Capitolo 16 - Inaspettato (R)
«Dee svegliati! Devi andare a-»
«Sono pronta.»
Aprii la porta della mia camera e mi ritrovai di fronte mio fratello, con una mano sospesa a mezz'aria e un'espressione sbigottita.
«Wow, non sei mai stata così veloce e puntuale in vita tua. I miei complimenti.»
Avevo passato la notte peggiore della mia vita e, più ci pensavo, meno senso aveva tutto quello che mi aveva detto; tuttavia, in una minuscola parte di me, era sorto il dubbio.
«Vivere da soli sortisce i propri effetti.»
Lo superai e mi diressi in cucina, per arraffare una mela; la fame era sparita così come la mia razionalità, dopo la confessione di Lydia.
«Tutto bene? Non hai una bella cera» commentò preoccupato Calum appena mi raggiunse.
«Non ho dormito molto» confessai stancamente, sfregandomi con vigore il viso nel tentativo di destarmi.
Mio fratello venne al mio fianco, posando mi una mano sulla spalla. Odorava di ciambelle. «Vuoi restare a casa oggi? Posso farti la giustificazione, dato che ancora non sei maggiorenne.»
Diedi un fragoroso morso al frutto che avevo in mano e replicai. «Hai detto bene, non ancora. Tra un mese sì, dunque da quel giorno me le firmerò da sola. Fino ad allora, non mi va di saltare le lezioni, soprattutto perché non ho la minima voglia di recuperare gli appunti.»
Non ero preposta per la conversazione quella mattina, perciò presi la borsa ed uscii di casa mormorando un saluto, certa che l'ultima cosa che udii prima di chiudermi la porta alle mie spalle fu un borbottio indignato di mio fratello.
Camminai per qualche minuto con la testa che rimbombava delle solite domande senza risposta, fino a quando il suono di un clacson non mi fece sobbalzare; mi voltai di scatto per capire dove fosse il problema: ero sul marciapiede, a chi mai avrei potuto dare fastidio?
«Scusami, non volevo spaventarti.»
Una testa amica che sporgeva dal finestrino e un sorriso impacciato mi fecero dimenticare per un attimo tutti i problemi che avevo.
«Non preoccuparti, ero così immersa nei miei pensieri che non mi sarei nemmeno accorta se un asteroide mi fosse caduto addosso.»
Suscitai in lui una risata che accompagnai con un lieve arrossamento delle guance.
«Allora, ti serve un passaggio?» Senza nemmeno lasciarmi la possibilità di scelta, aprì la portiera del passeggero invitandomi a salire; mi accomodai al suo fianco e attesi che ripartisse.
«Senti, Lydia mi ha detto tutto» cominciò lui non appena allacciai la cintura.
Bella tattica, ci avrei messo più tempo a scappare da lui e i problemi che stava per causarmi.
L'unica mattina in cui non avrei quasi nemmeno tollerato la sua presenza, il che significava che la situazione era davvero grave, doveva martoriarmi con delle sciocchezze.
«Tranquillo, ho capito tutto.»
«Davvero?» domandò incredulo, passandosi una mano sulla fronte in segno di sollievo.
«Certo! È così che mettete alla prova i nuovi arrivati: gli fate questa specie di piccolo test per vedere la loro reazione a una rivelazione tanto stupida. Nella mia scuola gli facevamo scherzi simili quindi non preoccuparti, non sono arrabbiata» dissi tutto d'un fiato con un sorriso sulle labbra.
Sperai con tutta me stessa che mi desse ragione e che cominciasse a raccontare di come si erano inventati questa storia ma, come mi aspettavo, ciò non accadde. Mi guardò anzi con un barlume di pena negli occhi, misto a tristezza e dispiacere: sapeva di essere sul pieno di infrangere una barriera già sottile.
«Mi dispiace, però sai anche tu che non è così.»
