Capitolo 9 - Il Ballo (pt.2) (R)

Seguii titubante il mio accompagnatore sulla pista e attesi che la musica cambiasse, permettendoci così di parlare tranquillamente.

«Sei agitata?»

Posai una mano sulla sua spalla. «Dovrei?»

Il ragazzo si accostò al mio orecchio è bisbigliò un "no" che tuttavia non mi parve troppo convinto.
Una canzone lenta, senza parole, echeggiò nella sala gremita di gente; mi cinse la vita con il braccio sinistro mentre la mano destra cercava la mia da tenere sospesa.

«Sei splendida, Diana.» Un sorriso mesto si fece largo sulle labbra carnose.

Abbassai lo sguardo imbarazzata: da quando avevamo tutta questa confidenza?

Mi guardai intorno, confusa: mille domande mi vorticavano in testa e i miei occhi saettavano dal resto della gente attorno a noi tranquilla e rilassata - troppo tranquilla e rilassata per i miei gusti - al viso del ragazzo di fronte me.

«Theo, cos'è successo?» Le parole fluirono fuori dalla mia bocca prima ancora che potessi fermarle.

Mi osservò accigliato. «Esattamente, a quale dei tanti eventi recenti ti riferisci?»

«A tutto. Dove sei stato? Come mai nessuno è sconvolto dal fatto che tu sia riapparso improvvisamente? Che ti è successo? Perché non ti sei fatto più vivo?»

Il pensiero che più premeva di uscire, tuttavia rimase sospeso tra di noi: soprattutto, perché sei qui adesso?

«Quante domande... Perché non ne parliamo un altro momento e ci godiamo questa serata?» Divenne tutto d'un tratto serio e incatenò il suo sguardo nel mio.

Mi dimenticai anche come si respirava: in quel momento non potevo far altro che lascarmi trasportare sulla pista da ballo, come fossi la sua marionetta.

«Cosa ti preoccupa?» mi domandò lui, dopo che mi fece eseguire l'ennesimo volteggio.

«Nulla» replicai stizzita. Non avevo voglia di fare io la prima mossa, confessando qualcosa, quando lui per primo non voleva aprirsi.

«Io so quando menti. Il tuo cuore comincia a battere più veloce, sai?»

Deglutii forte: sperai intensamente parlasse per metafore e che non sentisse realmente quanto forte fosse il rimbombo nel mio petto. Ero terribilmente nervosa: una parte di me voleva correre via, un'altra invece moriva dalla voglia di restare per conoscere meglio quel misterioso ragazzo.

Sentì la mia mente svuotarsi pian piano e il mio cuore traboccare di un'emozione a me sconosciuta; i suoni si fecero come ovattati, sentivo la musica in lontananza. Vedevo che si stava avvicinando a me, l'aria seria era svanita lasciando il posto a una più allegra; il suo respiro caldo mi solleticava il viso e, in quell'istante, percepì le sue labbra morbide sulle mie.

O almeno, così mi ero immaginata.

Quel bacio non avvenne mai, perché esattamente un secondo prima, percepì uno spostamento e d'un tratto ripresi lucidità: Theo si era allontanato di scatto e non stava più guardando me, ma qualcuno con uno sguardo assassino alle mie spalle. Le mie mani non erano più intrecciate alle sue, ma in quel momento erano strette tra quelle di Scott.

Il moro mi guardava con uno strano cipiglio.. «Mi concede un ballo, Milady?»

La sua voce tentò di sembrare dolce, ma traspariva agitazione.

Con esitazione, mi incamminai assieme al mio nuovo cavaliere in un luogo più appartato, precisamente vicino alle gradinate della palestra, dove una grande quantità di coppie pomiciava come non ci fosse un domani. Salimmo sugli spalti e ci posizionammo nell'angolo più buio che potessimo trovare e rimanemmo per qualche minuto in silenzio ad osservare la folla sottostante.

«Mi spieghi che cosa è appena successo?!» sbottammo all'unisono, frustrati per la situazione.

Appena ce ne rendemmo conto, ridacchiammo smorzando un pelo la tensione.
«Prima le signore.»
Mi fece un cenno Scott per darmi la parola ed io in risposta alzai gli occhi al cielo pensando: la cavalleria entra in gioco solo quando fa comodo.

«Onestamente non ne sono certa.» Ciò che avrei detto mi avrebbe fatta passare per pazza. Insomma, chi mai avrebbe creduto a "ero completamente ipnotizzata come fossi sotto una specie di incantesimo"? Semplice: nessuno. «Mi sentivo come se fossi entrata in uno stato di trance.» Mi presi a sberle mentalmente, pensando a quanto possa essere sembrata stupida come riposta.

Il ragazzo accanto a me attese che proseguissi, ma sinceramente non avevo altro da aggiungere e, di certo, non avrei ammesso nemmeno a me stessa che avrei tanto voluto che in quel momento non venissimo interrotti.

«Vuoi sapere cosa ho visto io?» chiese cauto.

