Capitolo 30 - Branco

Restammo accanto al corpo esanime ore, sperando sempre in un suo movimento. Non accadde nulla purtroppo. Avevamo adagiato Malia sul letto, coprendola con pensanti coperte. Stiles al suo fianco le carezzava i capelli dolcemente, sussurrando parole di conforto mentre Kira camminava su e giù per la stanza elaborando un piano per vendicarsi di Evelyn. Nel frattempo, Scott tentava di calmare Lydia che non aveva smesso di singhiozzare per un attimo, in preda a spasmi: con lo sguardo fisso nel vuoto e voce flebile continuava a ripetere 'Non voleva. Non è colpa sua.' Liam aveva accompagnato a casa Hayden, troppo ferita e bisognosa di cure mentre Theo restava al mio fianco, con aria pensierosa.
«Forse non aveva intenzione di farle del male»
Cominciò lui.
Kira lo fulminò con lo sguardo. «Hai ragione, forse le è accidentalmente caduta una mano sul collo di Malia e -sempre accidentalmente- le ha rotto l'osso.» Disse riproducendo la scena anche con i gesti.
«Non dico che le sue azioni fossero giuste, tuttavia credo ci sia qualcosa sotto.» Proseguì lui senza farsi scalfire dal sarcasmo della kitsune.
Calò nuovamente il silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri. Dal canto mio avevo così tante domande nella mente che non sapevo da dove cominciare ad indagare. Buttai un occhio a Malia, sperando in un miracolo ma così non fu: restava immobile, le palpebre serrate e la fronte imperlata di sudore.
Aspetta, cosa? Non mi risulta che i cadaveri sudino.
Con cautela mi avvicino a lei, fino a sfiorarle con la punta delle dita la pelle umida. Sentivo lo sguardo dei presenti perforarmi la schiena, curiosi su cosa avessi notato. Un attimo dopo, la coyote ebbe uno spasmo, poi un altro ed infine aprì gli occhi, di un brillante azzurro ghiaccio ed emise un lungo lamento.