A quel punto, mi presi la testa tra le mani e gli urlai contro. «Io non so un bel niente, chiaro? Non capisco cosa sia tutta questa storia del soprannaturale, né perché Lydia mi abbia detto certe cose. Così come ho già detto a lei, io sono qui da poco più di una settimana e, onestamente, non ho notato nulla di così strano!»
Ero sempre stata bravissima a mentire: nessuno comprendeva mai le mie reali intenzioni, eppure, per qualche strano motivo, da quando mi ero trasferita questa abilità era scomparsa. Anche un sordo avrebbe sentito la mi voce acuirsi e incrinarsi.
Prese una mia mano, intrecciando le sue dita con le mie. «So che ti senti confusa e incredula, però prometto che cercherò di spiegarti ogni cosa nel modo più semplice possibile.»
No, non ero pronta per chissà quale magica rivelazione. Così, mi allontani dal suo contatto e incrociai le braccia contro il petto, serrando la mascella e ispirando profondamente per calmarmi e non rispondergli a tono.
«Non credo tu abbia compreso ciò sto tentando di dirti: io non voglio avere niente a che fare con tutto questo. Certo, mi state tutti molto simpatici e mi sto affezionando, ma non significa che mi interessi far parte della vostra combriccola di "creature soprannaturali".»
Sul suo viso un'espressione afflitta prese il posto di quella solitamente allegra: avevo toccato forse un nervo scoperto, tuttavia poco importava. Erano cari ragazzi, ma se praticavano strani riti o idolatravano chissà quale dio, preferivo rimanere sola.
«Se ti consola, io sono umano al cento per cento.»
Lo fulminai con lo sguardo. «No Stiles, non mi consola affatto. Soprattutto perché tutti qui in questa città sono umani: prima ti renderai conto che è tutto finto, prima sarà meglio per te.»
Guardai fuori dal finestrino: il cielo si stava annuvolando velocemente. Grandioso, poteva andare peggio?
«Se non metti in moto, arriviamo tardi» tagliai corto scontrosa.
Sentivo che stava per perdere la pazienza, il suo respiro era più accelerato. «Puoi comunque ascoltarmi, no? Non serve che ne fai parte, devi solo avere presente ogni pezzo della scacchiera!»
«Ho detto che non mi interessa!» Urlai quelle parole, cercando di sfogare la mia frustrazione.
Non avevo alcuna intenzione di essere coinvolta in qualcosa del genere. Non un'altra volta.
«Facciamo così, prima senti cosa ho da dirti, poi deciderai se ignorare tutto o agire di conseguenza...» Fece un ultimo tentativo, forse sperando di convincermi. Fiato sprecato.
«Stiles, parti. Non voglio perdermi la prima ora.» Chiusi il discorso, sperando di essere stata abbastanza chiara.
Il ragazzo sbuffò, ma non mi contraddisse.
Il viaggio fu silenzioso, non permeato di quella calma tipica degli spostamenti mattutini: l'aria era tesa ed elettrica, una scintilla e sapevo che saremmo scoppiati entrambi.
«Grazie per avermi accompagnata. A dopo.»
Appena arrivati nel cortile della scuola, saltai giù dalla vettura, lasciandolo con ancora le mani sul volante, mentre le prime gocce di pioggia scendevano silenziose.
Ero gia riuscita ad avere una discussione, la sveglia era suonata poco più di un'ora prima e la giornata era appena cominciata.
Il suono della campanella che determinava la fine della seconda ora, si propagò per i corridoi deserti e le aule silenziose, tuttavia la professoressa non si mosse.
«Mi ero dimenticata di dirvi che il professore della prossima materia è assente, dunque lo sostituirò io.» Un mormorio di disapprovazione si levò alle mie spalle. «Calmatevi. Non spiegherò nulla anzi, vi lascio del tempo per fare la ricerca che vi avevo assegnato un paio di settimane fa.» Perfetto, il mio compagno tanto era assente. «Formate le coppie e non fate baccano. Per qualunque cosa, io sono qui.»