Annui lentamente, sapendo già la riposta. «Avevate tutta l'aria di essere due piccioncini innamorati: lo guardavi con un'aria talmente beata che stentavo persino io a credere che non fossi in te. Ma poi, non so bene cosa, istinto forse, mi ha spinto ad agire. Nel peggiore dei casi, mi avresti cacciato via in malo modo per tornare a guardare il tuo amato trasognata. Nel migliore, be' eccoci qui.»

Lo osservai con dolcezza: mi voleva solo aiutare. Non capivo esattamente che cosa fosse successo poco prima, ma qualunque cosa fosse, lui mi aveva salvata da un bel pasticcio.
Posai una mano sulle sue, come a dargli conforto per il fatto che non avesse appena fatto una figuraccia colossale e lui la strinse in segno di tacito ringraziamento.

Dopo pochi minuti, mi venne in mente una cosa. «Scusa la domanda invadente, ma dove hai lasciato la ragazza con cui sei venuto?»

«Kira è-»

«Diana! Scott!» Sentendo i nostri nomi ci voltammo nella direzione da cui proveniva quella voce. «Dove vi siete cacciati?»

Balzammo giù dagli scaloni e ci dirigemmo verso uno Stiles preoccupato.

«Amico, sembra che tu abbia appena visto un fantasma.» Scherzò il ragazzo accanto a me che ancora mi teneva per mano, fatto che non sfuggì di certo al nostro interlocutore che tuttavia finse di ignorarlo.

«In un certo senso. Ho visto Theo.» Restammo tutti in silenzio, senza guardaci in faccia. Non so perchè, ma mi sentivo in colpa per non averlo avvertito prima e, soprattutto, non capivo l'esigenza che mi spingesse a farlo.
Theo non era una persona cattiva, inquietante forse, ma non aveva senso tutta quella ostilità nei suoi confronti.

«Voi lo sapevate.» ll suo sguardo si fece duro. «Perché non lo avete fermato e interrogato? Quel tipo è un ipotetico assassino.»

«Quel tipo, si da il caso che mi abbia salvato la vita. Perché ti comporti così? Cosa ti ha fatto?»

Non sarei stata qui ad ascoltare altre parole di rimprovero alla persona che mi aveva aiutata e, nonostante io fossi la prima a dire che qualcosa non quadrava totalmente in lui, non riuscivo a sopportare che qualcun altro lo offendesse.

Mi avvicinai in modo minaccioso a Stiles, lasciando la mano del suo migliore amico.
«Questione chiusa, d'accordo?»

Non attesi una riposta e uscii da quel luogo che stava diventando troppo claustrofobico per me.
Cercai di individuare Lydia tra le persone, ma le uniche facce note che scorsi erano dei due ragazzi che avevo incontrato il primo giorno e con i quali mi ero "scontrata accidentalmente". Rinunciai alla ricerca e varcai le pesanti porte.

Una forte folata di vento mi invase, rinvigorendomi seduta stante. Inspirai a pieni polmoni e osservai incantata la luna piena che risplendeva in cielo, accompagnata da una miriade di stelle che la accompagnavano, era davvero sensazionale.
L'aria si era fatta pungente e un brivido mi percorse interamente, riportandomi alla realtà: volevo solo tornarmene a casa.
Provai a chiamare un taxi, ma mi risposero che non ce ne erano di disponibili per la prossima ora e dunque, piuttosto che attendere al freddo, mi incamminai tranquilla sperando di non imboccare la strada sbagliata.

A un certo punto, dopo quelle che sembravano ore, dei fari mi accecarono: una sagoma scura scese dalla vettura e mi venne incontro. Il mio primo istinto fu di scappare a gambe levate, ma quando una giacca calda si poggiò sulle mie spalle, diedi il beneficio del dubbio al mio salvatore.

«Diana, vuoi un passaggio?» Il tono di Theo non era più mellifluo come alla festa, ma si era fatto più dolce.

Era mai possibile che nei momenti peggiori, arrivasse sempre lui ad aiutarmi? «Ce la faccio benissimo da sola, grazie.»

Tuttavia ero ancora irritata per il suo tenersi tutto dentro nonostante spronasse me a parlargli e, con risolutezza e la sua profumata giacca, continuai il mio percorso.

«Stai sbagliando strada. Devi tornare indietro al bivio e prendere quella a sinistra» disse indicando la direzione alle mie spalle.

Sbuffai indispettita e feci dietrofront. Non poteva averla sempre vinta quel ragazzo.

«Per favore, lascia che ti accompagni a casa.»

Voltai la testa e mi convinsi: male non poteva farmi. giusto? E nel caso in cui fossi scomparsa, sono certa che almeno Lydia si sarebbe data da fare per ritrovarmi.

«A una condizione: guido io.»

Theo annuì e salì al posto del passeggero, mentre io mi infilavo in quello del guidatore, pronta per tornare a casa e fare una bella dormita.

Quanto mi sbagliavo purtroppo.

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