outfit in un perfetto stile total black.
La luce sopra la sua testa fece brillare gli orecchini che portava al lobo sinistro e la mia attenzione si focalizzò su uno di essi. Sorrisi quando notai la piccola croce d'argento penzolare lievemente.
"Molto astuto" pensai. Quel piccolo gioiello poteva sembrare un pendente come tutti gli altri ma, se l'agente Min era credente, poteva diventare un ottimo scanner per vampiri. Non era abbastanza grande affinché la sua luce potesse scacciare un maledetto non morto ma sicuramente avrebbe svolto egregiamente la sua funzione.

«È un piacere avere qui tra noi la famosa "Cacciatrice"» disse Yoongi con un tono basso ma divertito «e penso di aver intuito che le voci siano alquanto veritiere. Non sono in molti quelli che riescono a resistermi» aggiunse facendo un sorrisetto.

«Devo prendere le sue parole come delle scuse ufficiali quindi agente Min? Lo sa meglio di me che quello che ha fatto è alquanto maleducato» risposi incrociando le braccia sul petto e fissandolo torva. Il ragazzo fece spallucce e continuò a fissarmi.
«Dovevo assicurarmi che fosse effettivamente all'altezza della situazione» rispose come se quelle parole fossero una scusa valida per quello che aveva appena fatto.

«Penso lei abbia capito che lo sono» dissi con un tono risentito che non provai in alcun modo a nascondere.

«Oh decisamente si!» rispose trasformando quel suo piccolo ghigno in un sorriso torvo.
Come era facilmente intuibile il capitano Lee ci stava fissando senza capire a cosa mi riferissi e fu per quel motivo che si rivolse a me esitante.

«Va tutto bene agente White? Il signor Min le ha fatto qualcosa?» chiese.

«Tutto benissimo comandante Lee!» mentii girandomi verso di lui con un sorriso splendente. «Penso che l'agente Min abbia imparato la lezione e d'ora in avanti ci penserà due volte prima di agire» continuai voltandomi verso Yoongi e osservandolo con un sorriso glaciale.
Il capitano Lee continuò a fissarmi senza capire a cosa mi riferissi ma , come molte altre persone che avevano a che fare con il soprannaturale, non fece domande e si avvicinò al tavolo sedendosi su una delle due sedie ancora libere.
Riposi la mia valigia in un angolo e mi sedetti sull'unica sedia ancora disponibile.

«Allora Yoongi illustra gentilmente all'agente White tutte le informazioni sull'omicidio di oggi» disse il signor Lee.

«Certamente capo» disse il ragazzo prendendo le fotografie sparse davanti a lui e iniziando a posizionarle ordinatamente sul tavolo.
Min Yoongi iniziò a descrivere accuratamente ogni indizio trovato sulla scena del crimine facendo seguire ad ogni frase la fotografia inerente.
Il vicolo in cui il mostro aveva attaccato la giovane ragazza si trovava nel quartiere di Dongdaemun, un quartiere famoso per i suoi innumerevoli negozi e per la vivace vita notturna. La strada in cui era stata trovata la ragazza era stranamente spoglia e poco illuminata ma le macchie di sangue che sporcavano le pareti si notavano fin troppo chiaramente. Mi accorsi subito che la quantità di sangue presente in quelle immagini era eccessiva e purtroppo presto ne capii il motivo.
Il corpo della ragazza era riverso contro il muro, il capo chino, le braccia adagiate lungo il tronco, l'addome e il torace completamente squarciati da un lungo taglio profondo.

«Questa è la quarta vittima in pochi giorni. Il mostro attacca sempre di notte ma a parte quello al momento non sembrano esserci correlazioni tra le vittime. La prima era un buttafuori di un locale notturno, il secondo un uomo d'affari che è stato attaccato nella sua auto alla fine della sua giornata lavorativa, il terzo un giovane barman e quella di questa mattina era una semplice studentessa universitaria» disse Yoongi fissando intensamente la foto del volto della ragazza.

«Non è stato trovato nient'altro in quel vicolo? Non ha percepito nulla di strano agente Min?» chiesi osservando attentamente ogni foto sparsa sul tavolo in cerca di qualche indizio.
Yoongi mi fissò e percepii nella sua energia una lieve vibrazione. Lo fissai cercando di capire il perché di quel cambio energetico e quando incontrai i suoi occhi scuri rimanemmo a fissarci per qualche secondo.

«Comandante Lee posso portare la nostra ospite a vedere il corpo della ragazza?» chiese Yoongi ad un tratto girandosi di colpo verso il suo superiore «Penso che l'agente White capirebbe molto di più vedendo direttamente con i suoi occhi la vittima»

«Oh,ma certo... certamente» disse il comandante Lee «Ovviamente se l'agente White se la sente.»

«Nessun problema per me. Se l'agente Min pensa che sia meglio per me vedere direttamente il corpo della ragazza sono disposta a seguirlo» risposti.

«Allora se mi permette comandate prendo in prestito una delle vostre auto parcheggiate qui fuori, in modo da raggiungere più velocemente il dipartimento di anatomia patologia» disse Yoongi e senza attendere conferma da parte di Lee si alzò dalla sedia. 

«Signorina White viene con me?» disse girandosi verso la mia direzione.

«Certamente» risposi «Ma prima mi lasci prendere la mia pistola dalla valigia. Se c'è un mostro pazzo assassino in circolazione è meglio uscire con una piccola sicurezza in più» dissi alzandomi dalla sedia e dirigendomi verso la valigia «Inoltre ho come la sensazione che questa città sia decisamente particolare» dissi mentre aprivo il trolley ed estraevo dalla sua custodia la mia adorata Beretta Pico calibro 9, piccola leggera e facilmente occultabile.

«Particolare? Oh agente White lei non ha la minima idea di quanto lo sia» mi rispose Yoongi con un ghigno. 



☆Nota dell'autore☆

Eccomi tornata con questa nuova storia.
È la prima volta che scrivo un romanzo poliziesco e quindi per me è tutto nuovo, ma ammetto che mi sta piacendo più di quanto pensassi. Spero che questo capitolo vi ispiri e vi faccia venir voglia di continuare a leggere.

Fatemi sapere cosa ne pensate!
A presto



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