Ci fu uno spostamento di massa e per un attimo la classe fu in preda al caos più totale: molti non si ricordavano nemmeno quale fosse il loro soggetto.
Scott lavorava con la stessa ragazza giapponese che avevo notato alle selezioni, quindi non avrei potuto avere nemmeno il suo supporto e Lydia ancora non era tornata a scuola.
La professoressa finalmente si accorse di me e del fatto che fossi rimasta sola.
«Diana perché in quest'ora non vieni qui e ti spiego un po' il programma degli anni scorsi per vedere a che punto tu sia arrivata?»
Annuii tristemente: perché dovevo avere proprio io un compagno inaffidabile? Feci per alzarmi quando udii qualcuno bussare alla porta: pochi attimi dopo due occhi azzurro-verdi e una faccia da schiaffi fecero il loro ingresso.
Un profumo costoso subito permeò l'aria, mandandomi in estasi. «Mi scusi, sono in ritardo.»
La professoressa sbuffo, irritata. «Di ben due ore, come mai Raeken?»
«Ho avuto da fare con i miei genitori.» Le porse dunque un foglio spiegazzato, dove presupposi vi fosse la giustificazione.
«Bene. Noi stavamo per fare un bel ripasso: vuoi unirti anche tu, dato che sei tornato da poco, o preferite dedicarvi al progetto?»
«Progetto!» sbottammo all'unisono provocando una risata alla professoressa, che ci congedò per poi tornare ai suoi affari.
Ci sedemmo in fondo, tentando di non disturbare nessuno e Theo, nemmeno il tempo di poggiare carta e penna sul tavolo, subito cominciò.
«Nemmeno mi ringrazi?»
«Per cosa?» chiesi curiosa.
Mi voltai nella sua direzione e lo osservai bene: nonostante fuori avesse cominciato a piovere a dirotto, come mai lui era perfettamente asciutto? Non aveva nemmeno una matita con sé, figurarsi un ombrello.
«Per averti salvata dall'ora più lunga e noiosa della tua vita» replicò allegro, facendo roteare una matita che aveva appena trovato tra le dita.
Quanto avrei voluto togliergli quel sorriso compiaciuto a suon di - baci - pugni.
«Me la stavo cavando benissimo, anche perché non appena avesse notato quanto fossi avanti nella sua materia, mi avrebbe lasciata in pace, a differenza tua.»
«Come vuoi.»
Prese un pennarello dal mio astuccio - quando mai ne aveva uno - e cominciò a disegnare strane figure sul mio quaderno. Lo osservai rapita: era davvero bravo nonostante stesse rappresentando strane forme, alcune delle quali parecchio inquietanti con artigli e denti affilati; ad un certo punto alzò lo sguardo e incrociò il mio.
«Senti, ti va di uscire venerdì sera?»
Quella domanda, posta con tanta naturalezza, mi spiazzò totalmente tanto che la mia lingua sembrò essersi sciolta, dal momento che l'unico suono che emisi fu strozzato. «Per parlare della ricerca, ovviamente» aggiunse tornando a concentrarsi sui suoi bozzetti.
«Oh sì, giusto. La ricerca. Quasi me ne dimenticavo. Comunque certo.»
Soffocai una risata nervosa e tentai di simulare calma, nonostante il mio cuore stesse battendo all'impazzata. Non riuscivo a capacitarmi del fatto che mi avesse appena chiesto di uscire e, sinceramente, non sapevo cosa pensare sia di me, sia di lui. Certo, era un ragazzo all'apparenza molto bello, irritante come pochi e talvolta strano, ma mi interessava in quel senso? Decisi che l'unico modo per scoprirlo sarebbe stato presentarmi all'appuntamento.
«Ottimo. Come ti stavo dicendo l'ultima volta prima di venire interrotti, mi piacciono le persone che hanno segreti.»
Cominciò poi a discutere animatamente del tema assegnatoci, mentre io ragionavo sul fatto che venerdì sarebbe stato solo tra un paio di giorni.
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