Capitolo 7 - Preparativi (R)
«Quanti ne mancano ancora?» chiesi esasperata.
Era da almeno due ore che provavamo vestiti in uno splendido negozietto e, in quel momento, ero da sola in piedi su una pedana circolare abbastanza spaziosa da osservarmi insoddisfatta a un enorme specchio.
Lydia, dopo avermi trascinata a casa sua per una velocissima doccia e avermi permesso di cambiarmi, era riuscita a fissare un appuntamento per quella stessa mattina nell'emporio con i capi più stimati in assoluto e dunque ci eravamo subito precipitate.
«Finché non troviamo quello giusto, noi da qui non ci muoviamo.»
Era apparsa alle mie spalle con indosso un vestito a dir poco spettacolare: composto da un semplice tubino bianco con pieghe e una coda dello stesso candore che toccava fin terra, il tutto attraversato da una fascia di fiori di stoffa di sfumature beige e grigie.
Rimasi di sasso, ammirandola. «Wow. Sei splendida.»
La analizzai nuovamente da capo a piedi per imprimermi bene nella memoria quale fosse l'effetto avrei voluto ottenere io.
Lei sorrise a trentadue denti, venendomi incontro. «Già, hai proprio ragione. Sono uno schianto.»
Mi scansai, così per permetterle di specchiarsi.
Soddisfatta del suo riflesso, si girò verso di me e cominciò a squadrarmi incessantemente con aria pensierosa, per poi spostare subito dopo lo sguardo per tutta la stanza, cercando di adocchiare qualcosa di adatto anche per me.
«Non ce n'è neanche uno che mi ispira» sospirò affranta.
Andai a sedermi su una poltroncina poco distante e presi la testa tra le mani. «Non dirlo a me. Con questo indosso mi sento un cespuglio.»
Stavamo perdendo le speranze.
«Ragazze, come sta andando?»
La graziosa proprietaria del negozio fece capolino nella stanza adibita a camerino in cui ci trovavamo.
Lydia mi precedette. «Io ho trovato ciò che cercavo. Lei, non ancora. Il verde scuro sagomato in quel modo non le dona affatto.»
Non avevo neanche la forza di replicare.
«Oh, mi dispiace moltissimo, ma...» Suonò il suo cellulare e purtroppo ci lasciò nuovamente sole con il mio dilemma.
La mia amica non si perse d'animo. Scese dalla pedana e andò verso la stampella che sosteneva almeno dieci vestiti voluminosi molto variopinti. «Che ne dici di provarne altri? Scommetto che quello perfetto sia qui da qualche parte. Non dobbiamo perderci d'animo.» Cominciò così la sua ricerca.
Attesi ancora qualche istante prima di porle una domanda che mi tormentava da qualche giorno ormai.
«Per caso, tu conosci la ragazza con cui Stiles passa molto tempo, quella con i capelli corti castani e lo sguardo torvo?»
«Malia intendi?» Si bloccò con due abiti fra le mani e si voltò nella mia direzione sfoggiando un sorriso malizioso. «Perché me lo chiedi?»
Presi a giocare con una ciocca dei miei capelli, arricciandola tra le dita. «Non so quale sia il suo nome. Comunque la mia era solo curiosità, niente altro.»
La rossa riprese la sua ricerca e, dopo un tempo che parve infinito, proseguì. «Tu non me la racconti giusta. Ammetto che credevo fossi interessata a Scott, ma Stiles ora che ci penso, ha detto...»
E non seppi mai come terminò quella frase, perché venimmo interrotte. La proprietaria del locale tornò con un gran pacco tra le mani.
«Eccomi di nuovo. Scusatemi se me ne sono andata così, ma dovevo indicare la strada fin qui al fornitore. Comunque, stavamo parlando del tuo vestito, signorina. La tua amica ha ragione, quella forma e quel colore fanno letteralmente a pugni con te. Però forse ho qualcosa che potrebbe andare.»
***
«È il mio primo ballo.»
Torturavo la pelle del volante da quando eravamo salite in macchina una mezz'ora fa. Avevo così paura di sembrare ridicola e fuori luogo; per di più non avevo più affrontato il discorso lasciato in sospeso con Lydia e volevo disperatamente sapere come stesse per concludere la fase.
La mia amica sogghignò, posando mi una mano sulle mie per intimarmi a smetterla. «Piantala di corrucciarti, sei sensazionale. E per la cronaca sappi che io non sono una persona che dispensa complimenti a chiunque.»
«Forse hai ragione.» Dovevo sapere. Aspettai qualche minuto e ripresi «Ti ricordi cosa mi stavi dicendo prima nel camerino?»
«Parlavamo della fidanzata di Stiles, no?»
domandò con una punta di malizia e uno sorriso furbo.
Fidanzata?
Il mio cuore saltò un battito. Non volevo crederci. Era troppo bella per essere vera anche l'ipotetica e remota possibilità che potesse anche solo lontanamente interessarsi a me.
Lydia prese dalla sua borsetta la cipria e si sistemò il trucco già perfetto: era nervosa pure lei.
«Cosa c'è?»
Non alzò nemmeno lo sguardo nella mia direzione. Altro segno che aveva qualcosa. «Nulla.»
Pensai, cercando le parole giuste. «Non ti conoscerò da una vita, ma fidati, capisco quando qualcuno è in ansia.»
Dopo un minuto di pausa, cominciò a parlare. «Sai, mi sembra tutto così perfetto, così normale. Ho la costante paura che da un momento all'altro questo precario equilibrio possa rompersi e che ritorni il caos che si era formato prima del tuo arrivo.» Mi fissò intensamente negli occhi, come volesse trasmettermi la sua frustrazione mista a una gioia smisurata. «Tu in qualche modo hai portato un po' di calma. Era da troppo tempo oramai che non mi divertivo con una persona come oggi è successo con te e non riuscirò mai ringraziarti abbastanza.»
Appoggiò una sua mano fredda sulle mie: in quel momento compresi che forse questa nuova città non era così male e che magari c'era la possibilità di trovare qualcuno di normale che mi fosse amico.
Non feci in tempo a formulare questo pensiero che due figure spuntarono all'improvviso nel bel mezzo della corsia.
Sterzai bruscamente cercando di evitarli, ma la manovra mi fece colpire duramente la testa contro il finestrino, mentre Lydia incominciò ad urlare disperatamente emettendo frequenze altissime. Avanzammo di vari metri in posizione trasversale e, alla fine, riuscimmo ad arrestarci sul ciglio della strada.
«Tutto bene?» chiesi allarmata e con il fiatone. La ragazza al mio fianco era pallidissima; teneva con lo sguardo fisso nel vuoto. La scossi delicatamente, sperando di riportarla alla
realtà. «Tranquilla. Non è successo nulla.» Tentai ancora, ma non ottenni alcuna reazione.
Tremavo come una foglia, al contrario suo che era perfettamente immobile. Iniziai a guardarmi intorno per capire dove fossimo e dove fossero finite quelle due sagome: fuori c'era il buio più assoluto e il silenzio più assordante.
All'improvviso la macchina subì vari scossoni e infine le portiere anteriori si aprirono rivelando due persone esattamente identiche.
«Serve aiuto?» domandò uno. In quello stesso istante Lydia si riprese e spostò lo sguardo nella loro direzione, assumendo l'espressione di chi ha appena visto un fantasma.
«Aiden?»
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