***

Ancora una volta, mi tenevo in disparte, permettendo ai suoi amici di starle accanto e confortarla. Non potevo certo dire che la odiavo, anzi credevo che in un modo o nell'altro stessimo anche diventando qualcosa in più che nemiche ma dalle continue occhiate che mi lanciava, fui sicura che ogni progresso era stato spazzato via. Dopo minuti interminabili in cui continuavano ad interrogarla sul suo stato di salute, lei chiuse ogni conversazione dichiarando che era stanca e che voleva solo andare via. Concordarono tutti e pian piano tornarono a casa, lasciando a me l'arduo compito di sbarazzarmi dei corpi e del sangue. Non ero tanto scossa anche perché, sembrerà strano ma non fu lo prima volta che feci una cosa del genere. Salutati gli ospiti, mi diressi a gran passi verso lo stanzino dove tenevo i grossi sacchi neri quando vidi una mano che, allungandosi sopra la mia spalla, mi anticipò afferrandoli.
«Non sei costretta a farlo da sola se non te la senti. Possiamo richiamare tutti e far sì che ci aiutino.»
Sbuffai stancamente e mi girai verso di lui, perdendomi nei suoi occhi azzurri. «Lo so. Ma credo che per stasera -stamattina oramai-  abbiamo bisogno di stare ognuno per i fatti propri. Le cose su cui riflettere sono molte.»
Theo mi regalò uno di quei sorrisi maliziosi che i primi giorni mi irritavano terribilmente, dopodiché mi fece cenno di seguirlo e andammo sul retro dove rimasi letteralmente di sasso: non vi era nemmeno più l'ombra di un cadavere o del sangue. Il prato era pulito come non mai, persino i bicchieri di plastica e varie cartacce erano spariti.
«Com'è possibile?» Domandai retorica io dopo aver fatto un giro di perlustrazione. Il ragazzo al mio fianco alzò le spalle confuso e mi invitò a rientrare siccome cominciava ad aver freddo.
La notte, anzi il mattino, passò lentamente. Mentre Theo era crollato mezzo secondo dopo aver appoggiato la testa sul cuscino, io ero stata tenuta sveglia dagli svariati interrogativi e dal pensiero che quella serata, presupposta ad essere di svago più totale, era diventata un incubo. In quel momento più che mai volevo solamente tornare a casa e alla mia vecchia vita.
Il sole ormai era alto nel cielo e siccome ero davvero affamata, contando che la sera prima non avevo mangiato granché, mi diressi con passo felpato in cucina.
Poco dopo udii dei passi pesanti rimbombare per il corridoio, subito seguiti da un ragazzo dall'aria assonnata. «Ti posso chiedere una cosa?»
Domandò con voce impastata mentre si strofinava vigorosamente la faccia.
Accennai un sorriso e asserii senza deconcentrarmi dalla preparazione del panino.
Theo venne al mio fianco, posando una mano sulla mia e, con delicatezza, prese il coltello proseguendo a tagliare il pane. «Vorresti far parte del mio branco?»
Tutta la felicità svanì dal mio volto nel momento in cui pronunciò quelle parole.
«Cosa?» ero sconcertata: non riusciva a chiedermi di diventare la sua ragazza ma aveva avuto il coraggio di propormi di entrare nel suo branco e lasciare i miei amici?
Alzò lo sguardo verso di me, con quell'aria innocente che da sempre lo caratterizzava, «Prendi tutto il tempo che vuoi per pensarci. Fammi poi sapere la tua scelta.»
Sembrava tanto che non gli importasse realmente di me. Mi diede un veloce bacio sulla tempia e, con calma, andò a recuperare la sua giacca e se ne andò come se nulla fosse successo. Come se la notte prima non fosse accaduto nulla.
Non mi ero nemmeno accorta che avesse finito di farcire il panino, peccato solo che oramai la fame era passata. Fissai il piatto qualche istante, sperando che non avesse realmente detto ciò. In quel momento avevo bisogno di parlare con qualcuno, Lydia per l'esattezza; Evelyn, per come era fatta, avrebbe ridotto in pezzi Theo ancor prima che finissi di pronunciare a seconda frase. Quanto mi mancava quella ragazza ed il pensiero che si fosse comportata così mi tormentava ogni minuto. Recuperai il telefono e domandai alla banshee di venire da me e, nel giro di poco tempo, era seduta sul mio letto che mi fissava impaziente.
«Theo mi ha chiesto di entrare a far parte del suo branco.» Esordii improvvisamente lasciando la ragazza senza parole.
«Stai scherzando, spero.» , ripeté le stesse parole che mi balenarono per la mente poco prima.
«No purtroppo. Il punto è che io non voglio farne parte. Non voglio essere dipendente da nessuno e tantomeno rendere conto a lui di tutte le mie azioni.» Ammisi affranta. «Io credevo volesse chiedermi di ufficializzare la nostra "relazione". Che illusa.»
Appoggiai la testa sulla sua spalla, in cerca di conforto; lei cominciò ad accarezzarmi i capelli lentamente, sperando di calmarmi. «Ehi, va tutto bene Diana.»
«Niente va bene!», ribattei io con voce bassa. «Sto cominciando a pensare che lui si sia avvicinato a me solo perché voleva che entrassi a far parte del suo branco.»
«Non lo puoi sapere! Concordo sul fatto che sicuramente Theo sia una persona sfuggente e misteriosa, tuttavia dubito sia così tanto meschino. Devi parlarci domani, dicendogli che non sei interessata alla sua offerta e, soprattutto, definire se state uscendo in via ufficiale o semplicemente vi vedete per-»
«Basta. Ho capito cosa intendi.» La interruppi io con un gesto della mano. Lei ridacchiò maliziosa e con un braccio circondò le mie spalle, stringendomi a sé.
«Allora, quando hai intenzione di parlargli?» proseguì lei, decisa più che mai a far luce su quel dubbio che mi divorava.
«Non oggi.» dissi io anche se Lydia aveva un'opinione diversa, tanto che mi lanciò un'occhiata da 'vai a parlarci tu prima che lo faccia io'. Sbuffai e roteai gli occhi mentre finalmente l'accontentai affermando che sarei andata domani sera dopo la partita.

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